venerdì 31 maggio 2019

IL TONNO PALAMARA

Qualche lettore mi ha ricordato un mio post sul tonno Palamara. Me ne ero dimenticato

Blog del prof. Pietro Melis: IL TONNO PALAMARA PRESIDENTE ...



4 feb 2012 - Lei si chiama Palamara e ricorda benissimo l'ottimo tonno che si chiama Palamara. [. ... Il presidente della Cassazione Michele Lupo: "Minata l'indipendenza dei giudici". L'Anm ... http://www.direttanews.it/wp-content/uploads/

giovedì 30 maggio 2019

NON ESISTE IL REATO DI SOTTRAZIONE DI DANARO PUBBLICO AI PARTITI

Era sbagliata la legge (abolita dal 2014) che permetteva il finanziamento (di danaro pubblico) ai partiti. I partiti in base alla Costituzione sono associazioni PRIVATE. Dal mometo che, INGIUSTAMENTE, ricevevano finanziamenti pubblici, ogni partito dei soldi ricevuti doveva poterli spendere come voleva perché soldi SUOI. E i giudici che vanno a verificare se questi soldi fossero stati spesi per spese private in cene, in vacanze e roba del genere non debbono ficcarci il naso in queste passate spese. La questione è diversa. I partiti non dovevano avere finanziamenti pubblici, che in origine (dal 1974) erano diretti e poi sono stati trasformati, tra varie vicende di leggi all'uopo, in rimborsi elettorali. Che avrebbero dovuto essere considerati anticostituzionali. Perché ogni cittadino era costretto a finanziare tutti i partiti. Anche quelli che preferirebbe non esistessero. Ogni partito deve finanziarsi chiedendo i soldi ai suoi iscritti e ai suoi simpatizzanti. PUNTO E BASTA.  Qui non si tratta di trovare prove per difendersi. Si trattava di una legge sbagliata. Legge cancellata dal 2014 con la possibilità, ingiusta, di offrire nella dichiarazione dei redditi il 2% a favore di un partito e di dedure dalle tasse il contributo ad un partito. Ingiusta perché si utilizza per altra via il danaro pubblico a favore di un partito.     

Rixi è stato condannato
E il leghista si dimette



  

CONSIGLIO AI 5S DOPO LA LORO BATOSTA

Liberarsi politicamente di individui come Di Battista e Fico (secco) che hanno l'anima del PD che ha fottuto loro i voti. Fare concorrenza alla Lega sui temi della Lega assorbendone i temi principali del programma: contrasto all'immigrazione, investire sulle infrastrutture, diminuire le tasse. Il reddito di cittadinanza, pur giusto nei confronti di coloro che ingiustamente hanno perso il lavoro,  non serve ad aumentare il PIL e con esso a risollevare l'economia senza la diminuzione delle tasse. I 5S debbono liberarsi della dittatura dell'UE, sapendo che le "letterine" sono vane minacce perché i dittatori dell'UE hanno paura dell'Italia, senza la quale l'UE sarebbe destinata alla fine.  Affiancarsi ai sovranisti abbandonando ogni ambiguità. Rivendicare una identità nazionale contro ogni deleteria concezione multirazziale e multiculturale dell'Europa. Contrastare l'islamismo per recuperare voti tra i cattolici sapendo che il più grande sconfitto delle elezioni è l'Anticristo che comanda in Vaticano con la sua politica anticristiana che è giunta a definire i musulmani "nostri fratelli".  E soprattutto i 5S dovrebbero finirla di fare i giustizialisti per presentarsi come duri e puri perché il giustizilismo non porta voti. Anzi, li fa perdere perché fa passare come già condannati coloro che sono soltanto indagati. Il giustizialismo dovrebbe significare una vera riforma della giustizia, accelerando i tempi in rispetto dei tempi previsti dalla legge Pinto (riguardante la ragionevole durata del processo): tre anni al massimo per una sentenza in tribunale, due anni per una sentenza d'appello e un anno per la sentenza in Cassazione. Prescindendo dall'esito della causa. Purtroppo la legge Pinto riguarda soltanto l'equa riparazione  per il cittadino che abbia dovuto sostenere un processo oltre i limiti di tempo previsti dalla legge Pinto, mentre non ha alcun riflesso sui giudici che non rispettino i detti limiti di tempo. Per essi i tempi sono sempre ordinatori (sempre superabili) e non perentori come per i cittadini che hanno un processo in corso. Bisogna trasformare per i giudici i tempi ordinatori in tempi perentori, con multe severe per coloro che non li rispettino. Introdurre la responsabilità PERSONALE dei giudici quando facciano sentenze aberranti, tali in quanto contengano vizi dettati da ignoranza o vizi logici inescusabili. Ciò vale anche nella giustizia civile. Debbono pagare di tasca loro e non più lo Stato (cioè i contribuenti) al loro posto. Deve cessare in questo modo l'arroganza dei giudici, che si sentono padroni, e non servitori, della giustizia. Separazione delle carriere tra procuratori e giudici sin dal concorso di ingresso nella magistratura, con separazione fisica tra procuratori e giudici, che non debbono più coesistere in uno stesso edificio. Cosa che porta ad una connivenza, se non anche ad una complicità, tra pubblica accusa e giudici delle indagini preliminari, i quali spesso per pigrizia possono limitarsi a sottoscrivere le richieste dei procuratori senza avere studiato il fascicolo. Tanto, pensano, saranno i giudici del dibattimento a fare la sentenza. Anche per questo bisogna estromettere i procuratori dal C.S.M. Infine, i 5S debbono riprendere uno dei loro cavalli di battaglia che è la democrazia diretta con l'introduzione del referendum propositivo che serve a superare le pastoie della democrazia rappresentativa del parlamento. Ma per questo bisogna riformare l'art. 75 della Costituzione, che permette solo il referendum abrogativo, escludendo antidemocraticamente da esso i trattati internazionali. Il loro ispirarsi alla democrazia diretta di Rousseau non ha avuto alcun seguito nel loro contratto di governo. Anche questo può essere uno dei motivi della perdita di voti.    


3 giorni fa - Una breve analisi del voto, piovuta su Twitter, firmata da Antonio Socci. Un cinguettio, sintetico e ficcante, in cui delinea vincitori e sconfitti di ...

Papa Francesco, i veri numeri che sbugiardano il pontefice...


1 giorno fa - Infatti, a quanto pare, la Madonna, tramite il popolo, ha risposto alla preghiera di Salvini benedicendone le intenzioni. di Antonio Socci. Tag:.

Magari avessimo un presidente come questo!






