Riporto una pagina dal mio libro Io non volevo nascere. Essa contiene alcune frasi della Lettera a un bambino mai nato di Oriana Fallaci, che dà voce al figlio abortito involontariamente. Con mio commento.
“Non
appena compresi che tu non credevi alla vita, io mi permisi la prima
ed ultima scelta: rifiutare di nascere...Si nasceva perché
altri erano nati e perché altri nascessero...Se non accadesse
così, mi dicesti, la specie si estinguerebbe. Anzi, non
esisterebbe. Ma perché dovrebbe esistere, perché deve
esistere? Lo scopo qual è? Te lo dico io:un'attesa della
morte, del niente. Nell'universo che tu chiamavi uovo lo scopo
esisteva: era nascere. Ma nel tuo mondo lo scopo è soltanto
morire: la vita è una condanna a morte. Io non vedo perché
avrei dovuto uscire dal nulla per tornare nel nulla”. E il mancato
padre aggiunge: “Ti scrivo per congratularmi, per riconoscere che
hai vinto...Sei riuscita a non cedere al bisogno degli altri, incluso
il bisogno di Dio...Dio è un punto esclamativo con cui si
incollano tutti i cocci rotti: se uno ci crede vuol dire che è
stanco, che non ce la fa più a cavarsela da sé. Tu non
sei stanca perché sei l'apoteosi del dubbio...E solo chi si
strazia nelle domande per trovare risposte, va avanti. Solo chi non
cede alla comodità di credere in Dio per aggrapparsi ad una
zattera e riposarsi può incominciare di nuovo: per
contraddirsi di nuovo, smentirsi di nuovo, regalarsi di nuovo al
dolore”. Ma poi torna l'illusione della vita: “Ho il compito di
battermi contro le comodità dei punti esclamativi, ho da
indurre la gente a porsi dei perché”. Ma non può
essere questo lo scopo della vita, cara Oriana. Sarebbe un circolo
vizioso. Se anche tutta l'umanità fosse capace di porsi i tuoi
perché – mentre è una grande massa di ebeti, che
vivono nell'anonimato del quotidiano o alla ricerca di guadagni e di
potere, sino ad arrivare ad uccidere – ognuno vivrebbe solo con lo
scopo di porsi dei perché. Ma perché vivere per dei
perché?
Ecco
allora la scappatoia che trovasti, scadendo però nella
banalità: “A (che) cosa serve volare come un gabbiano dentro
l'azzurro se non si generano altri gabbiani che ne genereranno altri
ancora ed ancora per volare dentro l'azzurro?”. In realtà,
ti rispondo, solo gli uomini gabbiani meritano di nascere. Se anche
quasi tutti gli umani dichiarassero di essere contenti di essere
nati, cioè di dover morire, non si potrebbe sacrificare il
pensiero di una minoranza che avrebbe preferito non nascere. Tu sei
appartenuta ad una piccola minoranza, come vi appartengo io. Né
tu né io siamo nati gabbiani. Che nascano e continuino a
morire, nascendo, i gabbiani. Essi non si pongono dei perché,
come tutti gli uomini gabbiani. E se se li pongono cercano di
distrarsi con tutti i mezzi. Oppure vivono ponendosi di fronte alla
vita quello che tu hai chiamato un punto esclamativo: Dio, per
incollare i cocci rotti della loro esistenza. Ti sei distratta
facendo la giornalista, l'inviata di guerra, vedendo la morte in
faccia. Ma l'hai temuta perché avevi paura del nulla. Sei nata
per lasciare memoria di te? Ma quanti nascono senza lasciare neppure
memoria di sé. E, comunque, non può essere nemmeno il
lascito della memoria lo scopo della vita. Ti saluto, Oriana, nel tuo
nulla. In attesa del mio. “Non vi è differenza tra il non
nascere e il morire: tutte e due hanno come effetto il non essere”
(Seneca, La dottrina
morale).
Io
non volevo nascere. Sapete perché Berlusconi a 74 anni
continua ad avere una vita agitata muovendosi da una parte all’altra
della Terra? Per rimuovere il pensiero della morte. Egli non lo sa.
Ma io lo so.
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