E' da una vita che mi batto per il diritto naturale che discende dalla legge naturale della tendenza di ogni essere vivente alla sua autoconservazione. Il limite del diritto naturale di uno è l'eguale diritto naturale di un altro, come anche, purtroppo, nella catena preda-predatore. Ma il predatore non uccide per crudeltà come fa l'uomo per motivi culturali. E' questo che non possono intendere quelle teste di cazzo di giudici che siedono persino in Cassazione con la mente ammalata di antropocentrismo. Contro di essi sto ultimando il mio libro VERGOGNATEVI! dopo l'ulteriore scellerata accusa diantisemitismo per avere condannato la maggiore ed inutile crudeltà della macellazione ebraico-islamica. Cada su questi ignoranti manovali, e non studiosi, del diritto, tutta l'infamia con il disprezzo che essi meritano. Altro che vilipendio della magistratura. Questi vilipendiano il diritto non ponendosi nemmeno, perché non sono capaci di porsela, la domanda circa il fondamento ultimo del diritto che essi, da manovali del diritto vigente, applicano persino sragionando. Se fossero delle macchine cibernetiche farebbero sentenze migliori e non da pazzi autentici quali spesso sono. Questi pezzenti del diritto hanno avuto il coraggio di giudicare me.
DIRITTI DELLA NATURA
«Anche un albero
ha diritto di denuncia»
La giurisprudenza umana non basta più, è tempo di sottostare alla Legge universale di Natura. Parola dell'avvocato Cullinan
Cormac Cullinan, avvocato, esperto di governance e autore del saggio
C'è una Magna Carta universale che gli umani faticano a
riconoscere e però sovrasta qualsiasi Costituzione scritta dagli umani
stessi. Cormac Cullinan, socio fondatore della Cullinan&Associates
Inc., studio legale di Città del Capo, in Sud Africa, la chiama Wild Law (guardai dieci punti caldi del pianeta),
o legge della natura: «Siamo così abituati a conformarci a un diritto
che punta al controllo e allo sfruttamento della natura, che la sola
idea che la legge debba piuttosto essere al servizio delle forze
naturali ci pare assurda, una contraddizione. Invece, dovremmo
riflettere sul fatto che gran parte delle nostre leggi contribuisce alla
soppressione della wildness, l'ambiente incontaminato». Insomma, è
tempo di ribaltare la filosofia antropocentrica che ha forgiato la
giurisprudenza moderna e recuperare quei principi universali che
governano l'esistenza di tutti i membri della comunità terrestre.
I tutori di un fiume. Qualche esempio? È la legge di natura che
determina quando le concentrazioni di gas serra in atmosfera, raggiunto
un certo livello, provocano cambiamenti climatici irreversibili. Eppure,
le leggi umane non sono state scritte tenendo nel giusto conto questo
principio universale. Anzi, la maggior parte delle attività che
contribuiscono al cambiamento climatico sono assolutamente legali. Nel
mondo giuridico idealizzato da Cormac, e teorizzato nella Dichiarazione
Universale dei Diritti della Madre Terra che ha presentato due anni fa
all'Onu, «qualsiasi essere umano dovrebbe avere il diritto di farsi
parte civile in un giudizio per difendere i diritti di un altro membro
della Terra, sia esso un animale, un albero o un lago. Un po' come già
avviene, nei sistemi legali vigenti, quando persone che non possono
intraprendere un'azione legale (per esempio, un minorenne) vengono
rappresentate in giudizio dai tutori legali». Non si tratta di una
rivoluzione utopistica, ma di ampliare principi legali esistenti. Accade
in Ecuador, la cui Costituzione riconosce i «diritti della natura»: nel
2011 il fiume Vilcambamba «vinse» una causa per impedire che il suo
letto fosse utilizzato come discarica per i detriti provenienti dalla
costruzione di una strada.Oggetti o «aventi causa»? Negli ultimi anni, anche grazie alla spinta delle convenzioni internazionali, si è ampliato il campo della cosiddetta «giurisprudenza ambientale». Eppure Cormac mette subito in chiaro che la Wild Law è un'altra cosa: «Le leggi ambientali modificano i sistemi legali esistenti proibendo o limitando la possibilità di danni all'ambiente, per esempio attraverso l'introduzione di permessi per l'attività mineraria, il disboscamento, l'edilizia, l'inquinamento ». Leggi che non contrastano, però, la concezione di base della nostra giurisprudenza, e cioè che il mondo è una collezione di «oggetti» (o risorse naturali) a disposizione dell'uomo. «Le leggi ambientali impongono alcune restrizioni al diritto di proprietà ma continuano a considerare il mondo naturale come una proprietà. In base alla Wild Law, invece, lo scopo del sistema legale non è di permettere agli uomini di dominare e sfruttare gli altri membri della comunità terrestre, con un'attitudine coloniale, ma di mantenere un equilibrio fra gli interessi degli uni e degli altri, garantendo l'integrità dell'intero ecosistema. «Le leggi ambientali sono l'equivalente delle leggi che limitavano il diritto di punizione di un possidente sul proprio schiavo, mentre la Wild Law vuole abolire la schiavitù, cioè impedire all'uomo di trattare la Natura come uno schiavo», sostiene Cormac. Un passo in più anche rispetto ai cosiddetti «diritti animali», perché secondo la Wild Law sono soggetti legali, e quindi detentori di diritti, anche fiumi, montagne, mari, piante... «Il diritto umano alla vita, all'acqua, al cibo, perde ogni significato se l'ecosistema che produce quell'acqua e quel cibo non ha diritti e se la popolazione non può far causa contro chi quei diritti non rispetta». Realtà o utopia? La maggior parte delle attività umane emette CO2. Nel mondo ideale di Cormac, sarebbero tutte illecite? «L'intenzione non è di proibire qualsiasi attività umana che impatti sulla natura. Significherebbe che non potremmo neppure mangiare. Il punto è come impedire agli umani di danneggiare la natura per motivi futili o egoistici. Se riusciamo a costruire auto che non impattano sui sistemi ecologici, non è necessario rinunciare alla guida. Se invece l'industria automobilistica mette a repentaglio la vita delle generazioni future, è meglio spegnere i motori».
6 luglio 2012 | 21:48© RIPRODUZIONE RISERVATA
4 commenti:
Ho eliminato tre commenti anonimi di un pazzo subanimale la cui vita vale meno di quella di un insetto nocivo. Le ingiurie e le maledizioni ricadranno su di lui. Non dovrebbe essere reato eliminare simili pazzi. Sono un pericolo sociale.
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