martedì 7 settembre 2010

W LA LIBERTA' DI PENSIERO NEL BRUCIARE IL CORANO

IL CORANO E' LA MAGGIORE ESPRESSIONE DELL'AVVERSIONE A QUALSIASI ORDINAMENTO GIURIDICO LIBERALE. ESSO E' CONTRARIO A QUALSIASI SISTEMA POLITICO OCCIDENTALE. IN ITALIA E' CONTRARIO AL'ART. 8 DELLA COSTITUZIONE, OLTRE CHE A VARI ARTICOLI DEL CODICE PENALE.A PARTE IL FATTO CHE NON PUO' ESSERE CONSIDERATO REATO BRUCIARE IN PUBBLICO UN LIBRO,QUALUNQUE ESSO SIA, NON SI VEDE PERCHE' A MAGGIOR RAGIONE NON DOVREBBE ESSERE BRUCIATO IL CORANO.

USA

"L'11 settembre bruciamo il Corano"
Pastore evangelico preoccupa la Casa Bianca

Terry Jones pronto all'azione ostile nonostante gli appelli del generale Petraeus e del segretario Nato Rasmussen. "Conseguenze nefaste per le truppe in Afghanistan". Dalle comunità religiose appello comune alla tolleranza. Osservatore Romano: in pericolo le minoranze cristiane. Ma il sindaco di New York osserva: "E' un suo diritto costituzionale"

WASHINGTON - Prima glielo ha chiesto il generale Petraeus, poi la Nato e appelli a fare marcia indietro arrivano da tutto il mondo cattolico impegnato nelle aree a rischio. Adesso anche la Casa Bianca si dice "preoccupata". Ma il pastore evangelico Terry Jones non sembra intenzionato a cambiare idea: l'11 settembre copie del Corano in fiamme per ricordare le vittime dell'attentato alle Torri Gemelle, anche se a pagare le conseguenze di una così palese manifestazione di ostilità potrebbero essere i soldati americani di stanza in Afghanistan e le minoranze cristiane nei paesi musulmani.

Jones, pastore del World Dove Outreach Center di Gainesville, Florida, ha ribadito le sue intenzioni in una intervista alla Cnn. "Gli Stati Uniti - dice nell'intervista - affrontano un nemico con il quale non si può dialogare, un nemico a cui bisogna dare una dimostrazione di forza". Secondo il pastore, l'iniziativa non è una dimostrazione di odio, ma "un avvertimento sulla minaccia rappresentata dall'Islam".

Sembra essere caduto nel vuoto l'appello del generale David Petraeus, comandante delle forze Usa in Afghanistan, per il quale l'iniziativa di Jones potrebbe moltiplicare i rischi per la sicurezza dei suoi soldati. E' "proprio il tipo di azione che i talebani utulizzano e che quindi può causare seri problemi - aveva spiegato il generale - non solo qui ma in ogni parte del mondo in cui abbiamo a che fare con la comunità islamica". L'11 settembre non è ancora arrivato, ma i timori di Petraeus sono già fondati. La notizia dell'esortazione al falò lanciato da Terry Jones ha spinto già ieri centinaia di persone a manifestare a Kabul. Altre proteste hanno avuto luogo anche tra le comunità musulmane che vivono negli Usa e davanti all'ambasciata americana a Giacarta, in Indonesia.

L'improvviso aumento della tensione ha indotto così anche il segretario generale della Nato, Anders Fogh Rasmussen, a farsi sentire. L'iniziativa di Terry Jones "rischia di avere conseguenze nefaste sulla sicurezza delle truppe della Nato in Afghanistan", fa sapere Rasmussen, aggiungendo che simili ostentazioni di ostilità sarebbero contro i "valori" dell'Alleanza Atlantica "in nome dei quali ci battiamo".

Il potenziale di enorme danno di un gesto che in un altro clima potrebbe essere bollato solo di stupidità e razzismo viene colto soprattutto in America. Tanto che i leader delle principali comunità religiose di tutte le fedi presenti nel Paese hanno rivolto oggi da Washington un appello comune per la tolleranza e contro ogni "mentalità bigotta", invitando i fedeli di tutte le loro chiese, parrocchie, comunità e gruppi religiosi a ricordarsi che "come dice il primo emendamento, l'America è la terra della libertà". In una conferenza stampa congiunta alla quale hanno preso parte rappresentanti cattolici, evangelici, episcopali, protestanti, islamici, induisti e di ogni altra fede presente negli Stati Uniti, i leader religiosi hanno sottolineato i rischi a cui può portare "l'ondata di islamofobia" in atto negli Stati Uniti in questo ultimo periodo. "Tutti noi - ha ricordato il l'arcivescovo di Washington, Theodore McCarrick - abbiamo la responsabilità di ricordare, come già fece Martin Luther King, che la libertà religiosa ha portato genti bellissime ad approdare sulle coste americane e che è al fondamento di questa Nazione. Una società basata sull'odio non fa parte dell'America".

Va invece controcorrente, in nome delle libertà costituzionali, il sindaco di New York Michael
Bloomberg: si tratta di una azione "disgustosa", ha detto, ma il pastore "ha il diritto di farlo". Bloomberg ha aggiunto di essere sicuro che il pastore non gradirebbe l'atto di veder bruciato un libro che considera sacro. "Ma la sua azione è protetta dal diritto alla libertà di espressione - ha aggiunto il sindaco di New York - non possiamo applicare tale diritto solo alle situazioni che approviamo". Bloomberg era stato contestato dalle frange anti-islamiste più estreme negli Usa per aver difeso la costruzione di una moschea vicino al sito di Ground Zero, in nome della tolleranza religiosa. E in questo caso utilizza un principio analogo per difendere una scelta di campo opposto, che proprio nulla ha a che fare con la tolleranza.

E sulla vicenda interviene anche l'Osservatore Romano, lanciando il suo appello: "Nessuno bruci il
Corano". Lo slogan nel titolo di un articolo in cui si racconta dell'impegno profuso contro l'iniziativa di Terry Jones dalla Chiesa cattolica in varie parti del mondo, soprattutto in Asia. "Nei giorni scorsi - riferisce il giornale vaticano - era stato il cardinale arcivescovo di Bombay, Oswald Gracias, a intervenire. Alla voce del porporato si era unita poi quella del presidente della Conferenza episcopale in Pakistan, l'arcivescovo di Lahore Lawrence John Saldanha". Il presidente del Pakistan Christian Congress, Nazir Bhatti, tra gli altri, ha chiesto alla comunità evangelica di annullare l'iniziativa, in quanto "potrebbe nuocere gravemente alle minoranze cristiane nei Paesi a maggioranza musulmana" riporta l'Osservatore Romano.

Viva preoccupazione è stata espressa anche in Indonesia, che conta la comunità musulmana più numerosa nel mondo. Qui la Conferenza episcopale ha organizzato nei giorni scorsi un incontro con alcuni leader musulmani, nel quale è stata ribadita la necessità del reciproco rispetto tra le fedi. "Continueremo a pregare perché non accada nulla di spiacevole - ha dichiarato all'Osservatore Romano il vescovo di Bandung, Johannes Maria Trilaksyanta Pujasumarta - né in Indonesia né nel resto del mondo, a causa di questo atto irresponsabile".

(07 settembre 2010) © Riproduzione riservata


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