Perché dovremmo accettarlo in Italia? Solo perché la malafede di Bergoglio gli fa ignorare la storia? Se l'Islam identifica i cristiani come nemici perché dovremmo accoglierlo? Abbiamo veramente bisogno di nuovi crociati per difendere l'occidente!
      

LA CALIMERA KYENGE. E ORA TORNI IN CONGO DA DOVE VENNE

Calimera trombata



Ma guarda che dispiacere, dovremo fare a meno di Cecile Kyenge. Non è stata eletta la paladina del “prima gli africani”. Risultato da dimenticare per l’ormai ex parlamentare europea, che nella circoscrizione Nord Est dove era candidata ha preso soltanto 1.151 voti. Sono i voti scrutinati nei 190 seggi del comune di Modena dove sono stati espressi 23.891 voti di preferenza. Per il Partito democratico-Siamo Europei-Pse i principali candidati votati sono stati Carlo Calenda (5.294 preferenze) ed Elisabetta Gualmini. Per la Kyenge niente da fare, abbandonerà lo scranno del parlamento europeo. Un’altra “ferale” notizia ci piove tra capo e collo, dopo l’esclusione di Emma Bonino. Come faremo?

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martedì 28 maggio 2019

IL CANE PAVEL E UN PARROCO CHE NE IMPEDISCE L'INGRESSO IN CHIESA...

...in occasione dei funerali del proprietario. Questo parroco (la cui vita vale meno di quella di un cane) ha detto che S. Francesco avrebbe fatto lo stesso. E' vero. Infatti questo papa ha assunto il nome Francesco facendo riferimento a quel Francesco di Assisi che era un carnivoro e che degli animali se ne fregava (come risulta dall biografia scritta da Tomaso da Celano). Come se ne frega l'attuale papa (mancato macellaio avendo detto che da bambino aspirava a fare il macellaio). Mai, provenendo dall'Argentina, avrebbe fatto riferimento a San Francesco da Paola, vegano e vissuto 91 anni.  I parenti avrebbero dovuto imporsi a questo pretaccio ignorante facendogli presente che non esiste un divieto ufficiale di introdurre un cane in chiesa. Ricordo l'esempio di Don Canciani, che nella basilica  di San Giovanni dei Fiorentini a Roma faceva entrare tutti gli animali. Era vegetariano e permetteva ai propri fedeli di introdurre in chiesa animali domestici come cani e uccellini, ai quali poteva essere impartita la benedizione. Nel libro Ultima cena dagli esseni avallò la tesi storica secondo cui Gesù  – celebrando la pasqua con il calendario esseno – non avesse voluto cibarsi della carne di agnello, sacrificandosi egli stesso come Agnello al posto di ogni altro innocente. Per queste ragioni, Canciani esortava i fedeli a non mangiare l'agnello a Pasqua; a questo proposito, dichiarò in un'intervista:

«Cristo era vegetariano e tutti i fedeli dovrebbero imitarlo. Nei giorni scorsi, in chiesa ho invitato i miei parrocchiani ad astenersi dal consumare la carne di agnello. Lo ripeto: è inutile che noi pronunciamo, durante la messa, l'Agnus Dei e poi subito dopo corriamo a mangiarlo. Ci vorrebbe maggiore coerenza, maggiore rispetto. Invece...»
Nel libro Nell'arca di Noè: religioni e animali (Il Carroccio, 1990) argomentò la tesi secondo cui anche gli animali hanno un'anima. Dichiarò più volte che «anche per gli animali c'è posto in paradiso» e, nonostante le critiche rivoltegli da alcuni ecclesiastici tradizionalisti, poté sempre contare sulla particolare simpatia di Paolo VI  e su quella degli altri papi. 
Il teologo  Paolo De Benedetti ha concentrato alcuni suoi studi teologici sulla teologia degli animali, ossia sulla possibilità, in un'ottica giudaico-cristiana, che gli animali e tutti gli esseri viventi possano rientrare nel piano di salvezza divino realizzato per l'uomo. La sensibile sofferenza patita dagli animali, la loro "intrinseca fragilità", fanno intuire al teologo la possibilità di un loro escatologico riscatto finale: "... lo sguardo dell'animale che patisce, - al pari di quello del bambino che soffre, dell'uomo che muore, del perseguitato inerme - 'mostra', in maniera inequivocabile, da che parte inclina - non so se si possa davvero dire così - lo sguardo di Dio" (Gabriella Caramore, premessa a Teologia degli animali, pp. 7–8). Lo stesso Messia sofferente, secondo De Benedetti, "... appare negli occhi di un cane che muore" (p. 82).
Dissento  Da Canciani e da De  Benedetti  che hanno voluto far passare Gesù come vegetariano in quanto appartenente alla setta degli Esseni. Tesi riproposta da Benedetto XVI nel suo Gesù di Nazareth. Tesi che contrasta con il fatto che l'ultima cena fu una cena pasquale nel senso ebraico (con uccisione dell'agnello sacrificale). Lo ha documentato la teologa ex cattolica Uta Ranke-Heinemann nel suo libro Così non sia. Introduzione al dubbio di fede. Ma hanno ragione tutti e due (e con essi Benedetto XVI) nell'affermare che con il sacrificio della croce doveva ritenersi chiusa la tradizione ebraica in quanto Gesù si era presentato come l'agnello sacrificale una volta per tutte.   
Il pretaccio che ha impedito l'ingresso del cane in chiesa ignora un passo dell'Epistola ai Romani (8,21) di S. Paolo, dove si dice: 
"Le cose create furono sottoposte all'insulsaggine peccatrice, non di loro volontà, ma in forza di colui che ve la sottopose, nella speranza che anch'esse, le cose create, saranno liberate dalla schiavitù della corruzione per ottenere la libertà propria della gloria di Dio. Sappiamo infatti che tutte le cose create gemono insieme e soffrono insieme le doglie del parto fino al momento presente. Non solo queste, ma anche noi che abbiamo il primo dono dello Spirito, a nostra volta gemiamo in noi stessi, in attesa dell'adozione a figli, del riscatto del nostro corpo".

