Non vi è certezza del diritto. Io sono soggettivamente convinto che Alberto Stasi sia l'assassino. Non seguo mai nei particolari le storie giudiziarie complicate dalla ricerca difficile dell'assassino. Aspetto la decisione finale per trarne delle conclusioni circa il finzionamento della giustizia in Italia. Nel caso dello Stasi, prescindendo da tutte le analisi del DNA della vittima riscontrate su di lui, che nelle varie fasi dei procedimenti si sono aggiunte a quelle precedenti, vi è da domandarsi perché tutti i riscontri del DNA non siano stati fatti già prima che iniziasse il primo procedimento in Tribunale. Deficienza dei giudici e non tanto della polizia scientifica perché sono i giudici (con i pubblici ministeri) a dover dirigere le indagini. Ma che competenza hanno? Hanno seguito particolari corsi di investigazione? No. Entrano in magistratura dopo avere superato, magari fortunosamene, un concorso, e poi non sono soggetti ad alcun controllo di merito. Lo Stasi è stato assolto nei primi due gradi del giudizio, poi la Cassazione ha richiesto altre indagini. Ma perché queste indagini non furono svolte ancor prima che iniziasse il processo in Tribunale? Al di là di tutte le tracce del DNA della vittima riscontrate sullo Stasi (soprattutto sui pedali di una bicicletta), lo Stasi si è difeso in modo ridicolo, condannandosi da imbecille, dicendo che quelle tracce di sangue rinvenute su di lui non erano sangue successive all'omicidio ma sangue che la vittima aveva lasciato prima dell'omicio sul pavimento in conseguenza del fatto che si trattava di sangue mestruale, essendo la vittima nel periodo del ciclo mestruale. Quando mai una donna lascia tracce di sangue mestruale sul pavimento (e per di più non bagno)? Dopo una simile baggianata di difesa vi era un motivo fondamentale per far ritenere che lo Stasi, pur ritenuto diabolicamente freddo e lucido nella sua difesa di innocenza, fosse in realtà uno stupido per avere rinforzato tutti i motivi indiziari contro di lui. E ci volevano per questo cinque gradi di giudizio? Tribunale, Corte d'Appello, Cassazione con rinvio, Corte d'Appello di rinvio, Cassazione.
Ecco come in Italia è strutturato l'ordinamento giudiziario, che permette ai magistrati di fare carriera per sola anzianità. Riporto quanto scritto in un mio libro in merito ad un'allucinante vicenda giudiziaria civile che sta durando da 18 anni.
Bisogna
rivoluzionare – non basta riformare - la giustizia civile in Italia
per trarla fuori dalla fogna in cui si trova. Come? Il processo
civile è documentale. Non vi è bisogno di udienze e della logorante
serie di rinvii. Bisogna spazzare via gli artt. 180-181-182-183-184
del C.P.C. Il contraddittorio è rispettato con l’atto di
citazione e con la comparsa di risposta, con la comparsa
conclusionale e con quella di replica. Se è necessaria una perizia
questa deve essere chiesta sin dall’atto di citazione. E il giudice
deve nominare subito il perito d’ufficio fissando i termini per il
deposito della perizia di parte, dopo che sia stata depositata quella
d’ufficio. Il giudice arriva alla prima udienza senza conoscere
ancora alcunché della causa, e dunque non sa nemmeno se sia stato
rispettato il contraddittorio, mentre deve verificarlo sin dal
deposito dell’atto di citazione e della comparsa di risposta. Se
non è stato rispettato deve darne subito comunicazione in
cancelleria. Se è stato rispettato deve provvedere subito alla
nomina del perito d’ufficio (se necessario). Non deve essere più
concesso di produrre altre memorie, di sollevare nuove eccezioni e di
modificare la domanda. Ciò serve soltanto alla parte che ha
interesse ad allungare i tempi, rendendo logorante e defatigante la
richiesta di giustizia. L’eccesso di garantismo va solo a beneficio
della parte che si oppone a tale richiesta. Al limite il processo
civile deve svolgersi con una sola udienza, quando essa sia
necessaria per l’escussione dei testi.1
Poi basta. Il resto è solo zavorra. Se non è necessaria
l’escussione dei testi, il processo civile deve svolgersi senza
alcuna udienza. E nella sentenza non è necessario esporre i fatti
(con grande dispendio di tempo), dovendosi essi dedurre
contestualmente dai motivi della decisione. Mi disse un giudice di
mia conoscenza (Giangiacomo Pisotti) – ci conosciamo da ragazzi,
anche se non ci siamo mai frequentati – che impiegava più tempo
nello stendere quella parte della sentenza che riguarda lo
“svolgimento del processo” che quella riguardante il diritto nei
“motivi della decisione”. Questo giudice, quando gli fu assegnata
una mia causa fece atto di rinuncia dichiarando che mi conosceva.
