Sono essi la maggiore, se non unica, fonte, di inquinamento della Terra. All'inizio del '900 la popolazione mondiale era di circa due miliardi. In un secolo è passata a 7 miliardi. Si tratta di una specie animale che è una anomalia nella natura. Le specie animali hanno un controllo dato dalla selezione naturale. La medicina, è un paradosso, ha allungato la vita ma ha riempito la Terra di 5 miliardi (per ora) di individui che non sarebbero dovuti nascere. Riporto alcune pagine tratte dal mio libro Roba da sardi. Ve la do io la Sardegna. In esso ho documentato che la maggiore fonte di inquinamento sono gli allevamenti intensivi. Maggiore è la popolazione e maggiore è il numero di questi allevamenti di morte. Alla lunga essi saranno la causa di tutti i maggiori squilibri naturali, che porteranno di riflesso ad un riscaldamento globale che renderà impossibile la vita sulla Terra con lo scioglimento dei ghiacci polari e l'innalzamento del livello degli oceani. Pertanto i maggiori inquinatori della Terra sono coloro che mangiano carne favorendo gli allevamenti di morte. L'effetto serra è causato principalmente da emissioni di CO2 e di metano prodotti dalle flatulenze degli animali da allevamenti (di morte).
La follia politica si commisura
all’ignoranza dei dati che documentano la follia economica del destinare a
mangime per animali da allevamento di morte un ettaro di terreno che potrebbe
produrre in un anno 2500 kg di proteine vegetali per uomini, mentre, destinato
a mangime, produce solo 250 kg di proteine animali, con un consumo di acqua 70
volte maggiore. Si è calcolato che per produrre un solo hamburger vengono
prodotti 3 kg di anidride carbonica e che oltre la metà dei gas serra è emessa
dagli allevamenti industriali di carne da macello. Per far crescere di un kg di
peso un manzo occorrono da 7 a 10 kg di mangime, costituito da cereali e
leguminose. E solo più della metà del suo peso è commestibile. Un terzo della
produzione mondiale di cereali viene consumata dagli animali da allevamento
industriale, ma negli USA e in Europa oltre la metà dei cereali viene consumata
come mangime. Negli USA, che ha la popolazione più carnivora della Terra, nel
1979 dei 145 milioni di tonnellate di cereali e di soia solo 21 milioni sono
stati utilizzati per l’alimentazione umana. A causa dello spazio ridotto degli
allevamenti intensivi il terreno circostante non è più in grado di assorbire la
quantità di deiezioni, che si depositano nelle acque di superficie e nelle
falde acquifere. Tra queste deiezioni vi sono anche metalli pesanti come rame,
zinco, selenio, cobalto, arsenico, ferro, manganese, somministrati agli animali
per promuoverne la crescita in tempi brevi. Si stima che un manzo ogni giorno
produca 20 kg di sterco. Anche i caseifici, insieme con gli impianti di
macellazione, inquinano le falde acquifere. Né vale proporre un allevamento
estensivo invece che intensivo perché occorrerebbe per questo o ridurre il
consumo di carne dell’80% o avere almeno un 60% in più di superficie
coltivabile. E per quanto riguarda il consumo di energia è stato stimato che la
produzione di proteine animali richiede un consumo di energia da 2,5 a 50 volte
superiore rispetto alla produzione di proteine vegetali.
Si va predicando moralmente contro la
fame nel mondo e contro lo spreco delle risorse d’acqua perché non si
rispettano le condizioni di vita conformi al rispetto del diritto naturale,
facendo del palato, e non delle reali necessità dell’organismo, la base delle
tradizioni alimentari. Ma, variando un noto proverbio, si può dire che ne
uccide più il palato della spada. Gli allevamenti intensivi avvengono in spazi
chiusi, e per evitare epidemie viene aggiunto dell’antibiotico per uso
veterinario, cosicché chi consuma carni ingerisce ogni volta lo stesso
antibiotico. La natura si vendica con l’aumento di decessi per cancro. Disse
Einstein che nulla darà la possibilità di sopravvivenza sulla terra quanto
l’evoluzione verso una dieta vegetariana.
