Era una fissazione del partito socialista e dei comunusti l'istituzione delle regioni per autogovernarsi nelle regioni rosse. Sebbene la Costituzione, che bisogna riformare, preveda le regioni, non dice quali compiti esatti essa abbia. Oggi si sta capendo che esse, più delle province, sono causa di una malversazione economica. L'ultimo caso è quello del Lazio. La Polverini cerca di salvare se stessa addebitando la colpa agli altri. Come se non fossero tutti d'accordo nel riscuotere i finanziamenti ai diversi gruppi consiliari. Ora fa finta di cadere dalle nuvole. I consigli regionali sono covi di parassiti. Ogni regione si fa le leggi che vuole a cominciare dalle paghe ai consiglieri. La Lombardia dà 5000 euro, il Lazio 11.000 euro. Non parliamo della Sicilia e della Sardegna, regioni autonome che dovrebbero sparire come tutte le regioni autonome, tranne, limitatamente, la valle d'Aosta e l'Alto Adige per ragioni linguistiche ed etniche. Le regioni servono per saccheggiare meglio il territorio con leggi che servono ad accontentare gli interessi localistici da cui trarre voti. Al posto dei parassiti delle regioni basterebbe porre dei commissari nominati dal governo centrale e che non dipendano dal voto regionale. Le regioni debbono servire solo come decentramento amministrativo e non legislativo con leggi che sono spesso in contrasto con le leggi nazionali con conseguente dispute ai vari TAR. Il risparmio enorme che si trarrebbe dall'abolizione delle regioni andrebbe a vantaggio di una politica economica fondata su tagli delle spese parassitarie che aumentano il deficit pubblico.
Le regioni non sono necessarie nemmeno per gli ospedali e, in genere, per la sanità pubblica. Infatti le folli spese degli ospedali, soprattutto nel sud, sarebbero controllate meglio da un governo centrale che predisponga dei commissari con competenze specifiche per ogni regione.
I Comuni debbono essere accorpati. Non possono più esistere Comuni con poche migliaia di abitanti. Molti servizi (per esempio anagrafici) affidati ai piccoli Comuni non sono più necessari bastando un ufficio distaccato, a parte il fatto che oggi basta il sistema della posta elettronica.
Bisogna andare insomma in senso contrario. Non parcellizzare il territorio frantumandolo in piccoli centri di potere e di corruzione, ma accentrando le decisioni per accentrare il territorio. Basti fare l'esempio della caccia (a cui è ancora dedita una malvagia genia, razza in estinzione, che si fa forte dei voti che prendono i partiti in sede regionale). Ogni regione si fa le sue leggi anche allargando il periodo di caccia per accontentare le diverse pressioni che provengono da questa genia. Contro circa 700.000 subanimali (tali sono i cacciatori, che uccidono solo per il gusto di uccidere) vi è una stragrande maggioranza che vorrebbe l'abolizione della caccia. E' più facile per questi subanimali esercitare le loro pressioni a livello regionale, sapendo che i loro voti contano poco a livello nazionale.
Due giorni dopo avere scritto quanto sopra ho sentito il prof. Giovanni Fiori alla TV di Rai2 dire esattamente le stesse cose. Abolire province e regioni per ridurre il deficit. Il prof. Fiori è professore ordinario di economia aziendale all'Università Luiss e pieno di incarichi in diverse aziende.
Per questo ho aggiornato il post citando il prof. Fiori, perché io non sembri un isolato che avanzi idee utopistiche. Utopistico è questo Paesaccio con governi che vivono fuori della realtà e hanno trasformato l'utopia del malaffare in una realtà. Ci vorrebbe una rivoluzione. Una dittatura provvisoria per spazzare via i partiti e le varie mafie e riformare la Costituzione in senso presidenzialista. Questa farsa di democrazia è il terreno di coltura della corruzione.
Aggiungo che anche Marcello Veneziani ha scritto su questo argomento il 22 settembre (Il Giornale) un articolo dal titolo "Mille ragioni per tagliare le regioni". L'ha scritto 4 giorni dopo che ho scritto io. Leggere anche i commenti a favore. Dunque si sta affacciando anche sulla stampa la mia idea. Non sono solo. Si può leggere l'articolo di Veneziani (con i relativi commenti) anche scrivendo su Google il titolo dell'articolo.
