lunedì 29 agosto 2011

ECCO I RISULTATI DELL'IMMIGRAZIONE E DELLA GLOBALIZZAZIONE DELL'ECONOMIA

L'avevo previsto dal 1989 quando presentati una lista elettorale che impedisse l'immigrazione a tutti coloro che non avessero un lavoro DIPENDENTE legalmente retribuito e senza averlo sottratto ai cittadini disoccupati, che fossero stati disposti a svolgere lo stesso lavoro. Bisognava impedire dall'inizio che gli stranieri potessero venire in Italia come lavoratori indipendenti o imprenditori ponendo in crisi le aziende italiane. Che ci stanno a fare, per esempio, i vu' cumpra? A causa del buonismo non si è avuto il coraggio di cacciarli via. Sono stato una VOX CLAMANS IN DESERTO. Adesso si stanno affacciando le conseguenze. Quando chiesi che venisse impedita l'immigrazione clandestina e non venissero fatte sanatorie perché sarebbero andate a vantaggio dei primi arrivati, aggiungendo che l'immigrazione poteva essere accettata solo per un tempo determinato, a rotazione, se veramente fosse stata necessaria per coprire certi lavori che fossero rimasti scoperti (come anche nel settore infermieristico) e che l'immigrazione avrebbe dovuto essere selezionata per impedire di favorire l'invasione islamica, fui accusato dagli scellerati, anche sulla stampa nazionale, di razzismo. Ormai non si sa più dire altro. Si usano termini a sproposito. Il risultato del multiculturalismo e del mito della società multirazziale. Io ormai me ne posso fregare. Ma per le attuali e future generazioni in età lavorativa le cose peggioreranno. Perché è stato permesso ai cinesi di entrare in tutta libertà, di trasformare Prato in una Chinatown? Pazzia, irresponsabilità della politica. Destra e sinistra. Con una Lega che sa soltanto blaterare senza mai avere concluso alcunché di positivo. Altro che Padania. Ma la colpa è soprattutto del popolo incosciente plagiato dai mass media. Tutti quelli che abitano al Nord, per difendersi da queste conseguenze, avrebbero dovuto turarsi il naso, coprirsi gli occhi e votare Lega (come consigliava Indro Montanelli quando suggeriva di turarsi il naso e votare DC). E' evidente che, essendo la Lega un partito di minoranza anche al Nord, non ha la forza politica per opporsi all'invasione straniera. E allora anche al nord il popolaccio non si lamenti se aumenta la disoccupazione e chiudono le aziende attaccate dalla concorrenza cinese. Oltre tutto pericolosa per la salute nei loro prodotti. Si ha l'impressione di essere tra la mancanza di governo ed un governo di pazzi.

sono piu' di 54mila le aziende a ragione sociale cinese

In aumento le imprese cinesi in Italia
Oltre 20mila tra Lombardia e Toscana

Bortolussi (Cgia): «Spesso eludono gli obblighi fiscali e contributivi. Fuori mercato intere filiere italiane»

sono piu' di 54mila le aziende a ragione sociale cinese

In aumento le imprese cinesi in Italia
Oltre 20mila tra Lombardia e Toscana

Bortolussi (Cgia): «Spesso eludono gli obblighi fiscali e contributivi. Fuori mercato intere filiere italiane»

Circa 54mila le imprese cinesi in Italia nel 2010
Circa 54mila le imprese cinesi in Italia nel 2010
MILANO - La crisi non sembrano sentirla. Gli unici a moltiplicarsi come funghi nelle grandi città italiane, in provincia come in periferia. Spesso lavorano senza essere conosciuti al fisco, per cui i dati elaborati dalla Cgia di Mestre, l'associazione dei piccoli artigiani del Veneto, sono di certo sottostimati, rispetto alla capacità complessiva di piccole e medie imprese a ragione sociale cinese.

LO STUDIO CGIA - Alla fine dello scorso anno hanno superato la soglia delle 54milaunità, scrive un report della Cgia. Rispetto al 2009, la crescita è stata dell'8,5%, mentre le imprese italiane, sempre in questo ultimo anno di dura crisi economica, sono diminuite dello 0,4%. Le aziende italiane guidate da imprenditori cinesi stanno crescendo in maniera esponenziale: tra il 2002 e il 2010 la loro presenza nella nostra penisola è cresciuta del 150,7%. «Pur riconoscendo che gli imprenditori cinesi hanno alle spalle una storia millenaria di successo - dice Giuseppe Bortolussi, segretario della Cgia - la loro forte concentrazione in alcune aree del Paese sta creando non pochi problemi. Spesso queste attività si sviluppano eludendo gli obblighi fiscali e contributivi, le norme in materia di sicurezza nei luoghi di lavoro e senza nessun rispetto dei più elementari diritti dei lavoratori occupati in queste realtà aziendali. Questa forma di dumping economico ha messo fuori mercato intere filiere produttive e commerciali di casa nostra».

LA QUESTIONE SETTENTRIONALE - Al netto delle tensioni si scopre che a tutto il 2010 il maggior numero di imprenditori cinesi si trova in Lombardia (10.998), Toscana (10.503) e Veneto (6.343). Ma la crescita è stata omogenea ed è evidente anche in altre parti del Paese. La presenza cinese, infatti, è aumentata su tutto il territorio nazionale dell' 8,5%, con picchi nel Trentino Alto Adige. Altro dato interessante riguarda l'incidenza degli imprenditori cinesi sul totale dell'imprenditoria straniera presente in Italia. Questo indicatore si attesta, ormai, all'8,6%. In Toscana, però, arriva a toccare il 18,2% (causa-Prato?), in Veneto il 10,9%, in Emilia Romagna il 9,4% e nelle Marche l'8,8%. Pelletteria, calzature, abbigliamento, i settori dove hanno maggiormente investito. Ma anche alberghiero, bar e ristorazione, le cui attività condotte da titolari cinesi hanno raggiunto le 10.079 unità. La Cina è più vicina.

Fabio Savelli
28 agosto 2011 19:23

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