Dal mio libro Scontro tra culture e metacultura scientifica
Può
sembrare paradossale che la prima, e tuttora migliore, legislazione a
protezione degli animali e dell’ambiente sia stata voluta dal
nazismo negli anni 1933-35. Hitler (vegetariano) disse in un
discorso: “Im neuen
Reich darf es keine Tierqualerei mehr geben”
(Nel nuovo Reich non può esserci più posto per la
crudeltà verso gli animali). Il 24 novembre 1933 (anno
dell’ascesa al potere del nazismo) fu approvata l’imponente legge
sulla protezione degli animali (Das
deutsche Tierschutzrecht),1seguita
il 3 luglio 1934 dalla legge che poneva severe limitazioni alla
caccia (Das
Reichsjagdgesetz) e
dalla legge dell’1 luglio 1935 a protezione della natura
(Reichsnaturschutzgesetz).
La legge nazista previde come pena due anni di carcere per abbandono
o per maltrattamento di animali. E impose l’anestesia totale nei
mattatoi, dove fu vietata la barbarie del rito sacrificale
ebraico-islamico. Principale teorico di tale legislazione fu il
biologo Walter Schoenichen,2
le cui idee possono sembrare affini a quelle che ispirano oggi
l’ecologia profonda, per il vedere l’uomo, non come padrone di
una natura umanizzata, ma come responsabile della conservazione di
uno stato originario della natura sul presupposto romantico e
antiilluministico del rifiuto di separare la natura, dalla cultura e
con una conseguente condanna, da parte del nazismo, di ogni pretesa
di asservimento coloniale di altri popoli all’interesse
capitalistico, che non rispetta le diversità e l’identità
delle popolazioni indigene e porta all’omogeneizzazione della
specie umana.
Rimaneva
nelle suddette leggi naziste una certa ambiguità tra il
riconoscimento di diritti intrinseci alla natura e l’affermazione,
compresa nella legge sulla caccia, “che si è assegnato il
compito della salvaguardia della selvaggina come uno dei nostri beni
culturali più preziosi del popolo tedesco”. Di fatto
prevaleva una concezione non fondata sul diritto naturale, ma su un
concetto dell’uomo considerato come responsabile della salvaguardia
della natura, anche se non più come padrone di una natura
umanizzata. Le conseguenze di una mancata concezione del diritto
naturale si sono viste.
E’
probabile che il nazismo abbia visto nell’ebraismo il responsabile
storico di una concezione antropocentrica della natura, come è
probabile che il secondo Heidegger abbia desunto dal nazismo il
concetto antiumanistico dell’uomo come “custode dell’essere”
(Lettera
sull’umanesimo,
1947) e non come signore di esso, secondo la concezione espressa nel
Genesi.
La custodia dell’essere diviene per Heidegger la condizione di un
nuovo “far abitare la terra”, dove l’abitare è “il
soggiornare presso le cose”, che “può accadere nella
misura in cui i mortali proteggono e curano le cose che crescono”
da sé. 3
“Ciò che minaccia l’uomo di morte è
l’incondizionatezza del puro volere”,4è
il “dominio dell’im-posizione, che esige la impiegabilità
della natura” tramite la tecnica scissa dalla custodia della
terra,5
che provoca una “circolarità tra usura e consumazione” e
“fa violenza alla terra e la trascina nell’esaustione”,
obbligandola ad “andare oltre il cerchio della possibilità
che questa ha naturalmente sviluppato”, per porla “sotto il
dominio della volontà di volontà che rende manifesta
l’insensatezza dell’agire umano posto come assoluto”.6
Certamente
Heidegger nel mare dell’antropocentrismo della filosofia
contemporanea è stato il filosofo meno antropocentrico per
avere considerato il linguaggio umano come linguaggio appartenente
all’essere prima che all’uomo.
