Il libro prende lo spunto dalla vicenda giudiziaria raccontata nel precedente articolo per arrivare ad una concezione della giustizia fondata sul diritto naturale. Infatti la giustizia non può essere fondata sui valori morali, che subiscono i condizionamenti culturali. Sulla base dei valori morali non si potrà mai uscire dal convenzionalismo e dal relativismo storico, che danno luogo ad una "lotta mortale tra valori morali" (Max Weber). . Infatti, quando ci si domandi su che cosa siano fondati i cosiddetti diritti umani, la risposta non potrà che essere tautologica: essi sono fondati sul fatto di essere umani, così proponendo un concetto di umanità che è soltanto un vuoto ideale. Il diritto naturale, in quanto fondato NATURALMENTE sulla tendenza di ogni organismo alla sua autoconservazione, si sottrae al convenzionalismo e al relativismo. Il filosofo Kant aveva definito così l'imperativo categorico morale: "Agisci in modo che la massima della tua volontà possa essere principio di una legislazione universale". Con ciò Kant credette potesse esistere una coscienza universale. Il che è falso. Nello stesso errore recentemente è caduto il papa quando ha detto che per salvarsi basta appellarsi alla coscienza, capace di distinguere il bene dal male. In un precedente articolo, proprio obiettando a quanto ha detto il papa, ho portato l'esempio del fanatico islamico che crede di fare del bene e di meritarsi maggiormente il paradiso giungendovi da eroe dopo avere ucciso gli infedeli che si oppongano ai dettati che gli provengono dal Corano. Egli crede nella sua coscienza traviata dal Corano che tutta l'umanità sarebbe migliore se fosse islamica e tutti gli Stati avessero una legislazione fondata sulla shari'a. Anche i nazisti avevano i loro valori morali, ed erano convinti che essi fossero superiori a quelli di tutti gli altri popoli, considerati inferiori. E i loro valori morali non si sono imposti solo perché hanno perso la guerra. Perché nella storia si sono sempre imposti i valori morali dei vincitori. Così pure, gli antichi Romani si sentivano in diritto di soggiogare altri popoli e Stati perché, al di là dell'interesse di dominio, erano convinti di dover esportare una civiltà superiore. Il libro si dipane poi attraverso argomenti scientifici (soprattutto di cosmologia e di biologia evoluzionistica) per dimostrare che non si hanno certezze né scientifiche né religiose circa il significato dell'esistenza umana. Le religioni sono nate tutte in periodi di ignoranza e il loro presupposto è basato solo sulla fede. Ma l'atteggiamento più serio dello scienziato non può essere l'ateismo (che è una forma di dogmatismo al contrario) bensì l'agnosticismo quando si arrivi ai confini della conoscenza. Il libro, sempre sulla base del diritto naturale, prende in esame gli squilibri ambientali della Terra con il suo progressivo inquinamento dovuto anche ai sistemi crudeli di allevamento di morte degli animali che, provocando per di più delle malattie a causa di pessime abitudini alimentari, derivano ancora da una concezione antropocentrica, e perciò antiscientifica, della natura, di cui ancora l'uomo crede di essere padrone. Né viene tralasciata la situazione in cui si trova l'Europa a causa di una imposizione di direttive dall'alto che hanno espropriato i popoli della loro sovranità a cominciare da quella monetaria, che è all'origine del fallimento della utopistica Unione Europea, fondata solo su grandi interessi finanziari. Espropriazione che è avvenuta anch'essa in violazione del diritto naturale, che richiede che ogni popolo sia libero di decidere in base al diritto di autodeterminazione, derivante dal diritto naturale. Rimane la domanda circa il significato dell'esistenza umana che è da escludere alla luce di una concezione scientifica del mondo. Come è da escludere la spiegazione dell'esistenza del male fisico e di tutte le malattie di origine genetica dal punto di vista religioso perché 1) o Dio è onnipotente e allora è malvagio perché responsabile del male 2) oppure Dio è buono perché non è responsabile del male, ma allora non è onnipotente. E' il famoso irrisolvibile dilemma teologico, che porta ad escludere razionalmente l'esistenza di Dio. Escluso anche che le religioni possano dare una risposta al senso della vita perché sono basate tutte sulla fede e sono nate tutte in epoche storiche di ignoranza, rimane da percorrere altre strade per sapere se esista un aldilà, e si tratta di quei fenomeni fisici, verificabili e senza trucchi, che non possono essere spiegati sulla base delle conoscenze scientifiche. Per esempio gli stati di ipnosi regressiva in cui i soggetti sono capaci di descrivere fatti ed ambienti verificabili pur non avendoli mai conosciuti prima. Ma rimane anche la domanda perché un eventuale aldilà debba essere limitato alla sola natura umana data l'evoluzione biologica da una comune origine di tutte le forme di vita. Tutti questi argomenti sono una sorta di amarcord delle conoscenze tratte dagli studi fatti per un'intera vita dal protagonista che inutilmente aveva cercato sempre un senso della vita e trova infine una compensazione a tale mancanza di senso in un messaggio di giustizia superiore a quella degli uomini, per cui non riesce a commuoversi di fronte alla strage di sette giudici, anzi ne gode, essendo stato egli una vittima della giustizia umana, come il lettore può apprendere leggendo la parte biografica del protagonista. Ma chi è stato l'autore della strage? Questo, come in ogni racconto thriller, non può essere anticipato.
Un
libro prezioso, profondamente meditato, scaturito da una
mente fulgida e da un intelletto non comune.
Un'opera
d'arte immortale sul senso e il non senso della vita.
Dunque,
un sincero e non banale ringraziamento al grande prof.
Pietro Melis
da
Cicorivolta
Edizioni
Cliccare sulla copertina per leggere il trailer
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martedì 17 settembre 2013
E GIUSTIZIA INFINE FU FATTA. SETTE GIUDICI UCCISI IN SETTE GIORNI (2)
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