Posted: 13 Jan 2020 10:53 AM PST
Giampaolo Pansa non ci è mai stato simpatico e, come al solito, non l’abbiamo mai nascosto.
Contiguo al potere mediatico di una estrema sinistra che ha occultato i crimini della Resistenza per decenni,
anche dalle nostre parti (politiche) è stato spesso incensato per il
“Ciclo dei vinti”, i libri sulle atrocità dei partigiani (il più
conosciuto è, per l’appunto, “Il sangue dei vinti”) che ebbero – e
questo glielo si deve riconoscere – il merito di portare all’attenzione
del grande pubblico i crimini dei partigiani, aprendo il vaso di Pandora
sulle atrocità, le stragi e le violenze compiute da coloro che si sono
auto-eletti come i difensori della libertà. Noi, però, non gli
dobbiamo niente: gran parte di ciò che Pansa ha scritto – probabilmente
in forma più romanzata e più “leggibile” per il lettore moderno,
tradizionalmente poco avvezzo alla pedanteria dal tradizionale saggio
storico – fu scritto a suo tempo da Giorgio Pisanò, giornalista ex MSI e fondatore di Fascismo e Libertà (fatto, questo, spesso e volentieri taciuto).
Perché Pansa non ci stava simpatico e Pisanò si? Perché
Pisanò, contrariamente a Pansa, pagò le sue scelte politiche e
professionali di persona, subendo l’ostracismo e l’odio (umano e
politico, perché a sinistra non scindono le due cose) di quella parte
politica di cui Giampaolo Pansa, viceversa, è stato uno dei cantori più
celebrati per decenni. Fino a quello che, a sinistra, viene ancora
percepito come un voltafaccia: l’inaugurazione del “Ciclo dei vinti” è
costato al giornalista piemontese le peggiori accuse da parte di quella
sinistra che sulla mistificazione della Storia ha costruito la sua
fortuna, quali quella di trasformismo, di contiguità con i Fascisti,
perfino di traditore e di calunniatore, perché l’aura della Resistenza,
Pisanò e qualche altro scrittore solitario a parte, era immacolata, e tale sarebbe dovuta rimanere.
Non
ci è stato molto simpatico, e va bene. Però, quando una persona non ci
sta simpatica e passa a miglior vita, abbiamo la decenza di tacere e di
chinare la testa.
Un giro sulle pagine Facebook di sinistra che affrontano la morte di Giampaolo Pansa basta a farci venire la nausea: "E' morto un revisionista di m****", "Uno di meno", "Sarebbe dovuto crepare prima", e via di questo passo.
Perché ne parliamo? Perché loro sono quelli che non odiano, tutto pace, amore e fiorellini, quelli dell'#odiareticosta,
delle commissioni parlamentari contro l'odio, dei patentini per votare,
del dito puntato contro chi rivendica il sacrosanto diritto di pensarla
diversamente dai mantra del politicamente corretto sinistrorso
(immigrazionista, terzomondista, buonista a comando), dei “webeti”,
degli “analfabeti funzionali”...
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