...grazie alla perversa legge a favore dei falsi pentiti che riduce gli anni di carcere. E' stato quello che ha sequestrato il tredicenne Giuseppe Di Matteo che due anni dopo fu ucciso e sciolto negli acidi. Si è attribuito 150 omicidi. E adesso è libero.
Mi viene in mente quanto scrisse a questo proposito Cesare Beccaria, che in Dei delitti e delle pene , pur condannando la pena di morte, faceva eccezione per coloro che sovvertivano le leggi dello Stato. Certamente Beccaria non sarebbe stato contrario alla pena di morte per i delitti di mafia. E condannava lo Stato che veniva a patti con i criminali per estorcere le confessioni.
Beccaria condanna lo Stato che compra le delazioni e impone taglie: “Chi ha la forza di difendersi non cerca di comprarla. Di più, un tal editto sconvolge tutte le idee di morale e di virtù, che ad ogni minimo vento svaniscono nell’animo umano. Ora le leggi invitano al tradimento, ed ora lo puniscono…Invece di prevenire un delitto, ne fa nascere cento. Questi sono gli espedienti delle nazioni deboli, le leggi delle quali non sono che istantanee riparazioni di un edificio rovinoso che crolla da ogni parte”.11 D’altra parte, Beccaria (Dei delitti e delle pene, cap. XXVII) continuò a giustificare la pena di morte se “la morte di qualche cittadino diviene necessaria quando la nazione ricupera o perde la sua libertà, o nel tempo dell’anarchia, quando i disordini tengon luogo di leggi”.
Bisognerebbe dunque concludere che Beccaria non sarebbe oggi contrario alla pena di morte almeno per i delitti di mafia, in cui “i disordini tengon luogo di leggi”, o contro i trafficanti di droga, cioè di morte, siano collegati o non con la mafia. La mafia non può essere combattuta democraticamente, ma sospendendo nelle regioni mafiose ogni forma di rappresentanza politica, esposta localmente ai ricatti mafiosi, e ogni forma di garanzia costituzionale nei confroni delle famiglie mafiose, a cui soggiace anche tutto l’apparato giudiziario, dalle guardie carcerarie ai direttori delle carceri sino ai magistrati che dovrebbero giudicare i criminali mafiosi, i quali smetterebbero di comandare e ricattare anche dal carcere soltanto se venissero giustiziati con la pena di morte. Soltanto da morti non potrebbero più comandere e ordinare altre uccisioni. Si sa quali sono le famiglie mafiose, e quando si peschi dentro di esse si pesca sempre bene, senza andare per il sottile. Uno Stato che non voglia intendere ciò è o buffone o connivente con questa feccia di specie soltanto biologicamente umana. Merito principale di Beccaria è l’avere evidenziato la necessità di “una proporzione tra i delitti e le pene”. Ma proprio tale proporzione sarà rivendicata da Kant contro Beccaria per giustificare la pena di morte.
4 commenti:
Molto opportuna questa precisazione sul pensiero di Beccaria citato spesso in modo incompleto. Anche Beccaria riteneva in alcune circostanze legittima la pena di morte, mentre per le anime belle e papa Bergoglio neanche Brusca merita la pena capitale, anzi a tutti i delinquenti e assassini va concessa "una seconda chance", possono redimersi. Con tanti saluti alle loro vittime che non possono essere risarcite. Kant stroncò l'opera di Beccaria. Però lo stesso Kant fece un'affermazione indegna di un filosofo. Arrivò a sostenere che una pena di morte doveva essere eseguita anche se il mondo stesse per crollare per onorare la giustizia. Un discorso da fanatico dei principi.
Kant (Metafisica dei costumi) scrive che il criminale dovrebbe egli stesso chiedere la pena di morte se vuole risarcire se stesso non tanto gli altri. Inoltre Kant scrisse che uno Stato che dichiarasse il suo scioglimento (ipotesi puramente esemplificativa) prima del suo scioglimento dovrebbe eseguire l'ultima condanna a morte. Come vede lei ricorda male.
Stiamo parlando di una colonia, un protettorato anglo-americano. Sub appaltato, in toto, alla malavita organizzata.***Uno stato estero a tutti gli effetti. Le spese ce le abbiamo noi, sul gobbo. Compreso il mantenimento dei loro assassini seriali. Sto parlando della Sicilia.
*** Cassibile, 3 settembre 1943.
Oggi è più pericolosa la ndragheta che dalla Calabria ha diramazioni anche al nor Italia e perfino all'estero. Ha il monopolio dello spaccio della droga. Oltre a quella nigeriana. La mafia siciliana non uccide più perché si è interrata vivendo di pizzi e di estorsioni nei riguardi delle attività commerciali
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