La situazione attuale dell'Università ha la sua disgraziata fonte nella  demagogica e scriteriata "riforma" del post comunista Luigi Berlinguer,  che liberallizando i piani di studio, ha consentito che ogni Università,  per una male intesa autonomia, potesse inventarsi una  pletora i nuovi  insegnamenti, pur di dare ai ricercatori la falsa veste di professori,  pur essendo i ricercatori (corrisponenti ai vecchi assistenti, la cui  figura è stata abolita cambiando solo l'etichetta). Così è stata  promossa l'illusione che i ricercatori (che per legge hanno il titolo di dottori e non  di professori) potessero poi dopo tanti anni essere promossi professori con  una delle solite ope legis,  senza concorso, sulla base di una richiesta del riconoscimento  dell'anzianità di servizio. Si è aggiunta contemporaneamente la  costituzione di nuove Università per accogliere demagogicamente la  richiesta di avere l'Università quasi sotto casa. Come se non bastasse  si è aggiunto un finanziamento a pioggia per tutte le Università senza  valutare il merito dei professori e la preparazione degli studenti. In  questo modo si è avuta un'implosione economica delle Università, che  aumentavano con il loro finanziamento il debito pubblico senza che  venisse migliorata la ricerca e venissero premiati i professori  migliori. La responsabilità di questa condizione delle Università ricade  tutta su Luigi Berlinguer e sui suoi successori. E ora si vorrebbe dare  tutte le colpe all'attuale governo, che si è dovuto accollare una  politica scellerata dei governi precedenti.      Ma nemmeno l'attuale  governo ha capito che non basta ridurre il numero pletorico delle  Università e ridurre i finanziamenti perché non siano più a pioggia. Si  rende necessario che lo Stato finanzi le scuole e le Facoltà private,  che diverrebbero le scuole e le Facoltà universitarie migliori perché soltanto esse  potrebbero negare l'ingresso ai professori e agli studenti peggiori o  negare ad essi la continuazione della loro presenza. I professori e gli  studenti peggiori andrebbero a finire nel cesso pubblico delle scuole e  delle Università pubbliche, perché si sappia in futuro da dove i  laureati provengano. E gli "studenti" peggiori, che sono costretti a  frequentare la scuola pubblica a causa della scuola dell'obbligo, non  continuerebbero ad intasare come una inutile zavorra la scuola pubblica,  occupandola con scioperi e con imbrattamenti, con la scusa che, essendo  pubblica, è anche cosa loro. Mentre nelle scuole e nelle Facoltà universitarie private (non essendo necessario che queste facciano parte di una Universitas studiorum, cioè comprendente diverse Facoltà) vigila lo  sguardo attento del padrone, che può sbattere fuori gli elementi  turbolenti, che vogliono fare della scuola una palestra degli scontri  politici. E i professori delle scuole e delle Facoltà universitarie private potranno in questo modo avere delle retribuzioni migliori perché selezionati in base al merito.
I RIVOLTOSI DI OGGI NON DOVREBBERO SALIRE SUI TETTI MA SCENDERE NEGLI SCANTINATI. SI MERITANO CIO' CHE HANNO VOLUTO ED AVUTO IN PASSATO
I RIVOLTOSI DI OGGI NON DOVREBBERO SALIRE SUI TETTI MA SCENDERE NEGLI SCANTINATI. SI MERITANO CIO' CHE HANNO VOLUTO ED AVUTO IN PASSATO
1 commento:
Ma che razza di università privata sarebbe, se fosse finanziata coi soldi pubblici? se il "padrone" di cui parla lei fosse chi paga, allora coi finanziamenti pubblici una scuola non potrebbe mai essere davvero libera, finirebbero sempre per metterci lo zampino i politici, che potrebbero imporre determinate condizioni, col ricatto del denaro.
Insomma il coltello dalla parte del manico ce l'ha sempre chi paga, e se a pagare è lo stato, rischia di diventare COSA LORO, cioè dei partiti, dei politici.
Non esiste vera libertà di pensiero, di scelta e di azione senza l'indipendenza economica!
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