lunedì 24 marzo 2014

LA VERITA' SULLA RAPPRESAGLIA DELLE FOSSE ARDEATINE: 24 MARZO 1944

Dal mio libro IO NON VOLEVO NASCERE (Il capitolo prosegue con l'analisi non partigiana di altre rappresaglie, come quella di Marzabotto, e dei contraddittori processi contro Kappler e Priebke)

Inoltre, i partigiani non potevano pretendere di essere rappresentanti del popolo, rimasto pressoché passivo o indifferente ad essi nell'Italia occupata dai nazisti (come dimostrerà il referendum che vide prevalere di poco la repubblica sulla monarchia – pur responsabile del fascismo - soltanto per il sospetto di brogli elettorali). Il cosiddetto Comitato di Liberazione Nazionale, giuridicamente inesistente, in quanto costituito da individui che si erano autoinvestiti di un potere politico, non fu mai ufficialmente riconosciuto dalle forze belligeranti. Dagli Alleati e dal governo monarchico fu riconosciuto, e solo dal 7 settembre 1944 (Protocolli di Roma) il Corpo dei Volontari della Libertà, al comando del generale Raffaele Cadorna e a condizione che esso operasse a fianco degli Alleati. Ma il CLN accettò solo nominalmente tale accordo per darsi una veste giuridica, mentre le varie bande partigiane continuarono ad operare indipendentemente da esso e separatamente tra loro.

Una parte di esse, formata da comunisti e dai loro fiancheggiatori, come Pertini, rifiutò infatti di consegnare agli americani Mussolini, contro la volontà degli emissari del governo regio di Badoglio, e ordinò che Mussolini fosse fucilato forse anche per timore che egli potesse rendere pubblico un carteggio con Churchill, che, facendo il doppio gioco - con la promessa nascosta di Nizza, (a spese dell'alleata Francia) e della Dalmazia all'Italia - pare avesse indotto Mussolini ad entrare in guerra perché, considerata ormai persa la guerra – quando gli Stati Uniti non erano ancora intervenuti – moderasse le pretese della Germania. 1

Quando verranno tolte le medaglie agli assassini materiali che, causando anche vittime civili, il 23 marzo del 1944 provocarono, in una strada di Roma (via Rasella) la rappresaglia delle Fosse ardeatine, perché vigliaccamente rifiutarono di costituirsi, allora finalmente si inizierà a rendere giustizia alle vittime della rappresaglia, come a quelle di altre.2 I mandanti dell'attacco proditorio, e perciò i maggiori responsabili della rappresaglia, furono i componenti di una sedicente Giunta militare del sedicente Comitato di Liberazione Nazionale (CNL). Di tale Giunta erano responsabili Giorgio Amendola (uno dei futuri capi del P.C.I.), Riccardo Bauer (Partito d'Azione) e Sandro Pertini (socialista), un fanatico che poi cercò di scaricare su Amendola la responsabilità dicendo che non era stato informato della decisione di porre in atto l'attentato terroristico e fu premiato con la presidenza della Repubblica. E fu principalmente lui a volere ad ogni costo la morte di Mussolini sovrapponendosi al governo monarchico (riconosciuto dagli alleati) e impedendo che Mussolini, tramite l'accordo cercato con il cardinale Schuster, si consegnasse agli americani, come da essi richiesto in quanto veri legittimati a chiederne la consegna, e non i cosiddetti partigiani, che, pur privi di qualsiasi autonoma legittimazione politica, volevano acquisirla decidendo, con la loro ala oltranzista, di passare per le armi tutti i gerarchi della Repubblica Sociale, senza alcun processo, come si fece, invece, a Norimberga. Fu assassinato dai comunisti persino Nicola Bombacci, che, uomo mite, teorizzatore della socializzazione delle imprese, era stato prima segretario del partito socialista e poi cofondatore nel 1921 del partito comunista, delegato a Mosca dei comunisti italiani nel 1920 ed amico di Lenin, ma espulso nel 1923 dai miopi del suo partito quando alla Camera propose un'alleanza tra fascismo e comunismo sovietico, capendo l'affinità tra le origini socialiste del fascismo e il comunismo sovietico sino a quando condannò la svolta staliniana. Nella Repubblica sociale, dove fu consigliere economico di Mussolini, continuava a chiamare “compagni” gli operai. Morì gridando:”Viva il socialismo”. Mussolini, anche contro la volontà di quei partigiani che l'avevano arrestato nella sua fuga verso la Svizzera, disposti a consegnarlo agli americani, fu sottratto ad essi da una banda di assassini che, al comando di una cupola di fanatici (in prevalenza formata da comunisti, ma tra cui si trovava anche Pertini), furono inviati da Milano a Dongo per anticipare l'arrivo a Milano degli americani e permettere a questi fanatici vigliacchi di fregiarsi di fronte ai vincitori di un'autorità che non avevano e di dare poi in pasto ad una folla scatenata la visione dei cadaveri appesi a testa in giù in piazzale Loreto. Quella stessa folla che, come commentò con disprezzo lo stesso Leo Valiani, leader del Partito d'Azione (e uno dei mandanti dell'assassinio di Mussolini), non era mai stata antifascista. E ora saltava indegnamente sul carro dei vincitori. E poi si parla di guerra di liberazione. Come se fosse stata una guerra di popolo.