E’
stato scritto7
che “dobbiamo diffidare della demagogia che fa leva sull’orrore
che giustamente ispira il nazismo per squalificare a priori qualsiasi
preoccupazione di carattere ecologico”. Se qualcuno argomentasse
senza logica, anzi, senza cervello, dicendo che in compenso i nazisti
fecero morire milioni di ebrei ( e non soltanto ebrei) nelle camere a
gas, si potrebbe rispondere con logica che allora per essere
antinazisti bisogna continuare a permettere che gli ebrei credenti (e
gli islamici) continuino ad aggiungere altre e inutili sofferenze
agli animali nei mattatoi. Solo il pregiudizio ideologico può
impedire di cogliere ciò che di giusto espresse il nazismo in
fatto di protezione della vita animale e dell’ambiente, di fronte
al quale ci si deve domandare perché
oggi l’Europa, che si ritiene civile, voglia essere peggio del
nazismo consentendo
una tradizione barbara come la corrida (contro cui nessun papa ha
pronunciato mai una condanna), giustificando con il rispetto della
diversità religiosa, e perciò con la subordinazione del
diritto alla morale, il crudele rito ebraico-islamico di macellazione
(che vieta che l’animale venga prima privato dei sensi prima di
essere ucciso),8
legalizzando i sistemi di allevamento industriali, la nutrizione
forzata delle oche, proibita anch’essa dalla legge nazista, che
regolava dettagliatamente le condizioni alimentari, di riposo, di
aerazione e di trasporto degli animali, perché non vi fosse
per essi alcun motivo di sofferenza. Gli ebrei hanno sofferto meno
nelle camere a gas naziste,9
dove perdevano i sensi in meno di un minuto, di quanto soffrano
tuttora, come documenteremo, gli animali nei mattatoi costretti a
terra su un fianco, legati per le zampe e coscienti mentre si
divincolano sino alla morte durante il lungo tempo del dissanguamento
a causa della barbara “macellazione rituale” ebraico, accolta
dagli islamici.10
1
Della suddetta legge diedero un commento analitico e storico (in
un’opera di 308 pagine) i dott. Giese e Kahler in data 1 novembre
1938, con un’introduzione del dr. Krebs “borgomastro,
consigliere di stato prussiano e Direttore della Lega per la
protezione degli animali del Reich”. Di quest’opera cercheremo
di dare la pubblicazione in traduzione italiana (già
ultimata) , che è la prima traduzione mondiale.
2
Sono le tesi espresse da Schoenichen nell’opera Naturschutz
als volkische und internationale Kulturaufgabe
(Protezione della natura come compito culturale popolare e
internazionale), Jena 1942.
3
Costruire abitare
pensare, in Saggi
e discorsi (1954),
Mursia 1976, pp. 100-101 e p. 106.
4
Perché i
poeti?, in Sentieri
interrotti (1950), La
nuova Italia 1968, p. 271.
5
La questione della
tecnica, in
Saggi e discorsi,
cit., pp. 17 e 24.
6
Oltrepassamento della
metafisica, in Saggi
e discorsi, cit., pp.
63-65.
7
Luc Ferry, Il nuovo
ordine ecologico. L’albero, l’animale, l’uomo
(1992), ed. Costa & Nolan 1994, p. 136. Ferry è stato
nominato dal presidente della Repubblica francese ministro della
pubblica istruzione. Incredibilmente nel mese di giugno del 2002 è
stato tolto in Portogallo il divieto di introdurre la corrida.
Nessuna protesta o manifestazione pubblica è stata promossa
da quei movimenti politici che dovrebbero essere testimonianza di
lotta a favore del rispetto dei diritti degli animali. Il parlamento
europeo ha taciuto su questo fatto, mentre andava discutendo sulla
Carta europea dei diritti dell’uomo, rimanendo responsabile di una
concezione antropocentrica dei diritti, nella solita confusione tra
diritto e morale. Nella “civile” Europa, che si crede tale per
avere abolito la pena di morte, si trasforma in spettacolo la
crudeltà sugli animali e il parlamento europeo non prende
provvedimenti contro la Norvegia che si rifiuta di rinunciare alla
caccia alle balene con la scusa ipocrita, come quella del Giappone,
della necessità di non interrompere le “ricerche
scientifiche”, che vogliono mascherare soltanto tradizionali
richieste del palato.
8
Tipico esempio della corruzione del diritto da parte della morale è
la risposta che il governo ha dato ad un deputato della Lega Nord
(Davide Ercoli) che fece un’interrogazione per stigmatizzare
l’accettazione nei mattatoi del barbaro rito ebraico-islamico di
macellazione, rilevando che non era ammissibile che la sofferenza
dell’animale potesse essere subordinata ad una tradizione
religiosa, essendo “il diritto alla non sofferenza un confine
invalicabile”. La risposta fu che l’Italia si era adeguata alla
legislazione europea. A due anni di distanza con una seconda
interpellanza (4 febbraio 2004) il deputato Luigino Vascon (sempre
della Lega Nord) stigmatizzò che fosse stato concesso agli
islamici, anche fuori di un mattatoio, di appendere vivo un montone
aspettando che morisse per dissanguamento. La risposta ineffabile
del ministro Giovanardi fu la medesima: l’Italia aveva già
da sempre riconosciuto agli ebrei il rispetto del loro sistema di
macellazione, inteso come rito sacrificale dettato dalla loro
tradizione religiosa, recepito dagli islamici, e riconosciuto come
eccezione anche dal parlamento europeo. Il deputato Vascon replicò
che non era ammissibile che ciò potesse avvenire in
contraddizione con l’asserita politica di integrazione, che vuole
che si rispettino le regole del Paese in cui gli immigrati si
trovano. Vi è da rilevare che contro questo obbrobrio
giuridico, già prima ammesso a favore degli ebrei, nemmeno
una protesta è stata mai mossa dai verdi animalisti. Per essi
è più importante l’ideologia della società
multirazziale rispetto alla sofferenza degli animali non umani.
