mercoledì 30 agosto 2023

CHE COSA DISTINGUE UNA RIBELLIONE VIOLENTA DA UNA RIVOLUZIONE?

La giusta rabbia scaturente dalla cessazione del Reddito di Cittadinanza può suscitare un sentimento di comprensione, se non di condivisione, anche da parte di chi crede che in una cosiddetta democrazia l'opposizione a determinate scelte del governo debba manifestarsi senza violenza. Se si esamina non superficialmente la condotta di questa donna che ha ritenuto che il R.d.C. fosse uno spreco di danaro pubblico per tutti quelli compresi tra i 18 e i 59 anni non si può non comprendere il forte disagio di vita di cui è pienamente colpevole chi immeritatamente è riuscita a cucirsi sotto il culo la sedia di capo del governo. Come è possibile equiparare un 18enne a un 59enne? Soprattutto non si capisce quel 59enne, che assomiglia tanto a un 60enne. Tutti divanisti? Non si tiene conto che arrivati a 50 anni dopo aver perso il lavoro è quasi impossibile trovarne un altro perché le aziende preferiscono assumere i giovani verso i quali è stato indirizzato un minore prelievo fiscale a carico del datore di lavoro che deve pagare quasi tutto l'onere dei contributi ai fini pensionistici. E' mai possibile che questa nana non l'abbia capito? Non vi è una sostanziale differenza tra una rivoluzione e una protesta violenta contro leggi ingiuste. Se si dovesse in ogni caso condannare la violenza allora bisognerebbe condannare tutta la storia. Ma limitiamoci a considerare una guerra civile. Non ogni guerra civile è condannabile solo perché è violenta. Una ribellione violenta deve essere giudicata secondo la sua finalità. Forse una legge ingiusta può pretendere di condannare la violenza se è lo stesso governo che la esercita con la faccia della legalità? Qui si tratta di una questione di sopravvivenza, di fronte alla quale può apparire giustificata la violenza se esercitata contro un'altra violenza, che è quella di un governo che si ammanta della legalità pur usando la violenza, che è tale quando la legge è talmente ingiusta da causare una giusta ribellione. Se la giusta ribellione sconfinasse in una rivoluzione (in tal caso da escludere perché il motivo sarebbe troppo circoscritto e per questo non investirebbe vasti strati della popolazione) la conclusione è che si vuole condannare la violenza solo perché troppo circoscritta. In conclusione non esiste una differenza se non di numero tra una rivoluzione e una ribellione violenta, anche se non armata.              

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