Nel mio libro Scontro tra culture e metacultura scientifica spiegai con tanti argomenti che l'euro, nato come moneta artificiale, era destinata al fallimento. L'argomento principe era che non si possono riunire vari Stati, con economie reali troppo diverse, sotto un'unica moneta. E' inoltre una legge ferrea che i prezzi tendano a salire per adeguarsi al costo della vita degli Stati più forti.Capitò lo stesso in Italia nel 1861 quando venne estesa la lira a tutta l'Italia. I prezzi nel sud aumentarono vertiginosamente per adeguarsi ai prezzi superiori del nord, dove la vita era più cara .Aumentò nel sud anche il prezzo del grano, impoverendolo.
E' poi evidente che l'attacco degli speculatori contro l'euro è reso più facile attaccando gli Stati ad economia più debole per estendere il contagio dell'attacco a tutta la zona euro. Basta colpirne uno per colpire tutta moneta euro. Questo non sarebbe successo se ogni Stato avesse conservato la sua moneta nazionale. Sarebbe stato impossibile, e non vantaggioso, sferrare un attacco contro la lira, la dracma greca, la sterlina irlandese, etc. Non ci sarebbe stata alcuna convenienza. Inoltre l'euro è artificialmente sopravvalutato. Ciò ha comportato un deficit nelle esportazioni. Ma ci voleva molto a capirlo? Leggete il sito NOEURO e vi rendete conto della truffa su cui è nata questa scriteriata moneta.
Congresso della Cdu vota la possibilità di lasciare volontatiamente l'unione monetaria. Ma anche la locomotiva tedesca arranca
Ma il rinnovato impegno europeo della Cdu a suon di chiacchiere ha fatto da copertura ad una bordata da ko nei confronti dell’euro che potrebbe far da anticamera ad un de profundis per la moneta unica: il Congresso della Cdu, infatti, ha votato una mozione che prevede la possibilità per uno Stato di uscire «volontariamente» dall’euro, senza per questo essere escluso dall’Ue. Insomma, si apre una porta per creare una comunità di serie A (Germania, Austria, Olanda, Finlandia, forse la Francia) raccolta attorno all’euro, e una periferia di contorno, aperta alle esportazioni del made in Germany ma, finalmente, non più in grado di infettare il nuovo euro, formato Deutsche Mark. Certo, si prevede un meccanismo volontario. Termine di moda, se si pensa allo sconto «volontario» delle banche al debito greco che per ora ha portato solo guai ma nessuna soluzione. Così come promette di fare questa nuova trovata retorica, all’insegna della doppia verità che ha ben poco di luterano.
La Merkel si riempie di belle parole sull’euro, ma nei fatti fa solo la predica agli altri. Al Regno Unito, per esempio, colpevole di porre il veto su regole più stringenti per la finanza. E se Londra non cambierà idea, l’Europa a 17 dovrà marciare da sola. Anche se non si riesce a capire come farà a colpire transazioni che, di norma, si svolgono a Londra o a Zurigo. Spesso su ordini in arrivo dalla Deutsche Bank o dall’Allianz da Francoforte. Ma ce n’è anche per i soliti incorreggibili pasticcioni del Sud Europa: «Le regole del patto di stabilità e crescita – dice la Merkel – sono state infrante sessanta volte, e non è successo nulla. Quante volte dobbiamo ancora attendere perché succeda qualcosa? Vogliamo meccanismi sanzionatori automatici nei confronti di chi viola i patti». Parole sacrosante, per carità. Ma, una volta finita la predica, che resta? La Merkel ha bocciato, al G20 di Cannes, l’ipotesi di mettere l’oro della Bundesbank a disposizione di un veicolo finanziario in grado di respingere gli assalti della speculazione, così come ha fatto a suo tempo l’America nel dopo Lehman. Jens Weidmann, l’alfiere della Bundesbank alla Bce, ha ripetuto ieri che la Bce non deve diventare il prestatore di ultima istanza, come tutte le altre banche centrali del pianeta. L’impegno tedesco si limiterà a versare la propria quota nel fondo salvastati la cui dotazione, per bocca degli stessi tedeschi, è insufficiente a sostenere un attacco nei confronti dei Btp, piuttosto che dei Bonos spagnoli o degli Oat francesi perché, come è evidente, non esiste il singolo Paese cattivo, bensì un contagio che ha colpito l’intero edificio. Inutile pensare di salvarsi da soli.