Contro questo scandalo
è giusto essere ostili nei riguardi degli ebrei osservanti e
antiislamici nella strenua difesa del diritto naturale, che non può
ammettere eccezioni.
(Abbiamo
modificato il testo originario di 70 pagine pubblicato
precedentemente negli Annali della Facoltà di Scienze
della formazione di Cagliari (vol. XXVII, Parte I, 2004) e
sequestrato giudiziariamente a causa di alcune querele presentate da
ebrei credenti. Nel testo originario abbiamo scritto: “Contro
questo scandalo è giusto essere antisemiti nei riguardi degli
ebrei credenti e antiislamici nella strenua difesa del diritto
naturale, che non può ammettere eccezioni”.
E’ valso
soprattutto l’impiego del termine “antisemiti” (invece che
“ostili”) per promuovere finalmente, pur nella ingenua, ma
prevista, reazione ideologica della stampa e della TV, un’eco al
nostro testo sulla questione della macellazione ebraico-islamica,
che altrimenti il testo non avrebbe potuto avere.
In
Svezia e in Svizzera, oltre che in Austria, è proibita la
macellazione senza previa privazione dei sensi dell’animale. Non
si capisce perché il parlamento europeo o gli altri singoli
Stati europei la debbano permettere.
9
Prendiamo qui in ipotesi come vera l’esistenza delle camere a
gas, fatte salvi i dubbi e le obiezioni espressi nel saggio
introduttivo, che attendono una risposta.
10
Senza cambiare sostanzialmente alcunché – anzi aggiungendo
una precisazione - abbiamo modificato il testo originario di 70
pagine, che diceva: "Gli
ebrei hanno sofferto meno nelle camere a gas naziste di quanto
soffrano tuttora gli animali nei mattatoi a causa del 'rito
sacrificale' ebraico, accolto dagli islamici".
.............................................................................................................................................................
Nell’introduzione
all’opera di commento il borgomastro di Francoforte, consigliere di
Stato prussiano, Direttore della Lega per la protezione degli animali
del Reich scrisse: “la legislazione sulla protezione degli animali
ha trovato una certa compiutezza dopo che, tramite il quinto
regolamento esecutivo della Legge per la protezione degli animali
(Associazione per la protezione degli animali) dell’11 agosto 1938,
che contiene lo statuto della Lega per la protezione degli animali
del Reich e il modello di statuto delle associazioni tedesche per la
protezione degli animali, è stato regolato l’assembramento
organico della protezione animale tedesca. La Protezione Animale
tedesca accoglie favorevolmente la pubblicazione, nel momento
migliore, da parte di entrambi gli stimati legislatori della Legge
per la protezione degli animali, di un manuale esplicativo che
concerne la totalità del codice di protezione animale. Il
testo contribuirà sicuramente alla crescita dell’idea di
protezione animale come bene comune nei connazionali tedeschi.
Soltanto nel momento in cui questo obiettivo sarà raggiunto le
parole del nostro Fuehrer (“Nel nuovo Reich non deve più
esistere il maltrattamento degli animali”) potranno trovare una
completa realizzazione. Francoforte a. M. 1 novembre 1938”. E gli
autori del commento scrissero: “I sottoscritti si sono decisi,
rispondendo a numerose sollecitazioni, a pubblicare la seconda
edizione del commento alla Legge per la protezione degli animali del
Reich in forma più ampia, e in parte totalmente modificata, e
sperano di soddisfare le richieste sempre più pressanti delle
associazioni per la protezione degli animali e di altre cerchie che
operano in tale ambito…Ci si è particolarmente adoperati,
tramite la presentazione di esempi per le singole disposizioni
legislative, affinché il commento diventasse una guida per gli
animalisti e per gli zoofili…Possa questo libro guadagnarsi molti
amici e contribuire al risveglio dell'idea di protezione animale.
Berlino, ottobre 1938”.
Nella
loro introduzione gli autori del commento, facendo riferimento alle
carenze della precedente legislazione, che “i popoli il cui livello
culturale è generalmente basso considerano naturale che l’uomo
faccia un uso indiscriminato della sua forza sull’animale. Il
maltrattamento degli animali provoca risentimento al massimo in
singoli esseri umani, i quali precorrono l’epoca in cui vivono.
