lunedì 30 marzo 2015

PASQUA: PER FESTEGGIARE LA PIU' GRANDE MENZOGNA DELLA STORIA

Nell'antichità si credeva che Minerva fosse nata dal cervello di Giove. E come mai ancor oggi si crede nel cumulo di frottole dei Vangeli? E' facilmente spiegabile. Le credenze religiose hanno bisogno di un supporto di istituzioni. Quanti crederebbero ancora nei Vangeli se non esistessero le Chiese cristiane con le sue varie confessioni? Lo stesso vale, naturalmente, per quella altra menzogna del Corano. Se il Dio cristiano esistesse non avrebbe permesso che nascesse un pazzo (o disonesto) analfabeta di nome Maometto. Ma lasciamo perdere in questa sede la maggiore pazzia del Corano, insuperabile in quanto a pazzia. Se un discorso pretende di essere credibile deve quanto meno rispettare il principio aristotelico di non contraddizione. Che Gesù sia nato da una vergine non è contraddittorio. E' una favola e basta. I Vangeli debbono essere analizzati, non in base agli asseriti miracoli, ma in base alle irrisolvibili e insanabili contraddizioni che essi contengono. Ai discepoli che domandavano a Gesù quante volte avrebbero dovuto perdonare Gesù rispose: non sette volte, ma settanta volte sette. Con questa frase, innanzi tutto, demoliva qualsiasi concezione giuridica. Osservò Hegel (Scritti sul cristianesimo) che uno Stato che avesse rispettato i comandamenti evangelici si sarebbe autodistrutto. Ma in contraddizione con la norma morale del perdono Gesù, dopo l'asserita resurrezione, volle dimostrare che era risorto con tutto il corpo, e per questo si mise a mangiare con essi del pane e del pesce. Poche ore dopo si racconta che fu assunto in cielo. Se fosse risorto con il solo spirito il racconto, pur di stile miracolistico, avrebbe avuto un senso. Ma dove avvenne la digestione se dopo poche ore avvenne l'assunzione in cielo? E dove sta il cielo? In uno spazio intergalattico? Evidentemente la digestione avvenne dopo l'assunzione in cielo. Ma che fine fece il corpo di Gesù assunto in cielo? Si spiritualizzò perché non ebbe più bisogno di mangiare? Si spiritualizzarono anche le feci o Gesù defecò dal cielo? 
Ma torniamo al comandamento del perdono. Dopo aver detto che bisognava perdonare settanta volte sette egli cadde nella maggiore contraddizione (in realtà si tratta di contraddizioni in cui caddero quei falsificatori della vita di Gesù che furono gli evangelisti). Egli disse infatti: "andate e predicate per tutte le nazioni. Coloro che crederanno e si faranno battezzare saranno salvati, altrimenti saranno condannati". Dunque nessun perdono per quelli che non saranno battezzati e, se battezzati, non crederanno. E tutti i popoli che prima della venuta di Gesù erano pagani che fine hanno fatto? Non basta. Che fine faranno tutti quei popoli che sono nati in Stati dove esistono religioni diverse dal cristianesimo? Il fanatico Agostino (guardarsi dai convertiti, che sono i peggiori) scrisse che fuori della Chiesa cristiana si era destinati a diventare "massa dannata" (sic!). Orbene, io mi domando, che fine faranno gli atei-agnostici che non hanno avuto il dono della fede? Si badi bene che, come ho detto altre volte, il fondatore del cristianesimo non fu Gesù ma S. Paolo. Egli espresse la maggiore contraddizione in cui naviga il cristianesimo. Nella Lettera ai Romani (2,6) scrisse che "Dio renderà a ciascuno secondo le opere" e che anche i pagani si sarebbero salvati se avessero rispettato la legge naturale. "Essi che non hanno legge (cioè la legge rivelata) adempiono per natura le cose della legge; essi sono legge a se stessi e mostrano che quel che la legge (naturale) comanda è scritto nei loro cuori per la testimonianza che rende loro la coscienza" (2, 14). Sembra dunque che non sia necessario essere cristiani per salvarsi. Sin qui tutto bene. Ma poi S. Paolo, rinnegando il valore delle opere, che sarebbero state valutate ai fini della salvezza, aggiunge delle frasi che ci presentano un Dio cristiano fuori di testa. E lo dice incredibilmente nella stessa Lettera ai Romani (9, 14-18), dove precisa che la salvezza è dovuta solo ad una iniziativa di Dio, che non può essere condizionato dalle opere dell'uomo altrimenti non sarebbe libero. Nemmeno se si tratta di opere buone. Scrive infatti Paolo: "Dio usa misericordia con chi vuole e indurisce nel peccato chi vuole". E prima aveva scritto: "Beato l'uomo del cui peccato Dio non tiene conto" (4,7). Non basta. Aggiunge: "Coloro che predeterminò anche chiamò; quelli che chiamò anche giustificò; quelli che poi giustificò anche glorificò" (8, 30). Dunque non bastano nemmeno la fede e le opere buone per avere la certezza della salvezza. Non resta che la speranza di essere compresi nella lista di coloro che Dio salverà in quanto predeterminati alla salvezza.   Ma poi, quasi per attenuare questa totale irrazionalità del Dio cristiano Paolo aggiunge: "Ognuno che avrà invocato il nome del Signore sarà salvato" (10, 13).  Di fronte ad un cumulo simile di contraddizioni  S. Tomaso (Summa theologiae, I, q. 1, 8) cercherà di salvare capra e cavoli dicendo che la grazia (con la fede) è un aiuto in più per compiere opere di bene e di giustizia, facendo prevalere l'importanza delle opere  nel rispetto della legge naturale, identificantesi con la ragione divina. E alla predestinazione della dottrina di Paolo sostituì la dottrina della prescienza: Dio conosce il futuro ma non per questo pretedermina il destino dell'uomo. In questo modo S. Tomaso cercava di salvare  il libero arbitrio. Ma è evidente che in questo modo S. Tomaso, campione di equilibrismo, si poneva fuori del dettato complessivo della Lettera ai Romani,  che Lutero considerò il documento fondativo del cristianesimo. Ma Lutero fu più coerente con il contenuto complessivo della Lettera ai Romani perché introdusse (come fece anche Calvino) la dottrina della predestinazione, svalutando completamente le opere. Non bastava la fede con le opere di bene per assicurarsi la salvezza.  E al De libero arbitrio di Erasmo da Rotterdam rispose con il De servo arbitrio. Non esiste il libero arbitrio perché tutto è predeterminato. Qui si palesa la totale irrazionalità della Riforma protestante, che riprendeva uno de due corni di Paolo, l'uno in contrasto con l'altro. Da una parte la negazione della validità delle opere ai fini della salvezza, dall'altra la loro totale svalutazione.   
Ma allora vi è da domandarsi: che senso poteva avere fare del proselitismo sia da parte della Chiesa cattolica che da parte delle Chiese protestanti? Nessun senso. Infatti, se si dà importanza alle opere nel rispetto della legge naturale (concezione di S. Tomaso) non è necessario credere nell'esistenza di Dio per salvarsi l'anima.  Se non si dà alcuna importanza alle opere perché tutto è predeterminato (concezione di S. Agostino, a cui si ispirò il cristianesimo di Lutero e di Calvino, per cui Agostino dovrebbe essere considerato un eretico, mentre inspiegabilmente viene considerato dalla Chiesa cattolica il maggiore Padre della Chiesa) allora non vale nemmeno la fede. In tutti e due casi non ha senso il proselitismo, né quello cattolico né quello protestante. 
In conclusione, di fronte ad un simile guazzabuglio di proposizioni che portano a conclusioni contraddittorie, vi è da domandarsi come potessero S. Paolo,S. Agostino, S. Tomaso, Lutero, Calvino e compagnia bella (anzi: brutta) pretendere di essere in comunicazione con Dio se davano una immagine di Dio come essere totalmente schizofrenico. Se un Dio schizofrenico non può esistere perché sarebbe la violazione della ragione vuol dire che qualsiasi discorso teologico nasce solo da menti che non si rendono conto delle stronzate che hanno detto e che continuano a dire. Non vi è presunzione umana maggiore di quella dei teologi, che hanno sempre fatto oggetto dei loro pseudo discorsi un oggetto di cui non si può nemmeno dimostrare l'esistenza.   
Ho tratto ampiamente questo argomento in 

