...del Mein Kampf di Hitler. Credo di fare cosa utile alla conoscenza esporre le frasi più significative del secondo e del terzo capitolo del Mein Kampf, indipendentemente da ogni giudizio storico. Il secondo capitolo espone un programma politico-pedagogico.
Ai funzionari di Stato sembra più facile riconoscere nello Stato
un'organizzazione che esiste solo per mantenersi in vita. E' più
comodo vedere nello Stato nient'altro che un'organizzazione
piuttosto che la più alta rappresentazione della tendenza di un
popolo alla propria conservazione sulla terra. Lo Stato è l'arma
adatta alla lotta per la sopravvivenza di un popolo. Non è lo Stato
che forgia un determinato grado di civiltà. La condizione
preliminare della vita di una umanità superiore non è lo Stato ma
la Nazione, unica capace di portarla. Lo Stato non è un fine ma un
mezzo per raggiungere un fine. Uno Stato deve essere giudicato
dal grado di bontà delle sue istituzioni verso la stessa Nazione.
Uno Stato può essere ritenuto perfetto se corrisponde allo stato
di vita della Nazione che deve rappresentare e se conserva in vita
quella Nazione: qualunque sia il valore culturale di questo Stato
riguardo al mondo. Però lo Stato non ha la mansione di creare
capacità. Sua missione è quella di facilitare la via alle capacità
già esistenti. Lo Stato non è un contenuto ma una forma. La
civiltà di un popolo non spiega la bontà di uno Stato in cui vive
questo popolo. E' chiaro che un popolo che abbia raggiunto un alto
grado culturale ha maggior pregio di una tribù di negri: però
l'organizazione statale di quello riguardo l'attuazione dei suoi
fini, può essere meno valida di quella di una tribù di negri. Il
miglior organismo statale non è capace di trarre da un popolo le
qualità che non ha e che non ebbe mai. Al contrario, uno Stato
cattivo può distruggere qualità che in principio esistevano
permettendo o agevolando l'annientamento dei produttori della
civiltà di un popolo. Il giudizio sulla validità di uno Stato può
essere stabilito dal vantaggio che ha per un determinato popolo.
Ma
un giudizio assoluto sulla validità dipende anche dal livello
morale di una Nazione. Il supremo compito dello Stato si trova
unicamente nella Nazione. Le frontiere aperte agli stranieri non
hanno permesso che si attuasse una totale fusione. Vicino a
individui nordici vi sono individui orientali, vicino a individui
orientali individui occidentali, e fra tutti mescolanze umane.
Nell'intrico di caratteristiche di popoli che non si fusero si trova
la base di quello che definiamo super individualismo: esso nei
periodi di pace può essere vantaggioso e ci portò alla supremazia
nel mondo. Una completa fusione delle caratteristiche di un popolo causa una minor forza di incivilimento. Nei tempi oscuri in cui il valore di un
uomo
sembrava simile a quello di un altro mancava il preciso
discernimento del differente valore delle singole caratteristiche
di base. Invece oggi sappiamo che la totale fusione impedirebbe
l'attuarsi dell'ultimo fine dell'umanità che è la conservazione
e l'aumento delle caratteristiche migliori di tutta l'umanità. Il
compito dato dalla bontà di Dio è quello di mantenere e far
progredire un'umanità superiore.
Lo Stato in sé rappresenta solo una forma. Una forma può
distruggersi troppo facilmente. Perciò non resta che la consueta
istruzione patriottica. Non si è saputo scegliere nelle diverse
materie d'insegnamento ciò che ha più valore per la Nazione per
accedere all'orgoglio nazionale. Lo Stato nazionale dovrà
combattere per la propria sopravvivenza. La migliore difesa non
consisterà nelle armi ma nei suoi cittadini; lo proteggeranno non
le mura delle fortezze ma i viventi bastioni di uomini e donne
spinti dal patriottismo. Lo
stato nazionale deve incrementare l'orgoglio nazionale. L'insegnamento deve essere svolto prendendo come fondamento questi
principi. Un sentimento nazionale che tenda solo al profitto non
esiste. E non esiste un nazionalismo che comprenda solo delle
classi. Vi è ragione di essere orgogliosi del proprio popolo
soltanto nel momento in cui non ci si deve vergognare di nessuna
classe. Ma una nazione di cui metà è misera, mal ridotta, dà un
quadro talmente cattivo che nessuno può esserne orgoglioso. Nell'animo dei giovani bisogna imprimere la cognizione del
nazionalismo con la giustizia sociale. Le maggiori rivoluzioni non
sarebbero state concepibili se avessero avuto non passioni ma
valori borghesi.
