mercoledì 14 marzo 2018

STEPHEN HAWKING



Dal mio libro Io non volevo nascere. Un mondo senza certezze e senza giustizia (Bastogi Editrice Italiana 2010)
Non deve nascere chi, come me, ha maturato delle domande che non potranno mai avere una risposta. E la domanda suprema nasce con Parmenide: perché l’essere piuttosto che il nulla? La risposta di Parmenide fu tautologica: il pensiero è pensiero dell’essere. Il nulla non può essere nemmeno pensato. Punto e basta. No. Non è così. Infatti dopo circa 2400 anni Heidegger (Essere e tempo, 1927) rispose: il nulla esiste. Esso è l’anticipazione della morte, cioè del nulla, in vita. Per chi muore è come se il mondo si annientasse con lui. Non esiste più l’universo. Esiste il nulla. La storia della filosofia è una storia o di oblio di questa domanda o di risposte che non danno alcun senso alla vita. Si è svolta o nascondendo la testa sotto la sabbia per non vedere la domanda o la ha aggirata ritenendola priva di senso. No, signori filosofi. La domanda rimane e non potete far finta che non esista. Soltanto quelli che non si pongano tale domanda possono vivere felici ma incoscienti. Gli altri debbono riconoscere di essere dei disperati, come me, anche se non vogliono riconoscerlo.

  Eppure mi sono domandato sempre: se l’universo ha avuto origine dal Big Bang, vi è stata un’origine assoluta di esso. E allora scappa fuori Dio. Ma pare che non sia così se è valido il modello cosmologico di un universo che, giunto alla sua massima espansione, è destinato poi a contrarsi sino al Big Crunch (grande implosione), a cui segue un nuovo Big Bang. E così via per l’eternità. Tuttavia questo modello appare oggi in crisi dopo la scoperta dell’energia del vuoto, che pare porti ad una accelerazione della velocità della materia che si trova ai confini dell’universo visibile. Se così fosse rimarrebbe valida l’ipotesi del Big Bang, con la relativa domanda, che gli scienziati vogliono rimuovere perché ritenuta antiscientifica: e prima del Big Bang? Voi la potete rimuovere perché vi disturba. Ma la domanda rimane. Molti anni fa, avendo già fatto delle letture circa i modelli cosmologici, posi la stessa domanda alla nota astronoma Margherita Hack, che era venuta a Cagliari per una conferenza nell’allora Facoltà di Magistero, oggi Facoltà di Scienze della formazione, dove ho insegnato sino all'anno scorso storia della filosofia. Mi rispose che dal punto di vista scientifico la domanda non aveva senso. Le ribattei che in questo modo lei, pur atea, era costretta a porsi la domanda: e prima del Big Bang?

  E tuttavia lo stesso Big Bang già nelle frazioni del suo primo secondo indicherebbe una casualità che escluderebbe un progetto finalistico.

 Si consideri, in primo luogo, che è sperimentalmente dimostrata l'esistenza dell'antimateria, cioè di atomi aventi particelle di carica opposta nei suoi protoni, elettroni, sino ai quark. Nel primo secondo a partire dal Big Bang vi sarebbero state insieme la materia e l'antimateria. Poi, per cause che gli scienziati non sono ancora riusciti a spiegare, e forse non potranno mai spiegare, prevalse una certa quantità di materia in più rispetto all'antimateria, che avrebbe portato alla quasi scomparsa dell'antimateria, che ancora si riscontra nei raggi cosmici e negli esperimenti che vengono fatti sottoponendo le particelle ad alti energie. Non viene escluso dai cosmologici che, oltre  l'universo esistano altri universi con galassie formate da antimateria, anche se ciò non è riscontrabile sperimentalmente perché l'eventuale collisione tra galassie di materia e di antimateria dovrebbe produrre il loro annichilimento con una produzione di energia così grande da rendere sperimentabile la sua propagazione sino all'universo visibile. Tutto ciò considerato, vi è da domandarsi se si possa considerare un “Dio che gioca ai dadi”, secondo una famosa espressione che Einstein attribuiva alla meccanica quantistica, fondata su leggi probabilistiche, che egli rifiutava, ritenendo che la meccanica quantistica fosse una rappresentazione provvisoria delle leggi che riguardano la fisica subatomica. Ma se l'universo visibile è nato dalla casuale prevalenza della materia sull'antimateria scappa fuori un Dio che gioca ai dadi, e lo stesso Big Bang perde la connotazione di un inizio assoluto, se questo ci conduce a pensare che esso comportasse un disegno prestabilito. Si sarebbe formata con l'antimateria una stella quale il sole con tutti i suoi pianeti, tra i quali la Terra? Dunque nemmeno il Big Bang, anche a prescindere dalla possibile esistenza di altri universi oltre quello visibile, può essere un forte appiglio per un inizio assoluto, se all'assolutezza si unisce la contingenza nella formazione delle  galassie costituite casualmente di materia, e non di antimateria.