Nemmeno nelle varie Conferenze ONU
organizzate per contrastare le cause dei mutamenti sui mutamenti climatici mai
si è fatto riferimento, prendendone coscienza, alla causa principale
dell'immissione nell'atmosfera, e perciò sulla terra, dei gas serra, tra cui
l'anidride carbonica è solo uno dei tanti gas serra, non avvertendo che la
causa principale è data dagli allevamenti intensivi di morte. Tra le centinaia
di capi di Stato partecipanti a queste inutili conferenze, che appaiano
scientificamente delle buffonate, vi sono quelli chiamati grandi della Terra,
ma piccoli di cervello, a cominciare da quello degli Stati Uniti, che, complici
delle industrie alimentari basate sulla carne, danno a credere per disonestà
che i mutamenti climatici siano dovuti unicamente all’anidride carbonica (CO2)
prodotta dai combustibili fossili e che il rimedio consista nel diminuire
l’emissione di CO2 prodotte dalle industrie. Per essi non valgono i
dati scientifici che dimostrano che il CO2 è solo in parte la causa
dell’inquinamento terrestre, essendo maggiore la quantità di gas serra prodotta
dagli allevamenti, tra cui lo stesso CO2, il metano, l’ammoniaca,
prodotti dalle flatulenze, e, soprattutto, il protossido di azoto, ancor più
velenoso, che proviene dal letame. Questi gas sono almeno il 51% dei gas
inquinanti l’atmosfera, superiore all'inquinamento causato da tutta la
viabilità mondiale, pari al 14%. Mangiare una bistecca equivale a percorrere
con una automobile di media cilindrata circa 50 km.
Studi fatti nel 2008 dall’Università
di Amsterdam hanno calcolato che, se tutti gli olandesi non mangiassero carne
per un giorno alla settimana, vi sarebbe un risparmio di 3,2 mega tonnellate di
CO2 e che, se tutti gli olandesi non mangiassero mai carne, pur in
una dieta latto-ovo-vegegetariana, vi sarebbe un risparmio di ben 22,4
megatonnellate di CO2. Pari alle emissioni totali prodotte dal
consumo di gas dell’intera Olanda. I dati non riportano l’ancor maggiore
risparmio nel caso di una dieta vegana. Ma da uno studio dell’Institute for
Ecological Economy Research di Berlino risulta che rispetto ad una dieta vegana
una dieta vegetariana ha un impatto sull’effetto serra 4 volte superiore e una
dieta comprendente anche carne ha un impatto di circa 7,5 superiore.
Quattro aziende producono oggi il 60%
dei maiali in USA. Dove ogni americano si ingroppa 127 chili di escrementi di
maiali della Smithfield, che produce 31 milioni di suini anno. Gli animali
allevati in USA producono 130 volte i rifiuti organici di tutta la popolazione
umana del Paese: 40 tonnellate al secondo. Non esistono impianti di trattamento
dei rifiuti organici per gli animali d'allevamento. Quindi tutti quegli
escrementi dove vanno a finire? E da che cosa sono composti? Ammoniaca, metano,
acido solfidrico, monossido di carbonio, cianuro, fosforo, nitrati e metalli pesanti.
In più i liquami nutrono più di cento micro patogeni che possono provocare
malattie nell'uomo, tra cui salmonella, cryptosporidium, streptococchi e
giardia. I bambini che crescono nel comprensorio di una porcilaia industriale
hanno tassi di asma superiori del 50%. I campi non sono in grado di assorbire
tutto questo. I liquami vengono pompati in grossissimi lagoni, con una
estensione di più di un ettaro e profondi 9 metri, accanto alle porcilaie, e
possono essere numerosi, un centinaio o più. Il deflusso si insinua nei corsi
d'acqua, e i gas velenosi come ammoniaca e acido solforico evaporano nell'aria.
