sabato 31 dicembre 2022

L' ANNO CHE VERRA'

Premessa. Avevo ereditato una causa da mio padre. Aveva fatto causa ai suoi soci ritenendosi truffato con un aumento di capitale fraudolento per sbarazzarsi di lui. Mio padre perse sulla prima domanda (risoluzione dell'atto di vendita del terreno e dei magazzini alla società Cinecorallo per un valore di 25 milioni di lire del 1961 in cambio di 1/3 delle quote sociali). I giudici ritennerro adempiente la società perché non controllarono i bilanci. In realtà i 25milioni erano stati ridotti arbitrariamente a 13 milioni addebitando ai miei genitori lavori fatti nei loro interessi, mentre erano stasti fatti nell'interesse del cinema Corallo. Mio padre amareggiato non ne vide la fine. I due fratelli, pensando che la causa fosse persa anche sulla seconda domanda (risarcimento dei danni) fecero rinuncia all'eredità e la fecero fare anche a mia madre. Così essi ereditarono ciascuno 1/3 dalla parte di mia madre. Io invece mi sostituii in giudizio al posto di mio padre dopo avere scoperto come era stato fatto in modo fraudolento l'aumento del capitale (aumentando il costo della costruzione per mettere in recessione mio padre). Così io passai al 66% mentre quei due ebbero ciascuno il 17%. Sulla seconda domanda vinsi io dopo la sostituzione di un avvocataccio di Roma, che, amico di mio padre, aveva pasticciato la causa non evidenziando che i 25 milioni erano stati ridotti a 13 milioni. L'avv. Beniamino Piras, uno dei miei pochi bei ricordi della mia vita, mi disse: io mi ero fidato di suo padre, che era una persona colta ma non mi spiegò come era stato fatto l'aumento del capitale. Ma adesso la musica cambia. Non si può più fare la causa alla Cincorallo, pur risultando  falsamente adempiente, ma la si può fare ai soci. Un giudice della Corte d'Appello, Oliviero Mighela, sulla base della perizia di parte smontò la perizia d'ufficio fatta in combutta con uno dei due soci aggiungendo voci che non dovevano essere considerate perché la costruzione era stata fatta in economia e non in appalto, essendo quei due soci impresari edili. Pertanto il costo della costruzione fu ridotto di circa 15 milioni del 1961. Vinsi anche in Cassazione e il tribunale nel 1991 quantificò il danno rivalutando i 25 milioni del 1961 aggiungendo gli interessi legali ai 25 milioni rivalutati: si andò così a circa un miliardo di lire. A compensazione del miliardo di lire i soci truffatori preferirono cedere agli eredi Melis tutte le quote della Cinecorallo. Ecco perché io ero arrivato a diventare proprietario del 66% e i due fratelli ebbero il 17%.              

