martedì 25 ottobre 2011

QUANDO L'AMORE VA OLTRE L'UMANO

"Poverina... è cieca". Ma lei camminava sul cornicione del balcone e quando c'era da mangiare era la prima ad arrivare

Berta, la mia gatta che sapeva vivere


Questa volta non ho una statistica da proporre. Neanche un tema serio di quelli su cui aprire un dibattito.

E’ morta la mia gatta. Si chiamava Berta. Abbreviazione di Libertà. L’avevo presa in un momento speciale.

Le cure non bastavano più. L’ho salutata l’altra mattina, prima di portare mia figlia a scuola, pronta a riportare lei dal veterinario subito dopo. Quando sono tornata, non era più nella cuccia. Si era messa dietro la poltrona, sdraiata.

Era cieca, “la” Berta. Cieca da sempre, l’ho presa così. Avrà avuto tre-quattro anni quando è arrivata in casa mia, dodici anni fa. Avevo pensato: “Poverina… è cieca”. E, in effetti, tutti così dicevano non appena ”sapevano”: “Poverina… è cieca”.

Invece lei camminava sul cornicione del balcone muovendo flessuosa la coda per “sentire” la ringhiera. Una volta, in verità, è cascata di sotto, ma stiamo al primo piano e lei si è messa ad aspettare che qualcuno l’andasse a riprendere.

Andava libera nel giardino in campagna e, se sentivi il cane del vicino abbaiare forsennato, era probabile che lei fosse lì ma… dietro alla rete di cinta. Si faceva le unghie sugli alberi e non “soffiava” se qualche gatto che abitava nei paraggi si avvicinava troppo. Ma muoveva su e giù, lentamente, la coda.

Saliva, aggrappandosi, su divani e poltrone e per scendere ci metteva un po’, si spostava avanti e indietro muovendo, avanti e indietro, anche il muso. “Prendeva le misure”. Ma saliva e scendeva e se c’era freddo si infilava sotto le coperte.

Era sempre la prima ad arrivare quando si apriva il sacchetto del cibo, le bastava sentire che ti avvicinavi all’armadio. Quando c’era da mangiare, mangiava. E mangiava tutto, senza differenza di ingredienti, consistenza, marche.

Ha accettato senza proteste l’arrivo del cane, Punto, che, letteralmente innamorato di lei, le lavava gli occhi chiusi e le orecchie e, ora che era diventata vecchia, anche il pelo. Dormivano arrotolati. Gelosissimo, il cane, se facevi una carezza alla Berta. Ma la faceva mangiare per prima.

E’ stata meno contenta dell’arrivo di Miele, gattina simpaticissima ma “muscolosa”, una specie di canguro in miniatura: da terra al frigorifero, al mobile, di nuovo a terra, poi sul balcone, di corsa sulla rete che separa dal condominio vicino e poi di nuovo giù con un balzo. Per lei che amava la tranquillità, un terremoto. Ha protestato come fanno gli animali: ha fatto la pipì dappertutto. Ma sono bastate due settimane e poi è stata “la” Berta a portare fuori in giardino ”la” Miele.

Solo se le camminavi dietro di corsa ti accorgevi che c’era qualcosa che non andava, perché cercava di correre anche lei e allora andava a sbattere.

Ha fatto i cuccioli.

E’ per questo che è finita a casa mia. Perché cercavo una gattina da regalare a mia nipote e di tutta la cucciolata alla fine rimaneva “da piazzare” la mamma, destinata a restare randagia, “poverina… è cieca”.

Poverina? Tra i gatti che ho avuto/ho, certo quella di maggior carattere.

Mi sono domandata spesso in tutti questi anni quante sovrastrutture da essere umano ci fosse in quel ”poverina”.


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