I vigliacchi partigiani (per lo più comunisti) agivano sempre proditoriamente con imboscate esponendo le popolazioni alle rappresaglie con il rifiuto di presentarsi. Nel processo contro Kappler (Tribunale Militare di Roma, 20 luglio 1948) – che riconobbe che l'attentato era da ritenersi illegittimo secondo il diritto internazionale - il Bentivegna disse di avere ricevuto l'ordine di attaccare il battaglione di altoatesini e che si sarebbe presentato se fosse stata richiesta dai tedeschi la presentazione degli attentatori, che, invece, non vi sarebbe stata perché sarebbe stato deciso dai tedeschi di attuare comunque la rappresaglia. Ma la stessa accusa riconobbe che già due mesi prima erano stati affissi dei manifesti preannunciando rappresaglie per gli attentati: Soltanto il 28 marzo 1974 (settimanale “Panorama”) si fece vivo un testimone (Domenico Anzaldi) per dire che la sera stessa dell'attentato era stato affisso un manifesto sui muri di Roma.3 Non basta. Questo principale manovale dell'attentato cambiò versione quando si accodò a quanto Paolo Emilio Taviani, ex partigiano ed esponente dei passati governi democristiani, dichiarò nel 1977 al quotidiano Il Giornale (del 10 luglio 1997 affacciando la tesi che “l'attentato di via Rasella fu un atto di guerra compiuto dai partigiani, non per regolamento di conti al loro interno (questa è un'altra versione, che vorrebbe che i partigiani comunisti volessero sbarazzarsi di quelli non comunisti o anche di quelli comunisti non affiliati al P.C,I. che si trovavano già in carcere, in modo da farli finire vittime della prevedibile rappresaglia – n. d. r.),4 ma su richiesta dei comandi alleati. L'azione doveva alleggerire la pressione delle forze tedesche che impedivano l'avanzata angloamericana verso Roma”.5 La tesi apparve a chi non fosse disonesto del tutto insostenibile. Non si era mai affacciata prima d'allora una simile tesi. Se fosse stata vera la banda degli attentatori, a incominciare dal Bentivegna, sarebbe stata la prima a dirlo. Invece la banda tacque di fronte alla tesi di Taviani, smentendo così se stessa, giacché lo stesso Bentivegna aveva detto che tutto era stato programmato all'interno della “giunta militare” del CLN, anche se poi, all'interno di questa asserita giunta, Amendola, come detto, si assunse inverosimilmente la responsabilità per tutti, non sconfessando Bauer e Pertini, che, per ridurre al minimo le responsabilità, disse che egli e Bauer erano ignari della decisione presa da Amendola.

Per salvare questa banda di assassini si mosse subito il governo Badoglio (dimentico della sua connivenza con il fascismo e delle stragi da lui operate in Etiopia) e provvide subito ad una amnistia con decreto legge n.96 del 5 aprile 1944 e con quello del 12 aprile, n. 194, riconoscendo retroattivamente questa banda come composta da legittimi belligeranti. Era infatti già incalzato dai partiti antifascisti, che sarebbero entrati organicamente nel II governo Badoglio il 22 aprile, con Togliatti vicepresidente del Consiglio. Se gli attentati fossero stati azioni di guerra non ci sarebbe stato bisogno di amnistia. Ciò in contrasto con l'ordine che lo stesso Badoglio aveva diramato di evitare di fare attentati nelle città proprio per evitare prevedibili rappresaglie.6

I parenti delle vittime delle Fosse Ardeatine si videro negato il risarcimento dei danni nella causa promossa nel 1949, conclusasi negativamente in tre gradi del giudizio con la sentenza della Cassazione del 9 maggio 1957 che riconosceva che l'attentato era stato un'azione di guerra condotta da “legittimi belligeranti”.

