lunedì 8 febbraio 2010

CHE BELLA NOTIZIA! UN NOBILE IGNOBILE SUBANIMALE MORTO IMPALLINATO DOPO AVERE IMPALLINATO UN CINGHIALE SCAPPATO FERITO

Gli ignobili DELLA GHERARDESCA non meritano alcun rispetto. Come tutti coloro che appartengono alla categoria dei subanimali. Auguro ad essi altre morti.

Livorno - Giuseppe Orlando, re del rame, colpito nella tenuta di famiglia

Il discendente di Ugolino
ucciso durante la caccia

Un compagno indagato per omicidio colposo

Livorno - Giuseppe Orlando, re del rame, colpito nella tenuta di famiglia

Il discendente di Ugolino
ucciso durante la caccia

Un compagno indagato per omicidio colposo

ll luogo della famiglia del conte Gaddo della Gherardesca nei pressi del bosco dove è stato ucciso in un incidente di caccia il nipote Giuseppe Orlando (Ansa)
ll luogo della famiglia del conte Gaddo della Gherardesca nei pressi del bosco dove è stato ucciso in un incidente di caccia il nipote Giuseppe Orlando (Ansa)
CASTAGNETO CARDUCCI (Livorno) — Una battuta al cinghiale. Quasi una festa in Maremma e tra i membri delle antiche e nobili famiglie dei della Gherardesca e degli Orlando. Ieri mattina il rito millenario si è ripetuto nella tenuta di Castagneto a sud di Livorno, luogo magico e amatissimo dall’aristocrazia di tutta Europa. Ma stavolta si è trasformato in tragedia. Giuseppe Orlando, 42 anni, figlio di Salvatore e di Sibilla della Gherardesca e nipote di Luigi, fondatore della dinastia imprenditoriale leader nel settore del rame, è morto colpito alla schiena da un colpo di fucile caricato a pallettoni. Il corpo dell’imprenditore è stato trovato esamine da alcuni compagni di caccia nel bosco vicino ad alcuni cespugli. «Abbiamo cercato di rianimarlo — racconta un volontario della Misericordia, tra i primi a intervenire assieme a un medico — ma purtroppo quell’uomo era già morto. Il foro del proiettile gli aveva perforato la schiena ed era uscito dal petto». Alla battuta, iniziata poco dopo le 9 di ieri mattina, stavano partecipando una ventina di cacciatori e Orlando, tra i più esperti, era il capo caccia. L’incidente è accaduto in tarda mattinata, dopo che «canai» e «bracchieri» avevano iniziato a scovare i cinghiali che numerosi popolano la tenuta di Castagneto.

Il colpo mortale è partito da una delle postazioni nascoste da cespugli e rialzate con palchetti per garantire una migliore sicurezza. L’esatta dinamica è ancora da stabilire e probabilmente soltanto oggi si saprà se il proiettile calibro trenta sparato dalla carabina di uno dei venti cacciatori è stato deviato o se ha raggiunto direttamente alla schiena il nobiluomo. Secondo alcune testimonianze, la vittima si sarebbe avvicinata a un cinghiale ferito e qui sarebbe stato raggiunto dalla scarica. Nessuno però lo avrebbe visto cadere. «Sono sconvolto, ho saputo della tragedia mentre ero in Svizzera a sciare e sto tornando a Castagneto per rendere onore a mio nipote—dice lo zio Gaddo della Gherardesca —. Purtroppo la caccia è un’arte pericolosa, ma noi siamo maremmani e l’attività venatoria fa parte della vita e della cultura della nostra famiglia. Giuseppe era una persona splendida e un grande conoscitore della caccia e delle sue insidie. A volte però la malasorte ti può sorprendere ovunque, anche nei luoghi che conosci e ami di più». Ieri sera i carabinieri di Cecina hanno ascoltato tutte le persone che hanno partecipato alla battuta e alcuni testimoni. Una persona è stata indagata per omicidio colposo. Giuseppe Orlando lascia la moglie Bianca e due figli Cloe e Tancredi.

Marco Gasperetti
08 febbraio 2010

2 commenti:

paolo ha detto...

L'idea di definire i cacciatori subanimali è ridicola. Il cacciatore dopo aver ucciso la preda la mangia quindi al limite lo si può paragonare ad un'animale ma anche il fatto che gli animali uccidono solo per mangiare è falso.Ad esempio i gatti se sono già sazi non perdono l'istinto omicida e uccidono ugualmente topi o lucertole per poi abbandonarle in un angolo ma non finisce qui infatti queste tenere creature non ammazzano la preda al primo colpo ma si divertono uccidendole piano piano, poi ci sono le faine che entrate nel pollaio e uccidono tutte le galline anche se poi ne mangeranno solo una e poi i cani randagi che talvolta si dilettano a massacrare gattini indifesi o altro, la differenza con i cacciatori è che quest'ultimi la preda la mangiano. E'anche vero che i predatori che abitano luoghi ostili cacciano solamente per necessità ma ciò avviene in quanto cacciare per divertimento comporterebbe lo spreco di energia necessarià nei periodi di magra.

maria fiore ha detto...

Le pene per il reato di bracconaggio, ovvero il carcere e le sanzioni amministrative, devono essere rafforzate e applicate con rigore. Parallelamente si deve arginare qualsiasi forma di deregulation della caccia, evitando che la legislazione in materia sia esposta all'influenza delle lobby del settore e si arrivi così ad un inaccettabile "mani libere per tutti". Giustamente le associazioni ambientaliste, in questi giorni di dibattito e polemica, hanno insistito sulla necessità di contrastare e perseguire una pratica tanto barbara quanto dannosa per l'ecosistema. Soprattutto perché a breve sarà emanata dall'Ue una direttiva che chiede al nostro Paese di supportare l'azione penale contro qualsiasi atto che danneggi la flora e la fauna, come appunto il bracconaggio. Stiamo del resto vivendo l'anno dedicato alla biodiversità e da tempo si è diffusa -speriamo definitivamente- la coscienza di quanto sia indispensabile arrivare ad un nuovo patto fra natura e uomo, esigenze ambientali e sviluppo, conservazione e crescita. Per questo e' un pessimo segnale l'approvazione in Senato, nel corso della discussione sulla Legge comunitaria 2009, di un emendamento che affida alle amministrazioni locali, cioè alle Regioni, il calendario della stagione venatoria, riconoscendogli la possibilità di allungarne la durata. Si deve evitare il via libera a forme locali di deregulation dei tempi. Chi esercita poi la caccia in periodi vietati, chi cattura o abbatte mammiferi e uccelli protetti dalla legge (la 157), va perseguito duramente senza sconti. Nella regolamentazione della caccia, che a molti potrebbe apparire questione di "nicchia", si riflette in piccolo il senso di una partita più grande: quella di un Paese che non vede la natura come inesauribile, come risorsa da depredare e sfruttare, ma un tesoro che va tutelato perché in esso siamo chiamati a vivere. Dalla sua vita dipende la nostra vita.
da : www.luigidemagistris.it