Ho sentito adesso (ore 23,50 su rete 4 nella trasmissione ZONA BIANCA che il 69,5 degli italiani ha una completa sfiducia nella magistratura. La mia storia conferma questa sfiducia. L'ho sempre chiamata M(C)arogna per ciò che ha scritto contro di me. Era stato nominato illegittimamente un liquidatore voluto da due pseudo fratelli che volevano costringermi a vendere anche la mia quota del 66% della proprietà del cinema Corallo a Cagliari per sanare i loro debiti PERSONALI e per questo mi assalirono in sede di giudizio. Dopo che un presidente del tribunale, Marco Onnis, nominò un liquidatore dandomi come acquiescente mentre dagli atti del giudizio, compresi i verbali di udienza, risultava che avevo chiesto la revoca della sua nomina perché per legge il liquidatore può essere nominato soltanto se vi è l'unanimità dei soci che però sono in disaccordo circa la persona del liquidatore. Mi rivolsi al Tribunale perché la nomina del liquidatore era palesemente illegittima per il motivo detto. Orbene, questa M(C)arogna rigettò la mia domanda scrivendo con una ordinanza che avevo sbagliato indirizzo. Mi sarei dovuto rivolgere alla Cassazione e non al Tribunale. Vi erano due indirizzi giurisprudenziali nel merito: una minoritaria diceva che mi dovevo rivolgere alla Cassazione, l'altra, di molto maggioritaria, diceva che mi dovevo rivolgere al Tribunale per chiedere la rimozione della nomina del liquidatore, il peggiore individuo in cui incappai in tutta la vita, un individuo assetato di danaro come un vampiro assetato di sangue. Mi ingannò dicendo che mai avrebbe venduto prima che vi fosse stata una sentenza passata in giudicato riguardante la mia sospensione da amministratore perché non avevo notificato il bilancio entro il mese di marzo, come previsto dallo statuto, invece che nel mese di giugno come si era concordato con i due soci di minoranza per fare coincidere la notifica del bilancio con la dichiarazione dei redditi nel mese di giugno. Il Tribunale con sentenza 11 novembre 1997 assurdamente assunse questo motivo per revocarmi la carica di amministratore, che solo di facciata avevo assunto perché di fatto era amministratore il commercialista nominato anche con l'assenso dei due soci di minoranza. Premetto che questa sentenza fu dichiarata NULLA dalla Corte d'Appello con sentenza del dicembre 2000, con la conseguenza che io ero stato sempre amministratore. La giudice Donatella Aru in Corte d'Appello citò questa sentenza senza trarne la dovuta conseguenza: io ero stato sempre amministratore, come dimostrato dal fatto che il giudice del registro Vincenzo Amato provvide a reintegrarmi nella carica di amministratore della Cinecorallo. Ma andiamo all'origine di questa assurda vicenda. Il presidente del Tribunale Marco Onnis, la maggiore disgrazia di questa vicenda, sfruttò l'inciso per dire che anch'io riconoscevo necessaria la nomina del liquidatore perché vi era un dissidio tra i soci, ma senza tener conto che il dissidio tra i soci può essere fatto valere per legge (art. 2272 C.C.) al fine della nomina di un liquidatore solo quando il dissidio impedisca il conseguimento dell'oggetto sociale. Non era questo il caso perché la Cinecorallo, da sempre in attivo, continuava a conseguire pacificamente il suo oggetto sociale. Il mio avvocato sbagliò perché avrebbe dovuto evitare questo inciso che diceva che la nomina del liquidatore sarebbe stata necessaria se fosse stata confermata la revoca della mia nomina di amministratore. In ogni caso il mio avvocato concludeva chiedendo il RIGETTO della domanda avversaria della nomina di un liquidatore. Bastava comunque la richiesta di RIGETTO della domanda avversaria per dimostrare che ero contrario alla nomina del liquidatore. Vi è da osservare anche che io avevo chiesto ai due soci di minoranza che uno di essi facesse da amministratore al mio posto, togliendo ad essi ogni motivo ulteriore che potesse giustificare la nomina di un liquidatore. E di questo avvisai quel farabutto di liquidatore e il promissario acquirente. Essi avrebbero dovuto attendere una sentenza passata in giudicato prima di procedere con la vendita, tanto più che nessuno dei motivi previsti dall'articolo 2272 C.C. poteva giustificare la nomina di un liquidatore