Prurito eccessivo quando si consideri che in questo modo ammetteva
che un giudice possa sentirsi influenzato soggettivamente da
conoscenze personali.
Non è più tollerabile che i
giudici possano continuare a commettere dei gravi errori senza mai
pagare personalmente. Si assicurino, come i medici. Il CSM è un
organo di controllori eletto per 2/3 dai controllati. E' farsesco.
Che controllo può esercitare sulle capacità dei “giudici” se vi
dovrebbe essere un altro organo di controllo, esterno, non costituito
da giudici, ma da giuristi, per controllare il CSM?
CSM=Corporazione di Stampo Mafioso.
Bisogna che il Ministero della
giustizia istituisca una lista di giuristi (studiosi del diritto) che
facciano parte di una Commissione competente per giudicare i giudici
(manovali, e non studiosi, del diritto, anche perché non hanno tempo
per studiare), quando essi commettano dei gravi errori derivanti da
ignoranza e da palesi vizi logici inescusabili .Questo, d'altronde,
prevedeva il disegno di legge di riforma dell'ordinamento giudiziario
di Castelli, annacquato poi da Mastella per non andare troppo contro
i giudici. Castelli recepiva una normativa europea che prevede che
siano sottoposti a provvedimenti disciplinari i giudici che facciano
sentenze palesemente dettate da ignoranza o vizi logici inescusabili
(decreto legge 23 febbraio 2006, n.109). Con le modifiche sostanziali
introdotte da Mastella (legge 24 ottobre 2006, n.269) è stata
abolita anche quella parte della riforma Castelli che (art. 2, comma
bb) che vietava al magistrato, nell'esercizio delle proprie
funzioni,“il rilasciare dichiarazioni ed interviste in violazione
dei criteri di equilibrio e di misura” e, fuori dall'esercizio
delle proprie funzioni (art. 1, comma 2), “comportamenti, ancorché
legittimi, che compromettano la credibilità personale, il prestigio
e il decoro suo o dell'istituzione giudiziaria”.
In questo modo si è
incoraggiata una certa tendenza all'esibizionismo di certi magistrati
penali, che, non sopportando di vivere nell'anonimato, se non
scrivono romanzi per apparire alla TV, non sanno sottrarsi,
nell'occasione di processi che hanno particolare rilievo, al gusto di
parlare in pubblico, di rilasciare interviste e di partecipare a
dibattiti televisivi (vedi i vari Vigna, Caselli, Grasso, etc.). Se
Falcone e Borsellino, invece di palesare in pubblico la pur
coraggiosa volontà di combattere i subanimali della mafia, cercando,
nel loro sentirsi isolati e abbandonati dalla politica, un supporto
morale nell'opinione pubblica, avessero agito nell'ombra, senza
scoprire le direttive delle loro indagini e tenendo segreti, anche in
dossier personali, i risultati a cui erano giunti, forse sarebbero
ancora vivi e non sarebbero rimasti vittime della collusione della
politica con la mafia a tutti i livelli, dai Comuni al parlamento.
Inoltre, secondo la legge
Mastella, non costituiscono più un illecito sanzionabile con misure
disciplinari gli errori di interpretazione di norme del diritto e di
valutazione dei fatti e delle prove. Infatti, mentre con Castelli
(art. 2) non dava luogo ad attività disciplinare “l'attività di
interpretazione di norme del diritto” purché essa fosse “in
conformità all'art. 12 delle disposizioni sulla legge in generale”2
- le cosiddette preleggi del C.P.C. - la legge Mastella ha tolto tale
vincolo, cosicché di fatto è permesso qualsiasi errore di
interpretazione delle norme del diritto. Con ciò si continua a
giustificare l'ignoranza e la mancanza di logica. Infatti l'art. 2 è
stato così riscritto: “L'attività di interpretazione di norme di
diritto e quella di valutazione del fatto e delle prove non danno
luogo a responsabilità disciplinare”.
