Dal mio libro IO NON VOLEVO NASCERE (Il capitolo prosegue con l'analisi non partigiana di altre rappresaglie, come quella di Marzabotto, e dei contraddittori processi contro Kappler e Priebke)
Inoltre,
i partigiani non potevano pretendere di essere rappresentanti del
popolo, rimasto pressoché passivo o indifferente ad essi
nell'Italia occupata dai nazisti (come dimostrerà il
referendum che vide prevalere di poco la repubblica sulla monarchia –
pur responsabile del fascismo - soltanto per il sospetto di brogli
elettorali). Il cosiddetto Comitato di Liberazione Nazionale,
giuridicamente inesistente, in quanto costituito da individui che si
erano autoinvestiti di un potere politico, non fu mai ufficialmente
riconosciuto dalle forze belligeranti. Dagli Alleati e dal governo
monarchico fu riconosciuto, e solo dal 7 settembre 1944 (Protocolli
di Roma) il Corpo dei
Volontari della Libertà, al comando del generale Raffaele
Cadorna e a condizione che esso operasse a fianco degli Alleati. Ma
il CLN accettò solo nominalmente tale accordo per darsi una
veste giuridica, mentre le varie bande partigiane continuarono ad
operare indipendentemente da esso e separatamente tra loro.
Una
parte di esse, formata da comunisti e dai loro fiancheggiatori, come
Pertini, rifiutò infatti di consegnare agli americani
Mussolini, contro la volontà degli emissari del governo regio
di Badoglio, e ordinò che Mussolini fosse fucilato forse anche
per timore che egli potesse rendere pubblico un carteggio con
Churchill, che, facendo il doppio gioco - con la promessa nascosta di
Nizza, (a spese dell'alleata Francia) e della Dalmazia all'Italia -
pare avesse indotto Mussolini ad entrare in guerra perché,
considerata ormai persa la guerra – quando gli Stati Uniti non
erano ancora intervenuti – moderasse le pretese della Germania. 1
Quando
verranno tolte le medaglie agli assassini materiali che, causando
anche vittime civili, il 23 marzo del 1944 provocarono, in una strada
di Roma (via Rasella) la rappresaglia delle Fosse ardeatine, perché
vigliaccamente rifiutarono di costituirsi, allora finalmente si
inizierà a rendere giustizia alle vittime della rappresaglia,
come a quelle di altre.2
I mandanti dell'attacco proditorio, e perciò i maggiori
responsabili della rappresaglia, furono i componenti di una sedicente
Giunta militare del sedicente Comitato di Liberazione Nazionale
(CNL). Di tale Giunta erano responsabili Giorgio Amendola (uno dei
futuri capi del P.C.I.), Riccardo Bauer (Partito d'Azione) e Sandro
Pertini (socialista), un fanatico che poi cercò di scaricare
su Amendola la responsabilità dicendo che non era stato
informato della decisione di porre in atto l'attentato terroristico e
fu premiato con la presidenza della Repubblica. E fu principalmente
lui a volere ad ogni costo la morte di Mussolini sovrapponendosi al
governo monarchico (riconosciuto dagli alleati) e impedendo che
Mussolini, tramite l'accordo cercato con il cardinale Schuster, si
consegnasse agli americani, come da essi richiesto in quanto veri
legittimati a chiederne la consegna, e non i cosiddetti partigiani,
che, pur privi di qualsiasi autonoma legittimazione politica,
volevano acquisirla decidendo, con la loro ala oltranzista, di
passare per le armi tutti i gerarchi della Repubblica Sociale, senza
alcun processo, come si fece, invece, a Norimberga. Fu assassinato
dai comunisti persino Nicola Bombacci, che, uomo mite, teorizzatore
della socializzazione delle imprese, era stato prima segretario del
partito socialista e poi cofondatore nel 1921 del partito comunista,
delegato a Mosca dei comunisti italiani nel 1920 ed amico di Lenin,
ma espulso nel 1923 dai miopi del suo partito quando alla Camera
propose un'alleanza tra fascismo e comunismo sovietico, capendo
l'affinità tra le origini socialiste del fascismo e il
comunismo sovietico sino a quando condannò la svolta
staliniana. Nella Repubblica sociale, dove fu consigliere economico
di Mussolini, continuava a chiamare “compagni” gli operai. Morì
gridando:”Viva il socialismo”. Mussolini, anche contro la
volontà di quei partigiani che l'avevano arrestato nella sua
fuga verso la Svizzera, disposti a consegnarlo agli americani, fu
sottratto ad essi da una banda di assassini che, al comando di una
cupola di fanatici (in prevalenza formata da comunisti, ma tra cui si
trovava anche Pertini), furono inviati da Milano a Dongo per
anticipare l'arrivo a Milano degli americani e permettere a questi
fanatici vigliacchi di fregiarsi di fronte ai vincitori di
un'autorità che non avevano e di dare poi in pasto ad una
folla scatenata la visione dei cadaveri appesi a testa in giù
in piazzale Loreto. Quella stessa folla che, come commentò
con disprezzo lo stesso Leo Valiani, leader del Partito d'Azione (e
uno dei mandanti dell'assassinio di Mussolini), non era mai stata
antifascista. E ora saltava indegnamente sul carro dei vincitori. E
poi si parla di guerra di liberazione. Come se fosse stata una guerra
di popolo.