per una società che, da sempre in attivo, continuava a conseguiva pacificamente il suo oggetto sociale con l'affitto della sala cinematografica essendo la proprietà distinta dalla gestione. Mi rincresce di non essere andato in udienza per sbattere in faccia al presidente del Tribunale Marco Onnis questa frase: lei non può nominare il liquidatore perché occorre l'unanimità dei soci. E io, per di più titolare del 66% delle quote, sono contrario alla nomina del liquidatore, potendo i due soci di minoranza chiedere soltanto la liquidazione della loro quota. Punto e basta. E avrei potuto aggiungere, magari consegnando uno scritto, che i due soci volevano costringermi a vendere per sanare i loro debiti personali, l'uno perché doveva pagare ancora 100 milioni di lire alla BNL per l'acquisto di una casa all'amante, divisa sempre con la moglie, l'altro perché doveva pagare 180 milioni di lire alla Banca Cariplo. Feci male a non andare in udienza fidandomi del fatto che fosse chiaro che occorreva l'unanimità dei soci per nominare il liquidatore. E infatti la disgrazia del presidente del Tribunale lo nominò ritenendomi, ma falsamente, favorevole alla nomina del liquidatore. Telefonai a Marco Onnis chiedendogli un appuntamento, che avvenne sotto casa sua in via Lai. Egli mi trattò con arroganza e non volle riconoscere il suo grave errore. Era chiaro che mai avrebbe riconosciuto il suo errore annullando il suo provvedimento come atto di autotutela. La sua casa, dove viveva da scapolo con la sorella, pochi giorni dopo rimase distrutta da un incendio. Morì dopo un paio di anni. Dovetti attendere un anno perché andasse in pensione e fosse sostituito da Antonio Porcella. E torno adesso alla M(C)arogna, la quale si valse della giurisprudenza minoritaria per scrivere che mi sarei dovuto rivolgere alla Cassazione. Ma la giurisprudenza nettamente maggioritaria diceva che mi sarei dovuto rivolgere al Tribunale, come io avevo fatto. L'ultima sentenza a ridosso dell'ordinanza della M(C)arogna (Cass. 2 dicembre 1996, n. 10718) apparteneva alla giurispudenza maggioritaria, e perciò a mio favore. A questo punto mi rivolsi al nuovo presidente del Tribunale Antonio Porcella per chiedere la revoca della nomina del liquidatore, e l'11 dicembre 1997 fu revocata la nomina del liquidatore perché risultava che la sua nomina era illegittima in quanto avvenuta contro la mia volontà, essendo io per di più titolare del 66% delle quote del cinema Corallo. Purtroppo la revoca della nomina del liquidatore (11 dicembre 1997) avvenne meno di un mese dopo la vendita avvenuta il 13 nombre 1997. Perché la MC)arogna ignorò volutamente la giurisprudenza maggioritaria? Il liquidatore era anche curatore fallimentare, e dunque in stretta confidenza con tutti i giudici che passavano per la direzione della Sezione fallimentare del Tribunale essendo in tale veste un loro collaboratore. Questa storia è una storia di collusione dei giudici per cui sono passato con il liquidatore. A questo punto la responsabilità si spostò sulla giudice in Corte d'Appello Donatella Aru che fece due sentenze tremende, pur bastandone una. Invertì il rapporto logico-giuridico incominciando dalla parcella del liquidatore invece di partire dalla domanda di nullità o annullamento della vendita a causa dell'illegittimità della nomina del liquidatore. Queste due sentenze basterebbero per giustificare il licenziamento della Aru per la loro gravità, essendo tutte e due piene di contraddizioni, in cui necessariamente doveva cadere stante la sua volontà di salvare ad ogni costo il liquidatore. Con la prima sentenza mise subito al riparo la parcella del liquidatore di ben 166 milioni di lire, ignorando completamente il comportamento del liquidatore che giocò sempre con mosse di anticipo. L'ordinanza della M(C)arogna 7 novembre 1997 ebbe come risultato la vendita avvenuta il 13 novembre, cioè solo 5 giorni dopo l'ordinanza della M(C)arogna, e ciò per mettermi subito di fronte al fatto compiuto perché l'ordinanza mi fu notificata il 20 novembre, e a partire dal 20 novembre io sarei potuto ricorrere al Collegio per chiedere la revoca dell'ordinanza perché non esisteva nemmeno un motivo per giustificare la nomina del liquidatore per una