Ciò in contrasto con la citata sentenza del Tribunale militare del 1948 (processo Kappler), a cui si aggiunse la sentenza del Tribunale Supremo Militare del 26 aprile 1954, che stabiliva che, per espresso disposto dell'art. 1 del Decreto legge 6 settembre 1946, n.93 i partigiani non potevano essere considerati belligeranti. 7


1 V. su Google carteggio Churchill-Mussolini. In particolare cronologia.leonardo.it e controstoria.it.(Mussolini fucilato-da chi?).

2I principali manovali dell'attacco proditorio, da ritenersi di natura terroristica e non azione di guerra perché attuato fuori di un'azione di guerra tra nemici dichiarati sono stati Rosario Bentivegna (che fece esplodere la bomba posta in un carretto dopo essersi travestito da spazzino), Carla Capponi, Pasquale Balsamo e Franco Calamandrei. Gli ultimi tre avevano il compito di segnalare al primo l'arrivo di un battaglione del reggimento (Bozen) di altoatesini che aveva solo compiti di polizia e si dice transitasse disarmato (almeno perché avevano l'ordine di transitare con le armi scariche). Un gruppo di sostegno lanciò altre bombe sulla coda del battaglione portando i morti a 32. I primi tre ebbero nel 1951 dal presidente della Repubblica, su proposta di De Gasperi, rispettivamente una medaglia d'argento, d'oro e di bronzo. Evidentemente la Capponi come terrorista aveva più benemerenze. L'attacco proditorio fu preparato da Carlo Salinari, che negli anni '60 mi ritrovai come professore ordinario di letteratura italiana nella Facoltà di Magistero di Cagliari. Suo è il noto manuale di letteratura italiana adottato in molte scuole. Di indirizzo marxista, come lo era Giuseppe Petronio, professore di letteratura italiana, con cui detti l'esame da studente del corso di filosofia della Facoltà di Lettere e filosofia.

3V. l'articolo citato “La strage di via Rasella: un atto “eroico”. V. anche (a cura di Reno Bromuro) “L'attentato di via Rasella”, in www.nonsoloparole.com. (riportante un articolo di Ivaldo Giaquinto (“L'imboscata di via Rasella. Ma questa era guerra?”, in www.italia-rsi.org.

4Tra i comunisti non appartenenti al P.C.I. vi erano quelli di “Bandiera Rossa” (formata da troskisti), alcuni dei quali finirono a Regina Coeli e poi alle Fosse Ardeatine. Alcuni sopravvissuti dissero che la loro presenza in via Rasella fu voluta dal P.C.I. per farli cadere in una trappola e far ricadere su di essi le responsabilità. V. di Pierangelo Maurizio “via Rasella, un mistero che dura sessant'anni” (Il Giornale, 12 agosto 2007), in www.mascellaro.it/taxonomy/term/35.

5 V. voce “D'Acquisto Salvo (salvatore) 23 settembre 1943 in www.cronologia.leonardo.it/storia/a1943za.htm.

6 V. cronologia.leonardo.it/storia/a1945s. Le rappresaglie. V. anche nota 103.


7In questo senso è stato citata la sentenza da Giampaolo Pansa in Sconosciuto 1945 (Sperling&Kupfer 2005, pp.376 sgg.). In realtà il decreto del 6 settembre 1946 riconosceva la qualifica di belligeranti anche ai partigiani, come confermato dal decreto legislativo 4 marzo 1948, n.137. Una rassegna faziosa di processi a vari comandanti nazisti (tra cui Kappler, Priebke, Haas, Stommel, Reder) è volta a condannare la rappresaglia a posteriori, dopo la guerra, secondo il diritto internazionale delle Nazioni Unite (www.difesa.it/GiustiziaMilitare/RassegnaGM/Proces cessi/HeinrichNordhom.17.La rappresaglia).

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