mercoledì 9 aprile 2014

IMPEDIRE PER LEGGE LA FOLLIA DELL'INSEMINAZIONE ETEROLOGA. CORTE COSTITUZIONALE DI PAZZI ANTICOSTITUZIONALI

La Corte Costituzionale ha dichiarato anticostituzionale (e non si capisce perché) il divieto di donare ad una coppia spermatozoi od ovuli sotto anonimato. E' una pazzia. Bisogna distinguere tra l'inseminazione eterologa (con donazione anonima di spermatozoi o di ovuli) e l'utero in affitto perché nel secondo caso la donna non è madre del nascituro essendosi solo prestata a far nascere il figlio dai genitori naturali. L'inghilterra da qualche tempo in seguito a questi problemi ha varato delle restrizioni alla legge stessa togliendo l'anonimato ai donatori con il conseguente crollo dei donatori. Il rischio di trovarsi alla porta di casa centinaia di figli sconosciuti mette paura.  
Ho scritto più volte che questa Corte Costituzionale è di composizione anticostituzionale. Infatti i suoi membri sono stati eletti per 1/3 da parlamenti eletti in base ad una legge elettorale anticostituzionale, che hanno eletto pertanto un presidente della Repubblica (Napolitano) che, di nomina anch'essa anticostituzionale (quod nullum est nullum producit effectum), ha nominato 1/3 dei membri della stessa Corte. Ma l'assurdo maggiore consiste nel fatto che questa Corte di pazzi, pur avendo dichiarato anticostituzionale il porcellum (sulla base del quale sono stati eletti molti membri di questa Corte) ha dichiarato contraddittoriamente, anzi, schizofreneticamente, che questo parlamento aveva titolo per legiferare e dunque per cambiare la legge elettorale. Perché questo assurdo? E' evidente che questi individui sono attaccati alle loro poltronacce e alle loro laute prebende. Non hanno voluto ammettere che, dichiarato anticostituzionale il porcellum, essi stessi erano di nomina anticostituzionale. La spiegazione è tutta qui. Dunque più che pazzi sono disonesti perché solo dei disonesti possono affermare che una legge elettorale è anticostituzionale mentre essi stessi hanno usufruito di questa stessa legge per mettere il culo sulle loro poltronacce. Se la pazzia o la disonestà abitano anche nella Corte Costituzionale vuol dire che siamo veramente mal messi. L'unica uscita da una situazione di anticostituzionalità in cui stiamo vivendo da 20 anni sarebbe l'autoscioglimento del parlamento con il ritorno alle elezioni senza votare una nuova legge elettorale perché non ve ne sarebbe nemmeno bisogno, riprendendo automaticamente vigore la legge elettorale che era in vigore sino al 1993. Perché certamente i costituenti avevano in mente una legge elettorale fondata sul proporzionale e male fecero a non inserirla nella Costituzione. Ma se si andasse a leggere i lavori preparatori della Costituzione si capirebbe che i costituenti davano per scontata una legge elettorale fondata sul proporzionale. Questa è una falsa democrazia che è preda degli arrivismi dei partiti. Ogni partito vuole una legge elettorale che crede gli sia più favorevole per poter imporre la dittatura di una minoranza. Si dice che bisogna salvaguardare la governabilità. FALSO. La governabilità non può cancellare la salvaguardia della rappresentanza. Già la democrazia rappresentativa è una falsa democrazia se impedisce ad un popolo di farsi le leggi che vuole tramite referendum PROPOSITIVI (e non soltanto abrogativi) di leggi votate direttamente dal popolo senza passare attraverso la palude del parlamento, bivacco di manipoli di partiti. Inoltre l'attuale Costituzione proibisce anche i referendum abrogativi quando si tratti di leggi economiche o di trattati internazionali. Così ci è stata imposta la camicia di forza del trattato dell'Unione Europea e di quella disgrazia monetaria che è l'euro senza che un referendum abrogativo ci possa liberare da questa camicia di forza. Pertanto bisognerebbe modificare la Costituzione introducendo il referendum propositivo. Solo così la falsa democrazia rappresentativa sarebbe corretta da una vera democrazia, come ben aveva capito Rousseau nel Contratto sociale. La volontà popolare, ha scritto Rousseau, non può essere alienata in una rappresentanza di essa. Dunque la volontà popolare (che è la volontà della maggioranza) deve essere superiore a quella del parlamento e deve poter decidere anche in contrasto con la volontà della maggioranza del parlamento approvando con referendum leggi in contrasto con quelle approvate dal parlamento, che verrebbero di conseguenza annullate.         
