Andavo alla ricerca di altro e non mi ricordo quale fosse l'altro. Escludo che si trattasse di fatti riguardanti la cosiddetta Resistenza. Una donna, Luisa Ferida, allora nota attrice, fu fucilata sotto l'accusa, poi smentita, di collaborazionismo. E venne fucilato anche il marito Osvaldo Valenti
Nei giorni immediatamente successivi alla caduta della Repubblica Sociale Italiana,
l'attrice pagò con la vita la sua notorietà associata alla relazione
amorosa con Valenti, che era stato combattente fascista nella X
Flottiglia MAS e probabile frequentatore di Villa Triste a Milano, sede della banda Koch. A 31 anni, il 30 aprile 1945, Luisa Ferida nel suo quarto mese di gravidanza,[14] fu fucilata dai partigiani in via Poliziano a Milano assieme a Valenti, dopo un processo sommario nel quale fu accusata di collaborazionismo
e soprattutto di essere collegata alla banda Koch: un interrogatorio fu
fatto in una cascina vicino a Milano tra il 21 e 22 aprile, dopo che
l'attrice raggiunse Valenti, il quale si era spontaneamente consegnato
ai partigiani in qualità di prigioniero di guerra.[5] La bara fu sepolta sotto una lapide, che riporta il suo nome e cognome ossia Luisa Manfrini, assieme al compagno di vita e lavoro Osvaldo Valenti, nel Campo X detto Campo dell’Onore del Cimitero Maggiore di Milano, noto anche come cimitero di Musocco;
le salme della coppia, portate al cimitero dopo la benedizione di un
prete, furono riconosciute da Nelly Valenti, sorella di Osvaldo: i
cadaveri avevano al petto ancora i cartelli infamanti, che inneggiavano a
una sommaria giustizia eseguita, su imitazione del trattamento
riservato ai cadaveri dei partigiani uccisi dai fascisti.[5]
Processo a Marozin
Responsabile dell'esecuzione tramite fucilazione fu Giuseppe Marozin,[15] nome di battaglia Vero, capo della divisione Pasubio, in seguito imputato di vari altri crimini, fra cui omicidi a danno di partigiani e civili.[16]
Nel corso del procedimento penale a suo carico per quel crimine,
Marozin ebbe a dichiarare: «La Ferida non aveva fatto niente, veramente
niente. Ma era con Valenti. La rivoluzione travolge tutti».[17]. Marozin sostenne anche, per discolparsi, che l'ordine di procedere all'esecuzione di Ferida e Valenti venne direttamente dal C.L.N.A.I. nella persona di Sandro Pertini, dichiarando: «Quel giorno - 30 aprile 1945 - Pertini mi telefonò tre volte dicendomi: "Fucilali, e non perdere tempo!"».[17]
Sempre secondo Marozin, Pertini si rifiutò di leggere il memoriale
difensivo che Valenti aveva scritto durante i giorni di prigionia, nel
quale erano contenuti i nomi dei testimoni a difesa e dei tanti
partigiani aiutati, che scagionavano i due attori da ogni accusa, ma la
fucilazione della celebre coppia era ormai decisa in una rappresaglia
simbolicamente punitiva.[5]
Questa ricostruzione è invero controversa, in quanto manca un ordine
scritto, riscontrato invece in altri casi, come a esempio la fucilazione
di Benito Mussolini, seppur emesso a esecuzione avvenuta.[15]
Dalla casa milanese di Valenti e Ferida, qualche giorno dopo la
loro fucilazione, venne sottratto un autentico tesoro, del quale lo
stesso Marozin, nel dopoguerra, ammise il furto, ma sostenendo di non
ricordare dove tali beni fossero finiti: «Una parte fu restituita,
credo, alla madre della Ferida[18], il resto andò a Milano»[19].
Totale innocenza dell'attrice
Negli anni cinquanta la madre dell'attrice, Luisa Pansini, fece domanda al Ministero del Tesoro
per ottenere una pensione di guerra, poiché la figlia innocentemente
trucidata era pure la sua unica fonte di sostentamento, essendo Luisa
figlia unica. Pertanto si rese necessaria un'accurata inchiesta da parte
dei Carabinieri
di Milano per accertare le reali responsabilità di Luisa Manfrini "in
arte" Ferida, al termine della quale si concluse che «la Manfrini dopo
l'8 settembre 1943 si è mantenuta estranea alle vicende politiche
dell'epoca e non si è macchiata di atti di terrorismo e di violenza in
danno della popolazione italiana e del movimento partigiano». La madre
di Luisa Ferida ottenne la pensione di guerra comprensiva di arretrati.[20]