E così la locomotiva tedesca procede, senza curarsi nei fatti degli altri vagoni del convoglio. Anche se, a leggere i dati del superindice, la Germania perde colpi ancor di più della scassata Italia: -1,3% contro l’1%. Ma, con l’eccezione di Usa e Giappone (in ripresa dopo lo shock dello tsunami) è un po’ tutta l’economia che rischia di entrare in recessione, a causa della crisi dell’area euro. Per l’Italia la conferma dovrebbe arrivare oggi , con i dati sul terzo trimestre del Pil. Ma anche la Germania dovrebbe aver registrato una brusca frenata: solo lo 0,5% di crescita, nonostante che a settembre le vendite di Bmw e Volkswagen in Cina e Sud America siano ancora andate a gonfie vele. La grande Germania, insomma, perde colpi. E i suoi politici, ahimè, non possono più scaricare la responsabilità su Berlusconi o qualche greco un po’ imbroglione piuttosto che su qualche banchiere inglese dalla vocazione di locusta. Cara Frau Merkel, si decida. E, tra l’altro, smetta di passeggiare su e giù per Cannes, Deauvoille o Potsdam con il degno compare Nicolas Sarkozy: sta a vedere che l’idea dell’uscita «volontaria» dall’euro l’avete partorita voi due, futuri trombati alle elezioni che cercate un salvagente per riemergere prima della sonora bocciatura.
di Ugo Bertone
E' poi evidente che l'attacco degli speculatori contro l'euro è reso più facile attaccando gli Stati ad economia più debole per estendere il contagio dell'attacco a tutta la zona euro. Basta colpirne uno per colpire tutta moneta euro. Questo non sarebbe successo se ogni Stato avesse conservato la sua moneta nazionale. Sarebbe stato impossibile, e non vantaggioso, sferrare un attacco contro la lira, la dracma greca, la sterlina irlandese, etc. Non ci sarebbe stata alcuna convenienza. Inoltre l'euro è artificialmente sopravvalutato. Ciò ha comportato un deficit nelle esportazioni. Ma ci voleva molto a capirlo? Leggete il sito NOEURO e vi rendete conto della truffa su cui è nata questa scriteriata moneta.
Congresso della Cdu vota la possibilità di lasciare volontatiamente l'unione monetaria. Ma anche la locomotiva tedesca arranca
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«Se crolla l’euro, crolla l’Europa». Frau Angela Merkel ha scelto Lipsia, nella “sua” Germania dell’Est, per esibire la sua abilità retorica, da degna figlia del pastore luterano già gradito alle autorità di Berlino Est per la sua capacità di conciliare sacre scritture e verbo marxiano. Da una parte, la Merkel ha speso parole impegnative in difesa dell’Unione Europea. «Abbiamo bisogno dell’Europa – ha sillabato davanti ai delegati, tra cui una combattiva minoranza euroscettica – perché è il fondamento del nostro benessere. Il 60% delle nostre esportazioni finisce nell’Ue da cui dipendono nove milioni di posti di lavoro tedeschi. Se non va bene per l’Europa a lungo andare non va bene per la Germania».Ma il rinnovato impegno europeo della Cdu a suon di chiacchiere ha fatto da copertura ad una bordata da ko nei confronti dell’euro che potrebbe far da anticamera ad un de profundis per la moneta unica: il Congresso della Cdu, infatti, ha votato una mozione che prevede la possibilità per uno Stato di uscire «volontariamente» dall’euro, senza per questo essere escluso dall’Ue. Insomma, si apre una porta per creare una comunità di serie A (Germania, Austria, Olanda, Finlandia, forse la Francia) raccolta attorno all’euro, e una periferia di contorno, aperta alle esportazioni del made in Germany ma, finalmente, non più in grado di infettare il nuovo euro, formato Deutsche Mark. Certo, si prevede un meccanismo volontario. Termine di moda, se si pensa allo sconto «volontario» delle banche al debito greco che per ora ha portato solo guai ma nessuna soluzione. Così come promette di fare questa nuova trovata retorica, all’insegna della doppia verità che ha ben poco di luterano.
