martedì 24 gennaio 2023

IL PENSIERO TREMENDO CHE MI TORMENTA

Non abbiate fretta per saperlo. Provate intanto ad indovinare. 

No.E' lo stato provocato dalla "porta oscura" (Benedetto XVI) oltre la quale vi è il nulla per i non credenti o gli agnostici come me. La scienza dell'evoluzione biologica (riguardo alla quale ho riportato gli studi fatti dai maggiori studiosi mondiali in un mio libro di 526 pagine*) ci dice che è unica l'origine di tutte le forme di vita. Perché mai sopravvivrebbe solo l'anima umana? Le religioni vanno tutte contro la scienza. Il pensiero che mi tormenta è il non poter affacciarmi oltre la "porta oscura" per pochi secondi per sapere se vi sia il nulla, per sapere se vi possa essere la coscienza di essere morti e poi perdere la coscienza. Come se la si perdesse dopo l'anestesia totale, durante la quale non si sogna perché si tratta di un sonno artificiale. E' come se non si fosse mai nati. Si ha forse coscienza di se stessi prima nascere? Ecco: è come se ci attendesse una anestesia perenne. Ripeto: mi è tremendo il pensiero di non poter avere coscienza di essere morto. Capisco che è contraddittorio. Ma propria questa contraddizione mi atterrisce.     

*Biologia e filosofia. Origine della vita ed evoluzione biologica. Casualità e necessità (1999).

Quaderno n. 43 degli Annali della Facoltà di Scienze dell'educazione (oggi unificata con la Facoltà di Lettere e filosofia nella Facoltà di Studi Umanistici) dell'Università di Cagliari.  

10 commenti:

Pippo ha detto...

L'unico pensiero che può tormentare, è la malattia o la morte, ovvero il suo approssimarsi. Paura comune a tutti, tranne gli imbecilli e gli ubriachi. Non vedo cos'altro ci sia di tormentoso in questo mondo.Esclusp questo, tutto il resto sono sciocchezze.

Pietro Melis ha detto...

Ho risposto a Pippo nel mio post

marcorighi1979@gmail.com ha detto...

è stato provato che quando si muore si ha tempo di accorgersi di essere morti. la coscienza sopravvive al cessare del battito cardiaco e ha tempo di formulare codesto pensiero "oh, cazzo ! sono morto !" bisogna vedere se poi questa coscienza svanisce nel nulla o va da qualche parte. se svanisse nel nulla allora è come se tutto il mondo svanisse con te, come ha fatto notare anche lei.

Elisabetta ha detto...

Gent. Prof. Melis, comprendo perfettamente il suo pensiero. La nostra ragione è atterrita dal poter perdere il lume della conoscenza e, soprattutto, dell'autocoscienza. Epicuro direbbe che ciò non dovrebbe spaventarci affatto, dato che, quando arriva la morte, non ci siamo più noi. Ma è veramente così? Questa prospettiva può consolarci? Per quanto mi riguarda, no. Il vuoto ci ripugna perché è estraneo alla nostra vera natura, che dal vuoto non proviene. Dice Paolo (1Cor. 15, 55): "Dov'è, o morte, la tua vittoria? Dov'è, o morte, il tuo pungiglione?" La definitiva sconfitta del vuoto, tramite la persona del Salvatore. Io così credo, e credo anche possibile che questa indescrivibile, onnipotente rigenerazione non si limiti solo all'uomo e che si allarghi anche alle altre creature viventi, tutte coinvolte in un cammino comune. (Elisabetta Simoni)

Pietro Melis ha detto...

Non ho mai sopportato la banalità della famosa frase di Epicuro. Per quanto riguarda S. Paolo vi è un passo dell'Epistola ai Romani (8,21) che, pur in contraddizione con tutto il resto dell'Epistola, e dunque incomprensibile, dice che tutte le creature, non solo l'uomo, "saranno liberate dalla schiavitù della corruzione per ottenere la libertà propria dei figli di Dio". Esse, contaminate "dall'insulsaggine peccatrice dell'uomo" saranno restituite alla loro essenzialità, ripagate di tutte le sofferenze causate dallo stato di sottomissione forzata, così da estendere la salvezza al mondo infraumano. Mi ricordo che Paolo VI cercò di consolare una bambina che piangeva per la morte del suo cane dicendole che l'avrebbe rivisto dopo la vita. Sono immortali anche tutti gli insetti, compresi i pidocchi, le pulci, le zanzare e le schifose zecche? Ho avuto modo di riportare in in passato una frase di Ludwig Büchner (Forza e materia) che dice: è più spaventoso il pensiero che dopo morti vi il nulla o non è più spaventoso il pensiero che dopo morti, divenendo immortali, non possiamo più morire? Mi spaventa anche una eternità dopo la morte perché non riesco a concepire una vita ultra terrena priva di progetti e di finalità. Una beatitudine eterna di noia tremenda, anche ammesso che vi sia una beatitudine.

Mauro b. ha detto...