Alla possibilità di una punizione non si pensa, poiché
l’atto non è in contraddizione con le concezioni morali dei
connazionali. Il naturale sviluppo della cultura di un popolo
comporta che brutalità commesse nei confronti di esseri
sensibili siano considerate in urto con la morale comune da più
ampie cerchie della popolazione. L’influenza educativa dei
genitori, della scuola, della chiesa e della comunità non sono
più considerati sufficienti ad affrontare i pericoli derivanti
dal maltrattamento degli animali. All’inizio solo i disagi
provocati dai più abituali e brutali misfatti vengono
considerati sufficientemente significativi per giustificare un
intervento penale. Si incomincia a proteggere gli animali domestici,
per poi vietare il pubblico e scandaloso maltrattamento animale in
quanto azione che lede la morale comune di una pluralità di
persone oppure si riesce finalmente a scorgere il momento punibile
nella natura particolarmente malvagia del colpevole, che commette
atrocità senza motivo, e si punisce di conseguenza il
maltrattamento malvagio e consapevole. E’ questa la fase di
sviluppo nella quale si trovano ancor oggi parte degli Stati
civilizzati, che però l’hanno in parte superata, in modo da
dichiarare punibile qualsiasi inutile maltrattamento. Anche nella
passata legislazione sulla protezione animale tedesca possono essere
stabilite le diverse fasi di questo sviluppo…Ci sono la basi per un
ulteriore sviluppo affinché il maltrattamento animale sia
vietato e sanzionato per amore dell’animale, poiché gli
devono essere risparmiate inutili sofferenze…Le circostanze di
tortura e di brutale maltrattamento non erano in passato sufficienti
per la comminazione di una pena, l’atto doveva infatti avvenire
pubblicamente ed in maniera tale da provocare disappunto…Questo era
lo stato delle cose al momento dell’avvento al governo del Partito
tedesco Nazionalsocialista dei lavoratori all’inizio dell’anno
1933. Tramite questa nuova legge…il maltrattamento animale non è
più punito partendo dal punto di vista che la sensibilità
e i sentimenti umani debbano essere protetti dalla vista del
maltrattamento animale; non sono più gli interessi dell’uomo
ad essere in primo piano, ma si riconosce che l’animale deve essere
protetto in quanto tale…La maggiore protezione concessa all’animale
dalla legislazione nazionalsocialista ha sollevato la seguente
questione: se l’animale sia da considerarsi persona giuridica,
avente diritto soggettivo alla protezione. A questa domanda si deve
rispondere negativamente, in quanto solo
l’uomo o gli esseri umani possono essere soggetti di diritto.
Dal punto di vista giuridico l’animale è considerato un
oggetto…Questa constatazione non significa una limitazione o una
riduzione della protezione animale, piuttosto, nella questione sulla
protezione animale rimane il significativo passo avanti che ha
portato l’animale con la legge del 1933 ad essere considerato non
già soggetto di diritto, ma, per lo meno, oggetto di una
protezione, che va ben oltre le disposizioni finora esistenti;
inoltre la violazione dei doveri che l’umanità ha nei
confronti dell’animale è punita con una pena ben più
consistente”.
Si
vede come nella legge nazista a protezione degli animali perdurasse
una concezione etica, cioè antropocentrica, della protezione
animale. E questo non poteva non scaturire da uno Stato etico, come
quello nazista, che prescindeva dal diritto naturale. E’
contraddittorio riconoscere dei doveri nei riguardi di qualcuno se
quest’ultimo non è anche soggetto giuridico, e pertanto
portatore di diritti. Altrimenti il dovere di rispettarlo sarebbe un
puro riflesso di qualcos’altro, come nel caso del rispetto della
proprietà altrui, che deriva dal rispetto del proprietario.
Allo stesso modo l’animale potrebbe essere rispettato soltanto
perché proprietà di qualcuno, mentre la legga nazista,
contraddittoriamente, riconosceva un dovere di protezione
indipendentemente dal fatto che l’animale avesse un padrone.
Ribaltando il discorso di molti filosofi benpensanti che non
riconoscono l’esistenza del diritto naturale si può dire che
essi, se si porta all’estrema coerenza il loro pensiero, sono dei
potenziali nazisti perché non possono condannare i “crimini
contro l’umanità” se non facendo appello alla solita
retorica umanistica della dignità umana, mettendo insieme
innocenti e criminali.
