Tutte le Epistole di S. Paolo (5-67) precedono cronologicamente i Vangeli. Esse vanno dal 53 al 64. Alcuni fanno risalire il primo Vangelo, quello di Marco, al 50, ma è più probabile che sia stato scritto non prima del 70. Si consideri infatti che tutti i Vangeli furono scritti in greco. Marco non fu un discepolo di Gesù. Forse aveva 10 anni quando morì Gesù, ed ebbe forse notizie di lui da sua madre. Fu invece discepolo di Paolo, che ben conosceva il greco. E' pertanto probabile, ma non certo, che il Vangelo di Marco sia stato scritto dallo stesso Marco. Mentre è più probabile che il Vangelo di Luca, discepolo stretto di Paolo, sia stato scritto da Luca, a cui dunque bisogna attribuire, ma con riserva, la conoscenza del greco. E' invece da escludere che siano stati Matteo e Giovanni, discepoli di Gesù, gli autori dei Vangeli ad essi attribuiti. Infatti, essendo stati discepoli diretti di Gesù, non potevano conoscere il greco. Alcuni esegeti affermano che il Vangelo di Marco sia la prima fonte del Vangelo di Matteo. Ma da ciò che ho imparato, in base ad alcuni studi che ho fatto, risulta che in origine vi sia stata un'unica fonte di tutti i Vangeli, e questa fonte sarebbe un Vangelo di Matteo scritto in aramaico, non pervenutoci, ma di cui si dà notizia nei primi padri apologeti. In questo protovangelo in aramaico Gesù appare solo come messia e non come figlio di Dio, quale poi verrà riconosciuto nei 4 Vangeli canonici. Esisteva dunque una tradizione orale che poi si innesterà nella predicazione di Paolo. Da questo connubio nacquero i 4 Vangeli. Quello di Giovanni, l'ultimo, è quasi unanimamente riferito all'anno 100. Anche per questo motivo è impossibile che sia stato scritto dal discepolo Giovanni, che nell'anno 100 sarebbe risultato ultracentenario. Si noterà che in nessuna Epistola Paolo fa riferimento ai miracoli attribuiti a Gesù. La data della sua conversione viene fatta risalire all'anno 30, quando Gesù era già morto. Si consideri infatti che Gesù nacque nel 4 a.C. Solo per uno sbaglio di Dionigi il piccolo la data della nascita fu postdatata di 4 anni. Paolo non conobbe mai di persona Gesù. Negli Atti degli apostoli, attribuiti per tradizione a Luca evangelista, allievo di Paolo, si racconta la favola di Paolo a cui sarebbe apparso Gesù, ormai morto, sulla via di Damasco. Si dice che gli apparve di giorno con una luce così abbagliante che gli fece perdere la vista per qualche giorno. L'avrebbe recuperata a Damasco dove era stato accolto da una comunità di ebrei convertiti. A Paolo non interessavano affatto i miracoli che venivano attribuiti a Gesù. Per lui l'unico miracolo essenziale era che fosse risorto. Perché senza questo miracolo non avrebbero avuto senso nemmeno quelli che poi gli evangelisti gli attribuirono. "Se Gesù non è risorto allora vana è la nostra predicazione e vana è la vostra fede" (Lettera1 ai Corinzi, 15,14). A questo punto aggiungo alcune pagine tratte dal mio libro Addio a Dio.
S. Paolo
(l'ex pluriassassino Saulo, che partecipò alla lapidazione di
Stefano, il primo martire cristiano) fu il vero fondatore del
cristianesimo, avendo inventato lui la resurrezione di Gesù,
pur non avendolo mai conosciuto personalmente, raccontandosi negli
Atti degli apostoli
che si sarebbe convertito sulla via di Damasco, quando, mentre andava
ad arrestare colà i primi cristiani, gli sarebbe apparsa la
figura luminosa di Gesù, che gli avrebbe fatto perdere la
vista per alcuni giorni.
Le Epistole
di S. Paolo
furono scritte tutte prima che fossero
scritti i Vangeli.
Apollonio
di Tiana (I secolo d. C.), educato a Tarso, non si fece convertire da
S. Paolo quando lo incontrò. Preferì rimanere legato
culturalmente all’India, dove era stato, contemperando la cultura
indiana con il pitagorismo. Flavio Filostrato di Lemno, vissuto nel
III secolo, fu invitato da Giulia Domna, moglie dell’imperatore
Settimio Severo, a scrivere la biografia di Apollonio. Egli racconta
che Apollonio aveva la fama di essere un mago, di aver fatto molti
miracoli e di essere persino risuscitato per dimostrare che l’anima
è immortale, ma aggiunge che non vi era in ciò alcunché
di vero e che Apollonio era solo un sapiente che ancor giovinetto
disse al suo maestro Eusseno di voler diventare pitagorico e gli
spiegò: “ ‘Farò come i medici. La loro prima cura è
di purgare: prevengono così le malattie o le guariscono’. A
partire da quel momento non si nutrì più di carni…si
nutrì di verdure e di frutta, dicendo che tutto ciò che
dà la terra è puro…e divenne assistente del medico
Esculapio” (Vita di Apollonio,
I, 7).
E’
evidente che sarebbe stato preferibile che S. Paolo, invece di
cercare di convertire Apollonio, si fosse fatto convertire da lui.
Quanto sarebbe stata migliore la storia.
