Se si fosse diffamato (ma nel caso in questione non esisteva nemmeno la diffamazione trattandosi di una notizia fondata su un involontario errore materiale) di un cittadino qualsiasi non vi sarebbe stata una condanna simile (a 14 mesi di carcere e SENZA CONDIZIONALE, che normalmente scatta per una condanna inferiore a due anni). Ma per questa furibonda casta la legge non è eguale per tutti. Il Tribunale condanna Sallusti ad una ammenda per un articolo nemmeno scritto da lui e la Corte dei Pazzi (storica congiura dei Pazzi a Firenze) riforma la sentenza scrivendo che il reato può essere reiterato. Come può essere reiterato un reato di asserita diffamazione se l'articolo non ha avuto nemmeno un prosieguo? Qui siamo veramente alla follia. E' bene che questa casta di arroganti sia sottoposta ad un'Alta Corte di giustizia non formata da giudici togati ma da una giuria popolare (come negli Stati Uniti) perché certi giudici la paghino cara (anche economicamente) quando facciano sentenze palesemente aberranti. Anche nel civile. Non è la prima volta che tratto questo argomento. La giustizia è in mano ai potenti. Però debbo riconoscere che Sallusti dirige un giornale che è di Berlusconi, cioè di uno che nulla ha fatto per riformare la giustizia. Anzi, si è fatto delle leggi ad personam. Ed essendo amico e protettore del presidente della Cassazione CARBONE, che ha fatto? Ha fatto pressioni su di lui in modo che aggiustasse in Cassazione il processo riguardante il lodo Mondadori nella disputa tra lui e De Benedetti (gruppo Espresso). Così la pratica fu tolta al magistrato della sezione tributaria ENRICO ALTIERI e fu avocata a sé da Carbone. Chi di spada ferisce di spada perisce. Ecco il risultato di una mancata riforma della giustizia e dell'ordinamento giudiziario, che permette a questa casta privilegiata di fare ancora carriera per sola anzianità senza alcun controllo di merito. Dal momento in cui mettono piede dentro i palazzacci possono anche smettere di aprire un libro di diritto e andare avanti per ignoranza o per pazzia. Berlusconi disse che i giudici dovrebbero essere sottoposti a visita psichiatrica dopo certe sentenze. VERO. Ma che ha fatto lui perché questa farsa di giustizia ridotta ad una lotteria cessasse di esistere? NULLA. Ecco allora i risultati. Alfano, quand'era ministro della giustizia, aveva fatto un disegno di legge che prevedeva l'istituzione di una Alta Corte di giustizia formata per la maggioranza da giuristi ed avvocati di chiara fama e da una minoranza di magistrati a cui un cittadino potesse rivolgersi per porre sotto processo quei giudici che avessero fatto sentenze palesemente aberranti. Poi lo stesso Berlusconi preferì che Alfano diventasse segretario del suo partito e lasciasse il ministero della giustizia. Ora non si sa che fine abbia fatto questo disegno di legge. IL SUO AMICO SALLUSTI STA PAGANDO LE SPESE DI QUESTA MANCATA RIFORMA.
E oggi Berlusconi ha la faccia tosta di difendere la Polverini consigliandole di resistere invece di dimettersi come la buffona (complice dei ladroni della Regione Lazio) aveva promesso di fare. Hanno la poltrona incollata al culo con colla da falegname.
E oggi Berlusconi ha la faccia tosta di difendere la Polverini consigliandole di resistere invece di dimettersi come la buffona (complice dei ladroni della Regione Lazio) aveva promesso di fare. Hanno la poltrona incollata al culo con colla da falegname.
Per i giudici Sallusti è un "pericolo sociale"
La
motivazione assurda fa il processo alle intenzioni: commetterà
ulteriori episodi criminosi. Niente sconti perché la presunta vittima è
un collega magistrato. E così rischia 14 mesi di galera
La
motivazione assurda fa il processo alle intenzioni: commetterà
ulteriori episodi criminosi. Niente sconti perché la presunta vittima è
un collega magistrato. E così rischia 14 mesi di galera
MilanoAlessandro
Sallusti è pericoloso. Se il direttore del Giornale venisse lasciato in
circolazione potrebbe commettere altri reati.
Per
questo, per impedirgli di continuare a diffamare il prossimo, l'unica
soluzione è chiuderlo in carcere. È questo il ragionamento in base al
quale la Corte d'appello di Milano ha stabilito che Sallusti deve finire
in galera. Quattordici mesi, senza condizionale. Solo la decisione
della Cassazione, fissata per mercoledì prossimo, separa ormai Sallusti
da una cella.La sentenza che candida il giornalista alla galera è
stringata. Sette pagine firmate dal giudice Pierangelo Guerriero per
dare ragione ad altri due giudici: il suo collega Giuseppe Cocilovo, in
servizio a Torino, che si era sentito diffamato da un corsivo di Libero
(diretto allora da Sallusti) in cui il suo nome nemmeno compariva; e il
sostituto procuratore generale Lucilla Tontodonati, che aveva fatto
ricorso contro la sentenza di primo grado, che aveva condannato Sallusti
ad appena cinquemila euro di ammenda.
