domenica 12 febbraio 2017

LA VITA E' IMPERFETTA. NESSUN LA TIENE STRETTA

Finalmente chiuso il baraccone di Sanremo, che mi sono ben guardato dal guardare. Ma anche se non vuoi ti ficcano le canzoni anche nel telegiornale e allora ti viene la curiosità di sapere quali cagate hanno vinto. Prescindo qui dalla musicaccia leggera per me insostenibile. La musica leggera non è arte ma artigianato. La storia della musica non comprende la musica leggera. Questa ha un'armonia che è rimasta ferma al linguaggio tonale. E' fossilizzata. Non ha sviluppo storico. I suoi cantanti sono tutti senza voce. Togliete loro il microfono e la voce sparisce anche nel chiuso di un teatro. Figuriamoci all'aperto. Perché? Perché non hanno un'educazione musicale al canto. Cantano di gola e non di petto come i cantanti d'opera e comunque di musica colta. Avete mai sentito una distinzione tra soprano e contralto, tra tenore e baritono o basso nella musica leggera? Mai. E poi mi hanno stufato le canzoni che parlano d'amore. Possibile che nessuno abbia mai scritto e musicato un testo che parli di odio? Odio contro le crudeltà, contro i fanatismi, contro le imbecillità dei luoghi comuni, contro le imposture. Questo sarebbe vero amore. Mi ha fatto girare le palle quella che - preferisco non nominarla, anche se migliore rispetto a quello che ha vinto con una "cagata pazzesca" - ha cantato che "per quanto assurda e complessa la vita è perfetta...e siamo noi che dovremmo imparare a tenercela stretta. Che sia benedetta". Benedetta un cazzo. Un vero e proprio ossimoro. Come può nascere la perfezione dall'assurdo? O ignorante! La vita non è né assurda né tanto meno perfetta. E' nata scientificamente dalla somma di pure casualità. Sin dal Big Bang. Tanto poco è perfetta che appena nati bisogna essere vaccinati (da vacca, per chi non lo sappia) per prevenire un sacco di malattie. Si aggiungono poi quelle di origine genetica. Si nasce predisposti a certe malattie. Dunque si nasce fortunati o sfortunati. Ognuno ha il suo orologio biologico. E guai agli stronzi che mi dicano che la "la vita è un dono". Una grossa stronzata, cioè un grosso non senso linguistico, come ha spiegato Harry G. Frankfurt (Stronzate, Rizzoli 2005). La vita non può essere un dono perché manca il ricevente. Nessuno infatti ha mai chiesto di nascere. E perché non si ha il coraggio di dire che si dona la morte? Siamo tutti in lista di attesa. Si nasce per egoismo (istinto animale di sopravvivenza dei geni) o per sbaglio. Vedi di Richard Dawkins Il gene egoista. Si aggiunga, per dare una parvenza di senso alla vita, l'illusione (culturale) di avere delle responsabilità nei riguardi dei figli, a cui si consegna, come in una corsa a staffetta, il testimone della morte. Cioè del nulla. Come ha scritto il filosofo Hobbes (De cive, prefazione)  la vita appare (falsamente) un bene perché una volta nati la morte appare il male maggiore, cioè la perdita dei beni (ammesso che li si abbia, aggiungo io). Ecco che cosa scrisse uno che se ne intendeva (Leopardi, Canto di un pastore errante dell'Asia). Si nasce piangendo, come reazione fisiologica all'esser nati. E i genitori cullano e consolano il neonato quasi per discolparsi del fatto di averlo fatto nascere. Io mi sono sempre domandato perché la gente abbia bisogno di fare figli. Io sono riuscito a superare il livello dell'animalità. Non lascerò discendenza dei miei geni. Almeno da questa disgrazia mi sono salvato. 


Nasce l'uomo a fatica,
Ed è rischio di morte il nascimento.
Prova pena e tormento
Per prima cosa; e in sul principio stesso
La madre e il genitore
Il prende a consolar dell'esser nato.
Poi che crescendo viene,
L'uno e l'altro il sostiene, e via pur sempre
Con atti e con parole
Studiasi fargli core,
E consolarlo dell'umano stato:
Altro ufficio più grato
Non si fa da parenti alla lor prole.
Ma perchè dare al sole,
Perchè reggere in vita
Chi poi di quella consolar convenga?
Se la vita è sventura,
Perchè da noi si dura?
Intatta luna, tale
E' lo stato mortale.
Ma tu mortal non sei,
E forse del mio dir poco ti cale.

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