Tuttavia la legge nazista a
protezione degli animali, pur contraddicendosi, andava oltre il
mancato riconoscimento di diritti naturali all’animale non umano.
Essa equiparava al maltrattamento “la negligenza nell’efficace
protezione degli animali contro trattamenti inadeguati”, come nei
sistemi di allevamento. A questo riguardo la legge nazista –
trascurando i tanti dettagli che qui non possiamo riportare -
imponeva, per esempio, al § 2, che le stalle non fossero
“prigioni per animali” non riparate dal freddo, ma fossero
abbastanza ampie in relazione al numero degli animali perché
l’anidride carbonica espirata non fosse maggiore dell’ossigeno,
secondo la richiesta “più luce nelle stalle”; che
l’alimentazione non fosse forzata allo scopo di favorirne
l’ingrasso, “perché il forzato afflusso di cibo e il
costante sovraccarico degli animali significano una tortura
ininterrotta e lunga settimane”; che un cane, se tenuto all’aperto,
dovesse avere una cuccia sollevata da terra e riparata dal freddo e
non potesse stare alla catena se non a condizione di poter correre
liberamente almeno due ore al giorno; che in orti di 300 mq animali
come i conigli non soffrissero il freddo e non potessero esservi più
di due coniglie con relativa prole e quattro galline; che gli
animali giovani o deboli non potessero essere portati al pascolo
nelle giornate fredde; che il mandriano non potesse costringere gli
animali a camminare forzandoli con il pungolo o con il bastone; che
gli uccelli in gabbia dovessero avere uno spazio sufficiente; che un
animale non potesse essere impiegato oltre le sue capacità
lavorative, dovendo un animale vecchio essere mantenuto per carità
o morire di morte indolore; che gli animali non potessero essere
sottoposti a maltrattamenti negli addestramenti “perché
l’ammaestramento richiede comprensione per le peculiarità e
per la psicologia dell’animale e deve essere affidato a persone che
agiscano umanamente, che hanno sensibilità nei confronti
dell’animale e comprensione per le capacità valorizzabili;
che cessasse pertanto l’impiego dell’orso danzante, come ogni
spettacolo fatto da ambulanti od ogni tipo di esposizione di animali
in gabbia come spettacolo; che cessasse ogni combattimento fra
animali (compreso quello tra galli). Veniva altresì
considerato reato l’abbandono di animali, a tal punto da ritenere
che fosse abbandono il semplice non curarsi di un cane o un gatto che
si avvicinasse ad un uomo, come pure sopprimere dei cuccioli senza
avere prima la certezza che potessero essere affidati e, in
subordine, il non averli portati da un veterinario per l’eutanasia
con il cloroformio.
Non
potendo dilungarci oltre nei dettagli veniamo al punto cruciale che è
il sistema di macellazione. Il commento alla legge nazista fa
esplicito riferimento al “rito
ebraico-islamico”, che viene fatto rientrare in un caso di grave
maltrattamento degli animali
in quanto privati di anestesia prima di essere abbattuti nei
mattatoi. La legge relativa è del 21 aprile 1933 e precede
dunque la legge a protezione degli animali (24 novembre 1933). Viene
rifiutata “come atrocità la macellazione eseguita secondo il
rituale ebraico, vale a dire l’abbattimento degli animali mediante
il dissanguamento ottenuto mediante recisione dei grandi vasi
giugulari senza previa anestesia”. Il commento riporta quanto nel
1910 ebbero a dichiarare 612 veterinari e 41 associazioni veterinarie
tedesche nel Reichstag tedesco: “sono riconducibili al
maltrattamento e estremamente angoscianti per gli animali già
gli indispensabili preparativi, l’immobilizzazione con le corde ed
il buttare l’animale a terra, così come il trasferimento
coercitivo del collo nel cappio…è senza dubbio riconducibile
al maltrattamento lo stesso taglio, praticato agli animali mentre
sono in pieno possesso della loro coscienza e della loro sensibilità
e che spesso, come in teoria erroneamente si suppone, non
diminuiscono progressivamente dopo pochi secondi, ma soltanto dopo
che per l’animale sono trascorsi atroci minuti. L’intero atto
della macellazione secondo il rituale ebraico ha un effetto
raccapricciante sullo spettatore imparziale ed è atto a
provocare un abbruttimento nella giovane generazione dei
macellatori”. Nel 1927 la Protezione Animale fece un’inchiesta
rivolta a tutti i professori di anatomia e fisiologia delle Scuole
Superiori di Veterinaria e delle Facoltà del Reich e 17 dei 20
professori risposero che il rituale ebraico era da ritenersi un
“maltrattamento per l’animale”, “barbarico”, “orrendo”,
“ripugnante”, “una cosa disumana”.