Queste frasi vengono così commentate dal teologo gesuita Ugo Vanni, che ha curato l'introduzione, la versione e le note di commento all' Epistola ai Romani (Edizioni San Paolo 2003):" Viene spiegato l'oggetto della speranza: le creature - perfino loro - parteciperanno alla gloria completa dei figli di Dio, che sarà caratterizzata dalla liberazione da ogni negatività, da ogni male sia morale che fisico. Ad essa parteciperanno anche le creature liberate dallo stato di sottomissione forzata in cui si trovano adesso, cioè dalla schiavitù della corruzione. Possiamo dire che in questa espressione è racchiuso quello che è il peccato originale delle cose create: una carenza dell'ordine fisico messa in relazione col peccato dell'uomo. Data la personificazione letteraria di tutto il contesto, non possiamo affermare con esattezza in che consiste questa carenza. Forse si tratta delle continue trasformazioni a cui è soggetta la natura e che implicano l'evoluzione, quindi un superamento da attuarsi progressivamente, e, perciò che è superato, il venir meno, della corruzione. Una volta raggiunto il punto massimo dell'evoluzione, la natura potrebbe considerarsi liberata dalla corruzione. Ma, mente questa e altre ipotesi sono dei tentativi di spiegazione, resta certo il fatto fondamentale: la salvezza si estende a tutto l'universo, umano, infraumano, fisico".            
 Il commento lascia capire che per San Paolo tutte le creature, e perciò non solo gli uomini, fanno parte di una unica natura e che per tale motivo anche gli animali, coinvolti nella corruzione della natura a causa della corruzione dell'uomo, saranno salvati dopo avere sopportato le sofferenze della natura corrotta dall'uomo e faranno parte anch'essi dopo la morte della gloria di Dio. Questa comunanza tra uomini e animali dovrebbe essere supportata dalla considerazione di San Paolo  che "tutte le cose create gemono insieme e soffrono insieme le doglie del parto". In sostanza, S. Paolo sembra dire che anche gli animali dopo la morte saranno assunti come figli di Dio in una vita ormai priva della corruzione della natura causata dall'uomo.     
 Al funerale del suo padrone, il cane deve aspettare fuori dalla chiesa ...
2 giorni fa - E allora, per consolare Pavel - che con il suo cuore di cane sente tutto il dolore del distacco dal suo amico umano - in tanti sono usciti per fargli ... 

2 giorni fa - Per tutta la funzione, che si è tenuta sabato mattina alla parrocchia Pier Giorgio Frassati di via Pietro Cossa 280 a Torino, il grosso Labrador è ...

lunedì 27 maggio 2019

E DAGLI CON LE RADICI GIUDAICO-CRISTIANE DELL'EUROPA. BASTA!

Sia Salvini che Berlusconi per ignoranza e opportunismo politico rivendicano falsamente le radici giudaico-cristiane dell'Europa. Il giudaismo religioso nulla ha a che fare con le radici storiche dell'Europa essendo esso un corpo estraneo alla storia dell'Europa. Ignorano che, al contrario, gli ebrei sono stati perseguitati anche dalla Chiesa cattolica che per secoli proibì la stampa dell'Antico Testamento perché considerato contrario ai Vangeli non avendo mai gli ebrei religiosi riconosciuto Gesù come messia e tanto meno Figlio di Dio. Furono accusati di deicidio. Ciò in contrasto con il fatto che lo stesso Berlusconi ha detto che la Grecia ci diede la libertà, l'antica Roma il diritto. E il cristianesimo? Silenzio. Rispondo io. Esso ereditò tramite i suoi filosofi (tra cui soprattutto S. Tomaso) la filosofia  greca con l'arrivo nel XIII secolo degli originali greci soprattutto di Platone e di Aristotele. Dal neoplatonismo (soprattutto da Plotino) il cristianesimo ereditò il concetto di trinità, corrispondente alla triade neoplatonica Uno-Intelletto-Anima del mondo. La rivoluzione scientifica fu la rivincita di Platone contro la precedente predominanza della filosofia aristotelica dovuta a S. Tomaso, pur se compresa in una cornice platonica. 
L'ateo Benedetto Croce riconobbe per questo la funzione che ebbe il cristianesimo nell'ereditare la cultura classica e lo spiegò nel suo famoso libretto Perché non possiamo non dirci cristiani. Tutta la pittura (a cominciare da Giotto) e tutta l'architettura (con le bellissime cattedrali gotiche e barocche)  non sarebbero esistite senza il cristianesimo. Il giudaismo non ha dato alcun contributo al progresso culturale, se non dopo il processo di laicizzazione che esso percorse nel XIX secolo. Da allora gli ebrei, ma quelli atei (che si erano liberati delle fregnacce dell'Antico Testamento) incominciarono a far parte della migliore intelligenza umana, nella scienza, nella filosofia, nella letteratura e nell'arte. E la politica? Marx era ebreo, ed ebreo era Trotsky, che, fondatore dell'Armata Rossa nella rivoluzione sovietica, fu poi estromesso da Stalin e costretto ad espatriare  rifugiandosi in Messico, dove fu assassinato da un sicario di Stalin. Persino Hitler nel Mein Kampf rivendicò le radici greco-romane (ma non cristiane) dell'Europa. E volle che i libri di storia fossero riscritti in tal senso.                

domenica 26 maggio 2019

L'UNIONE EUROPEA CONTRARIA ALL'ART. 1 DELLA COSTITUZIONE

Art. 1. L'Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro.
La sovranità appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione.
Orbene, quale sovranità appartiene al popolo italiano (ma questo vale per ogni Stato dell'Unione Europea) se la sovranità di uno Stato (cioè del popolo) è subordinata alla volontà della maggioranza  degli Stati dell'UE? Si vede bene che l'Unione Europea è una contraddizione soprattutto nel caso dell'Italia il cui ingresso nell'Unione Europea e nell'euro è avvenuto espropriando la sovranità del popolo. Infatti l'art. 75 della Costituzione vieta di sottopporre a referendum i trattati internazionali votati dal parlamento. Come si vede vi è una palese contraddizione tra l'art. 1 (che dovrebbe essere fondamentale e primario) e l'art. 75. L'Italia è stata costretta ad entrare nell'Unione Europea e nell'euro senza cosultare il popolo, spogliato così della sua sovranità. E poi dicono che l'Italia è una Repubblica democratica. Democratico (dal greco demos e kratos) significa potere del popolo. Che cazzo di potere ha il popolo se è costretto a subire una decisione antidemocratica?  Notare anche che ogni Stato elegge nel fatiscente parlamento europeo un numero di rappresentanti proporzionale alla sua popolazione. Dunque l'Italia (e a maggior ragione tutti gli altri Stati dell'UE) deve sottostare al maggiore numero di  eurodeputati eletti dalla Germania (con una popolazione di 80 milioni) e della Francia (con una popolazione di 67 milioni).     
Infine, notare che ogni Stato dell'UE si è data una diversa legge elettorale perché in Italia vi è lo sbarramento del 4% mentre non esiste in molti altri Stati dell'UE. E ciò porta ad una discrepanza nel numero degli eletti tra Stato e Stato. Manco un'unica legge elettorale è stato capace di darsi questo inutile parlamento europeo, privo di effettivi poteri perché il vero potere è tenuto dalla Commissione Europea, cioè da individui non eletti dai popoli dell'Unione Europea ma dai rispettivi governi nazionali. Dove si ripresenta la maggiore forza della maggioranza degli Stati rispetto alla minoranza. Infatti ogni Stato può nominare un solo commissario nominato dal governo. E su indicazione del capo di Stato, cioè in Italia dell'abusivo del Quirinale Mattarella, eletto da un parlamento che non ha più maggioranza. Uno dei tanti regali rimasti dallo scellerato Renzi, il bomba. Bisogna ridurre a cinque anni il mandato del presidente della Repubblica facendolo coincidere con la durata della legislatura perché in caso di elezioni anticipate scada anche il suo mandato e si eviti che rimanga in carica in caso di cambio di maggioranza.          