Non ho mai capito perché la gente senta il bisogno di far figli. Lo capirei se si trattasse di istinto animale. Qual è il fine della vita di un batterio? Quello di moltiplicarsi in altri batteri. Tra gli animali non umani la riproduzione avviene solo quando la femmina è nel periodo fecondo. Altrimenti il maschio, e questo avviene tra i mammiferi, non si sente nemmeno attratto dalla femmina, la cui fecondità viene percepita attraverso l'odorato. Infatti non avviene mai violenza sessuale tra gli animali non umani. L'uomo è un animale che è stato snaturato dalla cultura. La donna ha l'istinto della maternità non tanto per un motivo naturale quanto per un motivo culturale. Altrimenti non si capirebbe come mai tante donne, a parte le suore, abbiano rinunciato ad avere figli. Ma l'istinto culturale della maternità si intreccia nella donna con quello naturale del completamento della sua struttura biologica. Avendo l'utero è portata culturalmente a sentirsi completata riempendolo almeno una volta nella vita, mentre l'uomo non ha bisogno di completarsi internamente. Ciò è confermato dal fatto che l'80% delle separazioni avviene su richiesta delle donne anche quando l'uomo viene considerato incolpevole. Perché? E' evidente. Può capitare che la donna, una volta realizzato il suo scopo, quello di avere un figlio, si stanchi sessualmente del marito e si accorga, passato il periodo dell'innamoramento (da non confondere con l'amore) si accorga che il marito le sia servito solo come stallone e si convinca che il figlio sia solo suo perché ha impiegato nove mesi per farlo, mentre l'uomo può impiegarvi anche solo pochi minuti. E mentre il marito, generalmente, venutagli a stanchezza sessuale la moglie, preferisce trovare fuori un nuovo appagamento, anche sentimentale oltre che sessuale, pur di non sfasciare la famiglia, la moglie preferisce rompere il matrimonio per trovare un nuovo appagamento sessuale. Vi è dunque una tendenza della donna alla monandria, mentre vi è una tendenza naturale dell'uomo alla poligamia. Aristotele (Metafisica, I,6) disse una frase solo apparentemente banale: il maschio può fecondare più femmine mentre una femmina può essere fecondata da un solo maschio. Il matrimonio è dunque contro natura. Non esiste la fedeltà di coppia negli animali, tranne negli uccelli per un periodo limitato di tempo per la necessità di alternarsi nella cova delle uova e nell'allevamento dei pulcini nel nido. Poi ognuno si riprende la libertà. Esiste una sola eccezione per una specie di uccelli (di cui non ricordo il nome): la femmina, se rimane vedova, non si accoppia più con altro maschio. 
Fatta questa lunga premessa torno alla domanda: perché la gente fa figli? Vi sono quelli che pensano di dovere avere una discendenza per non lasciare in eredità ad altri i loro averi. Questo motivo non esclude la tendenza animale a riprodursi per lasciare una traccia del proprio DNA. Ma credo che il motivo principale sia dovuto alla necessità di rimuovere psicanaliticamente il non senso della vita. Non sappiamo che cosa ci stiamo a fare su questa Terra. Non sappiamo se siamo frutto di un disegno intelligente della natura oppure il frutto della casualità dal Big Bang sino alla formazione del sistema solare. Non hanno certezze  nemmeno i credenti in un aldilà (tranne che si tratti di fanatici islamici) perché nessuno ha delle certezze circa l'esistenza di un aldilà. La fede religiosa non è tale se non è pervasa da dubbi. Se si potesse leggere nella mente del papa ci si accorgerebbe che anche lui ha dei dubbi su ciò che va predicando.            
Il non senso della vita porta a rimuovere questo sentimento oscuro con la creazione di responsabilità nei riguardi degli altri. E tra questi altri necessariamente vengono per primi i figli, anche se di tali responsabilità, che sono prima di tutto economiche, ognuno potrebbe fare benissimo a meno con maggiore vantaggio economico. Si ha paura della solitudine, anche sentimentale, di rimanere soli nella vecchiaia e di avere bisogno di un'assistenza che non sia solo quella che può offrire una persona estranea pagata per questo. Ma la famiglia costa in fatto di spesa di tempo e di danaro. Ci si sacrifica egoisticamente per i figli credendo di avere uno scopo nella vita. E non si pensa che poi i figli, divenuti adulti, se ne vanno facendosi una loro vita e perpetuando la staffetta dell'illusione. E così i genitori rimangono soli. 