Poiché
gli ebrei ortodossi erano rimasti insoddisfatti anche della proposta
dell’uso dell’elettronarcosi, il governo tedesco volle sentire il
parere di scienziati ebrei (il prof. Jellinek di Vienna e il prof.
Lieben di Praga), che attestarono che le microscopiche modifiche del
cervello erano trascurabili e pertanto l’opposizione degli ebrei
ortodossi non era giustificata. La questione venne dibattuta anche
nel 1932 nella Prussia orientale e diversi istituti
anatomo-patologici studiarono anche gli effetti che aveva avuto la
corrente elettrica sul cervello in individui che erano sopravvissuti
ad incidenti. Furono riscontrate delle piccole emorragie visibili al
microscopio. Il governo nazista con una circolare del 21 gennaio 1935
mise al corrente i governi dei Laender di questi risultati. Dopo di
che si ritenne che l’insistenza degli ebrei ortodossi fosse “un
masso sulla via della regolamentazione giuridica della macellazione
ed in parte anche dello viluppo della Protezione Animale in Germania
e all’estero. Ma già il governo della Baviera aveva imposto
il 17 maggio 1930 la Legge sulla macellazione con anestesia.
Seguirono altri Stati tedeschi. Ormai il terreno era pronto per
vietare in tutta la Germania il rituale ebraico, e il governo
nazionasocialista ritenne che dovesse attribuirsi maggiore importanza
alle richieste della Protezione Animale piuttosto che a quelle degli
ebrei ortodossi. Era stata la Svizzera la prima nazione a mettere
fine alla macellazione senza anestesia nel 1893. Successivamente la
Sassonia nel 1892 e la Finlandia nel 1913, la Norvegia nel 1929. In
Polonia rimase limitata in alcuni mattatoi con legge del 1937 e nello
stesso anno in Svezia fu vietato il rituale ebraico. Il Congresso
internazionale della Protezione Animali del 1935 a Bruxelles,
consigliando una moderazione nell’uso dell’elettronarcosi e
volgendosi contro il rituale ebraico, per il resto richiese che gli
animali venissero prima anestetizzati. All’ultimo congresso
veterinario, tenutosi a Zurigo nel 1938 si consigliò a tutti i
governi di creare disposizioni sull’anestetizzazione degli animali
nei mattatoi.
Le obiezioni degli ebrei
ortodossi furono rintuzzate in Germania sulla base della
considerazione che una legge statale generale può porre limiti
anche alla libertà religiosa.
Gli
ebrei ortodossi hanno sempre fatto valere la posizione secondo la
quale l’atto della macellazione secondo il rituale ebraico è
un doveroso atto religioso; la loro religione proibirebbe loro il
consumo di carni di animali che sono anestetizzati prima del
dissanguamento, e una disposizione che dovesse rendere impossibile la
macellazione secondo il rituale ebraico sarebbe un intervento
inammissibile nel diritto alla pratica libera e indisturbata della
religione garantita dalla costituzione e dalla libertà di
coscienza. Lo Stato precedente dimostrò, per questi desideri
del mondo ebraico e per le riflessioni nate dalla dottrina ebraica,
molta più attenzione che non alle pressanti richieste della
Protezione Animali, tanto più che, anche da parte degli ebrei,
furono presentate relazioni che definivano la macellazione secondo il
rituale ebraico come non più orrenda di altri modi di
abbattimento. Secondo le spiegazioni di parte ebraico-ortodossa le
leggi alimentari ebraiche, che sarebbero di origine divina e che
troverebbero la loro motivazione nei testi basati sulla Bibbia,
dicono che un animale può essere macellato soltanto se non è
in qualche modo ferito nei suoi organi principali…Sebbene il
comandamento fosse evidentemente una disposizione sanitaria, per fare
in modo che animali straziati e già mezzo morti fossero ancora
macellati, dagli ebrei ortodossi anche i chimici per
l’anestetizzazione degli animali (come il cloridrato, il
cloroformio, il cloruro di magnesio, etc.) furono rifiutati con
riferimento al fatto che l’organismo animale non si troverebbe più
nella forma datagli da Dio”. Spiegano i commentatori alla legge
che gli ebrei rifiutarono anche l’anestesia tramite elettronarcosi
perché anche questo metodo causerebbe danni agli animali da
macello, soprattutto nel cervello. Agli ebrei fu concesso con
circolare del 27 luglio 1933 di importare della carne di animali
macellati secondo il rituale ebraico.