  In secondo luogo, dal 1975 si è affacciato con Alan Guth il modello dell’universo inflazionarlo partendo dall’ipotesi che le quattro forze fondamentali (interazioni forti tra quark, deboli tra elettroni, elettromagnetiche e gravitazionali) fossero distinte all’origine del Big Bang e in frazioni di un secondo si siano fuse in modo diverso dando luogo a disomogeneità in diverse regioni che, non avendo all’inizio relazioni causali, avrebbero prodotto delle galassie come risultato di fluttuazioni casuali di densità della materia. La configurazione dell’universo è pertanto dovuta ad una casualità vincolata però da leggi fondamentali di interazione della materia. Vi sarebbero stati, dunque, tempi diversi (pur ridotti a frazioni di secondo) nella fusione delle quattro forze fondamentali, che sarebbero state soggette a fluttuazioni primordiali, che, se abbastanza forti, avrebbero dato luogo a regioni di maggiore densità della materia, da cui sarebbero sorte le galassie, mentre le fluttuazioni residue di energia sarebbero andate a riempire un falso vuoto, o “bolla”, che sarebbe all’origine dell’espansione attuale dell’universo. Se tale energia residua è superiore ad una certa densità, definita critica, della materia dell’universo, questo rimarrà in espansione, mentre, se è inferiore, l’universo è destinato a contrarsi per il prevalere della forza di gravitazione.[1]

  “La materia di cui son fatti gli uomini e le stelle è il 5%  della materia dell’universo. Un altro 25% è nella forma di “materia oscura”, che produce gravità ma che non possiamo vedere. Sembra che il 70% sia nella forma di “energia oscura” o “energia del vuoto”, misterioso tipo di materia che accelera l’espansione dell’universo, invece di frenarla, come fanno, invece, la materia primaria e la “materia oscura”.[2]  

  Il fisico Richard Feynman (Nobel 1965 per gli studi di elettromeccanica quantistica) affacciò l’ipotesi che l’universo abbia storie multiple e diverse. Anche secondo Stephen Hawking – a cui ingiustamente non è mai stato assegnato un Nobel nonostante i suoi studi sui buchi neri, che egli dimostrò non essere tali in quanto permettevano l’uscita di radiazioni – vi è la possibilità che l’universo sia la somma di innumerevoli universi, che, compresi tra quelli che erano possibili a partire dal Big Bang – momento della massima indeterminazione e della massima densità di energia – si sarebbero realizzati strutturandosi casualmente in galassie. Molti di essi, infatti non sono giunti alla formazione di galassie per esclusione delle condizioni atte a favorire lo sviluppo  della vita, mentre altri, sempre casualmente – per diverse condizioni all’origine del Big Bang, e là dove la forza di espansione ha subito un rallentamento a causa della maggiore densità, e perciò della maggiore forza di gravitazione – hanno dato luogo alla formazione di galassie e alla probabile, non necessaria, formazione della vita in più di una galassia, con intelligenze aventi una forma diversa da quella umana. “Il genere umano non vanta certo ottimi precedenti in fatto di comportamento intelligente”.[3] “Innumerevoli prove indicano che Dio è proprio uno che gioca a dadi”.[4]

   Era stato il fisico russo Alexander Friedman (1885-1922) a ipotizzare, sulla base della relatività di Einstein, tre modelli di universo: 1) universo in espansione per eccesso della forza di espansione originata dal Big Bang rispetto alla gravità; 2) universo in espansione al limite della velocità di fuga rispetto alla forza di gravità, con velocità che rallenta senza mai annullarsi; 3) universo in contrazione per eccesso di forza di gravità. Nel secondo modello rientra quello di Einstein-De Sitter (1932).   

