martedì 21 novembre 2023

"A ME MI HANNO ROVINATO LE DONNE: TROPPO POCHE" (STEFANO BENNI)

Vivevo nell'abbondanza e certamente mi sarebbe passata inosservata perché fisicamente trascurabile. Colleghe di studio con camere in affitto mi invitavano a preparare insieme l'esame. Rispondevo secco: sono abituato a studiare da solo. Ma non percepivo allora che era una scusa per altro. Il feroce assassino belloccio di Giulia avrebbe potuto avere di meglio. Non è stato capace di proiettarsi nel futuro non potendo seriamente a circa vent'anni incastrarsi in un matrimonio. Sono superficiale nel considerare solo l'aspetto fisico? Lo ammetto. Ma è proprio quello che mi ha salvato dalla trappola del matrimonio in giovane età e dal rovinarmi economicamente. Mi ha salvato la superficialità. In un mio libro per metà autobiografico e per l'altra metà storico e filosofico ho dedicato un intero capitolo ai miei trascorsi sessuali. Ho detto sessuali e non amorosi perché scindendo il sesso dall'amore mi sono sempre salvato da sofferenze da lasciato. Nel libro mi sono domandato se nel mio piccolo mi fossi sentito Don Giovanni o Casanova. Il primo è un personaggio romanzesco mentre il secondo, si sa, esistette realmente. Don Giovanni godeva solo nel cercare la conquista e non nella conquista, passata la quale passava ad un'altra non lasciandosi invischiare in una relazione, e nel Don Giovanni di Mozart il servo Leporello nella sua bellissima aria snocciola il numero delle conquiste del suo padrone precisando: "non si picca se sia brutta o se sia bella, purché abbia la gonnella voi sapete quel che fa". Don Giovanni è un personaggio complesso perché per lui il piacere riguardava più la conquista dell'anima che il corpo della donna. E' per questo che non badava tanto alla bellezza. Casanova era invece un individuo superficiale perché tralasciava l'anima bastandogli il corpo. Io, sempre nel mio piccolo, ho scritto che mi trovavo a metà tra Don Giovanni e Casanova. Mi trovai ad avere tre "fidanzate" contemporaneamente giungendo ad uno stress psicofisico dovendo nascondere ad una le altre due. Durò solo pochi mesi e giocai a farmi lasciare perché ritenevo ingiusto rifiutare gli apprezzamenti di ognuna. Mi sembrava di far loro un torto e preferivo trovare delle scuse per essere lasciato. Le ringrazio tuttora tutte perché mi distraevano già allora dal pensiero della morte. Non ho più da molti anni queste distrazioni né mi è possibile averle ancora. Ho trovato, senza cercarla, colei che da molti anni è il bastone della mia vecchiaia avendo aspettato che mi stancassi delle altre. Facevo parte di una cricca che a fine settimana organizzava una uscita insieme con ragazze. In quelle occasioni mi dovevo spogliare della mia persona per poi riprenderla rientrando a casa nel duro ma più piacevole lavoro del mondo (e pagato per esso) che è lo studio, a cui ho rubato un bel po' di tempo sapendo che l'avrei potuto recuperare andando avanti negli anni, mentre, partitasi la giovinezza e dintorno, non avrei più avuto altre possibilità fuori dello studio. E' la mancanza della capacità di sapersi proiettare nel futuro che ha fatto sì che il terribile e orribile assassino di Giulia si sia condannato, per di più da imbecille, a passare molta parte del resto della vita, e quella migliore della giovinezza, in un carcere. In mancanza di una giusta pena di morte. Sono stati degli impostori coloro che hanno steso o approvato l'art. 27 della Costituzione che considera il carcere con la finalità di rieducare il carcerato. Una condanna all'ergastolo (che di fatto in Italia non esiste più perché dopo un certo numero di anni con buona condotta viena concessa la libertà o semilibertà) può avere solo valore punitivo. Cesare Beccaria nel suo famoso Dei delitti e delle pene (ma pare che il vero autore fosse Pietro Verri con il fratello Alessandro) richiedeva l'abolizione della pena di morte ma prefigurava un carcere così duro, con le catene e la palla di ferro al piede, che un condannato all'ergastolo avrebbe preferito la condanna a morte, e tuttavia Beccaria, che condannava la delazione comprata dallo Stato per avere i nomi degli affiliati ad organizzazioni criminali, richiedeva la pena di morte per quelle organizzazioni a delinquere che volevano sovvertire le istituzioni dello Stato. Seguendo il pensiero di Beccaria si sarebbe dovuto conservare la pena di morte per i gravi delitti di mafia.            

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