martedì 20 ottobre 2015

BERSANI: NON SA LEGGERE L'ART. 53 DELLA COSTITUZIONE. PATRIMONIO E REDDITO

E'contrario all'abolizione dell'IMU sulla prima casa anche quando si tratti di abitazioni di lusso perché ciò andrebbe contro il concetto di progressività delle tasse che informerebbe l'art.53 e perciò non distinguerebbe tra ricchi e non ricchi (per non dire poveri). Ma questo Bersani ha letto come ha voluto lui l'art.53 della Costituzione. Infatti ha confuso tra reddito e patrimonio.  L'art. 53 recita: "Tutti sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro capacità contributiva. Il sistema tributario è informato a criteri di progressività". Orbene, che cosa significa "capacità contributiva"? Sono un disonesto o un cretino (come Bersani, che infatti si è fatto fottere da Renzi alle buffonate delle primarie del PD) può confondere il patrimonio con il reddito. Il patrimonio di per sé non produce reddito. Supponiamo che uno sia proprietario di varie case sfitte. Queste non producono reddito perché, anzi, causano spese. E non mi riferisco tanto all'IMU, che non dovrebbe esistere nemmeno per le seconde case se non si tratta di pagare, ma in base al proprio reddito, solo i servizi (strade e illuminazione pubblica, per esempio). Mi riferisco alle spese di condominio (se vi sono) e non si tratta di ville senza condominio. Le seconde case producono reddito solo se sono affittate. In sostanza, il patrimonio di per sé non produce reddito, e dunque non può essere tassato in quanto patrimonio, nemmeno se si trattasse di una villa di lusso. Infatti, se la villa di lusso è la prima casa essa non produce alcun reddito. E non lo produce nemmeno come seconda casa se non affittata. E dunque non è tassabile né come prima né come seconda casa non affittata. Ma allora non vi è differenza tra la villa di lusso e un appartamento popolare? Non vi è alcuna differenza anche se ciò può sembrare assurdo. La differenza deve stare a monte, cioè deve basarsi sulla differente "capacità contributiva" che ha consentito al ricco di comprarsi un appartamento di lusso (comunque costoso). Se il patrimonio non corrisponde alla "capacità contributiva", cioè al reddito, vi è subito puzza di imbroglio. E allora sarebbe giusto punire l'imbroglio con l'espropriazione. Il proprietario della abitazione di lusso deve dimostrare che il suo reddito gli ha consentito di comprarsi la casa di lusso. Poniamo il caso che uno erediti una casa di lusso pur avendo un reddito che non gli avrebbe consentito di acquistare tale casa. Secondo il cretino Bersani l'erede dovrebbe essere considerato ricco anche se il suo reddito è quello di un comune impiegato dello Stato o un operaio. Se dovesse pagare le tasse secondo il valore della casa ereditata si troverebbe costretto a non abitarvi ma a venderla non potendo essere in grado di pagare una tassa che sarebbe proporzionale al valore commerciale della casa. Poiché la conseguenza è ingiusta perché del tutto illogica, significa che la premessa è sbagliata: la tassa sul patrimonio e non sul reddito. Ma del tutto illogica è la proposta di una flat tax (tassa piatta), cioè di aliquota unica bassa sul reddito indipendentemente dall'entità del reddito, perché questa tassa, sì in questo caso, sarebbe contraria al concetto di progressività dei tributi. Si potrebbe obiettare che il concetto di progressività sarebbe rispettato anche con la flat tax perché comunque il ricco pagherebbe molto di più anche con una aliquota unica. Ma l'obiezione è mal fondata perché l'aliquota unica contraddice la progressività. La questione è invece un'altra. Bisogna abbassare le tasse abbassando le aliquote più basse e innalzando quelle più alte. L'Italia è lo Stato più tartassato d'Europa. Si pensi che un reddito di soli 28.000 euro lordi l'anno ha una aliquota del 42% che è guale a quella di coloro che hanno un reddito di 75.000 euro lordi l'anno. Evidentemente chi gudagna di meno in questo modo guadagna ancor meno rispetto a coloro che guadagnano di più. Bisogna rovesciare quanto scrisse Cartesio all'inizio del Discorso del metodo, che si apre con la frase che dice: "Il buon senso è fra le cose del mondo quella più equamente distribuita, giacché ognuno pensa di esserne così ben dotato che perfino quelli che sono più difficili da soddisfare riguardo a ogni altro bene non sogliono desiderarne più di quanto ne abbiano".
Sembra invece che il buon senso sia la cosa peggio distribuita nel mondo, e tanto meno se ne trova negli sgoverni che ha avuto e ha l'Italia, della falsa destra e della falsa sinistra.         

1 commento:

Anonimo ha detto...

Professore complimenti per la sua perfetta analisi!
Questi stronzi del PD non capiscono che il reddito è una cosa e il patrimonio (se non produce reddito) un'altra.
Speriamo che arrivi presto il giorno in cui potremo mandarli tutti a fanculo!