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Le Fosse Ardeatine
24-03-2011, 13:38
Storie di comunisti e di Partigiani, #01
Via Rasella, 1944
Mussolini, già dirigente del partito e direttore dell'"Avanti", viene
espulso dal partito alla vigilia della prima guerra mondiale, perché
favorevole alla guerra mentre il partito, a differenza di altri partiti
socialisti europei, aveva scelto la linea: "Né aderire né sabotare", inoltre
era in contrasto con gli organismi sindacali socialisti della CGL che
reputava poco aggressivi nei confronti dei latifondisti, quindi si dissocia
dal socialismo e fonda il suo movimento tirandosi dietro alcune migliaia di
socialisti interventisti (raccolti nei Fasci interventisti), che formeranno
i quadri del futuro movimento fascista.
Via Rasella, 1944
La storia del comunismo italiano inizia nel 1921, a Livorno, da una
scissione del partito Socialista, così come da una scissione del partito
socialista era nato il partito fascista.
scissione del partito Socialista, così come da una scissione del partito
socialista era nato il partito fascista.
Mussolini, già dirigente del partito e direttore dell'"Avanti", viene
espulso dal partito alla vigilia della prima guerra mondiale, perché
favorevole alla guerra mentre il partito, a differenza di altri partiti
socialisti europei, aveva scelto la linea: "Né aderire né sabotare", inoltre
era in contrasto con gli organismi sindacali socialisti della CGL che
reputava poco aggressivi nei confronti dei latifondisti, quindi si dissocia
dal socialismo e fonda il suo movimento tirandosi dietro alcune migliaia di
socialisti interventisti (raccolti nei Fasci interventisti), che formeranno
i quadri del futuro movimento fascista.
I comunisti di Livorno si dissociano dal socialismo sull'onda emozionale
della rivoluzione russa, quella che nei successivi settant'anni porterà l'URSS
alla fame e alla disperazione e che ancora oggi miete vittime nel mondo.
Quindi comunismo e fascismo, in Italia, sono FIGLI DELLA STESSA MAMMA.
Con l'avvento dell'era mussoliniana i comunisti sono tenuti a freno dall'apparato
repressivo fascista.
Con la caduta di Mussolini cominciano a dare sfogo alla propria malcelata
voglia di potere.
Quindi si può dire che i delitti comunisti, in Italia, contro l'umanità,
contro la democrazia, contro il buon senso, avvenuti dopo 25 luglio 1943
sono da ascrivere solamente alla loro MALSANA IDEOLOGIA ESPRESSA IN PIENA
LIBERTÀ.
Le prime avvisaglie del comportamento delinquenziale dei comunisti si hanno
durante la guerra partigiana di liberazione.
Azioni delle brigate comuniste Garibaldi che purtroppo hanno gettato
discredito sulla partigianeria italiana formata per la maggior parte da
gente di sani principi, tutt'altro che comunista.
Il primo delitto, e forse il più efferato, è sicuramente la strage di Via
Rasella, perpetrato a danno di una compagnia di polizia tedesca del
Battaglione "Bolzen", a Roma il 23 marzo 1944.
Il Vaticano era riuscito a strappare ai tedeschi lo status di "città libera"
per Roma, questo significava che nella città di Roma erano bandite
operazioni militari da una parte e azioni partigiane dall'altra.
Nelle forze partigiane si captava il sopravvento dei socialisti e dei futuri
democratici cristiani, questo stato di cose frustrava gli apparati
comunisti.
Quindi l'attentato di Via Rasella perpetrato entro i confini della "città
libera" mirava sia a minare l'autorità del Vaticano (inviso ai comunisti)
sia a stabilire una sorta di supremazia politica sulle altre forze
partigiane.
È poco credibile la dichiarazione del gappista Mario Fiorentini, il quale
dice di aver visto la divisa del reparto di polizia della "Bolzen", di
avervi ravvisato le stesse odiate divise di coloro che avevano arrestato i
propri genitori ebrei e per questo di aver studiato la possibilità di un
attacco contro di loro.
L'attacco fu deciso soprattutto per banali MOTIVI POLITICI E DI SUPREMAZIA
all'interno dei GAP (gruppi terroristici affini ai partigiani comunisti) con
poca attinenza con il patriottismo.