A nessuno, di norma, interessa il destino dei reietti, degli ultimi. Forse neanche a domineddio, e la storiella del figlio che redime i peccati degli uomini fa acqua, a mio parere da tutte le parti. Peraltro ci siamo fatti affibbiare una versione molto ma molto fantasiosa dell'ebraismo, zeppa di migrazioni, arche, trombette, mura che crollano, barbe di Giosuè eccetera. Gli ultimi non interessano a nessuno, o quasi, non ci facciamo infinocchiare.... Che si fottano pure.

Per contro i prescelti sprimenterebbero la beatitudine di una eterna crociera celeste, ed il predetto domineddio dovrà sfoderare tutte le sue arti alberghiere, roba di lusso, armonie celestiali, sons et lumieres, suoni e luci, e via discorrrendo, onde regger la baracca per l'eternità, non tanto per lui, che vi è abituato, ma più che altro per i suoi ospiti. Mah!

Da agnostico rilevo il rischio che le anime belle si romperebbero alfine i koglioni, pregando il sommo reggitore di esser annullati per sempre, oppure, in sub ordine, esser rinviati in carne sulla terra, con la scusa di accumulare esperienze, ovvero rotolarsi nuovamente nel fango, turbinio di passioni, sesso , tavola, denaro eccetera eccetera eccetera. Accettando tutti i rischi del caso.

Il mondo è una valle di lacrime ma tutti più o meno, ci piangono volentieri....

Anonimo ha detto...

buonasera professor Melis,
mi piacerebbe sapere cosa ne pensa della teoria di W.J. Sidis in merito alla (non) origine della vita
(giovanni)

Pippo ha detto...

Posso confermare kuanto ha detto marcorighi1979, perchè l'ho provato personalmente.Poco tempo fa ero svenuto(per una patologia e purtroppo non era la prima volta...) e nel tempo che ero disteso sul pavimento, nella mente si formavano pensieri e situazioni mai provate prima.Ricordo benissimo però che erano sensazioni spaventose,terribili, angoscianti, terrorizzanti.Secondo me in kuegli istanti io non ero più in vita e ciò che mi spaventava cosi tanto, sono sicuro che era la morte.Non ho dubbi.Ho capito che la morte è terrore e angoscia ed è in noi.Kuando uno é vivo ed in piena salute, non lo può nemmeno concepire.Al massimo può pensare alla morte come la solita vignetta raffigurata col mantello cappuccio e falce in mano e che viene dall'esterno.Ma non è cosi.

Aurelio ha detto...

Vi sono verità per le quali credere o non credere, in terra, non fa molta differenza, perchè sono di quelle verità che ritroverete subito quando verrà il giorno della vostra morte. Come l'esistenza o meno di un'altra vita, problema cardine dell'esistenza umana. Ebbene, quest'altra vita voi la verificherete e non potrà esserci più volontà o necessità di credere perchè sarete voi stessi i "morti", voi con la vostra presenza, col vostro essere testimoni di un'altra esistenza.L'uomo giunge alla fede, se vi giunge, attraverso un personale lavoro di analisi della verità, di penetrazione, e può darsi che non vi giunga mai. Quello che è più importante, indipendentemente da una fede astratta, è il concreto modo di vivere secondo certe norme "morali" di carattere universale, eliminando dalla propria condotta il superfluo e riducendo la propria verità ad un rapporto scarno, ad una conoscenza scarna dei rapporti fra sé e l'universo.
Purtroppo, sulla terra con tante e tante cose che si sono dette, avete perduto il rapporto genuino con Dio e con voi stessi. Vi trovate in una situazione da cui è molto difficile uscire. Io credo che tutto questo sia da imputarsi ad una scarsa riflessione dell'uomo sul fondamentale problema della sua vita, cioè nel suo essere interiore in rapporto con un eventuale Dio che è fuori e nel contempo è dentro di lui. ( La Voce di un Maestro ).

Aurelio ha detto...

Il suo post mi ha stimolato la ricerca di alcuni appunti su questa questione del nulla affrontata da un maestro, e che da filosofo capirà senz'altro più di mee .Il niente, o il nulla, è una categoria che si oppone all'esistenza, perché è una categoria opposta della realtà. Come categoria opposta della realtà, bisogna che abbia in sé tutte le qualità e tutti gli attributi che siano esattamente il contrario di quelli che attribuiamo alla realtà. In altri termini, se, tanto per fare un esempio, la realtà è vita, il nulla è non vita, proprio per la categoria degli opposti. E pertanto il niente si pone immediatamente, per la sua stessa sussistenza e definibilità, come elemento di opposto della realtà e deve possedere in sede esclusivamente teorica una serie di attributi in base ai quali se ne ricava la sua non esistenza.
Perché? Perché la realtà per essere definibile e verificabile, deve possedere, come difatti possiede in sé, l'esistenza cioè esiste, indipendentemente da una definizione di vita in senso più lato. E' il principio stesso della sussistenza e dell' autosussistenza che viene qui predicato, mentre il nulla acquista i caratteri della non sussistenza, della non esistenza. E per tale ragione si tratta di un opposto inesistente, valido soltanto da un punto di vista teorico, ma che non ha alcuna possibilità pratica di articolarsi in un discorso su base logica.