Dell'art.1 (Degli illeciti
disciplinari) rimangono, tuttavia, in piedi, oltre a molti altri
commi (non riguardanti il contenuto delle sentenze), i commi g
(“la grave violazione di legge derivata da ignoranza o negligenza
inescusabile”), h
(“il travisamento
dei fatti derivato da negligenza inescusabile”), l
(“l'emissione di provvedimenti privi di motivazione, ovvero la cui
motivazione consiste nella sola affermazione della sussistenza dei
presupposti di legge senza indicazione degli elementi di fatto dai
quali tale sussistenza risulti, quando la motivazione è richiesta
dalla legge”),3
m (“l'adozione
di provvedimenti adottati nei casi non consentiti dalla legge, per
negligenza grave e inescusabile, che abbiano leso diritti personali
o, in modo rilevante, diritti patrimoniali”). E' il caso di
provvedimenti abnormi. E i danni causati da “giudici” con
sentenze aberranti, tra cui il danno derivante dal tempo trascorso,
non risarcibile neppure con una sentenza di vittoria in un grado
superiore del giudizio? Non se ne parla nemmeno. La legge non li
obbliga ad assicurarsi. Non pagano mai di tasca propria.
La
mia vicenda rientra, comunque, oltre che nell'errore di
interpretazione di norme del diritto, anche nella fattispecie dei
provvedimenti abnormi, cioè basati su un errore macroscopico di
partenza (la nomina di un liquidatore dandomi consenziente, mentre
dagli atti risultavo contrario) seguito non solo da una serie di
provvedimenti viziati da errori logici inescusabili, ma anche da una
serie di errori macroscopici successivi, tutti documentati, e
ricompresi nei commi sopra citati, come, per esempio,
nell'attribuzione di una buonafede (per altro del tutto inessenziale
per legge) al liquidatore anche nel suo comportamento processuale, e
della buonafede all'acquirente nonostante fosse documentata la sua
malafede.
I
giudici non possono più essere giudicati da una corporazione di
giudici, come continuava a prevedere il disegno di legge Castelli
modificato in peggio da Mastella, con la sua gattopardesca riforma
dell'ordinamento giudiziario (nota come controriforma Mastella).
Castelli, almeno, aveva previsto dei concorsi interni per titoli ed
esami per il passaggio ad un grado superiore della magistratura, ed
aveva nettamente distinto tra magistratura inquirente e giudicante
sin dal concorso di ingresso nella magistratura. Tutto ciò è stato
cancellato dalla legge Mastella (da questa faccia da ca..., che non
significa cazzo) per compiacere servilmente ad una casta di
privilegiati, che riesce perfino ad ostacolare una seria riforma
della giustizia civile che non sia soltanto una buffonata che lascia
le cose come stanno con la falsa riforma Alfano, che ha creduto di
migliorare la giustizia civile soltanto sostituendo il cartaceo con
la posta elettronica, invece di rivoluzionare il C.P.C., come sopra
detto.
L'eccesso di garantismo ha
portato ad un terribile circolo vizioso: la lunghezza dei tempi, con
il logorante gioco dei rinvii delle udienze, che favorisce la
resistenza in malafede, e con la complicità degli avvocati che
difendono i disonesti, porta all'aumento delle cause civili, che, a
sua volta, allunga i tempi del processo, con rinvii, talvolta, di
alcuni anni tra un'udienza e l'altra, dato il cumulo di cause. E'
falso che la causa maggiore dello sfacelo della giustizia civile
dipenda da una mancanza di organizzazione razionale dell'apparato
giudiziario e dalla mancanza dei supporti tecnologici delle
cancellerie o dalla mancanza di personale. E' il C.P.C. che bisogna
rivoluzionare, anche scoraggiando e punendo malamente chi resista in
giudizio in malafede non avendo nemmeno un
fumus boni juris. Per
questo bisogna rinforzare l'art. 96 - sempre ignorato dai giudici -
che punisce la lite temeraria. Bisogna aumentare, a favore del
vincitore, le spese della soccombenza, e oltre il valore della causa,
se non anche in proporzione al reddito del soccombente, perché
questi – normalmente economicamente più forte - non possa più
resistere in malafede e debba pagare i danni anche in relazione al
tempo - con il maggior danno - che ha dovuto sopportare chi chiede
giustizia. Mi ricordo una frase che disse uno di quelli truffarono
mio padre: mi faccia causa, se vuole. La fine la conosceranno i suoi
nipoti. E infatti, pur morto a 86 anni, avendo iniziato la causa 13
anni prima, non ne vide la fine. La vidi io. Ma dopo altri 13 anni
dalla sua morte.