Quando quei pozzi neri grandi come campi di calcio sono sul punto di traboccare
vengono irrorati i liquami sui campi. Talvolta li spruzzano dritti in aria, un
geyser di escrementi che spande un aerosol di feci creando vortici gassosi
capaci di provocare gravi danni neurologici. Studi hanno dimostrato che i
lagoni emettono sostanze chimiche tossiche nell'aria e che possono provocare
problemi infiammatori, immunitari, flogistici e neurochimici negli esseri
umani. I fatturati delle aziende però crescono e i costi di bonifica vengono
posti a carico della comunità. La distruzione del paesaggio, si sa, è un
crimine, uno dei più efferati, perché viene compromesso tutto il sistema di
vita. Gli allevamenti intensivi sono un'assurdità e prima o poi dovranno
cessare di esistere. Ogni stabilimento di salumi produce una filiera del
benessere del consumatore. Un cretino che non ha consapevolezza, che non sa e
non vuol saperne della sofferenza che vi è nel suo piatto. Siamo tutti
responsabili di ciò che non facciamo. E' la violenza portata a sistema che
trasforma in un affettato cibo morto. La carne etica non esiste. E' una
falsità. E' solo un feroce sterminio industrializzato.
Per alcuni secoli l'umanità ha
sfruttato il carbone come fonte maggiore di energia e nel XX secolo si è
aggiunto il petrolio. Ma né il carbone né il petrolio sono stati causa
dell'inquinamento atmosferico sino alla metà del XX secolo, al cui inizio la
popolazione umana era di circa un miliardo e mezzo. Nell'arco di mezzo secolo è
passata a circa sette miliardi. E' dunque l'antropizzazione della Terra la
causa principale dei mutamenti climatici, giacché le piante, con la pazzesca
deforestazione dell'Amazzonia, polmone verde della Terra - e sacrificata negli
ultimi decenni a vantaggio degli allevamenti di morte delle industrie
dell'hamburger degli USA - non riescono più ad assorbire l'eccesso di anidride
carbonica in rispetto dei normali tempi biologici. Tra il 1996 e il 2009 sono
stati persi cento mila kmq della foresta amazzonica, pari a tre volte la
superficie della Francia, con una popolazione di bovini passata tra il 1990 e
il 2003 da circa 27 milioni a 64 milioni. Secondo la FAO il 70% delle terre
deforestate dell’Amazzonia è stato trasformato in terra da pascolo e il 30% è
stato destinato a produzione di mangime, cosicché il Brasile è divenuto il
maggiore esportatore di carne con il maggiore numero di bovini. Ma poiché la
terra ricavata dalla foresta non è adatta al pascolo, dopo pochi anni di
pascolo il suolo diventa sterile e gli allevatori di morte debbono abbattere
altri kmq di foresta provocando la degradazione del suolo. Si aggiunga la
perdita di una superficie del 30% della foresta indonesiana, cioè di una
superficie pari a quella della Germania, a causa della coltivazione di palme da
cui ricavare l’olio saturo non idrogenato, dunque nocivo, e tuttavia utilizzato
per molti prodotti alimentari, soprattutto dolciari. Il suolo agricolo, a causa
di un suo sfruttamento intensivo, innaturale e non biologico, viene inquinato
da pesticidi quali gli organochlorini e gli organofosfati, che poi si ritrovano
nei cibi.
Né si deve trascurare l’inquinamento
dei mari a causa dell’aumento della popolazione. Il consumo globale di pesce è
cresciuto dal 1960 al 2009 passando da 10 kg annui pro capite a 18,4 kg. E a
seguito dell’impoverimento dei mari si è pensato di ricorrere all’acquacoltura.