La
procura generale milanese fa appello, invocando per Sallusti la pena
detentiva. E la Corte d'appello le dà ragione. Anche se negli atti non
c'è nulla che dica che il corsivo firmato Dreyfus sia stato scritto da
Sallusti, scatta la condanna: e non per «omesso controllo», ma proprio
come supposto autore dell'articolo. Articolo polemico, duro, in cui si
contestava la decisione del tribunale di Torino di autorizzare una
tredicenne ad abortire: e la ragazzina, come aveva scritto il giorno
prima La Stampa, era poi finita in manicomio.«Con riferimento alla
posizione di Sallusti - scrive la Corte d'appello - va riaffermata non
solo la natura diffamatoria dell'articolo a firma Dreyfus, ma anche la
falsità della ricostruzione dei fatti». Secondo la querela, a decidere
di abortire sarebbe stata la ragazzina, e il giudice si sarebbe limitato
a ratificarne la decisione: in questo consisterebbe la falsità. «E -
aggiunge la sentenza - gli altri organi di stampa si erano affrettati a
correggersi ben prima dell'uscita degli articoli» di Libero. La difesa
di Sallusti ha sottolineato la incongruità di questo passaggio: il primo
articolo della Stampa sul caso della ragazzina è del 17 febbraio 2007,
il corsivo di Dreyfus è del 18, il giorno successivo. Quando sarebbe
avvenuta la rettifica?La sentenza risolve sinteticamente un altro tema
importante del processo, e cioè il fatto che l'articolo incriminato non
porti la firma di Sallusti, e che Sallusti non ne sia l'autore: il
direttore viene condannato «per avere, in qualità di direttore
responsabile del quotidiano Libero e quindi da intendersi autore
dell'articolo redazionale a firma Dreyfus, offeso la reputazione di
Cocilovo Giuseppe». Per la Corte d'appello è del tutto irrilevante che
il giudice Cocilovo non venga mai citato nell'articolo, neanche
velatamente: «il suo nome era stato indicato in precedenza in varie
sedi, cosicché era facile leggendo gli articoli di cui è processo
ricollegare alla sua persona il giudice indicato in maniera anonima
negli stessi». D'altronde al corsivo firmato Dreyfus viene attribuita
anche la colpa delle «minacce ricevute dalla parte civile nei giorni
seguenti alla pubblicazione degli articoli (...) proprio quest'ultima
circostanza evidenzia in maniera incontrovertibile la facile
riconoscibilità del giudice di cui si parla negli articoli, anche se non
ne è esplicitamente indicato il nome».La severità della sentenza viene
motivata anche col fatto che la presunta vittima è un magistrato: «La
soglia di lesività si presenta molto elevata ove si consideri che la
parte civile svolgeva all'epoca dei fatti la funzione di giudice
tutelare, figura professionalmente volta alla tutela degli interessi dei
soggetti deboli».Infine la questione cruciale, che rende questa
sentenza diversa da ogni altra in materia di reati a mezzo stampa: la
decisione di negare a Sallusti le attenuanti generiche e la sospensione
condizionale della pena, ordinando (Cassazione permettendo) la sua
carcerazione. «Le attenuanti vanno concesse in presenza di elementi
positivi quali la giovane età, una condotta processuale improntata a
particolare lealtà o qualunque altra condizione personale o sociale
meritevole di attenzione. Nel caso di specie non si ravvisa alcuna
circostanza che possa essere in tal modo valutata (...) Pena equa sembra
alla Corte per Sallusti quella di anni uno e mesi due di reclusione e
di euro 5mila di multa alla luce dei criteri di cui all'articolo 133
c.p. (quello che fa riferimento della capacità a delinquere del
colpevole, ndr) avuto riguardo alla gravità dei fatti nonché alla
personalità dell'appellante, non incensurato come risulta dal
certificato penale». La condizionale viene negata perché sostanzialmente
i giudici lo considerano socialmente pericoloso: «Per Sallusti non è
possibile formulare una prognosi favorevole e ritenere che egli si
asterrà dal commettere in futuro ulteriori episodi criminosi avuto
riguardo alle numerose condanne da lui già riportate per reati della
stessa specie».
Il direttore del Giornale Alessandro Sallusti
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Criminologo | Ezio Denti Indagini e Consulenze Tecniche per Parti coinvolte in Crimini Violenti www.criminologo.eu
Trovo che queste situazioni, nella loro assurdità, rispecchino appieno la disastrosa situazione del nostro paese nel quale gli organi di controllo non controllano,gli spechi sono all'ordine del giorno ormai in ogni settore della pubblica amministrazione e i giudici perdono tempo prezioso in processi inutili e assurdi come quello che commentiamo, piuttosto che occuparsi di dare un minimo di senso di equità, certezza della pena e rispetto delle regole a milioni di delinquenti che,puntualmente, non vengono condannati dopo aver commesso reati spesso drammaticamente efferati. Mi auguro che dal settore dell'nformazione in primis, ma anche da tutto il momdo politico,istituzionale e soprattutto dalla stessa società civile, in particolare dai cultori della libertà di pensiero,stampa e informazione giungano segnali forti,importanti e significativi riguardo questa vicenda.
Un caloroso saluto e un'in bocca al lupo al mio direttore.
A quando un giudicemanicomio?
Non ci sarà mica in vista una tirannia magistata?
stà zitto vergogna NAPOLITASNO
Comunque sia, Lei ha sempre coraggiosamente scritto e sostenuto che in Italia ci sono due pesi due misure nel giudicare fatti di natura politica e opinioni di natura giornalistica. Saluti
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