I figli dei genitori che hanno alte posizioni sono erroneamente ritenuti anche
loro degni di un'educazione superiore. Le capacità vengono poste qui in una
posizione subordinata. Ma vi è da obiettare che un giovane contadino può avere più qualità
di un figlio di genitori occupanti alte cariche da molte
generazioni, anche se ha meno cultura generale del figlio di
borghesi. La maggiore condizione di quest'ultimo non ha niente a
che vedere con le capacità più o meno grandi perché ha la sua base nella maggiore sollecitazione che il bambino riceve grazie alla
sua educazione e all'ambiente in cui vive. Se anche il dotato
figlio di contadini fosse cresciuto in tali condizioni, diverse
sarebbero le sue facoltà intellettuali. Oggi c'è un solo settore
in cui abbia meno importanza la nascita che le qualità innate: il
settore dell'arte. In questo caso non è sufficiente imparare ma
bisogna avere già capacità insite, che in seguito si svilupperanno
più o meno felicemente. Il danaro e il capitale dei genitori non
contano quasi. Il talento non è legato con gli altri ceti sociali e
con la ricchezza. Spesso i più grandi artisti appartenevano a
famigie povere. I più credono che ciò che non si può negare
nell'arte non si può negare per le branche scientifiche. All'uomo
si può impartire una conoscenza scientifica senza tener conto di
inclinazioni diverse. Ma sono acquisizioni aride e non fertili.
Ci saranno uomini pozzo di scienza, ma questo tipo di conoscenza
passiva è sufficiente solo ad occupare posti statali. Generalmente
opere creative si hanno solo quando la genialità si unisce alla
cultura. Se negli ultimi decenni si incrementò nell'America del
Nord la quantità delle scoperte importanti uno dei motivi è
questo, che colà un numero di geni superiore che in Europa,
provenienti da classi basse, è in grado di ricevere un'educazione
superiore. Per inventare occorrono cognizioni rese vive
dall'ingegno. Lo Stato nazionale deve scegliere da tutti
i componenti della Nazione i cervelli migliori e portarli agli
impieghi e alle cariche. Deve permettere a tutti i geni di
frequentare gli istituti statali dell'insegnamento qualunque sia
la classe sociale da cui gli studiosi escono. Ma lo Stato
da troppo tempo ha distrutto il legame tra intellettuali e
la massa. Essi, benchè dotati di erudizione scientifica, come dirigenti
statali furono inadeguati a dirigere il popolo. Lo Stato ha il
dovere di trarre dal suo popolo gli uomini meglio dotati dalla
natura e
metterli al servizio della comunità. Un motivo di grandezza della
nazione è che si riesca a scegliere e a istruire i dotati per il servizio della Nazione. Se due popoli competono avrà la vittoria
quello che trova nella sua guida spirituale i suoi migliori
talenti. Si contesterà che il figlio di un alto funzionario statale
diventi
artigiano. Questo può essere valido vista l'attuale valutazione
del lavoro manuale. Ma lo Stato nazionale distruggerà l'insensata
abitudine di disprezzare l'opera manuale. Apprezzerà l'uomo non dal
tipo della sua attività ma dal valore del lavoro fornito. Ciò
sembra inconcepibile in un tempo in cui il più stupido riempitore
di pagine di giornali ha più valore di un intelligente meccanico
solo perchè lavora con la penna. Qualunque attività ha un duplice
pregio, materiale e spirituale. La necessità materiale di una
invenzione può essere maggiore di quella di una prestazione
manuale, ma la comunità si fonda tanto sulla piccola prestazione
che su quella grande. Ma idealmente si deve dare un eguale valore a
tutte le attività. Il giudizio sul pregio di un uomo deve basarsi
su ciò, non sul compenso accordato. Lo Stato nazionale deve
operare in modo che all'uomo venga assegnato quel lavoro che
corrisponde alle sue capacità, ma il talento non può essere
educato perchè è un dono della natura, non una facoltà acquisita.