E tuttavia continua l'accanimento del volere figli ad ogni costo. Soprattutto da parte delle donne. E vengo al titolo di questo articolo. Perché dovrebbe essere proibita la fecondazione eterologa? Avevo già affrontato questo tema in un capitolo del mio libro Scontro tra culture e metacultura scientifica. Perciò riporto sotto quanto scrissi nel 2006. Dopo quanto sotto riportato seguono nel libro alcuni passi commentati tratti dalla famosa e illuminante Lettera a un bambino mai nato di Oriana Fallaci. Se il lettore non conosce questo breve capolavoro della Fallaci lo legga e vi ritroverà i miei stessi pensieri, se pur privi delle illusioni della Fallaci.  

E’ paradossale che in nome della morale della libertà, e pur in mancanza di una selezione naturale, grazie alla medicina, la legge vieti per principio l'eugenetica in nome della “sacralità” della vita umana, mentre concede a tutti di fare figli, anche se predisposti alle sofferenze di gravi malattie ereditarie, limitando così il loro diritto naturale alla conservazione, che include anche il diritto al benessere delle funzioni vitali. Platone si meravigliava del fatto che gli uomini operassero delle selezioni per migliorare le razze degli animali da allevamento, mentre nessuno aveva pensato di attuare la stessa selezione per gli uomini in funzione della loro salute. La quale non è un bene, come si suol dire, ma è assenza di male, come la giustizia.1
Marcello Pera giustifica l'aborto, terapeutico o non, essendo prioritario l'interesse della madre (senza spiegarne le ragioni), e sembra non condannare a priori nemmeno l'intervento sugli embrioni, ponendo, tuttavia dei limiti che non si capisce quali siano. Il che significa contraddire – meno male - l’identificazione dell’embrione con il concetto di persona. Tutto sembra essere consegnato alla "saggezza"aristotelica, ma senza spiegare che la saggezza, come ogni altra virtù, per Aristotele non può raccomandarsi a tutti, ma soltanto a coloro che, per natura e per educazione in sieme, sono capaci di esercitarla, mentre per gli altri valgono e bastano le leggi, che non richiedono la virtù, ma la giustizia, distributiva e riparatrice (Etica nicomachea, L. V).
Si vede come la morale, che vorrebbe che gli embrioni non venissero distrutti, in quanto individui in potenza, si sostituisce al diritto, che vuole che non si provochino dei danni al nascituro facendolo nascere da un embrione possibile portatore di malattie ereditarie. La politica, corrotta dalla morale, può arrivare persino a queste forme di follia. La premessa di tale follia è che la vita sia comunque un bene, se pur non richiesto, anche se si nasce già segnati da malattie. Oppure che si debba rispettare nell’embrione la dignità della persona umana, per cui la legge ha voluto in Italia la follia dell’impianto di tre embrioni, non potendosene distruggere alcuno. Ma a tal proposito noi abbiamo immaginato, come si fa in fisica, una condizione ideale. Si immagini che con mente divina si possa avere conoscenza del futuro dei tre embrioni. Che il primo sia destinato a diventare un grande scienziato, il secondo un grande filantropo, e il terzo un grande criminale. Dal punto di vista di una morale utilitaristica, facendo il rapporto costi\benefici, si potrebbe preferire far diventare individui tutti e tre gli embrioni, se, per esempio, la scoperta scientifica della cura di una grave e diffusa malattia può giovare ad un numero altissimo di persone o se l’opera del grande filantropo apporterà dei benefici a moltissimi individui. Ma ciò comporterebbe l’accettazione a priori di un crimine, anche se la vittima del criminale non avrebbe il dovere di sacrificarsi per la vita degli altri, in base alla considerazione che il suo diritto naturale alla vita non può essere inferiore a quello dello scienziato e a quello del filantropo. E’ evidente che chi attribuisce dignità di vita all’embrione per il solo fatto di essere umano attribuirebbe a priori dignità di vita anche al criminale, non importando che egli sia la negazione del diritto alla vita della sua vittima. Quando si continua a parlare di dignità dell’uomo, che non può esistere in astratto, ma in concreto, perché la dignità, con il rispetto, bisogna meritarsela, si continua ad alimentare una vuota retorica umanistica che ha fatto il suo tempo. . .
Non è giustificabile, al contrario, l’inseminazione artificiale eterologa perché il nascituro, non potendo avere conoscenza del padre o della madre naturale, verrebbe danneggiato perché privato del suo diritto naturale di conoscere il patrimonio genetico di ambedue i genitori in relazione alla necessità di una anamnesi medica che faccia riferimento ad esso. Si aggiunga il danno psicologico, in alternativa alla menzogna perpetua avallata dalla legge, derivante dalla scoperta da parte del figlio, di non poter conoscere il suo vero padre o la sua vera madre, con le conseguenti possibili turbe psicologiche che durerebbero per tutta la vita. E ciò in conseguenza dell’egoismo di chi vuole un figlio ad ogni costo, accampando un falso diritto alla paternità o alla maternità.
Per questo motivo deve essere vietato alla madre di abbandonare in ospedale sotto la garanzia dell’anonimato il neonato, dovendosi sempre garantire al figlio la possibilità di conoscere la sua vera madre se egli lo richiedesse o fosse necessario sul piano di un anamnesi medica. Per lo stesso motivo la madre deve essere costretta dalla legge ad indicare il padre del neonato da sottoporre alla prova del DNA, anche se ciò non comporterebbe da parte del padre e della madre naturali l’onere di provvedere materialmente al neonato abbandonato, da affidare successivamente ad altra coppia, potendo nell’adozione avere anche una vita migliore.
Se si considerassero tutti questi aspetti non si farebbe tanto baccano sul diritto alla vita degli embrioni, che non chiedono certamente di nascere, come se la vita fosse un bene ancor prima di nascere (o di essere concepiti), e non lo fosse invece soltanto in relazione al fatto che, una volta nati, come dice Hobbes, la morte appare “il massimo dei mali naturali”. Si considera solo il passaggio dal nulla all’essere (cioè alla nascita o al concepimento), per trarre da ciò un bene (la vita) come guadagno, senza considerare il successivo passaggio dall’essere al nulla, con la perdita dell’asserito bene della vita. La somma totale è pari a zero. Anzi, considerando in più l’esperienza negativa della morte, che non nascendo si eviterebbe, la somma è qualitativamente negativa. Ma, una volta nato, ognuno si affanna, già dal momento del piacere della suzione del latte materno, a ricercare dei beni per la tendenza naturale di ogni organismo a conseguire il proprio benessere, come “ciò a cui ogni cosa tende” (Aristotele, Etica nicomachea, I, 1) e a “fuggire quel che per lui è male, specialmente poi il massimo dei mali naturali, cioè la morte” (Hobbes, De cive, I, 7). La vita è la condizione esistenziale che porta a conseguire dei beni. Essa, pertanto, non è di per sé un bene. Appare tale soltanto di riflesso, perché, una volta nati, la morte è certamente un male, perché perdita di tutto. Ma queste considerazioni, pur ovvie, non possono entrare nella testa dei cosiddetti esperti del Comitato nazionale di bioetica di nomina ministeriale. A maggior ragion non possono entrare nella testa della gente comune, plagiata dalla retorica dei mass media fondata sui luoghi comuni dei non sensi linguistici, che impongono di pensare che la vita sia di per sé un bene, e che dunque essa possa essere donata.2 Oltre tutto, se fosse di per sé un bene, non esisterebbero i suicidi. Chi si suicida non riesce più a conseguire dei beni dalla vita. Per lui si forma un corto circuito causato dall’impossibilità di conseguire ulteriormente dei beni, a causa del prevalere di un danno, che può essere anche la consapevolezza della mancanza di senso della vita. Le religioni pongono riparo alla disperazione che può nascere dal prevalere del sentimento oscuro della mancanza di senso della vita sulla naturale tendenza dell’organismo a conservarsi in vita. Infatti gli animali non umani non si suicidano.

1 Platone nel Timeo intese la salute come equilibrio delle funzioni di un organismo, al pari della giustizia. Cioè come assenza di male. Si considerino i valori delle analisi mediche. Se essi sono giusti, si suol dire che sono normali. Se si dicesse che sono buoni si intenderebbe dire che potrebbero essere migliori. La giustizia, come la salute, si distingue dal bene, che, essendo morale, sta oltre l’ambito del diritto, che riguarda l’assenza di male, giuridicamente inteso come danno.

2 Forse, proprio a causa della mancanza di senso dell’espressione “donare la vita”, Platone, per ovviare a ciò, recepì dalla tradizione pitagorica ed orfica la dottrina della metempsicosi, che presuppone, non soltanto che l’anima sia coeterna con il mondo e che essa sia soggetta a cicli di reincarnazione, ma che essa possa trasmigrare, per punizione, in forme di vita inferiori, entro uno stesso ciclo del mondo, per cui i genitori sono soltanto lo strumento involontario di un destino già segnato per l’anima. Sia Platone che Aristotele ripresero da Eraclito il concetto di grande anno (10. 800 anni), che rappresenta quel ciclo del mondo dopo il quale le cose e gli eventi si ripresentano e si ripetono come nel ciclo precedente, dovendo rinascere gli stessi individui. Tale pensiero fu conservato nel neoplatonismo di Plotino (III secolo .d. C) e della sua scuola, sino a Proclo (V secolo) .
    

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