   In base alla legge di Hubble, che scoprì nel 1929 l’espansione dell’universo, le galassie si allontanano con una velocità proporzionale alla loro distanza dalla Terra. Velocità oggi misurata in 15 km al secondo per ogni milione di anni-luce di distanza, sì da arrivare a velocità distribuite tra 7000 e 20.000 km al secondo. Si era pensato che tale accelerazione dipendesse da una minore forza di gravitazione per densità minori causate dall’espansione. Ma dopo la recente scoperta della “materia oscura” e dell’opposta “energia del vuoto” – che ha sostituito la costante lambda introdotta da Einstein come forza repulsiva della materia per bilanciare quella di gravitazione ed impedire il collasso su se stesso dell’universo, che Einstein, prima della scoperta di Hubble, credeva fosse stazionario, per cui quello che egli definì il suo “grande errore” si tramutò in una vittoria -  non si può escludere che la densità totale della materia possa far prevalere la forza di gravitazione sulla forza di espansione dell’“energia del vuoto” causando una successiva contrazione dell’universo. Il fisico Leon Lederman (Nobel 1988) – che identifica “l’energia del vuoto” con l’energia rilasciata dal Big Bang sotto forma di particelle e radiazione di fondo (campo di Higgs) – ha ripreso i modelli di Friedman alla luce del problema del calcolo della massa gravitazionale dell’universo, non escludendo il terzo modello e precisando che le leggi della fisica sono valide ancor prima del Big Bang. Tra i sostenitori del terzo modello vi erano, già prima della scoperta della materia oscura, l’astrofisico Thomas Gold e il fisico Steven Weinberg (Nobel 1978), statunitensi. L’astrofisico Efim S. Fradkin ritiene che la forza gravitazionale nella massima contrazione dell’universo possa spegnersi permettendo alle forze subnucleari di riprendersi la libertà e di espandersi evitando il collasso cosmico.

    Hawking non aveva escluso il terzo modello prima di arrivare a considerare solo due modelli cosmologici, di cui il primo contempla un’espansione decrescente dell’universo, che non esclude – se la densità della materia supera una certa quantità critica – che le galassie comincino a convergere nel Big Crunch, in un’enorme implosione, mentre il secondo  - se il valore della densità della materia è inferiore alla quantità critica - contempla la fine dell’universo per esaurimento dell’energia, con un conseguente spegnimento di tutte le stelle nell’allontanamento delle galassie.[5]. In una precedente opera[6] Hawking non aveva escluso una gravità con singolarità tali da impedire l’implosione finale. Egli aveva rinunciato a questa soluzione perché avrebbe comportato un’inversione del tempo anche nei fenomeni microscopici. Ma James Hartle e Murray Gell-Mann (Nobel 1969) – a cui si deve la teoria dei quark, con la scelta del nome – rilevarono la presenza di processi microscopici che rallentavano in previsione dell’arrivo dell’inversione, non in contrasto, dunque, con la contrazione dell’universo.

   Anche Antonino Zichichi non è contrario al modello dell’universo oscillante tra espansione e contrazione. Egli ha scritto: “Tra 50 miliardi di anni (forse), raggiunto il massimo di espansione, avrà inizio la compressione che si concluderà con il collasso gravitazionale. E poi? Niente. Nessuno può fare previsioni”.[7] Ma poi Zichichi cita l’astrofisico Efim S. Fradkin, secondo il quale la carica gravitazionale nella fase di contrazione si spegnerebbe evitando il collasso gravitazionale. Allora si giustificherebbe una serie illimitata di espansioni cosmiche. Il cattolico Zichichi avrebbe dovuto capire che in questo modo si manderebbe Dio in soffitta.

  Ma pare che anche la teoria del Big Bang sia oggi superabile, perché incomincia a farsi strada tra i cosmologici l’idea che il Big Bang sia soltanto un episodio marginale riguardante l’universo visibile, che sarebbe a contatto con altri universi, per cui l’universo visibile sarebbe soltanto parte un multiverso, cioè di universi paralleli. come si può arguire dal fatto che tra le galassie vi è un grande spazio vuoto che proverebbe che l’universo visibile sarebbe stato attraversato da un altro universo. Secondo Alexander Vilenkin[8] “l'orizzonte cosmico oggi arriva a 13,7 miliardi di anni-luce, ma oltre potrebbero esserci altri universi, sottoposti  a leggi fisiche diverse da quelle valide nel nostro. La teoria dell'inflazione non si sostituisce a quella del Big Bang, ma, come disse Guth, è la teoria del Bang del Big Bang”.[9] Nel multiverso si produrrebbero delle “bolle” che darebbero origine ad universi paralleli. Il nostro universo, quello visibile, si starebbe avviando verso il suo termine, mentre al di là di esso si produrrebbero altre “bolle”, che darebbero inizio ad altri universi con altre espansioni. E così all'infinito.      

  Eterno ritorno! Anassimandro e Eraclito. Secondo Anassimandro ogni mondo organizzato proviene dalla materia indefinita e infinita, ed ogni mondo, disfacendosi, tornerà ad essa. Ogni elemento proviene da questa materia indefinita e in essa tornerà. E così da capo. Secondo Eraclito tutti i mondi nascono dal fuoco – paragonabile all’energia della fisica d’oggi – e nel fuoco torneranno. Gli elementi sono trasmutazioni del fuoco, come noi oggi diciamo che ogni elemento chimico, nella sua massa, è equivalente ad energia, secondo la nota formula della relatività ristretta di Einstein. (energia eguale alla massa per il quadrato della velocità della luce).                     