società da sempre in attivo. Non basta. L'11 novembre uscì la sentenza dl Tribunale con cui, per il motivo sopra esposto, veniva revocata la mia nomina di amministratore (che di fatto veniva tenuta dal commercialista). Dunque la vendita avvenne 2 soli giorni dall'uscita della sentenza del Tribunale, anche in questo caso senza attendere la notifica della sentenza del Tribunale che avvenne anch'essa il 20 novembre. Alcuni mesi prima avevo scritto al liquidatore e al promissario acquirente che non potevano procedere con la vendita perché occorreva, come minimo, una sentenza passata in giudicato riguardante la mia revoca da amministratore, perché, venendo a mancare l'unico motivo per cui era stata chiesta la nomina del liquidatore, la vendita sarebbe risultata illegittima, stante l'illegittimità della nomina del liquidatore. A questo punto entra in scena la Aru con le sue due sentenze pazzesche, a tal punto che merita una indagine sul suo male operato. Per fare il gioco del liquidatore non poteva evitare tutte le pesanti contraddizioni in cui necessariamente doveva cadere per difendere la sua stratosferica parcella di ben 166 milioni di lire. Faccio alcuni esempi. A p. 6 ha scritto che avevo promosso un giudizio ordinario per chiedere la revoca della nomina del liquidatore. Ma avendo sostituito la testa con i piedi dopo qualche pagina mi ha rimproverato di non avere promosso un giudizio ordinario, quello stesso a cui prima aveva fatto riferimento. Ma la cosa più grave, tale da dover meritare un linceziamento, consiste nel fatto di avere impiegato l'ordinanza della M(C)arogna e la sentenza del Tribunale per giustificare la vendita, come se l'ordinanza e la sentenza del Tribunale fossero due sentenze passate in giudicato. INCREDIBILE! Infatti scrisse che il liquidatore era "confortato" (sic) dal fatto che vi erano due provvedimenti a me sfavorevoli, senza domandarsi se tali provvedimenti potessero essere riformati nel prosieguo del giudizio, come infatti furono riformati, perché l'11 dicembre 1997 il liquidatore venne revocato dal presidente dl Tribunale, che ribaltò l'ordinanza del suo predecessore Marco Onnis. Quanto alla sentenza del Tribunale essa fu dichiarata NULLA dalla Corte d'Appello. Io accuso la Aru di avermi dato spunto per fondare il mio sospetto che le sue due sentenze fossero state fatte in favore del liquidatore, per collusione con lui di tutti i giudici per cui sono passato con i loro provvedimenti negativi nei miei confronti. La Aru, a conferma delle GRAVI contraddizioni in cui necessariamente doveva cadere per favorire gli interessi del liquidatore, citò la sentenza della Cassazione a Sezioni Unite del 2002 che aveva cancellato la giurisprudenza minoritaria sulla base della quale la M(C)arogna aveva rigettato la mia domanda di revoca della nomina del liquidatore. Citò contro di me questa importante sentenza che dava torto alla sua deceduta collega senza trarne la conseguenza: io ero stato sempre amministratore e pertanto non poteva giustificarsi la nomina del liquidatore al mio posto. Che un giudice citi contro di me una sentenza della Cassazione a me favorevole è il massimo dell'idiozia. Incredibile ma vero. Ho pronto da molti mesi un esposto di 62 pagine che ancora non ho indirizzato al ministro Nordio e al CSM per due motivi: debbo raccogliere i 40 documenti facendone fotocopia e perché credo che sia una fatica inutile, salvo che la Aru faccia il mio gioco rendendo pubblico contro di me quanto ho scritto contro di lei, ma anche contro tutti i giudici che hanno fatto gli interessi del liquidatore. Ecco i necrologi di gente che non conosce la mia verità
1 giorno fa — Si è spenta dopo una breve malattia Tiziana Marogna, presidente della seconda sezione penale della Corte d'Appello di Cagliari.
UNIONESARDA.IT · Cagliari, addio alla giudice Tiziana Marogna - L'Unione Sarda.it · La scomparsa dopo una breve malattia: aveva 67 a ...
Cagliari, addio alla giudice Tiziana Marogna https://t.co/uS0cu1SSE8.
Vi è uno dell'Unione Sarda che ha avuto la faccia tosta di scrivere:
La giudice, molto nota per il suo equilibrio nelle decisioni, è morta all’età di 67 anni. Sino a qualche settimana fa aveva presieduto il collegio della sua sezione in vari processi.