In Francia (secondo un servizio
di Report
di Rai3) i processi civili non possono durare più di un anno. E gli
avvocati cassazionisti sono in tutta la Francia solo 90 perché
esiste un filtro che impedisce che arrivino in Cassazione tutti i
processi, anche quelli di pura litigiosità e per questioni futili,
che vanno ad intasare anche l'ultimo grado del giudizio. Perché non
si ha il coraggio di copiare? In Francia vi sono più giudici di
quanti ve ne siano in Francia e in Germania. E' il numero di cause
che deve diminuire scoraggiando con tutti i mezzi la litigiosità con
il punire pesantemente, oltre il valore della causa, chi abbia
palesemente torto e non voglia riconoscerlo. I palazzi di giustizia
si libererebbero di un esercito di disonesti che vanno ad intasarli
con l'unico scopo di vincere per logorio degli onesti, oltre che di
una pletora squalificata di avvocati puttani che, per non rimanere
disoccupati, accettano qualsiasi causa, anche la più sballata,
sapendo di essere comunque pagati anche in caso di soccombenza.
I
magistrati non hanno saputo mai scioperare perché i politici, loro
succubi, rendessero celere la giustizia, perché chi chiede giustizia
non debba morire aspettando. Se ne sono sempre fregati. Le rare volte
in cui essi hanno scioperato l'hanno fatto soltanto quando hanno
avuto timore di essere toccati nei loro privilegi di casta
intoccabile, perché non pagano mai quando fanno delle sentenze
aberranti, sentendosi al di là di ogni responsabilità personale.
Non hanno mai tollerato concorsi durante la loro carriera,
trincerandosi dietro la scusa ipocrita dell'indipendenza della
magistratura. E gli esami a cui dovrebbero essere sottoposti sono
soltanto nominali, di pura facciata.
Essi, di fatto, continuano a
fare carriera per sola anzianità perché, una volta superato il
concorso di ingresso per la magistratura, possono, con il permesso
della legge, evitare di aprire un libro di diritto per il resto della
vita. Le loro sentenze sono prive di dottrina, che essi hanno in
disprezzo come roba da professori, perché – vale ripetere - la
considerano un'intrusione nella giurisprudenza, che si costruiscono
da sé ritenendola “cosa nostra”. E se la costruiscono con un
linguaggio incomprensibile, con un oscuro formalismo linguistico che,
prescindendo completamente dalla necessità di una giustizia
sostanziale, necessaria quando la vicenda renda evidente chi
abbia subito dei danni, invece da partire dai fatti adattando ad essi
gli articoli dei codici, pretende di adattare i fatti al formalismo
della giurisprudenza, incasellandoli in questa, nonostante sia spesso
un guazzabuglio di sentenze contrastanti, che essi applicano a priori
secondo il loro gusto. In ciò vi è da rilevare una carenza dello
stesso codice civile, risalente ancora all'epoca fascista, che nella
genericità di molti suoi articoli, dà luogo ad interpretazioni
diverse, con la conseguenza di un guazzabuglio di sentenze spesso
contrastanti, frutto della sovrapposizione dell'arbitrio dei giudici
alla carenza del codice, che nella stringatezza dei suoi articoli
lascia ampio spazio ad opposte interpretazioni. Ne è un esempio la
mia triste vicenda, che mi ha visto soccombere di fronte a due soci
disonesti perché chi nell'epoca fascista stese il maledetto art.
2287 si lasciò sfuggire il caso in cui i soci da escludere siano più
di uno e, coalizzati tra loro, siano la maggioranza per teste,
lasciando così un socio onesto (per di più avente la maggioranza
del capitale) alla mercé dei disonesti, privandolo di tutela
giuridica.
La legge 111 del 30 luglio 2007
conferma l'esistenza dei Consigli giudiziari, preposti alla
valutazione dei magistrati, ma ne modifica la composizione. Per un
distretto giudiziario che abbia, per esempio, un organico complessivo
compreso tra 351 e 600 magistrati il Consiglio giudiziario è
composto da 10 magistrati (7 giudici e 3 inquirenti), e da quattro
non togati, cioè da tre avvocati e da un solo professore d materie
giuridiche.4
Ne fanno parte di diritto il presidente della Corte d'Appello e il
Procuratore Generale. Secondo il disegno di legge Castelli ne avrebbe
dovuto far parte di diritto anche il presidente dell'ordine degli
avvocati. La legge Mastella ne ha abolito la presenza.