La
legge sulla macellazione con il decreto del 21 aprile fu estesa alle
macellazioni casalinghe, nelle campagne. Pertanto anche gli animali
come i conigli e le galline dovevano essere prima private dei sensi,
previa istruzione di coloro che effettuano la macellazione,
sorvegliati da ufficiali veterinari. Anche in tal caso dovevano
essere rispettate le norme che imponevano che la macellazione fosse
eseguita dopo un regolare corso professionale ed avere sostenuto un
esame che rilasciasse apposito certificato. Mentre, da una parte, si
risparmiavano inutili torture, la circolare voleva anche impedire che
i bambini e gli adolescenti subissero un abbruttimento assistendo
alla macellazione, che doveva avvenire al chiuso e fuori dei loro
sguardi. Con la circolare del 23 ottobre fu predisposta una
sorveglianza con particolare attenzione alle macellazioni casalinghe.
E lo stesso decreto al § 6 si riservava di ammettere altri
metodi di anestetizzazione. Al § 7 si precisava che “che gli
animali dovessero avere gli occhi bendati perché evitare una
loro irrequietezza.
Vi
è da riflettere su questo punto. Come può un uomo avere
sensibilità e rispetto per la vita se è capace di
macellare, come in una catena di montaggio, animali di ogni specie?
L’atto dell’uccidere è materialmente identico. Non esiste
violenza che non sia tale soltanto perché non indirizzata
contro gli uomini. Se
si ritiene che sia diseducativo assistere alla macellazione,
significa che l’educazione è fondata sull’ipocrisia.
Con
il successivo decreto del 14 gennaio 1936 si estendeva la
macellazione con anestesia anche ai pesci. Tale decreto recepiva
l’ordinanza del Ministro prussiano per l’agricoltura dell’11
settembre 1933, che, a sua volta, recepiva, unificandole le ordinanze
di vari Stati tedeschi che avevano già provveduto ad estendere
l’anestetizzazione ai pesci. Questi dovevano giungere vivi ai
mercati in contenitori d’acqua di mare. “Se i pesci che sono
tenuti in un contenitore d’acqua raggiungono in gran numero la
superficie dell’acqua, è evidente che…l’acqua deve
essere condotta sufficiente aria fresca; il pescivendolo, il
ristoratore etc. dovrà aggiungere acqua fresca oppure far
affluire per altra via ossigeno all’acqua”. “Il concetto della
Protezione Animali, che i pesci devono essere storditi, anche se
l’esecuzione dovesse comportare delle complicazioni per gli affari
del commercio del pesce, è stato messo in primo piano (nel
decreto). Con un po’ di buona volontà il commercio del pesce
ammetterà la necessità di questa disposizione ed
osserverà la norma…In caso di macellazione (del pesce) in
casa, l’acquirente, l’albergatore etc. deve eseguire lo
stordimento prima della macellazione…Bisogna ammettere che nel caso
dei pesci e di altri animali di classe inferiore la cosiddetta
attività di riflesso riguarda un ambito molto più ampio
rispetto all’attività determinata da sensazioni consapevoli.
Ma, anche se con molta probabilità si potrebbe contestare loro
un sentire spirituale, si deve, comunque, fare in modo che, in caso
di uccisione di questi animali, si agisca nella maniera più
delicata possibile…L’elettronarcosi dei pesci è, di
conseguenza, stata ammessa nel decreto anche per lo stordimento dei
pesci”.
Quanto
al trasporto degli animali le norme dell’8 settembre 1938
richiedevano che fossero evitati sforzi e disagi. I vagoni dovevano
essere riparati internamente dal freddo e essere aerati vicino al
soffitto durante l’inverno perché non ristagnasse l’anidride
carbonica e dovevano avere delle porte aperte durante l’estate. La
ferrovia doveva impedire il trasporto di animali infermi o fragili se
ritenuti tali dal veterinario. Gli animali che si fossero ammalati
durante il viaggio dovevano essere curati, se era possibile. Ma non
potevano proseguire. I vagoni dovevano permettere a ciascun animale
di avere uno spazio sufficiente. Fu approntata a tal fine una tabella
riportante lo spazio necessario per ogni specie animale (per il
cavallo, per esempio, lo spazio era di mq 1,90 x 2, per il bue di mq
150 x 1,75). Se il trasporto durava almeno 36 ore gli animali, oltre
ad avere a disposizione, in qualsiasi caso, l’abbeveraggio,
dovevano avere anche alla nutrizione nelle stazioni di passaggio.
