martedì 24 settembre 2024

IL CRIMINALE SANDRO PERTINI

Andavo alla ricerca di altro e non mi ricordo quale fosse l'altro. Escludo che si trattasse di fatti riguardanti la cosiddetta Resistenza. Una donna, Luisa Ferida, allora nota attrice, fu fucilata sotto l'accusa, poi smentita, di collaborazionismo. E venne fucilato anche il marito  Osvaldo Valenti  


Nei giorni immediatamente successivi alla caduta della Repubblica Sociale Italiana, l'attrice pagò con la vita la sua notorietà associata alla relazione amorosa con Valenti, che era stato combattente fascista nella X Flottiglia MAS e probabile frequentatore di Villa Triste a Milano, sede della banda Koch. A 31 anni, il 30 aprile 1945, Luisa Ferida nel suo quarto mese di gravidanza,[14] fu fucilata dai partigiani in via Poliziano a Milano assieme a Valenti, dopo un processo sommario nel quale fu accusata di collaborazionismo e soprattutto di essere collegata alla banda Koch: un interrogatorio fu fatto in una cascina vicino a Milano tra il 21 e 22 aprile, dopo che l'attrice raggiunse Valenti, il quale si era spontaneamente consegnato ai partigiani in qualità di prigioniero di guerra.[5] La bara fu sepolta sotto una lapide, che riporta il suo nome e cognome ossia Luisa Manfrini, assieme al compagno di vita e lavoro Osvaldo Valenti, nel Campo X detto Campo dell’Onore del Cimitero Maggiore di Milano, noto anche come cimitero di Musocco; le salme della coppia, portate al cimitero dopo la benedizione di un prete, furono riconosciute da Nelly Valenti, sorella di Osvaldo: i cadaveri avevano al petto ancora i cartelli infamanti, che inneggiavano a una sommaria giustizia eseguita, su imitazione del trattamento riservato ai cadaveri dei partigiani uccisi dai fascisti.[5]

Processo a Marozin

Responsabile dell'esecuzione tramite fucilazione fu Giuseppe Marozin,[15] nome di battaglia Vero, capo della divisione Pasubio, in seguito imputato di vari altri crimini, fra cui omicidi a danno di partigiani e civili.[16] Nel corso del procedimento penale a suo carico per quel crimine, Marozin ebbe a dichiarare: «La Ferida non aveva fatto niente, veramente niente. Ma era con Valenti. La rivoluzione travolge tutti».[17]. Marozin sostenne anche, per discolparsi, che l'ordine di procedere all'esecuzione di Ferida e Valenti venne direttamente dal C.L.N.A.I. nella persona di Sandro Pertini, dichiarando: «Quel giorno - 30 aprile 1945 - Pertini mi telefonò tre volte dicendomi: "Fucilali, e non perdere tempo!"».[17] Sempre secondo Marozin, Pertini si rifiutò di leggere il memoriale difensivo che Valenti aveva scritto durante i giorni di prigionia, nel quale erano contenuti i nomi dei testimoni a difesa e dei tanti partigiani aiutati, che scagionavano i due attori da ogni accusa, ma la fucilazione della celebre coppia era ormai decisa in una rappresaglia simbolicamente punitiva.[5] Questa ricostruzione è invero controversa, in quanto manca un ordine scritto, riscontrato invece in altri casi, come a esempio la fucilazione di Benito Mussolini, seppur emesso a esecuzione avvenuta.[15]

Dalla casa milanese di Valenti e Ferida, qualche giorno dopo la loro fucilazione, venne sottratto un autentico tesoro, del quale lo stesso Marozin, nel dopoguerra, ammise il furto, ma sostenendo di non ricordare dove tali beni fossero finiti: «Una parte fu restituita, credo, alla madre della Ferida[18], il resto andò a Milano»[19].

Totale innocenza dell'attrice

Negli anni cinquanta la madre dell'attrice, Luisa Pansini, fece domanda al Ministero del Tesoro per ottenere una pensione di guerra, poiché la figlia innocentemente trucidata era pure la sua unica fonte di sostentamento, essendo Luisa figlia unica. Pertanto si rese necessaria un'accurata inchiesta da parte dei Carabinieri di Milano per accertare le reali responsabilità di Luisa Manfrini "in arte" Ferida, al termine della quale si concluse che «la Manfrini dopo l'8 settembre 1943 si è mantenuta estranea alle vicende politiche dell'epoca e non si è macchiata di atti di terrorismo e di violenza in danno della popolazione italiana e del movimento partigiano». La madre di Luisa Ferida ottenne la pensione di guerra comprensiva di arretrati.[20]


1 commento:

Mauro b. ha detto...

Tutto giusto e veritiero, aggiungo egli faceva parte del club dei 3 accoliti, con l'avvinazzato Saragat (sarà cane o sarà gat?), insieme al quale collaborò alla stesura lista fucilandi alle Ardeatine. Il terzo sodale il sinistro Oscar Luigi Scalfaro, che sostenne l'accusa e mandò a morte, a guerra finita, un suo vicino di casa indiziato di collaborazionismo coi nazifascisti, pur sapendolo innocente...

I 3 galantuomini di cui sopra furono ricompensati con la massima cadrega della repubblica delle banane, la serva Italia.