LA DITTATURA DELL'UNIONE EUROPEA E LA DISGRAZIA DELL'EURO

Non esiste sovranità nazionale senza sovranità monetaria. Alla faccia di tutti coloro, disonesti o ignoranti, che dicono che l'Unione Europea ci ha dato grandi benefici domando quali siano stati i benefici. Basti considerare che improvvisamente nel 2001 tutti i prezzi aumentarono aumentando il costo della vita. E' stata introdotta infatti una moneta straniera nel 1999 che è il marco tedesco, e il valore dell'euro per ogni Stato aderente all'euro è stato calcolato in relazione al valore che la moneta nazionale aveva rispetto al marco nel 1999. In quell'anno il marco aveva il valore di 990 lire e l'euro italiano è stato calcolato conseguentemente come se corrispondesse a 1936,27 lire. Tutti valori stabiliti artificialmente a tavolino. In contrasto con la legge economica che vuole che la moneta rispecchi l'economia reale di uno Stato. L'euro ha portato ad un cambio fisso impedendo la flessibilità della moneta. Se l'Italia avesse una lira pesante, pari al valore attuale dell'euro italiano (1936,27 lire) la nuova lira avrebbe una benefica svalutazione (calcolata dagli economisti nella misura del 20%) che consentirebbe di rendere competitiva la produzione italiana e porre in crisi quelle straniere evitando alle industrie italiane la necessità di delocalizzarsi all'estero dove minore è il costo della mano d'opera. Nel mercato interno nulla cambierebbe perché i costi dei prodotti delle industrie italiane dovrebbero adeguarsi al minore valore della nuova lira rispetto all'euro altrimenti sarebbero costrette a chiudere. Diminuirebbe anche il debito pubblico che deve essere sempre considerato entro il rapporto tra debito pubblico e PIL. Aumentando il PIL  grazie alla maggiore produzione nelle esportazioni diminuirebbe il rapporto Debito Pubblico/PIL perché aumenterebbe il PIL.       Ci si domandi perché le ricche Danimarca e Svezia (pur facenti parte dell'UE) abbiano preferito tenersi la corona. E così pure l'Ungheria (con il fiorino), la Polonia (con lo zsloti). E l'Inghilterra (che uscirà dall'UE) ha sempre conservato la sterlina. E la  Svizzera sta benissimo fuori dell'UE con il suo franco svizzero.  

La terza dittatura (per chi votiamo?) - YouTube

https://www.youtube.com/watch?v=f1YroEGVRBM



1 giorno fa - Caricato da Lafinanzasulweb
Non dobbiamo chiederci per chi votare ma per che cosa, e soprattutto dobbiamo capire che viviamo ..
     

sabato 25 maggio 2019

PARTITI FALSI ANIMALISTI ALLA VIGILIA DELLE ELEZIONI

Hanno come unico fine quello di accaparrarsi i voti degli animalisti. Non vi hanno mai pensato prima. Ma quali sono poi gli animali di cui ora prendono le difese? Di fatto sono i cani e i gatti. Partiti che non hanno mai preso posizione contro la caccia. Per questi partiti gli animali che vivono liberi non hanno diritto alla protezione. I voti della lurida genia dei cacciatori (pur in via di estinzione se continua la loro diminuzione) sembrano contare più di quella di milioni di animalisti(tra cui circa 5 milioni di vegetariani/vegani). Chi è favorevole alla chiusura dei porti per porre fine all'invasione dall'Africa si dovrebbe sentire in obbligo di votare per Salvini o Giorgia Meloni (che, unica, chiede lo sbarramento di fronte alle coste della Libia). Ma in questo modo dovrebbe rendersi complice di due partiti che continuano a rendersi complici dei cacciatori, di individui che si divertono ad uccidere per uccidere. La Meloni si limita ad opporsi agli allevamenti (di morte, aggiungo io) intensivi. Non hanno il coraggio di porsi contro la mecellazione ebraico-islamica. Se si trattasse solo di macellazione islamica forse avrebbero il coraggio di chiederne la proibizione. Ma guai a toccare gli ebrei perché altrimenti passi per  antisemita. Di ciò tace anche l'associazone Animalisti italiani nel suo programma per le europee. Ciò che fa specie è che questa associazione si riduca a richiedere, per esempio, leggi restrittive per la caccia (divieto di richiami, divieto di caccia la domenica e di entrare in territori privati) e non la sua abolizione. Non chiede l'abolizione della corrida ma il divieto di finanziamenti comunitari per allevamento di tori per corrida.  https://animalisti.it/elezioni-europee-2019-animali-ai-margini-del-dibattito-politico/  

PROPOSTE POLITICHE ANIMALISTI ITALIANI ONLUS_ ELEZIONI EUROPEE 2019

Le parole al vento del centro destra in fatto di diritti animali




Fonte: Big Hunter

In dirittura d'arrivo verso la fatidica data delle elezioni europee, improvvisamente si è scatenata la caccia al voto animalista. Non solo da parte di certe forze radicali o di sinistra. Dopo la presentazione in pompa magna (tre ministri in conferenza stampa) del disegno di legge targato Cinquestelle contro il maltrattamento animale (e abolizione dell'842 del codice civile), praticamente si sono fatti vivi tutti. A cominciare dal leader della Lega, Matteo Salvini, che da Bari, visitando un canile sanitario preconizza in diretta via Facebook misure di contrasto ai canili lager, annunciando norme che raddoppiano le pene contro "chi maltratta o abbandona gli animali”, l'annuncio, comunque era già arrivato ai primi di maggio in un video-selfie.
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Salvini si ricorda di essere animalista a pochi giorni dalle elezioni










