lunedì 16 gennaio 2023

LO STATO CHE FESTEGGIA LA SUA SCONFITTA DA PARTE DELLA MAFIA

Il capo boss per 30 anni ha viaggiato anche nel sud America e rientrava in Italia indisturbato. E l'arresto di Messina Denaro viene presentato come una vittoria dello Stato. Ma per favore! Vale il detto riferito ai papi: dopo un boss se ne fa un altro. Vi è una rete di protezioni che è più forte dello Stato. Che risulterebbe vincitore solo se riuscisse a smantellare tutta la rete di protezioni di cui il super boss godeva e che gli ha consentito di arrivare a 60 anni. Se uno Stato impiega 30 anni per scovare il super boss ricoverato in una clinica evidentemente la rete di protezioni arrivava sino alla clinica. E aveva già frequentato un ospedale per fare la chemio. E nessuno avrebbe scoperto la sua vera identita? E non si dica che circolava sotto falso nome. E' stato detto che avesse una carta d'identità falsa. Falsa anche nella carta? Quale stamperia gliela avrebbe stampata con carta falsa ad imitazione di quella non falsa? Ma anche se l'avesse avuta con carta falsa non si giustifica l'attesa di 30 anni. Altrimenti quale impiegato di un Comune gliela avrebbe data con carta non falsa nonostante il falso nome di Andrea Bonafede?  Chi accettava la sua falsa carta nel documento di identità? La mafia è da molti anni che non uccide. Ma solo perché adesso agisce da un sotterraneo. Si è interrata. Tagliezza impresari e commercianti. E perché escludere che vi siano delle collusioni tra certe Istituzioni statali e mafia? Vuoi avere un lavoro e non riesci ad averlo? Non te lo dà lo Stato. Te lo dà la mafia. D'altronde, è la stessa politica della democrazia che favorisce la mafia. La democrazia parlamentare è una falsa democrazia. Sono d'accordo su ciò con Odifreddi. Perché esista realmente è necessaria una democrazia diretta, quella concepita da Rousseau nel Contratto sociale, non indiretta come quella rappresentativa. La democrazia parlamentare è essa stessa mafiosa. E' fondata sul voto di scambio sulla base delle promesse dei partiti. Mai mantenute. Questo è il motivo della disaffezione nelle elezioni politiche, dimostrato dal fatto che ha votato il 62% nelle ultime elezioni politiche. Quale rimedio? Sospendere le garanzie costituzionale. Non ho finito.

Considerando che Beccaria (Dei delitti e delle pene) continuava a giustificare la pena di morte per tutti quei delitti finalizzati a sovvertire le istituzioni dello Stato, vi è da ritenere che non sarebbe stato contrario alla conservazione della pena di morte per coloro che appartengono alla delinquenza organizzata come la mafia, che esiste con il preciso intento di sostituirsi alle leggi dello Stato. Combattere la mafia con le leggi di pace di uno Stato democratico, invece che sospendere in tal caso le garanzie costituzionali, trattandosi di combattere una guerra non dichiarata allo Stato, è lo stesso che armare con fucili da caccia un esercito per inviarlo a combattere contro un nemico equipaggiato con artiglieria pesante. La democrazia può soltanto alimentare la mafia.

Scrive Beccaria: “Chi ha la forza di difendersi non cerca di comprarla. Di più, un tal delitto sconvolge tutte le idee di morale e di virtù, che ad ogni minimo vento svaniscono nell’animo umano. Ora le leggi invitano al tradimento, ed ora lo puniscono…Invece di prevenire il delitto, ne fa nascer cento. Questi sono gli espedienti delle nazioni deboli, le leggi delle quali non sono che istantanee riparazioni di un edificio rovinoso che crolla da ogni parte”.    

 Lungi da qualsiasi considerazione filosofico-umanitaria l’illuminista Beccaria è indotto a chiedere, invece della pena di morte, “una schiavitù perpetua” “fra i ceppi o le catene”, in cui “il disperato non finisce i suoi mali”. E’ stato detto che qualsiasi condannato all’ergastolo, così voluto da Beccaria, preferirebbe la pena di morte. D’altra parte, Beccaria continuò a giustificare la pena di morte per tutti i delitti che pongano a rischio l’ordine dello Stato, senza porsi il problema della natura di uno Stato, fosse anche ingiusto e dispotico. “La morte di qualche cittadino diviene dunque necessaria quando la nazione ricupera la libertà (leggi indipendenza), o nel tempo dell’anarchia, quando i disordini tengon luogo delle leggi”. Bisognerebbe concludere che Beccaria  non sarebbe stato contrario alla pena di morte per i delitti organizzati da associazioni a delinquere, come quelle mafiose, che si sostituiscono allo Stato in vasti strati della società. Merito di Beccaria è l’avere evidenziato la necessità di “una proporzione tra i delitti e le pene”. Ma proprio tale proporzione sarà rivendicata da Kant (Metafisica dei costumi) contro Beccaria (accusato di “affettato sentimentalismo”) per giustificare la pena di morte. 

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