venerdì 12 agosto 2016

PERCHE' GLI ANIMALISTI NON POSSONO NON ESSERE ANTISLAMICI. ALL'ORIGINE DELLA MACELLAZIONE ISLAMICA (3)

E quanto al rabbino capo di Roma Riccardo Di Segni, che ha provocato due interpellanze parlamentari contro noi, è bene che si sappia quanto questo individuo è stato capace di scrivere: “ Nel pensiero biblico mangiare carne è considerato non come un diritto scontato, e un fatto naturale, ma come un atto che comporta la violazione di un ordine e che può essere lecito solo a determinate condizioni…il permesso di mangiare carne segnala la posizione dell’uomo al vertice della scala del creato, dato che in natura ogni essere vivente si nutre di alimenti che sono rispetto a lui in una posizione gerarchicamente inferiore. In armonia con questa spiegazione un principio rabbinico vieta agli ignoranti di mangiare carne; come a dire che soltanto l’uomo che con la ragione dimostra la superiorità sugli animali ha diritto di sfruttare (sic!) il mondo animale”.[1]

Si dovrebbe commentare dicendo che il rabbino capo di Roma per coerenza non dovrebbe mangiare carne, avendo dimostrato di essere troppo ignorante nel suo appellarsi ancora ad una concezione gerarchica, e perciò antiscientifica, della natura ricavata dal testo nefando della Torah. All’ignoranza si aggiunge una perfida e smaccata ipocrisia tipica dell’ebreo osservante che può giungere anche ad affermare che “l’uccisione di qualsiasi essere vivente viene vissuta con un senso di colpa. Lo stesso sacrificio, alle sue origini, avrebbe questo senso di colpa come uno dei suoi moventi fondamentali. L’offerta dell’animale alla divinità non è il fine ultimo dell’azione, ma il mezzo per consentire all’uomo il consumo delle carni dell’animale”. Infatti, “se la morte dell’animale è un dono alla divinità, non dà più origine ad un senso di colpa. Successivamente il sacrificio avrebbe acquisito significati più ampi, di espiazione non solo dalla morte dell’animale sacrificato, ma di tutte le colpe commesse; ed è con questi significati che fu accolto e celebrato dagli ebrei”.

 Ciò significa, incredibilmente, che l’ebreo osservante può persino convincersi di soffrire meno delle sue colpe, scaricandole sul povero animale, che certamente non soffre meno se viene immolato al dio sanguinario dell’ebreo credente. A parte ciò, se nel terribile passo citato non dominasse una spietata ipocrisia, che dominò sempre il culto esterno nella ritualità degli ebrei osservanti, tanto da costringere Gesù ad inveire contro di loro chiamandoli “sepolcri imbiancati”, perché credevano di purificarsi la coscienza dal peccato sacrificando animali, invece di rigenerarsi moralmente, varrebbe, in alternativa, la buona fede degli uomini primitivi, che, come si dirà meglio appresso, dopo avere ucciso un animale o un nemico, giungendo anche a forme di cannibalismo, credevano di poter farsi perdonare adorando gli spiriti delle loro vittime. All’origine della Torah vi è la stessa prassi del primitivo. Ciò che stupisce è che l’ignoranza ancor oggi possa far credere che la Torah sia un testo degno di rispetto nonostante le sue nefandezze. 

Seguiamo ora le istruzioni da macellatore del rabbino capo di Roma. Egli scrive, sapendo di mentire, che la recisione delle arterie carotidi e delle vene giugulari (senza previa perdita della coscienza da parte dell’animale) “sospende immediatamente (sic!) la maggior parte del flusso cerebrale e determina entro 5-6 secondi una brusca caduta della pressione arteriosa;…La perdita della coscienza, che rende impossibile la sensazione del dolore, si verifica quando il flusso cerebrale è del 50%. La pressione nei ventricoli cerebrali si abbassa ancor più rapidamente iniziando dalle aree corticali; entro 8-10 secondi dalla shechitah (cioè dal “rituale” colpo di coltello) i centri regolatori dell’equilibrio, che hanno sede nel cervelletto, cessano le loro funzioni; la percezione del dolore, che è controllata dalla corteccia cerebrale, cessa ancor prima. Per l’uomo si decide che l’anossia (mancanza di ossigeno) nel cervello è un modo piacevole di perdita di coscienza”. 