“La valutazione di
professionalità riguarda la capacità, la laboriosità, la diligenza
e l'impegno”, secondo “parametri oggettivi indicati dal CSM. La
capacità, oltre alla preparazione giuridica e al relativo grado di
aggiornamento, è riferita al possesso delle tecniche di
argomentazione e di indagine anche in relazione all'esito degli
affari nelle successive fasi e nei gradi del procedimento e del
giudizio” (art. 11, comma 2). “Il CSM disciplina i modi di
raccolta della documentazione e di individuazione a campione dei
provvedimenti” (art. 11, comma 3a).
Il disegno di legge Castelli
prevedeva che il magistrato fosse escluso dalla magistratura dopo il
terzo giudizio negativo. La legge Mastella, per essere più ligia
alla corporazione dei magistrati, ha introdotto la distinzione tra
“giudizio negativo” e - notare il bizantinismo – “giudizio
non positivo”, in modo che il magistrato non possa essere bocciato
ma solo rimandato e possa ripresentarsi dopo un solo anno se ha
seguito un corso che ponga rimedio alle carenze riscontrate. Vi è da
prevedere che non vi saranno mai bocciati, ma solo rimandati. Ma,
ammesso che un magistrato riscuota un giudizio negativo, egli dovrà
seguire un corso di riqualificazione (naturalmente in tuttologia)
perché possa ripresentarsi dopo tre anni. Egli nel frattempo verrà
solo fermato alla classe di stipendio, senza avanzamento, ma potrà
continuare a fare sentenze sino al terzo giudizio negativo (che
rimarrà puramente teorico).
Con la valutazione a campione
delle sentenze potranno essere scartate tutte le sentenze che fanno
schifo, come quelle di cui sono rimasto vittima. E al CSM spetta
l'ultima parola circa la valutazione.
E
vengo alla procedura concorsuale prevista per passare ad un grado
superiore nella magistratura. Il disegno di legge Castelli prevedeva
una commissione speciale5
con concorso per titoli ed esami dopo 8 anni ed un concorso per soli
titoli dopo 13 anni. Rimaneva il concorso per titoli con una
commissione speciale solo per passare alla Cassazione, dopo 3 anni di
II grado o dopo 18 anni per esami e per titoli. La legge Mastella ha
abolito gli esami. E alla commissione speciale del concorso si
sostituisce il consiglio giudiziario, di fronte al quale l'aspirante
al II grado dovrà superare la seconda valutazione quadriennale.
Rimane il concorso con commissione speciale per accedere ala
Cassazione. E i titoli, previa una quarta valutazione quadriennale
del Consiglio giudiziario, vengono esaminati da una commissione
composta da tre magistrati di quarta valutazione, da un solo
professore universitario (nominato dal CUN) e da un avvocato presso
le magistrature superiori nominato dal Consiglio nazionale forense.
Commissione che dovrà valutare “la capacità scientifica e di
analisi delle norme”.
Vi è da domandarsi: chi
valuterà le capacità dei giudici della Cassazione o del Consiglio
di Stato, se a qualcuno, nell'ultimo grado del giudizio, capitano,
come sono capitati a me, individui come Gilardi e Balucani?6
Nessuno. Rimane in teoria la possibilità di promuovere
provvedimenti disciplinari per iniziativa disgiunta del ministro
della giustizia e del Procuratore Generale presso la Cassazione.
Questi, però, mentre con la disciplina del citato decreto legge
Castelli (23 febbraio 2006) era obbligato a promuovere comunque
un'azione disciplinare presso il CSM, anche su denuncia di un comune
cittadino che avesse ritenuto di essere vittima di una sentenza
ingiusta, ora, a suo arbitrio, può provvedere all'archiviazione
dandone, però, notizia al ministro, che può, anche contro la
decisione del P.G., promuovere azione disciplinare presso il CSM.
Pura teoria se non vi sono gli
estremi per finire in galera, come vi è finito Balucani. Figuriamoci
se un ministro ha tempo da perdere per promuovere azione disciplinare
nel caso di procedimenti civili. Bisognerebbe, invece, estendere i
motivi di revocazione almeno a tutti quei casi esposti nei commi
sopra citati.
La legge prevede che del
collegio dei giudici in Cassazione possano far parte anche professori
di diritto, ma demanda al CSM il compito di nominarli, con il
risultato - evidente! - che non vengono nominati perché i magistrati
togati, anche se ignoranti, continuino da soli a sentirsi padroni
della giustizia e la dottrina possa continuare ad essere ignorata,
nonostante un professore di diritto per una particolare disciplina
abbia dedicato anni di studio per trattare uno specifico argomento.