   Non sapremo mai la verità sull’universo. Rimane inoltre la domanda suprema: perché l’essere piuttosto che il nulla? Rimarremo sempre nel campo delle ipotesi. Morremo tutti senza sapere se siamo soli sulla Terra o vi siano altre forme di intelligenza su altre galassie. Ignorabimus. Mi fece, d’altronde, impressione una frase di Ludwig Buchner (Forza e materia): È forse tremendo il pensiero che dopo la morte vi è il nulla o non è forse più tremendo il pensiero che, divenendo immortali, non possiamo più morire?

  Pensateci bene. Chi riesce a capire una vita immortale fatta di inazione, di pura inattività, di sola e noiosa contemplazione di Dio? Forse allora conosceremmo tutta la verità sull’universo. Ma che noia! Forse è preferibile il nulla.

  Io non volevo nascere. Non deve nascere chi è condannato alla disperazione sapendo che lascerà la vita senza poter sapere alcunché della sua vera origine, nel senso che non sapremo mai se essa abbia un senso. Non deve nascere chi sa di dover subire l’alternativa: o la disperazione o l’incoscienza degli ebeti, di coloro che parlano di “dono della vita”.





[1]  Su questo argomento vedi Lawrence M. Krauss, Il cuore oscuro dell’universo. Alla ricerca della “quinta essenza” (1989), Mondatori 1990, pp. 155sgg.: Leon Lederman, La particella di Dio. Se l’universo è la domanda, qual’ è la risposta? (1993), Mondatori 1996, pp.412 sgg.; Steven Wein­berg, I primi tre minuti (1977), Mondadori1980, pp. 117 sgg.; Paul Davies, I misteri del tempo. L’universo dopo Einstein (19995), Mondadori 1996, pp. 132 sgg.; pp. 242 sgg.

[2]  Da una conferenza tenuta a Padova (maggio 2006).

[3]  L’universo in un guscio di noce (2001), Mondadori 2002, pp. 89-92.

[4] Ibid., p.84

[5] L’universo in un guscio di noce, op. cit., pp.99-103.

[6] Inizio del tempo e fine della fisica (1980), Mondatori 2003, p.94.

[7] Il vero e il falso. Passeggiando tra le stelle e a casa nostra, Il Saggiatore 2003, pp. 290 sgg.

[8]  Un solo mondo o infiniti? Alla ricerca di altri universi (2006), Cortina 2007.


[9]  Da una conferenza tenuta al Festival della scienza il 28 ottobre 2007.

7 commenti:

Francesco ha detto...
Questo commento è stato eliminato dall'autore.
Francesco ha detto...

Alcune risposte si possono trovare negli insegnamenti della cosiddetta Alta Medianità (entità A, Cerchio Firenze 77, etc) disponibili in parte anche in rete.

Aizen ha detto...

Le sue domande sono tutte irrilevanti.
La vita è un fatto, se non la accetta, si può suicidare, ha la libertà di farlo (anche Dio le dà la libertà, al contrario di Allah, che non dà la libertà all'uomo, ma lo sottomette).

La vera domanda diventa pertanto: visto che sono qui, che cazzo di sto a fare? cosa ho fatto oggi? ho inculato il mio prossimo? bene, avanti così. Ho frodato lo stato? che figo!

Queste sono le vere domande, ovvero come vivere, cosa fare.
Altrimenti cari atei, suicidatevi e toglietevi dal cazzo, che ho già problemi coi musulmani.

Pietro Melis ha detto...

Aizen: un classico esempio di imbecillità inguaribile e volgare che non ha capito le domande senza risposte. E mi astengo dallo scendere sullo stesso piano della volgarità. Se questo è il linguaggio dei credenti si squalificano da soli. Se è contento di essere nato sia contento anche di crepare con la convinzione soggettiva e non scientifica che esista solo per l'uomo la sopravvivenza alla morte. Nonostante la certezza scientifica della comune origine di tutte le forme di vita. O è immortale anche un verme o un insetto oppure non lo è nemmeno l'uomo.

Unknown ha detto...

