sabato 27 novembre 2010

LA RIVOLTA MINORITARIA DELL'Università

La situazione attuale dell'Università ha la sua disgraziata fonte nella demagogica e scriteriata "riforma" del post comunista Luigi Berlinguer, che liberallizando i piani di studio, ha consentito che ogni Università, per una male intesa autonomia, potesse inventarsi una pletora i nuovi insegnamenti, pur di dare ai ricercatori la falsa veste di professori, pur essendo i ricercatori (corrisponenti ai vecchi assistenti, la cui figura è stata abolita cambiando solo l'etichetta). Così è stata promossa l'illusione che i ricercatori (che per legge hanno il titolo di dottori e non di professori) potessero poi dopo tanti anni essere promossi professori con una delle solite ope legis, senza concorso, sulla base di una richiesta del riconoscimento dell'anzianità di servizio. Si è aggiunta contemporaneamente la costituzione di nuove Università per accogliere demagogicamente la richiesta di avere l'Università quasi sotto casa. Come se non bastasse si è aggiunto un finanziamento a pioggia per tutte le Università senza valutare il merito dei professori e la preparazione degli studenti. In questo modo si è avuta un'implosione economica delle Università, che aumentavano con il loro finanziamento il debito pubblico senza che venisse migliorata la ricerca e venissero premiati i professori migliori. La responsabilità di questa condizione delle Università ricade tutta su Luigi Berlinguer e sui suoi successori. E ora si vorrebbe dare tutte le colpe all'attuale governo, che si è dovuto accollare una politica scellerata dei governi precedenti. Ma nemmeno l'attuale governo ha capito che non basta ridurre il numero pletorico delle Università e ridurre i finanziamenti perché non siano più a pioggia. Si rende necessario che lo Stato finanzi le scuole e le Facoltà private, che diverrebbero le scuole e le Facoltà universitarie migliori perché soltanto esse potrebbero negare l'ingresso ai professori e agli studenti peggiori o negare ad essi la continuazione della loro presenza. I professori e gli studenti peggiori andrebbero a finire nel cesso pubblico delle scuole e delle Università pubbliche, perché si sappia in futuro da dove i laureati provengano. E gli "studenti" peggiori, che sono costretti a frequentare la scuola pubblica a causa della scuola dell'obbligo, non continuerebbero ad intasare come una inutile zavorra la scuola pubblica, occupandola con scioperi e con imbrattamenti, con la scusa che, essendo pubblica, è anche cosa loro. Mentre nelle scuole e nelle Facoltà universitarie private (non essendo necessario che queste facciano parte di una Universitas studiorum, cioè comprendente diverse Facoltà) vigila lo sguardo attento del padrone, che può sbattere fuori gli elementi turbolenti, che vogliono fare della scuola una palestra degli scontri politici. E i professori delle scuole e delle Facoltà universitarie private potranno in questo modo avere delle retribuzioni migliori perché selezionati in base al merito.
I RIVOLTOSI DI OGGI NON DOVREBBERO SALIRE SUI TETTI MA SCENDERE NEGLI SCANTINATI. SI MERITANO CIO' CHE HANNO VOLUTO ED AVUTO IN PASSATO

1 commento:

andrea ha detto...

Ma che razza di università privata sarebbe, se fosse finanziata coi soldi pubblici? se il "padrone" di cui parla lei fosse chi paga, allora coi finanziamenti pubblici una scuola non potrebbe mai essere davvero libera, finirebbero sempre per metterci lo zampino i politici, che potrebbero imporre determinate condizioni, col ricatto del denaro.
Insomma il coltello dalla parte del manico ce l'ha sempre chi paga, e se a pagare è lo stato, rischia di diventare COSA LORO, cioè dei partiti, dei politici.
Non esiste vera libertà di pensiero, di scelta e di azione senza l'indipendenza economica!