Matteo Salvini in versione animalista di ferro. Il ministro dell'Interno, dopo aver annunciato che entro l'estate partiranno controlli a tappeto nei canili e nei gattili di tutta Italia (con l'obiettivo di chiudere quelli fuorilegge), annuncia un giro di vite sui condannati per maltrattamenti sugli animali. Benissimo. Mi parrebbe un provvedimento più che logico. Però vorrei aggiungere che il concetto di maltrattamento va precisato, perché non serve arrivare alle percosse o allo stato di sofferenza fisica dell'animale, maltrattamento è anche l'isolamento sociale e affettivo da parte di possessori di cani che li tengono legati a catena, chiusi nei box fino a tenerceli veramente sempre, salvo il momento di andare a caccia, se sono cacciatori.
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venerdì 24 maggio 2019

APPELLO AI NON VOTANTI: COME ANDARE A VOTARE NON VOTANDO

A coloro che non abbiano la pazienza di leggere tutto l'articolo suggerisco di leggere le frasi riportate in grande. 
Piuttosto che starsene in casa per pigrizia o disinteresse è meglio andare al seggio elettorale per farsi registrare e poi rifiutare la scheda acquisendo il diritto (previsto dal Testo unico della legge elettorale) di fare mettere a verbale il motivo del rifiuto della scheda elettorale. Volendo si può pretendere che il presidente del seggio accluda al verbale un foglio in cui si possono dettagliatamente esprimere i motivi del rifiuto di votare. E' una occasione che l'elettore ha per sfogare la propria ragionata rabbia invece di rimanere passivamente nella percentuale silenziosa dei non votanti, evitando così di spiegare il motivo del suo non voto. 


1) Se l'elettore tocca la scheda e non entra in cabina rifiutando la scheda il presidente del seggio deve porre la scheda in una busta gialla e dichiarare nulla la scheda. Ciò però comporta la previa iscrizione al registro elettorale.

2) Se l'elettore non tocca la scheda il presidente del seggio deve mettere a verbale i motivi del rifiuto della scheda.

Il presidente del seggio abusa della sua veste rifiutando di porre a verbale il motivo del rifiuto della scheda elettorale. Egli non può limitarsi alla conoscenza delle norme che ha letto in cartaceo. Un presidente del seggio non può ignorare le normative del Viminale, cioè del Ministero dell'interno. La legge non ammette ignoranza.

Ho scelto solo alcuni articoli che riguardano l'argomento. Ma avrei potuto riportarne molti altri.   
Sotto ogni articolo (link) riporto le frasi che riguardano il rifiuto della scheda elettorale.

Astensione al voto. “Io non voto! Non mi sento rappresentato da ...


23 mag 2014 - Premetto che chi non va a votare fa il gioco di coloro che vuole ... Secondo alcuni questa norma vale solo per le elezioni e non per i ... Il segretario o il Presidente del Seggio sono tenuti ad ottemperare a questo articolo di legge, ma se si rifiuta di inserire nel processo verbale o di allegarvi le proteste o ...

Testo Unico delle Leggi Elettorali D.P.R. 30 marzo 1957, n 361 e successive modifiche TITOLO VII Disposizioni penali Art. 104. Comma 5. che offre la facoltà di recarsi al Seggio, farsi registrare, rifiutare la scheda elettorale verbalizzare il rifiuto e l’eventuale motivazione.
Il segretario o il Presidente del Seggio sono tenuti ad ottemperare a questo articolo di legge, ma se si rifiuta di inserire nel processo verbale o di allegarvi le proteste o reclami di elettori che vogliono esercitare questo diritto degli elettori, è punito con la reclusione sino a 3 mesi e con la multa sino a 4.000 euro.

Il Comma 5 dell’Articolo 104 offre quindi, la grande opportunità di presentarvi al vostro Seggio elettorale, con in mano la Tessera elettorale e il documento d’identità. Giunto il vostro turno, vi farete registrare e solo al momento in cui vi stanno per dare le schede per recarsi nella cabina elettorale e quindi votare …chiedete al Presidente o al Segretario del Seggio di mettere a verbale la vostra dichiarazione d’intenti, dove farete scrivere quello che volete o vi suggeriamo testualmente: “Io non voto perché non mi sento rappresentato da nessuno”
Il Presidente o il Segretario ne prende atto e lo trascrive sul verbale. E il gioco è fatto.
Né il Presidente, né il Segretario potrà rifiutarsi – nel caso non esitate a chiamare le FF.OO – perché stanno compiendo una flagranza di reato, e sono passibili di multa sino a 4.000 euro e addirittura della reclusione fino a tre mesi.

Cosi facendo, è come aver votato, con la sostanziale differenza che il vostro voto non andrà a nessuno dei candidati che vi rifiutate di eleggere e in questo modo il vostro voto, farà ugualmente cumulo alle presenze e soprattutto il vostro voto non rientra nel meccanismo del premio di maggioranza. Ricapitolando:
1) E importante andare a votare, presentarsi con i documenti + tessera elettorale e farsi vidimare la scheda.
2) Non toccare la scheda elettorale (se si tocca la scheda viene contata come nulla e quindi rientra nel meccanismo del premio di maggioranza)
3) Esercitate il sacrosanto diritto di rifiutare la scheda (dopo vidimata), dicendo: ‘rifiuto la scheda per protesta, e chiedo che sia verbalizzato!’
4) pretendere che venga verbalizzato il rifiuto della scheda
5) esercitare, se si vuole, il proprio diritto di aggiungere, in calce al verbale, un commento che giustifichi il rifiuto (ad esempio: ‘nessuno dei politici inseriti nelle liste mi rappresenta’) (d.p.r. 30 marzo 1957, n. 361 – art. 104, già citato) così facendo non voterete, ed eviterete che il voto, nullo o bianco, sia conteggiato come quota premio per il partito con più voti.

Seguendo questa procedura di legge, la scheda non risulterà nulla, e non potrà essere attribuita a nessun partito. Come abbiamo già ricordato, il segretario di sezione è obbligato a verbalizzare qualsiasi reclamo provenga dagli elettori, ma benché forti di questa norma, evitare in ogni caso di passare dalla ragione al torto ed incorrere nelle sanzioni previste per chi turba il regolare svolgimento delle operazioni di voto. Di fronte all’eventuale ostinazione dei presidenti e alla riluttanza dei segretari a non verbalizzare, e laddove non ci si senta in grado di sostenere il confronto, mantenete la calma, evitare di farvi coinvolgere in inutili discussioni (potrebbero farlo anche solo per provocarvi) e rivolgetevi alla forza pubblica per richiedere l’intervento dell’ufficiale giudiziario che può avere accesso nella sezione per notificare al presidente proteste e reclami relativi alle operazioni della sezione (art. 44 comma 4 D.P.R. 30 marzo 1957, n° 361 e successive modifiche).