Ad avallare il piano studiato da Mario Fiorentini fu Giorgio Amendola che
incarica i Gappisti Rosario Bentivegna, Franco Calamandrei, Carla Capponi,
Carlo Salinari, Pasquale Balsamo, Guglielmo Blasi, Francesco Cureli, Raoul
Falciani, Silvio Serra e Fernando Vitagliano.
Giorgio Amendola faceva parte del CLN, il Comitato di Liberazione Nazionale
costituito dopo l'8 settembre e nel quale erano confluiti i dirigenti degli
almeno sei partiti politici con maggior numero di simpatizzanti, tra loro c'era
Alcide De Gasperi alla testa del PPI, la futura Democrazia Cristiana, e come
responsabile delle brigate partigiane socialiste Piemontesi c'era anche
Sandro Pertini.
I comunisti erano uno degli apparati più piccoli del CLN e non
rappresentavano ne la forza trainante ne l'ideologia dominante della
partigianeria, anche se oggi pretendono di essere stati i soli liberatori d'Italia.
Tra l'altro i "liberatori" (quelli veri) non diedero alcun peso alla
cobelligeranza e alla resistenza, per non dire nessuna importanza.
Basterebbe leggere il Trattato di Pace del 10 febbraio 1947 o più
semplicemente il discorso di Alcide De Gasperi, fuori programma (quando
l'Italia non fu invitata, essendo a tutti gli effetti una perdente) alla
conferenza di pace a Parigi per rendersene conto.
L'attacco fu deciso da Amendola senza dare alcuna comunicazione, come da lui
stesso dichiarato nel suo libro "Lettere a Milano", agli altri dirigenti del
CLN.
Quella compagnia del Battaglione Bolzen non era una forza combattente ma
esercitava funzioni di pura polizia militare, e non erano nemmeno tedeschi
ma erano cittadini dell'Alto Adige, forzatamente annesso alla Germania e
quindi erano stati forzatamente arruolati.
Proprio per questo non godevano della piena fiducia dell'apparato nazista ed
erano stati relegati a operazioni di polizia militare.
Oggi il paese d'origine della maggior parte di quei soldati massacrati è un
paese italiano.
Amendola e i dieci comunisti designati per l'attacco sapevano bene a quali
conseguenze andavano incontro.
I tedeschi avevano affisso manifesti in tutta Italia preannunciando che
attacchi di civili alle loro truppe avrebbero comportato una rappresaglia
(considerata una legittima azione di guerra anche oggi).
Kappler, attore delle fucilazioni delle Cave Ardeatine, non è stato
condannato per aver fucilato quelle persone, eseguendo un ordine superiore,
ma per il delitto di omicidio volontario per aver fatto fucilare 15 persone
in più: 335 anziché 320. Dieci per il trentatreesimo militare altoatesino
deceduto successivamente in ospedale (senza aver ricevuto specifico ordine
dal gen. Maeltzer, suo superiore diretto), e cinque per errore contabile sul
numero delle persone contenuto in una lista delle vittime designate.
Il comando tedesco incaricò il colonnello Kappler di organizzare la
rappresaglia.
La rappresaglia fu decisa con l'uccisione di dieci italiani per ogni tedesco
morto, da scegliere tra persone carcerate, già condannate a morte.
Kappler convinse il generale Mackensen ad accontentarsi di fucilare le sole
persone con queste caratteristiche che potevano essere reperite nelle patrie
galere anche senza raggiungere il numero di 10 a 1.
Un successivo ordine giunto a Kappler da "persone molto più in alto" lo
obbligò a raggiungere tutto il numero di persone richiesto aggiungendo al
gruppo ebrei in stato di arresto, anche se non condannati a morte.
La cronaca dell'attacco è inutile riscriverla, è cosa troppo nota, quello
che è meno noto è che in quell'operazione, oltre ai 32 (33) poliziotti
tedeschi, morirono anche TRE CIVILI italiani tra cui un bambino poco più che
decenne, gli altri due erano componenti della fazione rivale (sempre
comunista) Bandiera Rossa, attirati nella zona con un pretesto, al fine di
eliminarli in modo "pulito".
I VIGLIACCHI.
NESSUN DETENUTO COMUNISTA della fazione degli attentatori figura tra i
fucilati delle fosse Ardeatine, SOCCORSO ROSSO funzionava già molto bene.
NESSUNO DEI DIECI "EROICI" COMUNISTI e tantomeno Amendola si presentò al
comando tedesco per assumersi la responsabilità dell'attentato, lasciando
fucilare 335 persone, mentre loro se ne stavano ben nascosti.