Perciò l'attività che l'uomo fa non è il fine della sua vita ma il
mezzo. Egli come uomo deve continuare ad imparare a migliorarsi ma
solo all'interno della sua comunità di cultura, che deve sempre
fondarsi sulla base di uno Stato. La forma di questo contributo è
assegnata dalla Nazione. Il compenso materiale può essere dato a
quello che con il suo lavoro giova alla comunità; ma il compenso
ideale sta nella stima che ognuno può avere se mette al servizio
della propria Nazione le qualità che la natura gli donò e che la
collettività nazionale educò e sviluppò. In questo modo non è più
biasimevole essere un bravo artigiano: invece è biasimevole un
funzionario incapace e rubare al buon Dio il tempo e al buon
popolo il pane quotidiano. I nostri tempi si distruggono da soli:
parlano di eguaglianza di diritti ma non trovano una base etica di
ciò. L'eguaglianza consta sull'attività dei singoli in sè nel
momento in cui ciascuno fa il proprio determinato dovere. Nella
nostra epoca in cui interi gruppi di uomini sanno solo stimarsi
secondo lo stipendio che ricevono queste cose non si capiscono. Si
contesterà che non è facile dividere la valutazione materiale da
quella ideale e che la minore stima del lavoro manuale è il
risultato del minor compenso che esso riceve. Ma proprio per
questo
dobbiamo impedire in futuro una troppo grande differenza tra le
retribuzioni. Le più grandi invenzioni, le più grandi scoperte, le
attività scientifiche più nuove, i più meravigliosi monumenti
dell'umana civiltà non furono dati al mondo dal desiderio di
danaro. Oggi pare che il danaro sia diventato il solo padrone
dell'esistenza: ma in futuro l'uomo tornerà ad adorare più alte
divinità. Nella brama di danaro poche cose sono quelle che, se
mancassero, renderebbero più misera l'umanità. La
nostra organizzazione ha la missione di dare all'individuo il
necessario per vivere, ma terrà ferma l'idea che la persona non
vive
solo per la gioia materiale. E non si affermi che questo è uno Stato
ideale che non si può attuare in realtà. Sentiamo di non poter
costituire in futuro un'epoca perfetta. Però dobbiamo lottare con
forza verso l'ideale, così come nessuno può privarsi di una
Giustizia solo perchè anche questa può sbagliare.
Lo Stato deve servirsi delle più moderne scoperte mediche. Deve
chiarire che l'essere malati non è scandaloso ma solo una sfortuna
degna di pietà. E' finezza d'animo e perciò è crimine e
vergogna mostrare egoismo perpetuando il male e i difetti in
creature senza colpa. E' finezza d'animo sacrificarsi per non aver
figli propri e ci si dedichi con amore e con benevolenza ad un
piccolo sfortunato sconosciuto figlio della sua Nazione e nato
sano perchè appartenga ad una forte comunità. Non bisogna
permettere di procreare ai malati di corpo e di spirito per
salvare l'umanità e portarla ad una condizione di sanità oggi
quasi incredibile per una futura evoluzione della Nazione e
dell'umanità.
La società borghese non può ostinarsi nella propria debolezza. Essa
ha perso ogni pregio per qualsiasi missione dell'umanità. E'
cattiva non volontariamente ma per pigrizia. La sua più alta
missione è solo quella di operare in nome dei propri interessi.
Per uno Stato nazionale un individuo poco colto ma sano di corpo e
di carattere buono e forte vale più di un uomo colto ma fragile
nella sua vontà. Lo Stato protegge gli interessi della comunità
per quanto riguarda l'educazione scientifica ma deve fare
attenzione perchè non venga educata una generazione di soli
sgobboni.
E' illogico pensare che dopo la fine della scuola lo Stato non
debba vigilare sui cittadini lasciando che la gioventù si depravi
nelle strade e nei bordelli. Per quanto riguarda le cure mediche
se una cura garantisce la guarigione anche solo nella percentuale
dell'uno per cento di probabilità un uomo saggio la
sperimenterà senza avere bisogno che le probabilità siano del
51%. L'educazione scolastica non deve essere oberata di nozioni
che
nel 95 per cento sono inutili. Pertanto bisogna combattere il
nozionismo nelle scuole popolari e medie. Nella mente di un
funzionario statale poco rimane di ciò che apprese a scuola. Si
dice che il nozionismo esercita la memoria. Ciò è giusto ma vi è
il rischio che la mente del giovane sia oberata da nozioni che
difficilmente riuscirà a dominare e di cui non sa capire il
valore. E succede che venga messo in seconda linea l'essenziale. Milioni
di uomini sono costretti ad apprendere due o tre lingue straniere
di cui in seguito si serviranno solo pochi . Per favorire duemila
persone a cui è utile la conoscenza di una lingua straniera 98.000
sono obbligate a sprecare tempo prezioso. E non si può dire che
tale lingua eserciti al ragionamento come invece accade con il
latino. Nessun popolo più del tedesco dovrebbe apprendere la
storia, ma esso ne fa un cattivo uso. Se i politici avessero
studiato la storia le cose andrebbero meglio. Ma bisogna
restringere gli argomenti e riconoscere le grandi linee
dell'evoluzione storica. Non si impara la storia solo per
conoscere
gli avvenimenti ma per trarne insegnamento per il futuro e per la
conservazione del proprio popolo. Non per questo è necessario che
tutti diventino professori di storia. Il nostro insegnamento è
troppo ridotto per l'erudito di professione e troppo esteso per
l'uomo comune. Basta che l'uomo comune riceva una cultura generale
e sia istruito profondamente e in modo particolareggiato e
specializzato solo in quell'argomento che potrà usare per il
lavoro che svolgerà. Si avrebbe così una riduzione del programma
scolastico per giovare ad una istruzione particolareggiata.