Ma con la conseguenza che normalmente occorrono da 2,5 a 5 kg di pesce pescato
da trasformare in mangime per produrre un solo kg di pesce di acqua coltura,
che si stima fornisca il 43% del pesce per uso alimentare. E per ingrassare di
un kg un tonno sono necessari almeno 20 kg di pesce pescato. L’allevamento del
tonno rosso ha portato ad una riduzione dell’80% del tonno rosso catturato.
Inoltre l’acquacoltura ha causato la dispersione nei mari di sostanze nocive a
causa dell’impiego di additivi chimici quali antibiotici, disinfettanti,
deiezioni e scarti di mangime insieme a parassiti che si depositano sui fondi e
si disperdono nel mare contaminando le acque e decimando la popolazione ittica
e distruggendo le foreste marine, necessarie per la sopravvivenza di numerose
specie.
Sulla Terra vi sono almeno cinque
miliardi in più di individui che non dovrebbero esistere. Ma di ciò nessuno parla nelle
ricorrenti Conferenze dell'ONU con grande parata inutile di capi di Stato, che
per opportunismo politico sanno guardare solo al presente e non al futuro.
Nonostante la FAO, pur essendo un’organizzazione dell’ONU, abbia documentato
ampiamente nel suo rapporto del 2006 intitolato La lunga ombra
dell’allevamento intensivo, le cause complessive del degrado ambientale,
dovute anche, e principalmente, all’aumentato consumo di carne. La FAO ha stimato
che nella seconda metà del ‘900 il consumo di carne è aumentato di 5 volte,
passando da 45 milioni di tonnellate all’anno nel 1950 a 233 milioni nel 2000 e
che secondo le statistiche del 2007 ogni anno vengono macellati 56 miliardi di
animali, esclusi gli animali marini. Secondo la FAO anche la produzione di un
litro di latte comporta una emissione di 2,4 kg di CO2. Sempre
secondo la FAO la zootecnia utilizza il 30% dell’intera superficie terrestre
non ricoperta da ghiacci e il 70% di tutte le terre agricole. Se è così bisogna
concludere che quasi tutta l’umanità è demenziale nel voler continuare a
proporre una tradizione alimentare basata sulla cane o su cibi di derivazione
animale mentre poi si va predicando contro la fame nel mondo.
Ma la stessa FAO non è stata mai
capace di preoccuparsi del fatto che l’inquinamento ambientale dovuto agli
allevamenti industriali si collega all'aumento della popolazione, non avendo
essa mai promosso una campagna mondiale per la decrescita della popolazione
umana. Complice
degli allevamenti intensivi si è limitata a consigliare un minore consumo di
carne. Pur essendo stata contraddetta nel suo affermare che il gas serra
prodotti dagli allevamenti costituiscano solo il 18%, e non il 51% del totale
dei gas serra emessi nell’atmosfera. E’ comunque certo che a causa degli
allevamenti non vi sarà abbastanza acqua per una popolazione che nel 2050 si
stima debba arrivare a 9 miliardi.
Ha scritto Umberto Veronesi nel libro
Verso la scelta vegetariana:“Ci troviamo nell’assurda situazione per cui
buona parte delle risorse agricole va ad alimentare gli animali di allevamento
destinati al consumo del miliardo di persone sovra alimentate del pianeta”,
sottolineando che per ottenere un kg di carne ci vogliono circa 15.000 litri di
acqua, contro meno di 1.000 per la stessa quantità di cereali.
Lovelock, il noto scienziato autore
del libro Gaia (1979) aveva considerato la Terra come un organismo
vivente capace di autoregolarsi per mantenere le condizioni di vita. Ma dopo 27
anni si ricredette scrivendo La rivolta di Gaia (2006). Egli, non
essendo più ottimista come lo era stato, prevede la fine dell'uomo nell'arco di
un secolo. Il quadro di allarme è di quelli destinati a far paura per le
previsioni inquietanti. I rimedi sono possibili, ma pressoché inesistenti.