Armando Manocchia
Testo Unico delle Leggi Elettorali D.P.R. 30 marzo 1957, n 361 e successive modifiche TITOLO VII Disposizioni penali Art. 104. Comma 5. che offre la facoltà di recarsi al Seggio, farsi registrare, rifiutare la scheda elettorale verbalizzare il rifiuto e l’eventuale motivazione. Il segretario o il Presidente del Seggio sono tenuti ad ottemperare a questo articolo di legge, ma se si rifiuta di inserire nel processo verbale o di allegarvi le proteste o reclami di elettori che vogliono esercitare questo diritto degli elettori, è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni e con la multa sino a 4.000 euro.
Il Comma 5 dell’Articolo 104 offre quindi, la grande opportunità di presentarvi al vostro Seggio elettorale, con in mano la Tessera elettorale e il documento d’identità. Giunto il vostro turno, vi farete registrare e solo al momento in cui vi stanno per dare le schede per recarsi nella cabina elettorale e quindi votare …chiedete al Presidente o al Segretario del Seggio di mettere a verbale la vostra dichiarazione d’intenti, dove farete scrivere quello che volete o vi suggeriamo testualmente: “Io non voto perché non mi sento rappresentato da nessuno”
Il Presidente o il Segretario ne prende atto e lo trascrive sul verbale. E il gioco è fatto.
Né il Presidente, né il Segretario potrà rifiutarsi – nel caso non esitate a chiamare le FF.OO – perché stanno compiendo una flagranza di reato, e sono passibile di multa sino a 4.000 euro e addirittura della reclusione fino a tre mesi.

Cosi facendo, è come aver votato, con la sostanziale differenza che il vostro voto non andrà a nessuno dei parassiti che vi rifiutate di eleggere e in questo modo il vostro voto, farà ugualmente cumulo alle presenze e soprattutto il vostro voto non rientra nel meccanismo del premio di maggioranza.
Ricapitolando:
1) E importante andare a votare, presentarsi con i documenti + tessera elettorale e farsi vidimare la scheda.
2) Non toccare la scheda elettorale (se si tocca la scheda viene contata come nulla e quindi rientra nel meccanismo del premio di maggioranza)
3) Esercitate il sacrosanto diritto di rifiutare la scheda (dopo vidimata), dicendo: ‘rifiuto la scheda per protesta, e chiedo che sia verbalizzato!’
4) pretendere che venga verbalizzato il rifiuto della scheda
5) esercitare, se si vuole, il proprio diritto di aggiungere, in calce al verbale, un commento che giustifichi il rifiuto (ad esempio: ‘nessuno dei politici inseriti nelle liste mi rappresenta’) (d.p.r. 30 marzo 1957, n. 361 – art. 104, già citato) così facendo non voterete, ed eviterete che il voto, nullo o bianco, sia conteggiato come quota premio per il partito con più voti.

Seguendo questa procedura di legge, la scheda non risulterà nulla, e non potrà essere attribuita a nessun partito. Come abbiamo già ricordato, il segretario di sezione è obbligato a verbalizzare qualsiasi reclamo provenga dagli elettori, ma benché forti di questa norma, evitare in ogni caso di passare dalla ragione al torto ed incorrere nelle sanzioni previste per chi turba il regolare svolgimento delle operazioni di voto. Di fronte all’eventuale ostinazione dei presidenti e alla riluttanza dei segretari a non verbalizzare, e laddove non ci si senta in grado di sostenere il confronto, mantenete la calma, evitare di farvi coinvolgere in inutili discussioni (potrebbero farlo anche solo per provocarvi) e rivolgetevi alla forza pubblica per richiedere l’intervento dell’ufficiale giudiziario che può avere accesso nella sezione per notificare al presidente proteste e reclami relativi alle operazioni della sezione (art. 44 comma 4 D.P.R. 30 marzo 1957, n° 361 e successive modifiche).
Armando Manocchia
“Non voto” e “astensione attiva”: ai cittadini che vorranno manifestare il loro dissenso nei confronti dell’attuale politica l’Amministrazione risponde in modo netto e chiaro. La protesta potrebbe essere del tutto inutile.
Dopo la nota del Viminale diffusa lo scorso gennaio [1], sembrano ormai non profilarsi più dubbi sul significato che verrà attribuito al comportamento di quanti, per protesta, intendano astenersi dal voto rifiutando la scheda elettorale.
Come già chiarito in un precedente articolo (leggi: Elezioni: astensione attiva, ecco cosa succede col “non voto”), la singolare protesta consiste nel presentarsi al seggio, farsi registrare e, solo dopo, rifiutarsi di ritirare la scheda, chiedendo di mettere a verbale le ragioni della protesta (“Rifiuto la scheda per protesta e chiedo che sia verbalizzato!”. Oltre a ciò, l’elettore – o meglio, il non-elettore – potrebbe aggiungere ulteriori motivi personali quali, per esempio, “nessuno dei politici inseriti nelle liste mi rappresenta”).
Anche le prefetture si stanno organizzato nel recepire l’orientamento del Ministero degli Interni, diramando ai sindaci dei Comuni le istruzioni per le operazioni di voto da impartire all’ufficio elettorale di sezione.
Nelle note si chiarisce che il cosiddetto “non-voto con rifiuto della scheda” non è mai stato disciplinato da nessuna norma; la legge [2], infatti, prevede solo il caso in cui l’elettore, dopo essersi registrato e aver preso in mano la scheda, l’abbia riconsegnata senza neanche andare in cabina. In tal caso, la norma prevede che l’elettore debba essere conteggiato tra i votanti e la scheda considerata nulla.
Diverso discorso deve invece farsi nel caso in cui l’elettore, pur dopo essersi registrato, rifiuti la scheda elettorale. Come si diceva, tale ipotesi non è contemplata in nessuna norma. Tuttavia, a interpretare la lacuna legislativa sono ormai intervenuti il Ministero e le singole Prefetture.
Innanzitutto l’amministrazione chiarisce che tale comportamento di protesta è pienamente lecito. Pertanto, i Presidenti di seggio non potranno opporsi a che l’elettore si comporti in tale modo.
L’ipotesi del rifiuto della scheda viene considerata del tutto identica a quella in cui l’elettore chieda di votare solo per alcune – e non per tutte – le consultazioni di voto (per esempio: chiede di votare per le regionali e non per le politiche).
Ebbene, in questi casi, il Presidente di seggio può (ma non “deve”, dice il Ministero) prendere a verbale la protesta dell’elettore e il suo rifiuto di ricevere la scheda, purché la verbalizzazione sia fatta in maniera sintetica e veloce, con l’annotazione nel verbale stesso delle generalità dell’elettore, del motivo del reclamo o della protesta, “allegando anche gli eventuali scritti che l’elettore ritenesse di consegnare al seggio”. Da quest’ultimo passaggio, si comprende che – anche al fine di non intralciare la regolarità e il rapido svolgimento delle votazioni – gli elettori potranno scrivere a casa le ragioni della propria protesta, da consegnare poi al seggio e fa allegare al verbale stesso. 
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Per quanto attiene alla rilevazione del numero degli elettori che votano,  si rammenta che coloro che rifiutano la scheda non dovranno essere conteggiati tra i votanti della sezione elettorale, anche se il rifiuto venga esplicitato in un momento successivo alla "registrazione" presso il seggio (cioè in un momento successivo a uno o più dei seguenti adempimenti: annotazione degli estremi del documento personale di riconoscimento e firma dello scrutatore nell'apposita colonna della lista elettorale sezionale a fianco del nome dell'elettore; apposizione del timbro e della data nell'apposito spazio della tessera elettorale personale; annotazione del numero della tessera stessa nell'apposito registro in dotazione al seggio, con a fianco il numero di iscrizione nella lista sezionale dell'elettore medesimo). All'atto del rifiuto della scheda,ove si sia provveduto a una"registrazione"dell'elettore,nei sensi anzi detti,nella lista sezionale e nel registro per l'annotazione del numero delle tessere, occorrerà provvedere,nei relativi riquadri e colonne dei medesimi documenti, ad una ulteriore annotazione (ades., con la dicitura:"NONVOTANTE").Nel caso in cui il rifiuto sia precedente alle registrazioni di cui sopra non va apposto sulla tessera elettorale il bollo della sezione (che, ai sensi dell'art.2, comma3, del D.P.R.n.299/2000,certifica viceversa l'avvenuta partecipazione alla votazione).Su un diverso piano,ai fini degli adempimenti procedurali da attuare presso il seggio, si colloca la fattispecie di nullità delle schede di cui all'art.62 del D.P.R.n.361/1957.Tale norma,infatti, prevede l'ipotesi in cui l'elettore prenda la scheda ma non voti in cabina elettorale, facendone derivare la nullità della scheda stessa.Ciò accade quando l'elettore identificato dal seggio elettorale, al quale ha consegnato la tessera elettorale e il documento d'identità, abbia ritirato la scheda senza rifiutarla e, solo in un secondo tempo,l'abbia riconsegnata senza entrare prima in cabina. In tal caso, l'elettore dovrà essere conteggiato tra i votanti e la scheda dovrà essere dichiarata nulla e inserita nell'apposita busta secondo le istruzioni indotazione ai seggi.

