Esistono strade e piazze intitolate a Cavour, in realtà Camillo BENSO conte di Cavour, essendo Benso e non Cavour il suo cognome. Morì purtroppo a soli 51 anni nel giugno del 1861. Troppo pochi per capire tutti i suoi errori a danno dello Stato sardo-piemontese, di cui voleva l'espansione essendo per lui l'unità d'Italia una conseguenza di tale espansione. Nel 1856 mandò a morire in Crimea molti soldati dello Stato sardo-piemontese per l'unico scopo di far acquisire a tale Stato delle benemerenze da parte della Francia nella guerra anglofrancese contro i russi nell'assedio di Sebastopoli. Nei patti segreti di Plombières del 1858 vendette alla Francia (forse tenendo all'oscuro Vittorio Emanuele II) tutta la Savoia e Nizza, città che fu sempre italiana e dove nacque Garibaldi che protestò furiosamente dopo esserne venuto a conoscenza. In cambio, con l'entrata in guerra della Francia a fianco dei sardo-piemontesi contro l'Austria avrebbe ottenuto la Lombardia e il Veneto. Ma Napoleone III non stette ai patti e interruppe la guerra vittoriosa nonostante i sacrifici dei cittadini sardo-piemontesi nelle battaglie assai cruente di Solferino e San Martino dove parteciparono però anche i garibaldini provenienti da tutta Italia. La conseguenza fu l'acquisto della sola Lombardia, mentre il Veneto rimase all'Austria. Conveniva la perdita di tutta la Savoia e del territorio circondante Nizza in cambio della Lombardia? Io penso di no. I fatti successivi ci dicono che lo Stato sardo-piemontese (rifiuto di dire l'Italia) avrebbe potuto avere la Lombardia e il Veneto senza nemmeno entrare in guerra. Infatti la guerra tra Austria e Prussia nel 1866 portò all'acquisto anche del Veneto senza che fosse stata necessaria un'altra guerra contro l'Austria. Certamente Cavour non poteva prevedere una sconfitta ulteriore dell'Austria da parte della Prussia nel 1866, ma sta di fatto che l'unità d'Italia sarebbe potuta avvenire senza la perdita del grande territorio della Savoia che fu la culla dell'antico regno piemontese. Una volta estesosi lo Stato sardo-piemontese in Lombardia e nel Veneto senza dover sopportare i tanti i morti della cosiddetta terza guerra dell'indipendenza, sarebbe stato facile estendere lo Stato sardo-piemontese nei territori del centro dell'Italia, come il ducato di Parma e i territori dello Stato della Chiesa, che volontariamente già nel 1861 si erano uniti allo Stato sabaudo. Quanto all'Italia meridionale, retto da una dinastia nominalmente spagnola ma di fatto diventata italiana, non avrebbe di certo resistito nel 1866 alla sua invasione da parte di uno Stato sabaudo che ormai si era esteso sino a tutta l'Italia centrale, tranne lo Stato della Chiesa ridotto tuttavia alla regione del Lazio. Sarebbe risultata inutile nel 1860 la spedizione dei mille con la fine del regno di Napoli (o Stato delle due Sicilie). In sostanza, l'unità d'Italia fu dovuta immeritatamente al Cavour alla luce dei fatti successivi. L'unità d'Italia sarebbe avvenuta nel 1866 senza la guerra contro l'Austria. Quanto poi alla fine dello Stato della Chiesa nel 1870 essa sarebbe avvenuta senza alcuna guerra, precedentemente mossa inutilmente anche dai garibaldini perché il territorio dello Stato della Chiesa, pur ridotto al Lazio, era difeso dai francesi. Ma con la sconfitta di Napoleone III a Sedan nel 1870 fu un gioco per le truppe ormai italiane dei bersaglieri entrare a Roma dalla famosa breccia di Porta Pia. L'unità d'Italia sarebbe avvenuta anche senza la terza guerra di indipendenza alla luce dei fatti successivi al 1861. E il Cavour non si sarebbe appropriato della gloria che gli fu attribuita. La fine del Regno di Napoli con la conseguente estensione della lira a tutto il Meridione segnò l'impoverimento di esso perché aumentarono tutti i prezzi, come circa un secolo e mezzo dopo con l'introduzione dell'euro in Italia, e vi fu la reazione dei contadini impoveriti dalla lira e la repressione del brigantaggio nato subito dopo l'annessione dell'ex Regno delle due Sicilie al Regno sardo-piemontese.
Perduta l'indipendenza i settori produttivi dell'ex reame borbonico entrarono in una profonda crisi. Finché il nuovo Stato non avviò una politica di industrializzazione (1878) le ripercussioni dell'annessione prima e le politiche doganali
adottate poi, segnarono la fine delle non più "protette" imprese
meridionali rispetto alla concorrenza europea ed italiana, contribuendo alla nascita della questione meridionale.
1 commento:
Giuste le sue osservazioni, professore, non ci avevo mai pensato prima....
Per contro sempre e comunque:ahi serva Italia! Infatti, se adesso (in apparenza), i nostri destini sono in mano ad un Grillo, Calenda, Conte e compagnia brutta, duecento anni fa la musica era la stessa. La nostra cosiddetta indipendenza si deve (sempre in apparenza), ad un conte alcolizzato e rovinato dal gioco, ad uno zotico regnante profanator di fanciulle anch'egli giocatore e bevitore, ad una ninfomane, meglio conosciuta come contessa di Castiglione, usata dai predetti due accoliti per ripianare in natura i debiti alle carte, ovvero infilata di brutto nel letto di Napoleone Porcellone terzo, per convincerlo ad aiutare il Piemonte nella "liberazione" di alcune regioni italiche, peraltro rette da regnanti moderni ed illuminati...
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