Cosa che non accade nel caso dei giudici professionisti, abilitati
dalla legge ad essere dei tuttologi, cioè degli ignoranti, mentre
dovrebbe essere la dottrina, in quanto scienza del diritto,
fondamento della giurisprudenza.
E che dire della Scuola
Superiore della Magistratura? Questa, secondo la legge Mastella (che
rispetto al decreto di legge Castelli del 30 gennaio 2006, n. 26 ha
cambiato nel numero i suoi componenti e ha escluso che ne facessero
parte di diritto il primo presidente della Cassazione e il suo
Procuratore Generale) ha un direttivo formato da 12 componenti (7
magistrati di terza valutazione, 3 professori universitari e 2
avvocati: 7 magistrati e un professore universitario nominati dal
CSM, 2 professori e i 2 avvocati nominati dal ministro). La legge
Mastella – in ciò non discostandosi dal decreto legge Castelli –
prevede genericamente che il direttivo abbia anche il compito di
nominare “docenti di elevata competenza e professionalità”.7
Con il termine vago “docenti” si è permesso di aggiungere ai
professori universitari i magistrati trasformandoli in docenti, pur
essendo notoriamente degli ignoranti in fatto di dottrina. La Scuola
Superiore di Magistratura ha il compito di organizzare i corsi di
aggiornamento, la cui frequentazione è necessaria ai fini della
valutazione quadriennale dei magistrati nei Consigli giudiziari.
Ebbene, i corsi di aggiornamento durano due settimane e si concludono
con una scheda valutativa dei docenti che arriva al CSM. Una
barzelletta. Una farsa.
Da notare l'incongruenza: nel
concorso d'ingresso nella magistratura bisogna studiare la dottrina,8
anche se gli esaminatori che sono professori di materie giuridiche
sono in forte minoranza.9
Superato il concorso, i magistrati possono anche smettere di aprire
un libro di diritto per fare i tuttologi con la patente di studiosi,
mentre essi rimangono solo manovali, e non studiosi, del diritto. Con
la stessa differenza che vi è tra un idraulico e un professore di
idraulica. Avremo così magistrati ignoranti di grado superiore che
esamineranno magistrati ignoranti di grado inferiore. Anche un
mediocre professore di diritto, in quanto specializzato nella materia
che insegna, ne saprà sempre di più di un giudice tuttologo.
Una seria riforma giudiziaria
avrebbe dovuto ridisegnare i vari gradi della magistratura secondo
particolari competenze, per discipline o per gruppi di discipline
interconnesse, e formare commissioni di valutazione con professori
universitari specialisti nelle suddette discipline, mentre nei
Consigli giudiziari, assurdamente, i professori non hanno diritto di
voto nella valutazione. E i corsi di aggiornamento sono soltanto una
farsa.
Ai magistrati è confermata
dalla legge la possibilità di passare dalla magistratura penale a
quella civile, e viceversa, senza che abbiano maturato in precedenza
una preparazione nel diritto civile, così ampio e complesso da
richiedere, come ho già detto, una specializzazione disciplinare
all'interno di esso, mentre si permette alla magistratura penale il
passaggio dal ruolo di pubblico ministero a quello di giudice, e si
affidano indagini a pubblici ministeri tali per loro scelta e per
competenza di territorio, anche se in tale territorio possano
trovarsi degli incompetenti, e non perché siano ritenuti capaci di
svolgere indagini, dopo avere seguito un'apposita scuola che li
abiliti a tale compito. Il risultato è che il 60% degli assassini è
sconosciuto, e pertanto circola in libertà.
Dopo 18 anni mi
trovo a dover ancora tribolare a causa di gente disonesta e di
giudici che, complici di delinquenti, dovrebbero fare un altro
mestiere invece di rovinare impunemente gli innocenti. Su di essi
dovrebbe cadere l’ignominia con il rigore della legge, che, invece,
continua a considerarli una casta privilegiata, immune da colpe,
anche quando risultino gravi. Tali da meritare anche il
licenziamento. Preferisco un giudice ignorante ad uno sragionante.
Perché chi è ignorante può in seguito coprire certe lacune oppure
supplire all’ignoranza con la capacità di ragionare, che dovrebbe
far capire chi abbia ragione e chi abbia torto. Invece anche chi sia
convinto di avere documentatamente ragione deve vivere, come continuo
a vivere io, con la paura di essere riconosciuto in torto, essendo la
giustizia civile un terno al lotto, se non un manicomio. Chi fa una
sentenza come, soprattutto, quelle del Farina e dell’Aquaro non è
ricuperabile nella sua incapacità di ragionare, se non è corrotto.