I
vigliacchi partigiani (per lo più comunisti) agivano sempre
proditoriamente con imboscate esponendo le popolazioni alle
rappresaglie con il rifiuto di presentarsi. Nel processo contro
Kappler (Tribunale Militare di Roma, 20 luglio 1948) – che
riconobbe che l'attentato era da ritenersi illegittimo secondo il
diritto internazionale - il Bentivegna disse di avere ricevuto
l'ordine di attaccare il battaglione di altoatesini e che si sarebbe
presentato se fosse stata richiesta dai tedeschi la presentazione
degli attentatori, che, invece, non vi sarebbe stata perché
sarebbe stato deciso dai tedeschi di attuare comunque la
rappresaglia. Ma la stessa accusa riconobbe che già due mesi
prima erano stati affissi dei manifesti preannunciando rappresaglie
per gli attentati: Soltanto il 28 marzo 1974 (settimanale “Panorama”)
si fece vivo un testimone (Domenico Anzaldi) per dire che la sera
stessa dell'attentato era stato affisso un manifesto sui muri di
Roma.3
Non basta. Questo principale manovale dell'attentato cambiò
versione quando si accodò a quanto Paolo Emilio Taviani, ex
partigiano ed esponente dei passati governi democristiani, dichiarò
nel 1977 al quotidiano Il
Giornale (del 10
luglio 1997 affacciando la tesi che “l'attentato di via Rasella fu
un atto di guerra compiuto dai partigiani, non per regolamento di
conti al loro interno (questa è un'altra versione, che
vorrebbe che i partigiani comunisti volessero sbarazzarsi di quelli
non comunisti o anche di quelli comunisti non affiliati al P.C,I. che
si trovavano già in carcere, in modo da farli finire vittime
della prevedibile rappresaglia – n. d. r.),4
ma su richiesta dei comandi alleati. L'azione doveva alleggerire la
pressione delle forze tedesche che impedivano l'avanzata
angloamericana verso Roma”.5
La tesi apparve a chi non fosse disonesto del tutto insostenibile.
Non si era mai affacciata prima d'allora una simile tesi. Se fosse
stata vera la banda degli attentatori, a incominciare dal Bentivegna,
sarebbe stata la prima a dirlo. Invece la banda tacque di fronte alla
tesi di Taviani, smentendo così se stessa, giacché lo
stesso Bentivegna aveva detto che tutto era stato programmato
all'interno della “giunta militare” del CLN, anche se poi,
all'interno di questa asserita giunta, Amendola, come detto, si
assunse inverosimilmente la responsabilità per tutti, non
sconfessando Bauer e Pertini, che, per ridurre al minimo le
responsabilità, disse che egli e Bauer erano ignari della
decisione presa da Amendola.
Per
salvare questa banda di assassini si mosse subito il governo Badoglio
(dimentico della sua connivenza con il fascismo e delle stragi da lui
operate in Etiopia) e provvide subito ad una amnistia con decreto
legge n.96 del 5 aprile 1944 e con quello del 12 aprile, n. 194,
riconoscendo retroattivamente questa banda come composta da legittimi
belligeranti. Era infatti già incalzato dai partiti
antifascisti, che sarebbero entrati organicamente nel II governo
Badoglio il 22 aprile, con Togliatti vicepresidente del Consiglio. Se
gli attentati fossero stati azioni di guerra non ci sarebbe stato
bisogno di amnistia. Ciò in contrasto con l'ordine che lo
stesso Badoglio aveva diramato di evitare di fare attentati nelle
città proprio per evitare prevedibili rappresaglie.6
I
parenti delle vittime delle Fosse Ardeatine si videro negato il
risarcimento dei danni nella causa promossa nel 1949, conclusasi
negativamente in tre gradi del giudizio con la sentenza della
Cassazione del 9 maggio 1957 che riconosceva che l'attentato era
stato un'azione di guerra condotta da “legittimi belligeranti”.