Salve, volevo chiederle, lei che ha studiato per anni filosofia della scienza, attualmente gli esperti del campo come vedono la scienza in sé? Essa è ancora per loro una descrizione reale della realtà oppure, visto l'impossibilità a ridurre a paradigma unitario le 4 forze fondamentali e l'impossibilità di sapere lo stato delle particelle subatomiche, la considerano solo uno strumento probabilistico?
Perché da quello che ho capito, dal mio punto di vista parziale e ignorante, la maggior parte dei teologi o letterati ignoranti di scienze giocano su questo per screditare la scienza.
Se la scienza non descrive la realtà, ed è uno strumento artificiale creato dall'uomo allora nelle grandi questioni morali-umane la teologia può ignorare la scienza.
Uso la parola morale in modo improprio, perché seguendo weber sò che la scienza non si occupa di morale, al massimo si occupa di farti vedere le conseguenze degli assunti morali scelti. Tuttavia il pensiero teologico si fonda anche su visioni cosmologiche e ben consapevole di esso sà che non può lasciare la scienza che dica l'ultima parola quindi la pone ad un livello d'incertezza.
La scienza è quindi una descrizione vera della realtà o è solo uno strumento?
O sono io che sto semplificando troppo la questione?
Saluti Tommaso

Pietro Melis ha detto...

Premesso che so e sa si scrivo senza accento le dico che la filosofia della scienza dei filosofi non dovrebbe esistere. La scienza agli scienziati e la filosofia ai filosofi. La filosofia non dà conoscenze. Nella filosofia contemporanea prevale un relativismo derivante dalla convinzione che la scienza dia una rappresentazione del mondo intesa come costruzione della mente umana, privandola di oggettività. Vedi i vari Kuhn, Feyerabend, Lakatos, Popper, il circolo di Vienna,Putnam, il secondo Wittgenstein etc. Accomunati, pur nelle loro differenze, dal ritenere che la scienza sia una immagine umana della realtà. Ciò in contrasto con quanto pensavano grandi scienziati come Schrödinger, Heisenberg e Einstein. E' vero tuttavia che ai confini della conoscenza, come nella cosmologia, non si possono avere certezze tranne una, che l'universo sia eterno e non sia stato creato dal nulla. Grandi filosofi medievali come S. Tomaso e Ockham (ambedue frati) riconobbero, sotto punti diversi, che la creazione dal nulla è solo un atto di fede. Ockham, essendo un empirista e non un razionalista come S. Tomaso, non riconobbe la possibilità di una coesistenza tra ragione e fede in cui credeva S. Tomaso, che tuttavia si limitò a voler dimostrare l'esisteza di Dio con le sue famose 5 vie.
Ma ciò che pone in crisi la teologia è oggi l'evoluzione biologica. Su questo punto i teologi si sono arrampicati sugli specchi per accordare la nascita dell'uomo con la sua discendenza da altre forme di vita (essendo comume l'origine di tutte le forme di vita). E così si trovarono di fronte alla difficoltà della discendenza dell'uomo dall'australopithecus africanus per non andare più indietro nel tempo. In quale fase dell'evoluzione biologica, passando dall'australopithecus all'homo abilis, all'homo erectus , all'homo sapiens, sarebbe apparsa l'anima immortale? Le offro una delle tante risibili spiegazioni: Dio avrebbe infuso l'anima immortale alla specie homo giunta ad una certa fase dell'evoluzione. Ma in quale fase? Non lo si dice. E poi che senso avrebbe il peccato originale senza il quale cade tutta la cristologia e perciò tutto il cristianesimo? Il peccato implica la coscienza di peccare. Quando sarebbe sorta questa coscienza? Non lo si dice perché non lo si può dire. Ci si limita a dire che una certa comunità di uomini, non un solo uomo, peccò gravemente e il peccato si sarebbe esteso a tutti gli uomini per comunanza di specie. Come si vede, si tratta solo di fantasia che galoppa.

Unknown ha detto...

Grazie per il chiarimento e chiedo venia per gli orrori grammaticali. Comunque quello che intendevo per filosofi della scienza erano filosofi che conoscano bene le teorie scientifiche senza storpiarle per scopi morali, o scienziati che filosoficamente riflettano sui risultati della ricerca. In fondo filosofia e scienza possono collaborare insieme allo sviluppo del progresso umano rispettando ognuna i propri ambiti, e credo sia quello che abbia fatto lei con la teorizzazione del suo diritto naturale.
Saluti Tommaso

https://www.christiantoday.com/article/richard.dawkins.plans.to.give.away.the.god.delusion.free.to.muslims/127577.htm

Le lascio un articolo di speranza sulla scienza a favore dell' umanità, quando anche in un paese di merda come l'arabia saudita ci sono 3 milioni di persone che hanno scaricato "illegalmente" il libro di Dawkins, forse la malattia mentale chiamata islam può essere curata.