LETTERA INVIATA A LA REPUBBLICA
Finalmente una cosa su cui sono d'accordo con Eugenio Scalfari. E su una questione fondamentale, di rilevanza costituzionale. Vado dicendo e scrivendo (anche nel mio ultimo libro autobiografico e filosofico IO NON VOLEVO NASCERE. UN MONDO SENZA CERTEZZE E SENZA GIUSTIZIA. FILOSOFI ODIERNI ALLA BERLINA che non vi può essere democrazia senza che sia data al popolo la possibilità di approvare con referendum una legge di iniziativa popolare senza passare per le pastoie del parlamento. I costituenti ANTIDEMOCRATICAMENTE hanno blindato la Costituzione con l'art. 138 prevedendo che la Costituzione possa essere mutata solo con 2/3 del parlamento oppure con una maggioranza assoluta del parlamento e relativo referendum (che però non implica il quorum del 50% più uno dei voti bastando la maggioranza assoluta dei votanti). Ma il parlamento non accetterebbe mai di essere spogliato del suo arrogante potere. Dunque ci si trova di fronte ad un circolo vizioso. COME USCIRNE? In base alla Costituzione (art. 71) bastano 50.000 firme per proporre al parlamento una proposta di legge di inizativa popolare. Poi si vedrebbe chi sarebbero coloro che si opporrebbero alla discussione e all'approvazione di tale legge, che dovrebbe apportare una modifica della Costituzione introducendo un referendum anche su una legge di iniziativa popolare e non più soltanto abrogativo di una legge già esistente. E se non è necessario il quorum per il referendum di approvazione di una legge modificatrice della Costituzione non si capisce (ha ragione Scalfari) perché dovrebbe valere il quorum per l'abrogazione di una legge già esistente. Io non voto dal 1994 perché non mi riconosco più in alcun partito. MALE LA DESTRA (per esempio con lo sperpero di danaro in eserciti in varie parti del mondo, per il servilismo dentro la criminale Nato, per il non voler abolire le province, ed accorpare i piccoli comuni, mentre io abolirei anche le regioni) E PEGGIO LA SINISTRA (contaminata dall'ideologia della società multiculturale e multirazziale, traditrice di Marx perché favorisce con la sua politica dell'accoglienza la formazione dell'"esercito di riserva" degli immigrati che serve a tenere bassi i salari).
Con tutto ciò che ho scritto non sarebbe in contrasto una legge di iniziativa popolare (se fosse possibile un referendum anche propositivo di una legge e non più soltanto abrogativo di una legge esistente) che riducesse il numero degli eletti (in parlamento, nelle regioni e ne Comuni) in proporzione al numero dei non votanti (fatta salva una soglia fisiologica - per esempio el 20%- dei non votanti). Infatti in questo caso non si tratterebbe di approvare o non approvare una legge di iniziativa popolare (nel qual caso gli assenti hanno sempre torto=. Nell'estate del 2009 fu pubblicata su Corriere una mia lettera in cui proponevo che il numero degli eletti fosse proporzionale al numero dei non votanti come spiegato sopra. Ed ebbi una serie di lettere di approvazione. Bisogna infatti tener conto anche del non voto, che può essere inteso come voto di protesta da parte di chi non si senta rappresentato da alcun partito e dai candidati proposti. In subordine, se non si volesse tener conto del non voto, allora, in coerenza con il fatto che un referendum dovrebbe essere valido indipendentemente dal quorum, bisognerebbe tener conto di coloro che andassero a votare annullando la scheda in modo da far scendere il numero degli eletti in proporzione al numero dei voti nulli. Soltanto allora i candidati non avrebbero più la poltrona assicurata indipendentemente dal numero dei non votanti e/o dei voti nulli. Ipotizziamo che andasse a votare alle politiche soltanto il 40%. A che titolo il parlamento o i consigli regionali e comunali pretenderebbero di rappresentare la volontà della maggioranza? Diverso è il caso del referendum propositivo (che ancora non esiste) ed abrogativo. In questo caso, infatti, chi fosse interessato a bocciare una legge di iniziativa popolare o a mantenere e non abrogare una legge già esistente non dovrebbe astenersi dall'andare a votare. Se si astiene cavoli suoi.