I Comuni debbono essere accorpati. Non possono più esistere Comuni con poche migliaia di abitanti. Molti servizi (per esempio anagrafici) affidati ai piccoli Comuni non sono più necessari bastando un ufficio distaccato, a parte il fatto che oggi basta il sistema della posta elettronica.
Bisogna andare insomma in senso contrario. Non parcellizzare il territorio frantumandolo in piccoli centri di potere e di corruzione, ma accentrando le decisioni per accentrare il territorio. Basti fare l'esempio della caccia (a cui è ancora dedita una malvagia genia, razza in estinzione, che si fa forte dei voti che prendono i partiti in sede regionale). Ogni regione si fa le sue leggi anche allargando il periodo di caccia per accontentare le diverse pressioni che provengono da questa genia. Contro circa 700.000 subanimali (tali sono i cacciatori, che uccidono solo per il gusto di uccidere) vi è una stragrande maggioranza che vorrebbe l'abolizione della caccia. E' più facile per questi subanimali esercitare le loro pressioni a livello regionale, sapendo che i loro voti contano poco a livello nazionale.
Due giorni dopo avere scritto quanto sopra ho sentito il prof. Giovanni Fiori alla TV di Rai2 dire esattamente le stesse cose. Abolire province e regioni per ridurre il deficit. Il prof. Fiori è professore ordinario di economia aziendale all'Università Luiss e pieno di incarichi in diverse aziende.
Per questo ho aggiornato il post citando il prof. Fiori, perché io non sembri un isolato che avanzi idee utopistiche. Utopistico è questo Paesaccio con governi che vivono fuori della realtà e hanno trasformato l'utopia del malaffare in una realtà. Ci vorrebbe una rivoluzione. Una dittatura provvisoria per spazzare via i partiti e le varie mafie e riformare la Costituzione in senso presidenzialista. Questa farsa di democrazia è il terreno di coltura della corruzione.
Aggiungo che anche Marcello Veneziani ha scritto su questo argomento il 22 settembre (Il Giornale) un articolo dal titolo "Mille ragioni per tagliare le regioni". L'ha scritto 4 giorni dopo che ho scritto io. Leggere anche i commenti a favore. Dunque si sta affacciando anche sulla stampa la mia idea. Non sono solo. Si può leggere l'articolo di Veneziani (con i relativi commenti) anche scrivendo su Google il titolo dell'articolo.
3 commenti:
come sempre lei dice le cose esattamente come stanno. purtroppo le sue sono parole destinate a cadere nel vuoto.
Caro professore,
sono più che d'accordo con il suo articolo. Purtroppo però l'abolizione sia delle province che delle regioni, a mio modesto parere, mai avverrà! Altrimenti questi nostri governanti dove andranno, a cercarsi una vera occupazione, un vero lavoro? All'estero la politica è una professione, qui da noi in Italia la carriera politica viene intrapresa quasi esclusivamente da persone vanitose che vogliono solamente arricchirsi, dimenticandosi, o forse fregandosene, dei bisogni degli onesti cittadini.
A quei pochi politici onesti non viene permesso di cambiare lo status quo.
Professore, avendo ventanni (forse anche trenta) sarei già scappato da questo paese...
Cordiali saluti.
Ray
Cari nullaessente e Ray
lo so che le mie parole sono destinate a cadere nel vuoto. Infatti non sono un opinionista che scriva su grandi giornali. Ma due giorni dopo avere scritto quanto sopra ho sentito il prof. Giovanni Fiori alla TV di Rai2 dire esattamente le stesse cose. Abolire province e regioni per ridurre il deficit. Il prof. Fiori è professore ordinario di economia aziendale all'Università Luiss e pieno di incarichi in diverse aziende.
Per questo ho aggiornato il post citando il prof. Fiori, perché io non sembri un isolato che avanzi idee utopistiche. Utopistico è questo Paesaccio con governi che vivono fuori della realtà e hanno trasformato l'utopia del malaffare in una realtà. Ci vorrebbe una rivoluzione. Una dittatura provvisoria per spazzare via i partiti e le varie mafie e riformare la Costituzione. Questa farsa di democrazia è il terreno di coltura della corruzione.
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