La Merkel si riempie di belle parole sull’euro, ma nei fatti fa solo la predica agli altri. Al Regno Unito, per esempio, colpevole di porre il veto su regole più stringenti per la finanza. E se Londra non cambierà idea, l’Europa a 17 dovrà marciare da sola. Anche se non si riesce a capire come farà a colpire transazioni che, di norma, si svolgono a Londra o a Zurigo. Spesso su ordini in arrivo dalla Deutsche Bank o dall’Allianz da Francoforte. Ma ce n’è anche per i soliti incorreggibili pasticcioni del Sud Europa: «Le regole del patto di stabilità e crescita – dice la Merkel – sono state infrante sessanta volte, e non è successo nulla. Quante volte dobbiamo ancora attendere perché succeda qualcosa? Vogliamo meccanismi sanzionatori automatici nei confronti di chi viola i patti». Parole sacrosante, per carità. Ma, una volta finita la predica, che resta? La Merkel ha bocciato, al G20 di Cannes, l’ipotesi di mettere l’oro della Bundesbank a disposizione di un veicolo finanziario in grado di respingere gli assalti della speculazione, così come ha fatto a suo tempo l’America nel dopo Lehman. Jens Weidmann, l’alfiere della Bundesbank alla Bce, ha ripetuto ieri che la Bce non deve diventare il prestatore di ultima istanza, come tutte le altre banche centrali del pianeta. L’impegno tedesco si limiterà a versare la propria quota nel fondo salvastati la cui dotazione, per bocca degli stessi tedeschi, è insufficiente a sostenere un attacco nei confronti dei Btp, piuttosto che dei Bonos spagnoli o degli Oat francesi perché, come è evidente, non esiste il singolo Paese cattivo, bensì un contagio che ha colpito l’intero edificio. Inutile pensare di salvarsi da soli.
E così la locomotiva tedesca procede, senza curarsi nei fatti degli altri vagoni del convoglio. Anche se, a leggere i dati del superindice, la Germania perde colpi ancor di più della scassata Italia: -1,3% contro l’1%. Ma, con l’eccezione di Usa e Giappone (in ripresa dopo lo shock dello tsunami) è un po’ tutta l’economia che rischia di entrare in recessione, a causa della crisi dell’area euro. Per l’Italia la conferma dovrebbe arrivare oggi , con i dati sul terzo trimestre del Pil. Ma anche la Germania dovrebbe aver registrato una brusca frenata: solo lo 0,5% di crescita, nonostante che a settembre le vendite di Bmw e Volkswagen in Cina e Sud America siano ancora andate a gonfie vele. La grande Germania, insomma, perde colpi. E i suoi politici, ahimè, non possono più scaricare la responsabilità su Berlusconi o qualche greco un po’ imbroglione piuttosto che su qualche banchiere inglese dalla vocazione di locusta. Cara Frau Merkel, si decida. E, tra l’altro, smetta di passeggiare su e giù per Cannes, Deauvoille o Potsdam con il degno compare Nicolas Sarkozy: sta a vedere che l’idea dell’uscita «volontaria» dall’euro l’avete partorita voi due, futuri trombati alle elezioni che cercate un salvagente per riemergere prima della sonora bocciatura.
di Ugo Bertone
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