Addio a Dio. Dialogo con Dio chiedente perdono

www.zonacontemporanea.it/addioadio.htm
ADDIO A DIO di Pietro Melis. ADDIO A DIO. DIALOGO CON DIO CHIEDENTE PERDONO “Beati coloro che non credono in Dio se...

Intervista a Pietro Melis autore di Addio a dio

www.recensionilibri.org/.../intervista-a-pietro-melis-autore-di-addio-a-di..    

Addio a Dio con interventi del professor Pietro Melis :: Nepize

nepize.webnode.it/.../addio-a-dio-con-interventi-del-professor-pietro-melis/
23 lug 2012 - Addio a Dio” Dialogo con Dio chiedente perdono. Autore Pietro Melis, edizioni Zona, pagine 112, euro 13,00. Il prof. Melis nelle vesti di Ivan ...
    

2 commenti:

Anonimo ha detto...

Sulla “più grande menzogna della storia” (la resurrezione di Cristo) c’è da dire che l’antichità conosce molte resurrezioni (anche Ercole soffre, muore e resuscita il terzo giorno!). La differenza con le altre resurrezioni è che queste sono morte con le rispettive culture, mentre la resurrezione di Cristo è ancora creduta da centinaia di milioni di persone (perché la religione e la cultura cristiana non si sono ancora evidentemente estinte). Ma ormai anche i teologi più avveduti non ci credono. Non so quanto tempo dovrà ancora trascorrere prima che si risolvano a dire: ma certo, resurrezione per modo di dire, cosa pensavate mai? Comunque senza Costantino e l’appoggio del potere temporale la fede in Cristo sarebbe stata travolta già da tanto tempo. E il Corano resiste perché quei pazzi non scherzano, ti tagliano la testa, lì regna il terrore puro che - non dimentichiamo - ha esercitato anche la Chiesa in forme analoghe.

Anonimo ha detto...

Raccomando molto ai lettori l'intervista a Melis: un testo esemplare, un'esposizione semplice e chiara, che riassume idee e concetti di Melis in forma stringata. Il bello di Melis è che da filosofo, o docente di filosofia, si è fatta da autodidatta una cultura scientifica di tutto rispetto lasciandosi alle spalle le "chiacchiere filosofiche" inconcludenti dei colleghi, antichi e moderni. Oggi i veri filosofi, in grado di dirci qualcosa sulla realtà dell'universo, sono i fisici e gli astrofisici (o gli scienziati in genere).
Tuttavia abbiamo anche bisogno di poesia, bellezza, illusioni, speranze per star bene e amare la vita - che nessuno desidera lasciare anzitempo.