Nelle stazioni dove vi era un regolare traffico di spedizioni animali
bisognava approntare dei recinti dove gli animali potessero sostare
per l’abbeveraggio e per il nutrimento. Gli animali posti in
contenitori dovevano avere gabbie spaziose e aerate. Tali
disposizioni dovevano essere rispettate alla frontiera anche per gli
animali che provenivano da altro Stato, e quelli che fossero
risultati malati o deboli non avrebbero potuto continuare ad essere
trasportati. Ogni mucca con il suo vitello da latte doveva essere
separata dagli altri animali tramite recinzione e non doveva
sopportare un viaggio più lungo
di 18 ore. Ai cavalli dovevano essere tolti gli zoccoli. Il pavimento
dei vagoni doveva essere ricoperto di sabbia e fieno, terriccio
torboso o segatura.
Il
commento alla legge nazista per la protezione degli animali termina
con considerazioni molto interessanti ed attuali. “Nell’ambito
della protezione animale è nata in breve tempo un’opera
giuridica speciale di alto significato etico e culturale, della quale
possiamo essere orgogliosi, e che ha avuto risonanza ovunque e che
supera la regolamentazione degli Stati esteri. La Germania nel campo
della legislazione sulla protezione degli animali detiene il comando.
Ma anche nell’impostazione dell’uomo nei confronti dell’animale,
e nella posizione dell’animale stesso nella natura, si è
verificato un grande cambiamento. L’animale non è più
una parte della proprietà o un essere senza padrone come un
tempo, con il quale l’uomo può fare ciò che vuole, ma
una parte vivente della natura, nei confronti della quale l’uomo
deve mostrare rispetto e compassione per le sofferenze che potrebbe
provare. Adesso l’animale viene protetto di per se stesso; lo Stato
riconosce che, in qualità di essere vivente, esso ha diritto
ad essere protetto da maltrattamenti. Gli animalisti…vedono nella
generosa legislazione sulla protezione degli animali del governo del
Reich una ricompensa per il loro pluriennale, fedele e tenace lavoro.
Deve entrare in gioco l’istruzione del prossimo, ed inoltre la
comprensione per gli animali e l’amore per un essere muto, devono
essere risvegliati ed insegnati già a scuola nonché
resi bene comune di tutti i connazionali; gli uomini tedeschi devono
essere educati alla protezione degli animali fin dalla più
giovane età. Come ha detto Hermann Goering, “più
importante delle leggi per la protezione animale è
l’educazione degli uomini tedeschi alla tutela degli animali
stessa”. Partendo
da questa dichiarazione il Ministro per la scienza, l’educazione e
la formazione del popolo, su richiesta della Lega del Reich per la
protezione degli animali, ha ordinato di spiegare ed istruire nella
maniera adeguata sul significato di "protezione animale"
gli studenti e gli alunni delle scuole professionali e delle scuole
elementari e di fare in modo che in tutte le scuole i programmi
scolastici assicurino il diffondersi dell’effetto educativo della
Legge per la protezione degli animali…La società tedesca di
psicologia animale si è data il compito di esplorare i segni
di vita legati allo spirito degli animali e di illuminare l’uomo
sul suo naturale atteggiamento verso gli animali, e vuole rendere la
ricerca sulla psicologia animale utile per la protezione animale;
grazie a ciò essa svolgerà un lavoro preciso, in quanto
soltanto un chiaro, ben fondato atteggiamento dell’uomo nei
confronti dell’animale costituisce la base naturale per la
protezione animale a livello dell’uomo nei confronti dell’animale
costituisce la base per la protezione animale a livello pratico”.
Nonostante
non appaia il concetto di diritto naturale, quest’ultimo passo, nel
suo attribuire uno spirito agli animali, rappresenta un progresso
rispetto ad una frase precedente che, negando si potesse attribuire
all’animale un diritto soggettivo, identificava, si è visto,
l’animale con un oggetto avente un padrone, se pur con il relativo
dovere di proteggerlo, inspiegabile in mancanza di un diritto
dell’animale. Siamo di fronte ancora ad una concezione
antropocentrica, se pure caratterizzata dalla sostituzione del
termine biblico “dominio” con il termine “protezione”.
Blog del prof. Pietro Melis: LA "CIVILE" EUROPA IMPARI ...
pietromelis.blogspot.com/.../la-civile-europa-impari-dal-nazismo-in.html15/ago/2011 - NAZISMO. E ... Leggi nazionalsocialiste sugli animali e sulla natura · Germania ... Legge sulla protezione degli animali (24 novembre 1933).Blog del prof. Pietro Melis: LA "CIVILE" EUROPA PEGGIO ...
pietromelis.blogspot.com/2012/.../la-civile-europa-peggio-del-nazismo.h...28/nov/2012 - Hitler aveva proibito la maggiore sofferenza degli animali nei ... viola la Costituzione del Paese e le leggi sulla protezione degli animali.
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