Il 2023 potrebbe essere peggiore o migliore. Dipende da ciò che decideranno i parrucconi della Cassazione in una causa che sta durando da 25 anni per colpa di giudici o corrotti o del tutto incapaci di ragionare. Riassumo la vicenda. Ero proprietario, ho detto, del 66% di un cinema di 700 posti (platea e galleria) in Cagliari. Il 34% era di due farabutti fratelli che volevano costringermi a vendere per sanare i loro debiti persionali, mentre la società, da sempre in attivo, traeva pacificamente il suo affitto da un gestore. Qui inizia la miadisgrazia. Trovo un presidente del tribunale (Marco Onnis, morto molti anni fa) che mi dà come consenziente alla nomina di un liquidatore, mentre risultavo contrario. Salto vari passaggi per non farla troppo lunga. Poiché quel presidente stava per andare in pensione mi rivolgo al suo successore, Antonio Porcella, che revoca la nomina del liquidatore definendola "abnorme" dato il mio documentato dissenso. Il liquidatore e il promossario acquirente, sapendo che certamente la nomina del liquidatore sarebbe stata revocata data l'enormità dell'errore, precedono di 20 giorni la revoca e mi vendono il cinema.   Dopo 25 anni nessun giudice è stato capace di porre rimedio all'errore iniziale. Salto il tribunale ed esamino la doppia sentenza in Corte d'Appello di una giudice scriteriata che mi sta tormentando la vita da 15 anni. La mia domanda in causa era: previa nullità della nomina del liquidatore dichiarare la nullità o annullamento della vendita e quantificare il risarcimento dei danni per non aver potuto disporre della proprieta del locale del cinema. Ebbene, questa donna ha rovesciato il rapporto logico-giuridico tra sentenza non definitiva e sentenza definitiva. Con la sentenza non definitiva ha quantificato la parcella del liquidatore (166 milioni di lire del 1998), mentre, al contrario, avrebbe dovuto pronunciarsi prima sulla validità o non della vendita perché, se fosse risultata illegittima è evidente che nulla sarebbe spettato al liquidatore avendo messo in atto una vendita illegitima. Con la sentenza definitiva ha detto che la nomina del liquidatore era legittima perché "abnorme" non significa illegittimo e, come se non bastasse, ripeté la falsità che io ero acquiescente alla nomina del liquidatore. Incredibile. Riempie poi la sentenza con un cumulo di sentenze della Cassazione citandole contro di me, mentre, al contrario, queste sentenze erano tutte favorevoli a me. Per quanto riguarda la buona fede o la malafede dell'acquirente questa donna riconobbe che basta anche un dubbio per escludere la buona fede. Ma aggiunse, contraddicendosi, che non poteva essere presa in considerazione la mia racc. A. R. in cui all'acquirente spiegavo in ben 4 pagine i motivi giuridici per cui la nomina del liquidatore era illegittima o lo diffidavo pertanto dall'acquistare, perché secondo questa donna io non ero competente in materia giuridica, e l'acquirente si doveva affidare solo al liquidatore sino a quando questo non fosse stato revocato. E poiché era stato revocato dopo la vendita, questa doveva ritenersi legittima. Questa sragionante non ha capito (o ha fatto finta di non capire per salvare il liquidatore, ammanigliato con i giudici in quanto curatore fallimentare) che la nullità ha valore retroattivo e non può essere sanata da un atto successivo all'atto dichiarato illegittimo. Altrimenti si arriverebbe all'assurdo che l'effetto sanerebbe la causa pur dichiarata illegittima. Questa "giudice" si chiama Donatella Aru, che ormai non può vendicarsi contro di me perché si deciderà a Roma. Debbo solo sperare che la Cassazione rilevi le falsità materiali e le patenti contraddizioni. In caso positivo l'acquirente, solidalmente con il liqidatore, mi si dovrebbe pagare il mancato affitto dal giorno della illegittima vendita (13 novembre 1997). E poiché il consulente d'ufficio ha quantificato in 23.000 euro mensili il valore dell'affitto il lettore faccia il calcolo per sapere quanto mi spetterebbe dal novembre del 1997. Ma se trovassi dei pazzi in Cassazione sarei rovinato perché l'acquirente non è mai riuscito ad avere il possesso del locale. E se la vendita fosse confermata dovrei essere obbligato io a pagare per il mancato possesso del locale da parte dell'acquirente. Il ricorso in Cassazione risale al 2016 e ancora non è stata fissata l'udienza in Cassazione. La giustizia civile in Italia fa schifo. E quando anche questo governo parla di riforma della giustizia si riferisce sempre alla giustizia penale. Che riguarda solo poche migliaia di cause. Mentre sono milioni le cause civili.  

Ho parlato di una mia vicenda personale. Per quanto riguarda l'anno che verrà lascio la parola a Giacomo Leopardi autore del Dialogo tra un viandante e un venditore di almanacchi. 

La Cagliari che non c'è più. In piazza Michelangelo resiste solo l'insegna del Cinema Corallo. Di Paolo Rapeanu; 5 Ottobre 2017; apertura.

La Cagliari che non c'è più. Il Cinema Corallo in piazza ...

https://www.youtube.com › watch

 

Dialogo di un venditore d'almanacchi e di ... - Scuola.zanichelli.it

PDF
di G LeopardiCitato da 3Scritto nel 1832, il dialogo venne pubblicato nell'edizione fiorentina del 1834. VENDITORE Almanacchi, almanacchi nuovi; lunari1 nuovi. Bisognano,                    

Nessun commento: