mercoledì 9 gennaio 2013

FRANCO EPIFANIO ERDAS: UN PEDAGOGISTA IPOCRITA CHE HA SAPUTO INSEGNARE SOLO STRONZATE ANTROPOCENTRICHE


Mi telefona una mia amica per dirmi: hai letto l'articolo di un certo Erdas su L'Unione Sarda? Che te ne pare? No, non l'ho letto, rispondo. Allora me lo legge al telefono. Poi lo trovo sulla versione internet del quotidiano e lo ricopio. Spiegai all'amica che Erdas era stato mio collega nella Facoltà di Magistero (poi Scienze della formazione) che lasciò per passare alla Facoltà di Lettere a causa di dissidi interni con l'allora boss della "pedagogia" Alberto Granese, che non sopportava che altri gli facessero ombra e che credette sempre di essere un grande maestro, mentre insegnò per tutta la vita solo stronzate antropocentriche, nascoste dietro lo sfoggio di una erudizione verbaiola, logorroica, oscura e confusionaria, passando dall'ateismo marxista all'interesse per la pedagogia degli autori cristiani. Debbo dire che ritenni sempre diseducativa e dannosa la "pedagogia" filosofica del Granese. Individui simili sarebbe meglio non esistessero. Il mondo certamente non migliorerà, anzi peggiorerà, a causa di essi. Quanto all'Erdas, con il suo provenire da un'esperienza di insegnate elementare, indirizzò i suoi interessi su una pedagogia intesa come tecnica dell'insegnamento ma accompagnata da una concezione che ripete la nauseabonda cantilena di una educazione intesa come apertura verso la comprensione dell'altro, in una evidente ripetizione di luoghi comuni intrisi di relativismo e di multiculturalismo. Insomma: uno peggio dell'altro. Fatta questa premessa, riflettei sull'articolo di Erdas (ormai ottantenne) e mi venne il sospetto che fosse vegetariano. Decisi di telefonargli per chiedergli spiegazioni. Vi erano stati sempre rapporti improntati alla cordialità, anche perché lo ritevo ingiustamente vittima del boss Granese, che, ormai anche lui in pensione, si deve essere accorto che fuori della Facoltà in cui ha insegnato le sue perenni stronzate valeva come il due di picche. 


Notare il titolo dell'articolo. Chi non conosce l'Erdas - e mi accorsi durante la telefonata che nemmeno io lo conoscevo veramente - può pensare, dopo avere letto il breve articolo, che egli sia e sia stato un animalista difensore dei diritti degli animali. Perciò, piacevolmente sorpreso, speravo di avere da lui una conferma di ciò. Sia l'Erdas che il Granese furono assistenti della grande anima di Aldo Capitini, un seguace coerente di Ghandi e fondatore nel 1952 della Società vegetariana italiana nonché ideatore della nota annuale marcia della pace Perugia- Assisi. Purtroppo Capitini, non fu coerente nel suo circondarsi di elementi come il Granese e l'Erdas. Ebbi notizia che durante un pranzo una mosca svolazzava intorno ai piatti e il Granese era pronto con il braccio alzato a farla fuori con un colpo di tovagliolo. Capitini fermò il braccio del Granese dicendogli: fermati, anche lei deve vivere. Evidentemente non lasciò alcun insegnamento positivo su questi due individui.
Ma torniamo all'articolo scritto da un impostore. Nella prima parte sembra che si voglia giustificare coloro che mangiano carne ma non sopportano le sofferenze patite dagli animali. Ma una giustificazione che discenderebbe solo da una mancanza di coerenza dovuta ad una tradizione alimentare. Il lettore a questo punto è portato a commentare: certamente l'Erdas condanna questa mancanza di coerenza, e dunque egli, per corenza, non mangia carne. Infatti, citando il libro della Marcela Iacub, sembra convenire con lei che coloro che mangiano carne ma condannano le sofferenze degli animali sono degli schizofrenici. Riconosce persino che è un paradosso la figura del carnivoro "etico". E conclude scrivendo che "Non rimane, prima di sedersi a tavola, che meditare. Forse pensando ad un giorno in cui ci vergogneremo tutti di essere stati carnivori. Anche i carnivori che più carnivori non si può".


Il lettore è portato a concludere che l'Erdas ha meditato abbastanza nei suoi superati ottant'anni per non doversi vergognare di mangiare carne. Ma ora sentite in riassunto il contenuto della telefonata. 
Io: ma tu continui a mangiare a carne? 
Erdas: sì, ma poche volte. 
Io: ma allora anche tu sei uno schizofrenico. 
Erdas: sì, lo debbo confessare. 
Io: ma allora che hai scritto facendo intendere altro? 
Erdas: ho voluto dire che bisogna almeno evitare le sofferenze. 
Io: ma sai che gli animali incominciano a soffrire sin dall'ingresso nel mattatoio perché sentono l'odore del sangue? 
Erdas: sì, lo so, e mi sono state raccontate scene tremende. Ma tu sei vegetariano? 
Io: sì, dall'età di 10 anni, quando vidi dei buoi correre impazziti per la via Sonnino dopo essere fuggiti dal mattatoio (che allora si trovava in pieno centro cittadino a Cagliari). E tu come mai, nonostante queste scene tremende sei rimasto carnivoro? 
Erdas: eh, sai, è difficile sottrarsi alle tradizioni.
A questo punto mi venne un sospetto e gli domandai: dimmi un po', hai mangiato per tradizione carne di agnello il giorno di Natale? 
Erdas: eh, sì, sai...la tradizione.
Notare che l'Erdas, che io sappia, non è nemmeno credente, e tanto meno cristiano. Dunque ancora più incredibile che un non cristiano sia tanto imbecille da credere che una tradizione disgraziatamente cristiana possa impossessarsi persino di un non cristiano. Ma, anche se l'Erdas lo fosse, avrebbe dovuto saper superare, almeno per il mestiere che ha fatto, questa orrida tradizione dell'agnello sacrificale con cui tradurre nella solita festa di sangue il giorno di Natale. Quale razza di pedagogia può avere insegnato per una vita un individuo simile? A questo punto non potei frenarmi dal gridargli al telefono: TU MI MAI SCHIFO, MI FAI SCHIFO. LA TUA E' UNA PEDAGOGIA DI MERDA.
E chiusi la telefonata sbattendogli il telefono in faccia.
Mi domando che cosa possa avere insegnato di buono questo imbecille nella sua vita se è pervenuto a dire una simile stronzata: "è difficile sottrarsi ad una tradizione". Non ha capito le tremende conseguenze della sua stronzata. Allora per tradizione dovremmo giustificare anche la tradizione della corrida, la tradizione del vudù, l'ingrassamento delle oche per far loro scoppiare il fegato dopo pochi mesi di vita trascorsi in gabbie, i riti di sangue della dea Kalì, la caccia e, insomma, tutte le più barbare manifestazioni di crudeltà perché è difficile sottrarsi ad una tradizione?
Ecco la disonestà di un individuo che con un suo articolo ha cercato di nascondere la sua totale ipocrisia, volendo dare ad intendere al lettore di essere il contrario di ciò che è.
Ma fortunatamente l'Erdas è un Pinco Pallino qualsiasi che può scrivere solo su un giornale di periferia quale è L'Unione Sarda (che fece contro di me dei titoloni bugiardi e disonesti come "Condannato professore antisemita". Ma senza specificare che era la conseguenza del fatto di avere avuto io, da solo, il coraggio di condannare in un mio saggio sul diritto naturale la maggiore sofferenza inflitta agli animali non umani nei mattatoi con la macellazione ebraico-islamica.
 
Contro il pedagogista di merda Erdas vi sono in Italia 7 milioni tra vegetariani e vegani, da cui avrebbe dovuto imparare che non esiste una "carne etica". Vi sono filosofi della morale come Luisella Battaglia da cui avrebbe dovuto imparare la coerenza. Come avrebbe dovuto impararla dal vegetariano UmbertoVeronesi. Questa è purtroppo solo la spia di una pedagogia che ancora si insegna rovinando il cervello degli studenti con tante cazzate antropocentriche improntate alla più sporca impostura. Come si evince dalla chiusura dell'articolo: "Magari con la segreta speranza che quel giorno, se verrà, sia il più lontano possibile". Come dire: si diano da fare gli altri in futuro. Io, come pedagogista (di merda) continuerò a fregarmene e a mangiarmi la bistecca. Certamente costui non avrebbe il coraggio di ricavarsi da sé in un mattatoio, almeno una volta nella vita, la bistecca uccidendo, dissanguando, spellando e squartando il povero animale. Crede di avere le mani monde di sangue, mentre, come mandante, le ha più sporche di quelle dei macellatori che se le sporcano per lui. Egli è un impostore come quasi tutta l'umanità che mangia carne. Ma un impostore non può essere un pedagogista. Che cosa può avere insegnato se non imposture antropocentriche?


P.S. L'Erdas impari anche l'uso del congiuntivo. Ha scritto: "Alla domanda se è giusto uccidere gli animali...". IgnUorante! L'interrogativa indiretta (come la proposizione dubitativa) richiede il congiuntivo. Avrebbe dovuto scrivere: "Alla domanda se SIA giusto...". Inoltre ha dato ad intendere di essere ancora in servizio con la scritta Università di Cagliari (mentre è andato in pensione più di 10 anni fa). Ecco l'articolo dell'impostore.

Le ingiuste sofferenze degli animali

Le accuse ai carnivori dal mondo vegetariano

Di Franco Epifanio Erdas*

Alla domanda se è giusto uccidere gli animali per il piacere di mangiarne la carne, o per puro divertimento (come nella caccia), è difficile che il comune cittadino non risponda che, certo, non è giusto. Eppure, il carnivoro continuerà a trovare naturale mangiare carne e, se ama la caccia, ad essere un cacciatore. Vero è che non tutti gli animali godono della stessa pietà. Impressiona vivamente l'abbattimento di un vitello nei macelli comunali, ma non lo sterminio di migliaia di insetti quando invadono le nostre case. Forse che l'insetto non è anch'esso un essere vivente?
Negli anni in cui insegnò a Cagliari, il professor Aldo Capitini, capo riconosciuto della non-violenza in Italia, non accettava che davanti a lui si uccidessero neppure le mosche. Nei seminari, quando è d'uso scendere dalla cattedra, non aveva alcun timore di esibire una cravatta al posto della classica cinta di cuoio. Ma la sua borsa era di pelle, e ciò vuol dire che, anche a voler essere vegetariani, non si può esserlo del tutto.
C'è stato forse un tempo in cui uccidere gli animali per mangiarne la carne era l'unica alternativa per sopravvivere. Oggi esiste un mercato della carne, e uccidere gli animali per trarne lauti guadagni è diventato un'industria alla quale ormai è difficile sottrarsi. Ma con l'industria, anche il tradizionale carnivoro è cambiato. Non è più il carnivoro senza pietà, fa parte di quella sempre più estesa categoria di carnivori che è ormai consuetudine chiamare “etici”: non rinunciano alla carne, ma non vogliono che l'animale soffra. Perché con l'avvento dell'industria? Perché è con l'industria che l'animale soffre di più. Soffre ancor prima di essere ucciso, già in regime di allevamento. Le leggi del mercato sono crudeli, spietate: non si può attendere la “buona” morte, occorre far presto. Dopo uno stordimento iniziale l'agnello, ancora cosciente, è appeso per una zampa e sgozzato. Morirà lentamente, per dissanguamento.
In un suo recente libro, “Confessions d'une mangeuse de viande”, la giurista francese Marcela Iacub accusa di schizofrenia le nostre società: da un lato, riconoscono anche agli animali dei diritti, in quanto esseri viventi, ma, da un altro lato, si rifiutano di riconoscere il diritto più elementare, che è quello di vivere. E racconta come è riuscita a diventare vegetariana: grazie alla compagnia di un cane e alla lettura di un testo di Plutarco. Vivendo insieme a un cane, ha subito capito che gli animali sono esseri sensibili, capaci di desideri e persino di intenzioni. E da Plutarco che gli animali desiderano vivere e ci supplicano di non essere uccisi.
Il paradosso del carnivoro “etico” è che non ha ragioni valide né per uscire, né per restare in quella contraddizione. I carnivori “etici” accusano i vegetariani di voler sopprimere la sofferenza nel mondo. I vegetariani rispondono che non si può far soffrire gli animali senza necessità. I carnivori ricordano che le proteine animali sono una necessità biologica dell'uomo. I vegetariani rispondono che le proteine vegetali danno le stesse garanzie sotto il profilo della salute. E così via.
Non rimane, prima di sedersi a tavola, che meditare. Forse pensando ad un giorno in cui ci vergogneremo tutti di essere stati carnivori. Anche i carnivori che “più carnivori non si può”. Magari con la segreta speranza che quel giorno, se verrà, sia il più lontano possibile.
*Università di Cagliari

4 commenti:

Ray ha detto...

Gentile Professore,

anche io ho letto l'articolo di cui parla nel suo blog. Ha perfettamente ragione, non conoscendo la persona, al termine dell'articolo ho pensato che il professore Erdas fosse un vegetariano convinto.
Grazie per aver fatto chiarezza.
Ray

P.S. mi chiedo se il professore Erdas avesse un parente che ha insegnato nella facoltà di fisica di Cagliari, tale Franco Erdas.

Pietro Melis ha detto...

Caro Ray
lei è di Cagliari? I due Erdas non sono parenti.
Ho conosciuto la simpatica persona di Franco Erdas professore ordinario di fisica. Sin da quando diedi un esame di fisica con lui permettendolo il piano di studi del corso di laurea in filosofia. Ed era amico del professore di cui divenni assistente. Ebbi un ultimo colloquio con lui nel 2005 perché stavo scrivendo un saggio e speravo che mi fugasse dei dubbi circa l'equivalenza dei sistemi di riferimento nella relatività ristretta di Einstein a cui nel saggio facevo riferimento. Non ne ho più notizie.

Unknown ha detto...

Ci sono così tante cose sulle quali fare polemica...

Pietro Melis ha detto...

Commento del tutto vuoto di contenuto. Ci vuole un cervello vuoto per scrivere cose vuote di contenuto