giovedì 5 dicembre 2019

MA DEL PANTANO DELLA GIUSTIZIA CIVILE NON SI PARLA MAI

Siamo sempre alla solita buffonata della riforma della giustizia civile. Un vero pasticcio perché il disegno di legge promette di ridurre i tempi ma ancora non si spiega come verranno ridotti. 
Non vengono precisati i termini di tempo tra un'udienza e l'altra, per cui rimarrà il solito pantano dei rinvii che rimangono a discrezione dei giudici, con la scusa di essere oberati di troppe cause. 
E' lo stesso giudice che fissa il calendario delle udienze, e la prima udienza sarà tenuta dopo 80 giorni dal deposito del ricorso (che sostituisce l'atto introduttivo, senza spiegare che differenza vi sia tra i due). Cambiano le parole ma la sostanza rimane eguale. La violazione dei termini del calendario non ha praticamente alcuna conseguenza perché i termini rimarranno ordinatori e non obbligatori. E così si continuerà a violare il vago principio di ragionevole durata del processo. Se poi si aggiunge la necessità di una perizia tecnica il tecnico non potrà essere costretto a depositare la perizia entro un termine prescritto perché potrà sempre richiedere un tempo maggiore adducendo la difficoltà del lavoro. La ventilata sanzione disciplinare per mancanza di rispetto dei termini è puramente teorica perché non ha mai avuto applicazione. E la scusa è il troppo carico di lavoro. Anche perché i tribunali oggi sono intasati da avvocati disonesti che (pagati dallo Stato, e perciò con le nostre tasse) appoggiano le domande di asilo degli invasori dall'Africa e dall'Asia.
Dopo la prima udienza possono essere concessi 30 giorni per domande istruttorie e altri 20  per proca contraria. Scaduti i 50 giorni la successiva udienza deve essere fissata non oltre i 60 giorni successivi. Il giudice ha a disposizione altri 20 giorni per leggere le memorie difensive. Si è così teoricamente a tre mesi e mezzo dalla prima udienza. Ma per la seconda udienza il giudice si può concedere altri  40 giorni. Se poi le parti chiedono una discussione orale la seconda udienza può essere spostata dal giudice ad una data da lui stabilita a piacimento.  
Nel giudizio di Appello manca il termine di tempo che deve intercorrere tra la notifica del ricorso e la data di costituzione in giudizio, che viene lasciata alla discrezione del giudice.   
Il ricorso è peggiorativo rispetto all'atto di citazione  che è preferibile perché: consente di avviare il processo in termini certi (non oltre 90 giorni) e perché sottrae l'inizio del giudizio all'arbitrio dei giudici, che con il ricorso possono stabilire essi stessi la data della prima udienza in base al solito motivo del carico di lavoro. 
La buffonata ulteriore di questa falsa riforma consiste nel fatto che, conclusa l'istruttoria e depositate la comparsa conclusionale e quella di replica, il giudice potrà continuare a fare la sentenza quando vuole, senza rispettare il principio della ragionevole durata del processo. 
Ma la buffonata maggiore consiste nel fatto che la casta dei giudici è l'unica che continua a sottrarsi ad ogni responsablità civile PERSONALE anche quando facciano sentenze dettate da ignoranza o vizi logici inescusabili. 


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