LA RICERCA
La dieta ipocalorica aiuta
a tenere giovane il cervello
Studio italiano spiega qual è il "pulsante" molecolare che attiva il meccanismo. Si chiama Creb1. Più chiaro il legame tra le malattie metaboliche, come diabete e obesità, e il declino delle attività cognitiva. Parlano i ricercatori di ELVIRA NASELLI
ROMA - Mangiare di meno non soltanto fa vivere più a lungo, e con meno probabilità di ammalarsi di tutte quelle patologie legate a sovrappeso e obesità, ma aiuta anche a mantenere più giovane il cervello. Uno studio italiano, appena pubblicato sulla prestigiosa rivista scientifica PNAS (Proceedings of the National Academy of Sciences Usa), è riuscito a spiegare qual è il "pulsante" molecolare che attiva il meccanismo grazie al quale una restrizione in termini di calorie aiuta il cervello a restare giovane.
Il pulsante in questione è la proteina Creb1, che diminuisce fisiologicamente con l'invecchiamento, ed è già nota da tempo per il suo ruolo di regolatrice di importanti funzioni cerebrali come la memoria, l'apprendimento, il controllo dell'ansia. Adesso i ricercatori dell'università Cattolica di Roma (istituto di Patologia generale e di Fisiologia umana) hanno scoperto che la funzione di Creb1 può essere aumentata semplicemente con una dieta ipocalorica, in un modo dunque estremamente semplice.
"Sapevamo già che Creb1 è in grado di modulare altri geni, e che a sua volta può essere modulata da fattori di crescita chiamati neurotrofine, da alcuni farmaci, e persino da caffè e tè - premette Giovambattista Pani, ricercatore dell'istituto di Patologia generale, che ha condotto il gruppo di lavoro - non sapevamo però che può essere attivata anche da un'alimentazione a regime calorico limitato. Una notizia particolarmente buona perché non è facile somministrare fattori di crescita al cervello mentre è facile pensare di poter arrivare alle cellule cerebrali modificando l'alimentazione".
Lo studio è stato condotto su topi, la cui dieta è stata ridotta del 30 per cento, dunque un taglio non drastico. Si sa che con un introito calorico al 70 per cento rispetto alla dieta normale i topi presentano migliori performance cognitive rispetto ai topi con un regime calorico normale, e sviluppano più tardi alterazioni cerebrali paragonabili alla malattia di Alzheimer nell'uomo. La novità è che negli animali mancanti di Creb1, nelle aree cerebrali deputate alle funzioni cognitive i benefici della dieta ipocalorica sul cervello risultano totalmente assenti e gli animali presentano gli stessi deficit di quelli supernutriti. Infatti, la dieta moderata aumenta l'attività di creb e "accende" nel cervello i geni delle sirtuine, note come le molecole della longevità.
"Questo dimostra per la prima volta uno dei meccanismi attraverso cui la dieta agisce sul cervello - continua Salvatore Fusco, coautore dello studio - anche se per l'uomo il discorso è più complicato perché non basterebbe semplicemente tagliare le calorie, ma incidere anche sulla qualità degli alimenti. In ogni caso ormai è più chiaro il meccanismo che lega le malattie metaboliche, come diabete e obesità, e il declino delle attività cognitive. Ed è un buon punto di partenza, anche nella logica di una possibile prevenzione farmacologica delle malattie neurodegenerative".
Il pulsante in questione è la proteina Creb1, che diminuisce fisiologicamente con l'invecchiamento, ed è già nota da tempo per il suo ruolo di regolatrice di importanti funzioni cerebrali come la memoria, l'apprendimento, il controllo dell'ansia. Adesso i ricercatori dell'università Cattolica di Roma (istituto di Patologia generale e di Fisiologia umana) hanno scoperto che la funzione di Creb1 può essere aumentata semplicemente con una dieta ipocalorica, in un modo dunque estremamente semplice.
"Sapevamo già che Creb1 è in grado di modulare altri geni, e che a sua volta può essere modulata da fattori di crescita chiamati neurotrofine, da alcuni farmaci, e persino da caffè e tè - premette Giovambattista Pani, ricercatore dell'istituto di Patologia generale, che ha condotto il gruppo di lavoro - non sapevamo però che può essere attivata anche da un'alimentazione a regime calorico limitato. Una notizia particolarmente buona perché non è facile somministrare fattori di crescita al cervello mentre è facile pensare di poter arrivare alle cellule cerebrali modificando l'alimentazione".
Lo studio è stato condotto su topi, la cui dieta è stata ridotta del 30 per cento, dunque un taglio non drastico. Si sa che con un introito calorico al 70 per cento rispetto alla dieta normale i topi presentano migliori performance cognitive rispetto ai topi con un regime calorico normale, e sviluppano più tardi alterazioni cerebrali paragonabili alla malattia di Alzheimer nell'uomo. La novità è che negli animali mancanti di Creb1, nelle aree cerebrali deputate alle funzioni cognitive i benefici della dieta ipocalorica sul cervello risultano totalmente assenti e gli animali presentano gli stessi deficit di quelli supernutriti. Infatti, la dieta moderata aumenta l'attività di creb e "accende" nel cervello i geni delle sirtuine, note come le molecole della longevità.
"Questo dimostra per la prima volta uno dei meccanismi attraverso cui la dieta agisce sul cervello - continua Salvatore Fusco, coautore dello studio - anche se per l'uomo il discorso è più complicato perché non basterebbe semplicemente tagliare le calorie, ma incidere anche sulla qualità degli alimenti. In ogni caso ormai è più chiaro il meccanismo che lega le malattie metaboliche, come diabete e obesità, e il declino delle attività cognitive. Ed è un buon punto di partenza, anche nella logica di una possibile prevenzione farmacologica delle malattie neurodegenerative".
(19 dicembre 2011)
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