Ciò
in contrasto con la citata sentenza del Tribunale militare del 1948
(processo Kappler), a cui si aggiunse la sentenza del Tribunale
Supremo Militare del 26 aprile 1954, che stabiliva che, per espresso
disposto dell'art. 1 del Decreto legge 6 settembre 1946, n.93 i
partigiani non potevano essere considerati belligeranti. 7
1
V. su Google carteggio
Churchill-Mussolini. In particolare cronologia.leonardo.it e
controstoria.it.(Mussolini fucilato-da chi?).
2I
principali manovali dell'attacco proditorio, da ritenersi di natura
terroristica e non azione di guerra perché attuato fuori di
un'azione di guerra tra nemici dichiarati sono stati Rosario
Bentivegna (che fece esplodere la bomba posta in un carretto dopo
essersi travestito da spazzino), Carla Capponi, Pasquale Balsamo e
Franco Calamandrei. Gli ultimi tre avevano il compito di segnalare
al primo l'arrivo di un battaglione del reggimento (Bozen) di
altoatesini che aveva solo compiti di polizia e si dice transitasse
disarmato (almeno perché avevano l'ordine di transitare con
le armi scariche). Un gruppo di sostegno lanciò altre bombe
sulla coda del battaglione portando i morti a 32. I primi tre ebbero
nel 1951 dal presidente della Repubblica, su proposta di De Gasperi,
rispettivamente una medaglia d'argento, d'oro e di bronzo.
Evidentemente la Capponi come terrorista aveva più
benemerenze. L'attacco proditorio fu preparato da Carlo Salinari,
che negli anni '60 mi ritrovai come professore ordinario di
letteratura italiana nella Facoltà di Magistero di Cagliari.
Suo è il noto manuale di letteratura italiana adottato in
molte scuole. Di indirizzo marxista, come lo era Giuseppe Petronio,
professore di letteratura italiana, con cui detti l'esame da
studente del corso di filosofia della Facoltà di Lettere e
filosofia.
3V.
l'articolo citato “La strage di via Rasella: un atto “eroico”.
V. anche (a cura di Reno Bromuro) “L'attentato di via Rasella”,
in www.nonsoloparole.com.
(riportante un articolo di Ivaldo Giaquinto (“L'imboscata di via
Rasella. Ma questa era guerra?”, in www.italia-rsi.org.
4Tra
i comunisti non appartenenti al P.C.I. vi erano quelli di “Bandiera
Rossa” (formata da troskisti), alcuni dei quali finirono a Regina
Coeli e poi alle Fosse Ardeatine. Alcuni sopravvissuti dissero che
la loro presenza in via Rasella fu voluta dal P.C.I. per farli
cadere in una trappola e far ricadere su di essi le responsabilità.
V. di Pierangelo Maurizio “via Rasella, un mistero che dura
sessant'anni” (Il
Giornale, 12 agosto
2007), in www.mascellaro.it/taxonomy/term/35.
5 V. voce “D'Acquisto Salvo (salvatore) 23 settembre 1943 in www.cronologia.leonardo.it/storia/a1943za.htm.
6
V. cronologia.leonardo.it/storia/a1945s. Le rappresaglie. V. anche
nota 103.
7In
questo senso è stato citata la sentenza da Giampaolo Pansa in
Sconosciuto 1945
(Sperling&Kupfer 2005, pp.376 sgg.). In realtà il decreto
del 6 settembre 1946 riconosceva la qualifica di belligeranti anche
ai partigiani, come confermato dal decreto legislativo 4 marzo 1948,
n.137. Una rassegna faziosa di processi a vari comandanti nazisti
(tra cui Kappler, Priebke, Haas, Stommel, Reder) è volta a
condannare la rappresaglia a posteriori, dopo la guerra, secondo
il diritto internazionale delle Nazioni Unite (www.difesa.it/GiustiziaMilitare/RassegnaGM/Proces
cessi/HeinrichNordhom.17.La rappresaglia).
Nessun commento:
Posta un commento