I)Accertamento del numero degli elettori e dei votanti. Dichiarata chiusa la votazione, dopo aver sgombrato il tavolo delle carte e degli oggetti non più necessari,ivi comprese le matite copiative,ognipresidente di seggio provvederà subito alle distinte operazioni di accertamento sia del numero degli elettori della sezione che del numero dei votanti presso la sezione medesima, dandone attestazione negli appositi paragrafi delverbale.In particolare:-il numero degli elettori sarà dato dal numero degli elettori iscritti nella lista sezionale, come autenticata dalla Commissione elettorale circondariale,più il numero dei cittadini dichiarati elettori in base a sentenza(ex art.47, secondo comma, D.P.R.n.361/1957) o ad attestazione del sindaco di ammissione al voto (ex art.32-bis D.P.R. n.223/1967). Da tale calcolo dovranno perciò essere escluse le categorie di elettori che, non iscritti nella lista della sezione, siano stati ammessi a votare presso la sezione stessa in base a particolari disposizioni di legge (componenti dell'ufficio disezione, rappresentanti di partiti e gruppi politici o promotori del referendum,ecc.):questiultimi elettori, infatti, saranno conteggiati dagli uffici delle sezioni nelle cui liste risultino rispettivamente iscritti;


Rifiutare la scheda è possibile. Ecco la circolare del Viminale ...

Insomma: se un elettore volesse, potrebbe andare al seggio, registrarsi e poi non ritirare una o tutte le schede, facendo verbalizzare i motivi che lo spingono ad astenersi.
Il presidente del seggio non potrebbe opporsi a una simile richiesta, nonostante l’articolo 48 della Costituzione spieghi in modo chiaro che «Il voto è personale ed eguale, libero e segreto». e che «Il suo esercizio è dovere civico». Fino a pochi anni fa, chi non andava a votare rischiava una segnalazione del sindaco. Qualcosa che con il tempo si è via via attenuato, fino a scomparire. E a lasciare spazio addirittura all’astensionismo attivo, ovvero alla rivendicazione della libera scelta di non dare il voto dichiarandolo al seggio.
Una sorta di rivoluzione, che il legislatore ha fatto sua probabilmente per un “vuoto” normativo. Il famoso decreto presidenziale 361/1957, la legge elettorale che da un cinquantennio regola in dettaglio il come si vota, prevede moltissimi casi specifici ma non quello dell’elettore determinato a non ritirare la scheda.

Ora la direzione centrale dei Servizi elettorali dell'Interno ha diffuso l'attesa istruzione (n. 43/2013), che le prefetture interessate badano a diffondere ai sindaci dei comuni interessati, affinché «sensibilizzino i presidenti di seggio». Le disposizioni riprendono quanto già diramato con la circolare n. 19/2013, uscita in gennaio in vista delle politiche. Quindi, l'elettore che rifiuta la scheda ha diritto di farlo, dettando a verbale «l'eventuale protesta», col solo limite di determinare una «verbalizzazione in maniera sintetica e veloce», ma potendo allegare «eventuali scritti». Quest'ultimo particolare si spiega con la circostanza che in rete circolano, non da oggi, modelli di protesta, da verbalizzare o depositare al seggio. Una novità è rappresentata da una disposizione in precedenza non esplicita. Posto che chi rifiuta la scheda non va valutato come votante, si chiarisce che «non va apposto sulla tessera elettorale il bollo della sezione». Infatti, l'art. 2, comma 3, del dpr n. 299 del 2000, regolante la tessera elettorale, specifica che negli spazi appositi viene certificata (con «apposizione, da parte di uno scrutatore, della data della elezione e del bollo della sezione») «l'avvenuta partecipazione alla elezione». Poiché chi respinge la scheda non partecipa all'elezione, ecco che non si deve apporre il bollo (che attesterebbe una partecipazione inesistente).
A questo punto, però, sorge un problema. Siccome il manuale delle «istruzioni per le operazioni» dei seggi prevede che siano apposti «sulla tessera elettorale la data della votazione ed il timbro della sezione» non appena riconosciuto l'elettore (quindi prima che egli eserciti l'eventuale rifiuto di scheda), non ci sarebbe possibilità di attuare la disposizione della circolare, cioè di non timbrare la tessera. Infatti il rifiuto della scheda verrebbe espresso al momento della consegna (dal presidente), quindi dopo che il timbro è già stato apposto (dallo scrutatore).