Eppure ci sono stati esempi che sono valsi a scongiurare fucilazioni di
massa per rappresaglia, almeno due, tra cui quello dell'eroe (eroe vero)
Salvo D'Acquisto, e quello di Fiesole, in provincia di Firenze. Tre
carabinieri della locale stazione per salvare le vite di dieci innocenti
ostaggi si presentarono ai nazisti che li fucilarono immediatamente contro
un muro dell'albergo Aurora.
Durante il processo a Kappler la parente di una vittima delle Fosse
Ardeatine grida a Rosario Bentivegna presente in aula in qualità di
testimone: "Assassino, codardo! Ho la mia creatura alle Fosse Ardeatine,
perché non ti sei presentato, vigliacco?".
Il presidente del Tribunale, gen. Euclide Fantoni, sollecita una risposta da
Rosario Bentivegna, il quale risponde che la presentazione degli attentatori
non fu esplicitamente richiesta dai tedeschi.
Viene smentito dallo stesso Kappler che dice: "No, l'eccidio avrebbe potuto
essere evitato se si fosse presentato l'attentatore o se fosse venuta
un'offerta della popolazione.
D'altra parte, da mesi erano affissi manifesti per gli attentati con
l'indicazione della rappresaglia da uno a dieci".
Che l'attentato si consideri operazione patriottica passi pure, magari
turandosi il naso, ma i 335 fucilati delle Fosse Ardeatine sono sicuramente
di RESPONSABILITA' DEL COMPORTAMENTO VIGLIACCO DEI COMUNISTI ATTENTATORI.
Una ricostruzione, molto simile a questa fatta da Bruno Vespa nel suo libro
«Da Mussolini a Berlusconi», è stata contestata dal gappista Rosario
Bentivegna, ma solo con ridicole precisazioni che nulla tolgono alla
nefandezza della strage.
Contesta il fatto che il CLN non fosse al corrente al corrente dell'attacco
con la scusante che nel 1951, proprio sotto un governo De Gasperi, erano
stati decorati i facenti parte del gruppo d'attacco.
Ma sappiamo bene che quelle decorazioni furono date solo per una sorta di
pacificazione nazionale, tra l'altro mai avvenuta, così come, per lo stesso
scopo, sono state taciute, nascoste, nella criminale indifferenza di tutti,
le altre malefatte comuniste avvenute soprattutto nell'immediato dopo
guerra.
Anche il giornalista Paolo Granzotto è stato contestato da Rosario
Bentivegna per il contenuto del terzo volume di "Italiane" in relazione a
Carla Capponi, unica donna partecipante al massacro, e questa volta invia
per conoscenza la lettera anche ad alcuni onorevoli.
Ma l'unica risibile contestazione di una certa importanza che si fa in
quella lettera è il colore dei capelli della donna, Bentivegna protesta che
aveva i capelli biondi e non neri e che se li era tinti solo per sfuggire
alle ricerche della polizia tedesca.
L'attentato fu un'operazione militare, partigiana, patriottica, o fu solo
puro terrorismo a scopo di potere politico?
La linea di demarcazione è molto sottile, DIPENDE DAL PUNTO DI VISTA,
specialmente alla luce di quello che sta succedendo oggi nel mondo.
Certamente fu un ATTENTATO INUTILE sotto qualsiasi punto di vista militare e
i comunisti ne erano criminalmente consapevoli, i tedeschi (che ormai erano
un esercito in fuga) stavano per raggiungere un accordo con la RSI che
prevedeva di lasciare la città di Roma senza che vi fossero altre vittime,
ma ai signori comunisti questo non andava molto bene, un accordo di questo
tipo senza la loro partecipazione, ma solo con il contributo degli odiati
"repubblichini" li avrebbe messi troppo nell'ombra.
Quello che non dipende, NON PUÒ DIPENDERE, dal punto di vista è la
VIGLIACCHERIA COMUNISTA alla quale vanno ascritte le 335 fucilazioni delle
Fosse Ardeatine.
Nelle file comuniste a qualcuno comincia rimordere la coscienza, per esempio
Sandro Curzi ha dato dei giudizi non dissimili dai miei sul fatto di Via
Rasella e per questo viene accusato dai suoi ex compagni di partito come
trotzkista (intervista a "La Repubblica" del 9 settembre 2003).
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