Soprattutto su questi ultimi
due, e a ancor più sull'Aquaro per le più pesanti conseguenze che
sto subendo da questo pazzo (se non è corrotto), cada la mia
maledizione per essersi resi complici di una banda di pirati
all'assalto della mia proprietà, di cui sono stato spogliato dopo
essermela guadagnata con sacrifici proprio in sede giudiziaria.
Essi mi hanno impedito di
realizzare il mio disegno morale di costituire una piccola fondazione
che porti il mio nome per aiutare le persone bisognose che si
occupano della cura dei cani e dei gatti randagi o di quelli ospitati
nei canili e gattili privati.
E
a causa di questi sciagurati rappresentanti di una farsa di giustizia
lo Stato ha preteso da me le enormi tasse (circa 200.000 euro) sulla
base di un asserito ricavato della vendita che non è mai esistito
giacché quel ricavato, una volta revocato, perché dichiarato
illegittimo, lo stato di liquidazione, figura tuttora quale capitale
della società, e non come utile di una vendita. Ma lo Stato, con la
sua vigliacca Equitalia, si è rifatta parzialmente detraendomi un
quinto della liquidazione dovutami dopo 42 anni di insegnamento
all'Università. Mi son dovuto rendere formalmente nullatenente per
sottrarmi alle più pesanti conseguenze economiche (con ipoteca sulla
casa) e non essere aggredito ancora di più da asseriti creditori
creati dai responsabili di tale allucinante vicenda, che si ritengono
ignorantemente e arrogantemente padroni della giustizia.
Da notare che la Cassazione a
Sezioni Unite (con sentenza 22 febbraio 2010, n. 4677) ha stabilito
che non si possono iscrivere ipoteche sui beni immobiliari per un
credito che sia inferiore a 8000 euro perché in base al comma 1
dell'art.76 del dpr 602/73 un'ipoteca che sia per valore inferiore
a 8000 euro non può dar luogo ad un' espropriazione. A che fine
allora iscrivere un'ipoteca se questa non può dar luogo ad
un'espropriazione? Conseguentemente la Cassazione ha deciso che,
essendo l'ipoteca funzionale all'espropriazione, non poteva nemmeno
iscriversi un'ipoteca per un valore inferiore a 8000 euro. E perché
8000 e non di più? Con quale criterio una legge ha stabilito
l'entità dell'importo sopra il quale si può procedere
all'espropriazione? Mistero. La giurisprudenza, di fronte alla
confusione e alla contraddittorietà di una giungla di leggi, è
costretta a riempire le deficienze dando luogo a interpretazioni
spesso discordanti che aggiungono alla confusione delle leggi la
giungla delle interpretazioni. Questo è un Paese che alimenta ogni
giorno la mancanza di una certezza del diritto favorendo l'arbitrio e
l'arroganza della burocrazia che si ritiene in diritto di iscrivere
un'ipoteca sulla prima (anche se unica) casa senza nemmeno alcun
preavviso per dare all'interessato la possibilità di difendersi
fornendo le proprie spiegazioni.
E che dire dell'incostituzionale
tassa di possesso sulle auto anche nel caso in cui un'auto non venga
impiegata per un certo tempo senza occupare suolo pubblico? Fu
quella merdaccia di Amintore Fanfani – strenuo e trombato
oppositore della legge sul divorzio – ad inventare la tassa di
possesso sostituendola alla tassa di circolazione, anche se l'auto
non circoli e non occupi suolo pubblico. In netto contrasto con
l'art. 53 della Costituzione, che dice che una tassa deve essere
pagata in relazione alla capacità retributiva. Ma quale reddito
produce o di quale servizio usufruisce un'auto che rimanga ferma in
un terreno privato? Essa è in tal caso soltanto una certa quantità
di ferro che si tenga in casa. Altrimenti lo Stato si dovrebbe
sentire in diritto di tassarmi anche il frigorifero e la lavatrice.
In Germania, per esempio, esiste ancora la tassa di circolazione, che
si può sempre sospendere (come l'assicurazione) nel caso in cui
l'auto non circoli e non occupi suolo pubblico. Come mai non esiste
una legge comune nella cosiddetta Unione Europea in fatto di
tassazione? E' giusto rifarsi in tutti i modi contro questo Stato
ladrone, vigliacco ed arrogante, che sposta sulla prima (anche se
unica) casa un suo qualsiasi asserito credito senza nemmeno avvisare
l'ipotecato e dargli modo di addurre prima le necessarie spiegazioni.