Secondo Lovelock il riscaldamento della Terra avrebbe raggiunto il punto di non
ritorno, e l'umanità avrebbe di fronte a sé meno di un secolo. L'impatto dei
condizionamenti climatici nel giro di 50 anni sarebbe tale da permettere la
vita solo in una ristretta porzione di artico, condannando a morte certa
miliardi di persone. La previsione arriva ad un approccio che osserva l'insieme
dei fattori di pressione sull'atmosfera, in luogo dei semplici elementi
indicativi dei cambiamenti climatici. Lo scioglimento dei poli avrà come
effetto un innalzamento della temperatura degli oceani perché i ghiacci non
rifletteranno più i raggi solari. Il progresso tecnologico, quando sia
indirizzato unicamente verso un maggiore benessere materiale, funzionale alla
ricerca spasmodica del profitto, o sia teso ad un più alto livello di vita
delle popolazioni povere prescindendo dalla necessità di una diminuzione della
popolazione umana, è la causa maggiore della rivolta di Gaia.
La follia umana, che, antropizzando
la Terra, sta ponendo in crisi le condizioni di vita sul pianeta, sta
contrastando il
principio della tendenza naturale di ogni forma di vita alla sua
autoconservazione. Le ultime forme di vita che sopravvivrebbero sarebbero gli
insetti, che furono i primi colonizzatori delle terre emerse. Se scomparisse
soltanto la vita umana scomparirebbe soltanto il non senso della vita, perché
gli animali non umani, non potendo porsi la domanda “che senso ha la vita?”, si
sottraggono allo stesso non senso di essa e si libererebbero del peggiore
predatore della Terra, che è l'uomo, per cui vale l'espressione che lo storico
Tacito aveva dato dei Romani definendoli raptores mundi (predatori del
mondo). Gli animali non umani hanno il diritto naturale di sottrarsi alla
follia umana – che ha radici culturali - al non senso della sua esistenza, se
non si voglia considerare la specie umana solo come animalità, che, come tale,
però, non dovrebbe potersi sottrarre alla selezione naturale, a cui, invece,
oggi più che nel passato, essa si è sottratta, soprattutto con l'apporto della
medicina. Questa follia umana, predatrice della Terra, sarebbe l'ingiusta causa
della scomparsa delle altre forme di vita. Non vi sarebbe da dolersi nemmeno
della scomparsa di quella ristretta minoranza dell'umanità che si batte contro
la follia, se non ha mai avuto il coraggio di combattere con tutti i mezzi,
anche violenti, la follia della grande maggioranza. Le rivoluzioni sono partite
sempre da una minoranza.
Dobshansky, ritenuto il maggiore genetista
sperimentale del XX secolo, nel suo libro L’evoluzione della specie ha
scritto che la medicina, contrastando la selezione naturale, ha permesso il
mantenimento in vita di soggetti portatori di malattie di origine genetica,
permettendo ad essi di riprodursi e di continuare a trasmettere tali malattie.
Dobshansky ha aggiunto che la stupidità sulla Terra è destinata ad aumentare
giacché, normalmente, sono gli stupidi che fanno più figli.
Disse Einstein: “Due cose sono
infinite: l'universo e la stupidità umana, ma riguardo l'universo ho ancora dei
dubbi”. Paradossalmente oggi la medicina ha posto in essere la maggiore causa
dell'inquinamento della Terra, cioè la sua antropizzazione.
2 commenti:
Va aggiunto il capitalismo.
5 miliardi di persone in cui a ciascuno: una casa, una macchina, un iphone, computer, credito, ecc.. è un sistema che non regge.
I cinesi però lo vogliono (il loro padrone li aiuta)
Gli africani pure (se lo stanno venendo a prendere con la forza)
Gli europei/americani se ne fottono, ognuno vuole farsi la sua bella vita edonistica.
Tra i cinque miliardi di umani evidentemente è da contarsi anche l'autore di questo blog..pena una certa contraddizione bipolare.
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