lunedì 11 aprile 2011

RECENSIONE AL MIO LIBRO "IO NON VOLEVO NASCERE:UN MONDO SENZA CERTEZZE E SENZA GIUSTIZIA. FILOSOFI ODIERNI ALLA BERLINA











IO NON VOLEVO NASCERE, di Pietro Melis, professore di storia della filosofia, Edizioni Bastogi, pagine 456, euro 30,00. (Recensione di www.paginedilibri.com. Saggistica)


E’ davvero difficile tentare una recensione per questo libro così complesso; la vastità e la profondità degli assunti trattati, le disamine inoppugnabili dell’autore –la cui vita privata si interseca nel dipanarsi del saggio- pretenderebbero un libro del libro.


Mi sono venuti casualmente in soccorso due menti eccelse quali i fisici Hawking e Mlodinow grazie ad un’intervista riportata in prima pagina su “La Repubblica” intitolata “La filosofia e’ morta, non rimane che la fisica”. Viviamo in un mondo sconfinato che può essere ora amichevole ora crudele e, volgendo lo sguardo ai cieli immensi che ci sovrastano, gli uomini si sono sempre posti una moltitudine di interrogativi. Qual’e’ la natura della realtà? Che origine ha tutto ciò? L’Universo ha avuto bisogno di un creatore?


Per secoli questi quesiti sono stati di pertinenza della filosofia. Ma, come argomenta Melis, la filosofia e’ morta perché non e’ stata al passo degli sviluppi più recenti della scienza, ed in particolare della fisica. Ora sono gli scienziati a raccogliere la fiaccola della nostra ricerca della conoscenza.


Ecco, partirei da qui e dall’eloquenza del titolo e dell’immagine di copertina, che urla, tramite il famoso dipinto di Munch, la disperata ed inutile ricerca di un senso della vita umana. Perché, come già sostenne trent’anni fa il premio Nobel per la fisica Weinbeg, più l’Universo ci appare comprensibile tanto più ci appare senza scopo. Melis sostiene che la sua unica direzione e’ l’emancipazione dell’ambiente, all’interno del quale si può desumere che l’uomo non fosse il suo traguardo. Citando poi Lorenz avvalora la tesi dell’idea che se l’uomo fosse sin dall’inizio dei tempi la meta prestabilita di ogni evoluzione naturale diventerebbe il paradigma della cieca superbia che ne precede la caduta, perché se si dovesse credere in un Dio onnipotente che intenzionalmente ha creato l’uomo attuale allora bisognerebbe davvero dubitarne…..quale misero dio!


Si riprende in tal modo il pensiero filosofico di Kierkegaard: la religione e’ un salto nell’assurdo per fuggire al non senso della vita umana. Se la domanda sul senso della vita umana e’ insensata, lo e’ altrettanto ogni qualsivoglia risposta della filosofia, che nelle sue indagini metafisiche divide il fideismo antropocentrico di origine umanistica-religiosa dal relativismo-soggettivismo che, non ponendosi una domanda “ priva di senso” nega alla conoscenza scientifica l’accesso ad una qualsiasi verità.


Solo la scomparsa della vita umana sulla Terra potrebbe sopprimere il non senso della vita, in quanto gli animali non umani non si pongono tale domanda. La follia umana diventa predatrice della Terra e l’autore odia questa umanità al punto di ringraziarla in quanto unica fonte del suo interesse alla vita, tradotto ferocemente in “odio, dunque esisto”.


Il messaggio che lancia questa scorrevole ma impegnativa lettura e’ l’amore sconfinato per la vita ed il grido di dolore che ne consegue. Paradossalmente e’ proprio l’attaccamento ad essa la fonte di ogni tribolazione perché il nostro inspiegabile, perenne ed innato rifiuto della nostra caducità ci straziano al punto di anticipare quella che sarà presumibilmente per gli agnostici -e di certo per gli atei- una imminente eternità nel nulla.


Un libro sconsigliato a chi cerca una lettura d'evasione, vivamente consigliato a chi crede (come noi) che leggere aiuti a crescere. Astenersi perditempo.


(Recensione Donata Bina 8/4/2011)





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