Di fronte a simile sconcertante considerazione dovrebbe ritenersi, allora, che sarebbe stata altrettanto piacevole per il rabbino di Roma, come per tutti gli ebrei osservanti, la perdita di coscienza nelle camere a gas in meno di un minuto. Non contento di ciò il rabbino capo di Roma fa riferimento ai “potenziali elettrici cerebrali” che sarebbero stati misurati con l’elettroencefalogramma (EEG) subito dopo la shechitàh, per concludere che essi “perdono il loro aspetto normale e continuano per un certo periodo; ma lo stesso avviene con altri metodi di macellazione, compresi quelli che ledono direttamente il cervello…Alcuni valutano che la mancanza di coscienza si verifichi dopo 7,5 secondi (notare la precisione!) dalla shechitàh”.  Ma stupidamente egli riconosce che “i potenziali evocati – registrati in aree particolari del cervello in risposta a determinati stimoli, visivi tattili, etc.) – persistono dopo la shechitàh almeno per 20 secondi, talora fino a 120”. E di fronte alla possibilità che qualcuno ritenesse crudele tale pratica anche nel caso di una perdita di coscienza che durasse, per dissanguamento, 2 minuti, l’ineffabile rabbino capo si appresta a precisare che “la presenza di una risposta (tattile e visiva) – e, aggiungiamo noi, con disperati tentavi di movimento del povero animale legato per terra su un fianco destro, come impone l’altra barbarie, purtroppo più frequente, degli islamici, assai più numerosi in Occidente, ed eredi anch’essi della barbarie della Torah – non significa necessariamente presenza di coscienza, né tanto meno di percezione del dolore…oggi non c’è alcun metodo scientifico per poterla accertare o negare con sicurezza”. E così il rabbino capo di Roma crede di salvarsi con il beneficio del dubbio, credendo di rivolgersi a degli idioti.

Ma i racconti fatti da chi ha assistito, anche professionalmente, da veterinario, ai lamenti e al disperato tentativo dell’animale di sottrarsi a simile inenarrabile crudeltà bastano a provare quanto possa la superstizione religiosa falsificare la realtà e portare all’obnubilamento del cervello, come disse Schopenhauer, rimarcando il “foetor Iudaicus” sulla stessa questione.[2]

E ci risulta da una nostra documentazione[3] che un’associazione di veterinari di Torino ha dichiarato in un documento del 20 ottobre 1998 che “in situazioni normali la morte sopravviene nel corso di 5 minuti: passato il primo momento di stupore e sorpresa, l’animale, quando incomincia a perdere forze e vitalità, compie tentativi spasmodici e si dibatte per cercare di liberarsi. Questo comportamento rappresenta la regola, anche quando tutte le operazioni sono condotte seguendo i migliori canoni operativi. I veterinari che operano nei macelli ammettono che tale macellazione rappresenta un evento a suo modo impressionante. Il tutto peggiora nel momento in cui le macellazioni si susseguono a ritmo elevato, condizione che facilita l’errore umano, in seguito al quale il taglio non riesce a recidere completamente i vasi sanguigni e determina una agonia prolungata e maggiori dibattimenti e spasmi dell’animale…Nel complesso non si può negare che le macellazioni senza stordimento configurano una situazione di eccitazione, dolore e sofferenza per gli animali…Vi sono buone ragioni per rivedere le normative in tema di macellazione, anche per evitare la perpetuazione di metodi cruenti e dolorosi per gli animali e che offendono la sensibilità di larga parte della popolazione italiana”.

Altro che scrivere che la coscienza viene persa dopo pochi secondi. Foetor Iudaicus!


[1] Riccardo Di Segni, Guida alle regole alimentari ebraiche, Ed. Lamed Roma 2000. Le pagine illustranti la sconcertante difesa della macellazione ebraico-islamica, tratte dal testo citato del rabbino capo di Roma,  sono comprese nella documentazione giuntaci dall’associazione Animalisti italiani.        


[2] Il fondamento della morale, §19,  7.


[3]  Inviataci dall’associazione Animalisti italiani, insieme con il Documento approvato nella Seduta Plenaria del 19 settembre 2003 dai codini ministeriali del Comitato Nazionale per la Bioetica che hanno anteposto il rispetto della fanatica tradizione alimentare ebraica alle sofferenze degli animali,  facendo passare la macellazione ebraica come rispetto di una tradizione religiosa e perciò come rispetto della corrispondente macellazione halal degli islamici.      

1 commento:

Anonimo ha detto...

da credente ad Atea, da magnacadaveri a Vegana...una bella evoluzione...complimenti a Me Stessa. Questi d'io solo maschi, sempre fra maschi sono dei copiaincollati del già derivata giovè d'io degli eserciti, da cui dopo 1000 anni hanno copiato d'io d'"amore" [re amo] che ne ha fatte di tutti i colori, da cui hanno copiato dopo 1600 anni ndostà? stallah! Tutti e tre maschilisti che odiano le Donne e si pappano gli animali.
Ci sono le prove: d'io re amo alla sua prediletta, la Ma Donna [non quella che canta] non ha fatto conoscere uomo, l'ha fatta partorire vergine, le ha ammazzato il figlio, l'hanno dipinta morta per ignoranza di pittori alla caravaggio. Ed era la sua prediletta. Gli fosse stata antipatica? Per accorgersi di questa "discrepanza" gli intelligenti$$imi catt'olici, hanno impiegato ben 250 anni e p'io nonno dogmò l'immacolata concezione. Giovè poi era talmente magnacadaveri, insieme al suo preferito abele, che gli procurava gli agnellini da sgozzare e pappare, che con il suo in fame bullismo verso Caino, agricoltore, provocò l'uccisione di abele. Io sto con Caino!
Monia