1
Inviai la mia proposta di
riforma del C.P.C. a tutti i membri della Commissione giustizia del
Senato e al presidente della Commissione giustizia dell Camera. Solo
Di Pietro mi rispose. Ma con una risposta che era aria fritta. Che
ci si poteva attendere da uno che ha sempre difeso una casta di
privilegiati, di cui fece anch'egli parte come P.M.? E' da escludere
che possa essere proprio un Di Pietro a riconoscere la necessità
che i magistrati siano sottoposti ad una responsabilità civile
visto che proprio lui avrebbe dovuto pagare i danni a tutti coloro
che fece finire in carcere e che poi furono assolti. Egli ha
glissato la questione della responsabilità civile dei magistrati
scrivendo: “a parte i possibili errori giudiziari, in merito ai
quali non è mio costume entrare...”. E ha proseguito scrivendo:
“Italia dei valori ha presentato diverse proposte di legge in
materia. Tra le più importanti i sette progetti di legge per la
sicurezza e la giustizia. Comunque IDV si batterà in tutte le sedi
perché l'Italia possa dotarsi di un Codice di procedura civile
degno di un Paese democratico avanzato, come il nostro, assicurando
a tutti i cittadini una reale e sostanziale giustizia, che io
considero un bene di prima necessità, come il pane e l'acqua”. Di
fatto non risulta alcunché di concreto al fine di eliminare la
zavorra delle udienze dal processo civile.
2
Chi ha scritto la legge poteva
risparmiarsi l'inutile aggiunta “quando la motivazione è
richiesta dalla legge”, non potendo non esistere una motivazione
basata sulla legge.
3
L'art. 12 delle preleggi del
C.C. recita: “ Nell'applicare la legge non si può ad essa
attribuire altro senso che quello fatto palese dal significato
proprio delle parole secondo la connessione di esse, e dalla
intenzione del legislatore. Se una controversia non può essere
decisa con una precisa disposizione, si ha riguardo alle
disposizioni che regolano casi simili o materie analoghe; se il caso
rimane ancora dubbio, si decide secondo i principi generali
dell'ordinamento dello Stato”.
Notare
come il I comma – che comporta un'interpretazione letterale degli
articoli del codice – sia in contrasto con il II comma – che
comporta un'interpretazione analogica o estensiva della legge.
Tipico il caso, a me capitato, del III comma dell'art- 2287, come
spiegato nel testo. Se non è decidibile una vertenza con una
precisa disposizione, ciò significa che non è nemmeno chiara
l'intenzione del legislatore (presupposta invece dal I comma). Così
è stato fatto il codice. Partendo da una contraddizione
fondamentale, rimasta ancora tale. Lasciando con il II comma
all'arbitrio dei giudici l'interpretazione della legge per tutte le
carenze dello stesso codice.
4
Gli avvocati debbono avere
almeno 10 anni di effettivo servizio e sono eletti dal Consiglio
nazionale forense su indicazione dei Consigli dell'Ordine degli
avvocati del distretto. Il professore universitario è nominato dal
Consiglio Nazionale Universitario su indicazione dei presidi di
Facoltà di giurisprudenza della regione o delle regioni sulle quali
hanno competenza gli uffici del distretto.
5
Per il passaggio a III grado
veniva concepita una commissione composta da un magistrato di
legittimità (Cassazione) con funzioni direttive giudicanti, da un
secondo magistrato di legittimità, da 3 magistrati di II grado di 3
anni di servizio e da tre professori universitari. (nominati tutti
dal CSM).
6
Di Lanfranco Balucani scriverò nel prossimo capitolo.
7
Modificazioni al decreto
legislativo 30 gennaio 2006, n.26, art. 3, sub art. 20, n. 2
8
La legge Mastella 30 luglio 2007 prevede: a)
diritto civile ed elementi fondamentali di diritto romano; b)
procedura civile; c)
diritto penale; d)
procedura penale; e)
diritto amministrativo,costituzionale e tributario; f)
diritto commerciale e fallimentare; g)
diritto del lavoro e della previdenza sociale; h)
diritto comunitario; i)
diritto internazionale pubblico e privato ; l)
elementi di informatica giuridica e di ordinamento giudiziario.
9
La Commissione è formata, su delibera del CSM, da un presidente
magistrato di sesta valutazione, da venti magistrati di terza
valutazione, da cinque professori di materie giuridiche nominati dal
CUN e da tre avvocati del Consiglio nazionale forense.
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