Persino un cristiano come Eusebio poteva conservare in
una sua opera (Preparazione evangelica, IV, 13) il pensiero di
Apollonio in questi termini: “Io credo che si osservi il culto
conveniente alla divinità…se al Dio che diciamo Primo e che
è l’Uno e separato da tutte le cose e che dobbiamo
riconoscere superiore a tutti gli altri non si immolino vittime, non
si accendano lampade, non si consacri alcuna delle cose sensibili.
Dio non ha bisogno di alcuna cosa…Con lui adopera solo la parola
migliore, cioè quella che non esce dalle labbra, e da lui, che
è il migliore degli esseri, invoca i beni mediante ciò
che in noi v’è di migliore: l’intelletto, che non ha
bisogno di alcun organo”. In una lettera (26) delle molte apocrife
si legge: “Se gli dèi non hanno bisogno di vittime, che si
dovrà fare per avere i loro favori? Credo si debba aver
l’animo ben disposto a beneficiare gli uomini per quanto è
possibile, secondo i loro meriti”. Apollonio passò alla
posterità con la definizione di “Cristo pagano”. Il che
sarebbe da ritenersi una grave offesa per Apollonio, non per il
Cristo di S. Paolo. Giustamente, infatti, Porfirio oppose la figura
di Apollonio a quella di Cristo, ritenendo che Apollonio fosse il
vero salvatore. Se si riflette sul fatto che Gesù era un ebreo
che non aveva preso mai le distanze dalla Torah, che egli pretendeva,
al contrario, di avere completato, si può dire che nessuna
vera salvazione poteva venire all’umanità dalla religione
ebraica, scuola di macelleria, che portò a ritenere, tramite
il cristianesimo, che il Figlio di Dio dovesse essere macellato in
croce per redimere l’umanità. Fu il neoplatonismo a salvare
in parte il cristianesimo dalla maledizione della Torah, del dio
ebraico che maledice e che sparge sangue. Non si trascuri il fatto
che Gesù, cacciando i mercanti che sostavano fuori, sotto il
colonnato del tempio, accusandoli di averne fatto “una spelonca di
ladri”, identificava in realtà la casa di dio con il
tempio-mattatoio ebraico. Rimase ebreo.
Ma perché
S.Paolo avrebbe inventato la resurrezione di Gesù? Una
spiegazione la diede Nietzsche nell'Anticristo,
dove non ha come bersaglio Gesù, a cui, anzi, riconosce la
coerenza di un messaggio morale fondato sulla non resistenza violenta
al male, ma S. Paolo. Scrive infatti Nietzsche: “Prendere per
sincero un Paolo, che ebbe per patria la sede principale
dell’illuminismo stoico, allorché con un’allucinazione si
fabbrica la prova del
vivere-ancora del
redentore, o prestar fede a quanto ci racconta sul fatto che egli
stesso ha avuto quella allucinazione, sarebbe una vera niaiserie
da parte di uno psicologo: Paolo voleva il fine, quindi volle anche i
mezzi…Ciò che egli stesso non credeva, credettero gli
idioti, tra i quali aveva diffuso la sua dottrina. La potenza era il
suo bisogno: con Paolo ancora una volta il prete mirò alla
potenza – egli poteva utilizzare soltanto idee, teorie, simboli,
con cui si tiranneggiano masse, si formano greggi. Quale cosa
Maometto si limitò a prendere tardi a prestito dal
cristianesimo? L’invenzione di Paolo, il suo espediente per la
tirannide dei preti, per accozzare greggi: la credenza
dell’immortalità- vale a dire la dottrina del giudizio…Si
legga Lucrezio per capire che cosa ha combattuto Epicuro: non il
paganesimo, ma il 'cristianesimo'; intendo dire la
corruzione delle anime per mezzo dei concetti di colpa, pena e
immortalità. Egli combatteva i culti sotterranei,
l’intero cristianesimo latente, negare l’immortalità
allora era già una redenzione. Ed Epicuro avrebbe vinto, ogni
spirito ragguardevole nell’impero romano era epicureo;: in quella
apparve Paolo…Paolo, l’odio dei Ciandàla (miserabili)
contro Roma, incarnato, fatto genio; il giudeo, l’eterno giudeo
per eccellenza…Ciò che egli intuì fu come, con
l’aiuto del piccolo movimento settario dei cristiani, si poteva, al
margine dell’ebraismo, appiccare un 'incendio mondiale'; come col simbolo di 'Dio in croce' si poteva
raggruppare …l’intero retaggio di macchinazioni anarchiche
nell’impero…'La salvezza viene dagli ebrei'…In
questa intuizione sta il genio di Paolo. Il suo istinto era in questo
così sicuro che, con una brutale violazione della verità,
mise in bocca al 'salvatore' di sua invenzione le
immagini con cui quelle religioni di Ciandàla
affascinavano…Questo fu il suo momento di Damasco: egli capì
di avere bisogno della
credenza nell’immortalità per svalutare il 'mondo',
che con il concetto di 'inferno' avrebbe ancora avuto
il sopravvento su Roma – che con l’aldilà si uccide la vita…Nichilista
e cristiano: si corrispondono tra loro”.1
In
sostanza, secondo Nietzsche, il cristianesimo fu una vendetta di
quegli ebrei, discepoli di Gesù, che vollero vendicare la sua
morte, voluta dai Romani che l’avevano accusato di fomentare
disordini promuovendo una sedizione anarchica nei confronti della
classe dei sacerdoti ebraici, per cui gli stessi discepoli eressero
Gesù trasformandolo in Dio, con cui dominare sul mondo.
1 commento:
Molto interessante.
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