Nell'insegnare la storia non si deve tralasciare lo studio degli
antichi. La storia romana nei suoi caratteri generali è e resta la
più grande maestra non solo per la nostra epoca ma per tutte le
epoche. Anche l'ideale della civiltà greca non deve andare perduta
nella sua rara bellezza. Le differenze dei singoli popoli non
devono farci scordare la grande comunità di popoli. Una civiltà
lotta per la sua sopravvivenza: una civiltà che comprende in sé
millenni e che contiene insieme l'ellenismo e il germanesimo.
La nostra epoca materialistica pensa solo ad un onere
finanziario. Essa pensa che per ottenere prima la cittadinanza è
utile che l'aspirante sia un pagatore di tasse in avvenire.
Considerazioni etniche non vi hanno la minima importanza. Ottenere
la cittadinanza è come essere ammessi ad un elenco
automobilistico. L'aspirante presenta la sua domanda, si indaga, la
domanda viene
accolta e un bel giorno gli si rende noto che è diventato
cittadino dello Stato. E l'annuncio gli è dato in forma comica. A
colui che finora è stato uno zulù si rende noto che è
diventato tedesco. Questo miracolo viene fatto da un comune
funzionario in pochissimo tempo. Questo funzionario fa ciò che
neanche il cielo potrebbe fare. Un segno di penna e un mongolo
diviene un vero tedesco. Non soltanto non ci si preocupa della
diversità etnica di quel nuovo cittadino ma neanche della sua integrità
fisica. Così ogni anno quell'essere orribile cosiddetto Stato
accetta elementi venefici che non può più allontanare. Il
cittadino medesimo si distingue dallo straniero solo perchè
può occupare uffici pubblici, deve in caso di bisogno fare
il servizio militare e può partecipare in modo attivo e
passivo
alle elezioni. Non vi è nulla di più anormale e di più indignante
dell'attuale diritto di cittadinanza. C'è uno Stato in cui
si notano già le premesse di una idea superiore: l'unione
americana, dove si cerca di ragionare. L'unione americana non
accetta gli individui cattivi dell'immigrazione e rifiuta ad
alcune
etnie la concessione della cittadinanza. Lo stato nazionale divide
i suoi membri in tre classi: cittadini, appartenenti allo Stato e
stranieri. L'origine dà soltanto l'appartenenza allo Stato. Questa
non rende la possibilità di occupare posti pubblici né di
esercitare un'opera politica partecipando alle elezioni. L'essere
uno spazzino componente del Reich è un onore più grande che essere
in uno Stato straniero. A chi non ha valore né volontà, al
volgare criminale, al traditore della patria può essere tolto
questo
privilegio, e così torna ad essere un comune componente dello
Stato.
1 commento:
Non siamo fascisti, siamo STUFI ! Coloro che fingevano di essere Comunisti, hanno gettato Noi ed il “Simbolo” del Lavoro, la Falce ed il Martello, nella latrina. Il piano Kalergi dei primi anni del 1900 è stato attuato, se non del tutto solo perché l’Italia, fisicamente non può contenere tutta l’Africa. Considerando il tradimento dei cosiddetti “Comunisti” perché non dovremmo castigarli e votare Casa Pound o Forza Nuova? Forse questi sono diventati meno fascisti dei demoNIOcristiani che hanno inghiottito e defecato i Comunisti, almeno a parole hanno a cuore il “Popolo”, i “Non Abbienti” e l’indipendenza come fu ’Ideale Comunista. Certo devono sbarazzarsi di mazze, coltelli, pistole e violenza. Ricordiamoci del 4 dicembre 2016, facciamo come le due Coree e sbarazziamoci definitivamente del comune nemico: i magnacciari. Lo scrivo in anglocazzone: Italy and Italians, first !
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