A questo proposito, il Ministero nella circolare 19/2013 ha sottolineato come le norme a disciplina della procedura di voto contemplino anche le specifiche di nullità delle schede, secondo gli articoli dal 57 al 63 del Dpr 361/1957.

In particolare, è l’articolo 62 a introdurre nel diritto l’ipotesi che il cittadino registrato nel seggio elettorale scelga di non apporre alcuna preferenza sulla scheda. Si tratta, spiega quindi il Ministero, dell’eventualità per cui “l’elettore registrato dal seggio elettorale, al quale ha consegnato la tessera elettorale e il documento d’identità, abbia ritirato la scheda e poi l’abbia riconsegnata senza entrare prima in cabina”.
Così, spiega il Viminale, l’elettore che pone in essere questa condotta andrà di diritto inserito nell’elenco degli elettori votanti, con dichiarazione della scheda “nulla” e l’inserimento nell’apposita busta secondo quando ordinato ai seggi.
Diverso, invece, il rifiuto della scheda: per questa pratica abbastanza ricorrente, spiega il Ministero, non esiste una “specifica disciplina normativa ma non può certamente ritenersi vietato”. Così, è ammissibile, in linea ipotetica, che l’elettore chieda di votare solo per una Camera o – laddove si tengono le elezioni regionali – per le consultazioni nazionali e non per quelle locali, o viceversa.
Infine, riguardo l’astensione completa al seggio, il Ministero invita i presidenti a registrare la protesta del cittadino “purché la verbalizzazione sia fatta in  maniera sintetica e veloce, con l’annotazione nel verbale stesso delle generalità  dell’elettore, del motivo del reclamo o della protesta, allegando anche gli eventuali scritti che l’elettore medesimo ritenesse di voler consegnare al seggio”.
Infine, specifica il Ministero nella circolare sull’astensione, va ricordato che tutti coloro che opteranno per la pratica del rifiuto della scheda dentro la sezione elettorale non siano da annoverare tra i votanti.
Vai al testo della circolare del Ministero sull’astensione



28 feb 2018 - Si può rifiutare la scheda e far verbalizzare dal presidente di seggio le ... del 2013, tanto che il ministero dell'Interno ha diffuso una circolare ...
Un elettore può andare al seggio, farsi registrare e poi rifiutare la scheda (senza prenderla in mano), chiedendo di mettere a verbale le motivazioni del suo rifiuto. Nel caso in cui decida di prendere la scheda in mano e poi restituirla, verrà considerata nulla. Se si rifiuta di prenderla il suo voto non verrà conteggiato ma le proteste verranno verbalizzate dal presidente di seggio (anche se non è obbligato a farlo). L’elettore che decide di rifiutare la scheda può anche scrivere a casa le motivazioni e consegnarle al presidente in modo che le alleghi al verbale, facendo così risparmiare tempo durante le operazioni di voto e non creare alcun intralcio.
Le comunicazioni del ministero dell’Interno

La notizia della possibilità di rifiutare la scheda per protesta si è diffusa prima delle elezioni del febbraio del 2013, tanto che il ministero dell’Interno ha diffuso una circolare alle prefetture per spiegare come agire in questi casi. La prefettura di Palermo, per esempio, sulla base di quelle disposizioni ha pubblicato le spiegazioni per i presidenti di seggio. La prefettura parla del caso di rifiuto da parte dell’elettore di ritirare la scheda elettorale, definendo questa possibilità una “eventuale forma di astensione dal voto”.

Il rifiuto della scheda, spiega la prefettura, “non trova una specifica disciplina normativa, ma non può ritenersi vietato”. L’elettore può dichiarare di voler rifiutare la scheda e, in questo caso, il presidente del seggio può verbalizzare l’eventuale protesta dell’elettore e il suo rifiuto, “purché la verbalizzazione sia fatta in maniera sintetica e veloce”, non intralciando o rallentando eccessivamente le operazioni, e riportando le annotazioni nel verbale “delle generalità dell’elettore, del motivo del reclamo o della protesta, allegando contestualmente anche gli eventuali scritti che l’elettore medesimo ritenesse di voler consegnare al seggio”.

“Coloro che rifiutano la scheda non dovranno essere conteggiati tra i votanti della sezione elettorale. Pertanto, non va apposto sulla loro tessera elettorale il bollo della sezione”, spiega ancora la prefettura di Palermo. Nel caso in cui l’elettore prenda la scheda ma non vada all’interno della cabina elettorale, la scheda verrà considerata nulla.

Disposizioni simili sono state pubblicate, sempre nel 2013, anche dalla prefettura di Isernia. Il messaggio è lo stesso e si ricorda inoltre che l’elettore può decidere di votare “solo per alcune e non per tutte le consultazioni in corso (e di voler ricevere solo alcune schede)”. Per esempio, l’elettore il 4 marzo potrà votare per le politiche e rifiutare le schede delle regionali (o viceversa). La prefettura di Isernia ribadisce che “il presidente del seggio, al fine di non rallentare il regolare svolgimento delle operazioni, può prendere a verbale la protesta dell’elettore e il suo rifiuto di ricevere la scheda, purché la verbalizzazione sia fatta in maniera sintetica e veloce”.
Le proteste e le fake news

Negli scorsi anni, in occasione delle precedenti elezioni (politiche, ma anche amministrative e regionali), sono anche nati dei gruppi su Facebook o sono state pubblicate notizie in rete con le quali si cercava di convincere altri elettori ad attuare il rifiuto della scheda e la verbalizzazione della protesta. Spesso, però, vengono diffuse sull’argomento anche delle fake news. C’è, per esempio, chi scrive riferimenti a leggi che in realtà non disciplinano questo tema (come ricordato anche dal Viminale); c’è chi parla di multe fino a 4mila euro e reclusione (fino a 3 mesi o fino a 3 anni, dipende dai casi) per il presidente del seggio che si rifiuta di verbalizzare; c’è anche chi sostiene che sia importante procedere con questo metodo per essere conteggiati nel voto (cosa che non avviene).

Il punto, però, è che la verbalizzazione del rifiuto e delle motivazioni di protesta non influisce in alcun modo sull’esito elettorale. Ma c’è chi utilizza questo metodo per spiegare che “nessun partito lo rappresenta” o che “la legge elettorale in vigore non è idonea” o, ancora, per esprimere un dissenso verso alcuni punti specifici della vita democratica e politica del Paese.

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