domenica 3 settembre 2023

MA CHI EDUCHERA' GLI EDUCATORI?

Mi è venuta in mente la VII satira di Giovenale sulle donne ove si dice che nelle famiglie di rilievo era uso in assenza dei mariti fare custodire le mogli. Se quis custodiet custodes (Ma chi custodirà i custodi?) si domanda Giovenale. Ho pensato ciò con riferimento ai commenti relativi allo stupro subito a Palermo da 7 individui tra cui solo uno da poco maggiorenne. Quasi tutti si lamentano del fatto che non è intervenuta l'educazione da parte dei genitori. Ma quali genitori se dovrebbero essi sottopoposti a educazione? Paradossalmente i genitori dovrebbero essere sottoposti ad educazione. Mi vien fatto di ricordare anche la Repubblica di Platone, che in merito all'educazione dei figli si trovò di fronte alla difficoltà che il cittadino avesse una giusta educazione da parte dei genitori. Pertanto Platone proponeva che i figli dopo la prima fanciullezza fossero sottratti ai genitori fino all'età di maggiorenni per essere educati dallo Stato, naturalmente da uno Stato ideale quale quello concepito da Platone. Questo Stato dovrebbe garantire, oltre alla informazione con una scuola dell'obbligo, una informazione basata soprattutto sullo studio della matematica ma anche sull'educazione fisica (non per nulla nella Grecia antica furono inventate le Olimpiadi), anche quella che oggi verrebbe chiamata educazione civica. E in vero, non vi è disciplina che maggiormente educa il cervello al rigore come la matematica. Si dice che nel frontone dell'Accademia di Platone figurasse la scritta "Niuno entri qui di geometria sprovvisto".                    

3 commenti:

Alessio ha detto...

Buongiorno professore, come sta? Si ricorda di me? Io ero intervenuto anni fa più volte sul suo blog, ma ho continuato costantemente a leggerla, perché ritengo che lei sia una delle poche persone che ha il coraggio di affermare la verità sulle cose e di analizzarle sino in fondo, andando molto al di là dell'ipocrisia a cui ormai quasi tutti sono assoggettati.
Per quanto riguarda l'educazione che i genitori danno ai figli, io ritengo appunto che ogni genitore tenda ad idealizzare i figli, a considerarli incapaci di commettere il male, poiché ogni persona in fondo desidera soltanto il proprio benessere (è l'egoismo umano) e quindi ammettere che un figlio, che è in fondo una propria creazione, sia malvagio significherebbe dire a se stessi di aver messo al mondo qualcosa di negativo, e ciò fa molto male. E' quindi molto più efficace un'educazione fatta da insegnanti e altre figure educative, perché possono avere quell'obiettività che al genitore spesso manca.

Pietro Melis ha detto...

Caro Alessio non vorrei confondere con altre persone. Anni fa padre e figlio erano venuti a casa a farmi visita. Mi lasci il suo indirizzo email e il suo telefono che non pubblicherò

Anonimo ha detto...

buongiorno a voi,
mi permetto di dissentire su quanto afferma Alessio, che mi pare faccia una valutazione circoscritta ad un insieme limitato di persone che ancora resistono alla deriva in atto che, invece, accomuna la maggior parte di persone esistenti. Perché, mentre fino ad alcuni decenni fa ci si abrutiva inconsapevolmente, e ciò avveniva per un naturale adattamento nello stare a contatto con molti altri, adesso invece noto che le persone vogliono apparire malevoli e minacciose. Ciò è dimostrato anche dall'aumento esponenziale dei tatuaggi che si vedono in giro, tatuaggi che riproducono figure per nulla rassicuranti. Per cui immagino che la maggior parte dei genitori educhino i propri figli in tal senso. Infatti tutti possiamo raccontare vicende, di cui siamo stati testimoni, come quelle che si vedono nell'episodio "L'educazione sentimentale" con Tognazzi nel film "I mostri". Il perché la quasi totalità delle persone si comporti in questo modo lo attribuisco, oltre alla naturale inclinazione umana di produrre male invece che bene, al fatto di vivere in troppi in uno spazio ristretto. Chi, come me, ha una certa età, può ricordare come persone che non si conoscevano fra di loro si salutavano per il solo fatto di incrociarsi sul marciapiede ("buongiorno"... "buongiorno"), cosa che avviene ancora ma solo in piccoli paesi, per esempio in zone montane che si trovano distanti dai grossi agglomerati urbani. Adesso, invece, rivolgere un saluto disinteressato ad una persona sconosciuta, pur non in una città, dove oltretutto salutare tutti comporterebbe stare continuamente a farlo, ma in un paese di dimensioni medie, susciterebbe sospetti di tutti i tipi nelle persone che lo ricevono.
(giovanni)