Finalmente una cosa su cui sono d'accordo con Eugenio Scalfari. E su una questione fondamentale, di rilevanza costituzionale. Vado dicendo e scrivendo (anche nel mio ultimo libro autobiografico e filosofico IO NON VOLEVO NASCERE. UN MONDO SENZA CERTEZZE E SENZA GIUSTIZIA. FILOSOFI ODIERNI ALLA BERLINA che non vi può essere democrazia senza che sia data al popolo la possibilità di approvare con referendum una legge di iniziativa popolare senza passare per le pastoie del parlamento. I costituenti ANTIDEMOCRATICAMENTE hanno blindato la Costituzione con l'art. 138 prevedendo che la Costituzione possa essere mutata solo con 2/3 del parlamento oppure con una maggioranza assoluta del parlamento e relativo referendum (che però non implica il quorum del 50% più uno dei voti bastando la maggioranza assoluta dei votanti). Ma il parlamento non accetterebbe mai di essere spogliato del suo arrogante potere. Dunque ci si trova di fronte ad un circolo vizioso. COME USCIRNE? In base alla Costituzione (art. 71) bastano 50.000 firme per proporre al parlamento una proposta di legge di inizativa popolare. Poi si vedrebbe chi sarebbero coloro che si opporrebbero alla discussione e all'approvazione di tale legge, che dovrebbe apportare una modifica della Costituzione introducendo un referendum anche su una legge di iniziativa popolare e non più soltanto abrogativo di una legge già esistente. E se non è necessario il quorum per il referendum di approvazione di una legge modificatrice della Costituzione non si capisce (ha ragione Scalfari) perché dovrebbe valere il quorum per l'abrogazione di una legge già esistente. Io non voto dal 1994 perché non mi riconosco più in alcun partito. MALE LA DESTRA (per esempio con lo sperpero di danaro in eserciti in varie parti del mondo, per il servilismo dentro la criminale Nato, per il non voler abolire le province, ed accorpare i piccoli comuni, mentre io abolirei anche le regioni) E PEGGIO LA SINISTRA (contaminata dall'ideologia della società multiculturale e multirazziale, traditrice di Marx perché favorisce con la sua politica dell'accoglienza la formazione dell'"esercito di riserva" degli immigrati che serve a tenere bassi i salari).
Con tutto ciò che ho scritto non sarebbe in contrasto una legge di iniziativa popolare (se fosse possibile un referendum anche propositivo di una legge e non più soltanto abrogativo di una legge esistente) che riducesse il numero degli eletti (in parlamento, nelle regioni e ne Comuni) in proporzione al numero dei non votanti (fatta salva una soglia fisiologica - per esempio el 20%- dei non votanti). Infatti in questo caso non si tratterebbe di approvare o non approvare una legge di iniziativa popolare (nel qual caso gli assenti hanno sempre torto=. Nell'estate del 2009 fu pubblicata su Corriere una mia lettera in cui proponevo che il numero degli eletti fosse proporzionale al numero dei non votanti come spiegato sopra. Ed ebbi una serie di lettere di approvazione. Bisogna infatti tener conto anche del non voto, che può essere inteso come voto di protesta da parte di chi non si senta rappresentato da alcun partito e dai candidati proposti. In subordine, se non si volesse tener conto del non voto, allora, in coerenza con il fatto che un referendum dovrebbe essere valido indipendentemente dal quorum, bisognerebbe tener conto di coloro che andassero a votare annullando la scheda in modo da far scendere il numero degli eletti in proporzione al numero dei voti nulli. Soltanto allora i candidati non avrebbero più la poltrona assicurata indipendentemente dal numero dei non votanti e/o dei voti nulli. Ipotizziamo che andasse a votare alle politiche soltanto il 40%. A che titolo il parlamento o i consigli regionali e comunali pretenderebbero di rappresentare la volontà della maggioranza? Diverso è il caso del referendum propositivo (che ancora non esiste) ed abrogativo. In questo caso, infatti, chi fosse interessato a bocciare una legge di iniziativa popolare o a mantenere e non abrogare una legge già esistente non dovrebbe astenersi dall'andare a votare. Se si astiene cavoli suoi.
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