Nel
Levitico – che, come
gli altri quattro libri del Pentateuco (o Torah, che significa Legge), citeremo
ampiamente con tutte le terribili norme rituali, ritenute
divine, anche se ormai per la maggior parte cadute in disuso,
come la lapidazione per adulterio o per sacrilegio - Mosè (capo
di un popolo di pastori analfabeti) prescrive le regole di
macellazione e si dice orribilmente che al dio ebraico piace
soprattutto l’odore del grasso animale bruciato, per lui “soave
odore”. Tali regole impongono che l’animale muoia cosciente per
dissanguamento, e questa norma, trattandosi di animali, è stata
sempre vigliaccamente conservata e mai lasciata cadere in disuso
dagli ebrei credenti, come verrà documentato sulla base del
contenuto di un libro del “delirante”[1]
rabbino capo di Roma sulla cucina ebraica. Ecco come uno
studioso non ebreo ha spiegato il significato della
“macellazione rituale” riportandola all’antico rituale del
tempio-mattatoio: “Le vittime vengono scannate non per
sostituire l’uomo, ma per ricavarne il sangue. Particolare
infatti del culto israelitico è l’importanza che il sangue
riveste in ogni genere di sacrificio…Esso serve a ristabilire il
rapporto con Dio; è l’elemento consacrante e purificante. Il
sangue si sparge sull’altare o sulla base di esso o sulla
parete…si sparge sui corni dell’altare. Nella consacrazione
sacerdotale un po’ di sangue viene messo sul lobo dell’orecchio
destro, sul pollice e l’alluce destro dei sacerdoti e viene
spruzzato sulle loro vesti…In Israele si può dire che il sangue
è il mezzo purificante e consacrante
universale”.[2]
Seguirà il terzo ed ultimo articolo.
Seguirà il terzo ed ultimo articolo.
[1] Questo
aggettivo è stato impiegato dal grande filosofo ebreo (ateo)
Spinoza (1632-77) nel Trattato
teologico politico (cap. IX), dove ha scritto che “i
Rabbini delirano”. E non
fu per questo denunciato. Oggi si vuole forse tornare
indietro di circa tre secoli e mezzo in fatto di libertà di
pensiero?
[2] Levitico,
Introduzione-versione-note di Sofia Cavalletti, ed. San
Paolo 1998, pp. 35-36.
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