giovedì 23 giugno 2016

E IL PADRE CHI E' ? ANCHE IN CASSAZIONE GIUDICI SRAGIONANTI

Una donna fa un figlio senza che risulti il padre biologico. Dunque il figlio deve portare il cognome della madre. Ciò sarebbe ammissibile se esistesse una legge, come in Russia, che permetta ad una coppia di dare il cognome paterno o materno, salva poi la possibilità data al figlio maggiorenne di scegliere trai due cognomi. Ma in Italia questa legge non esiste. Dunque il figlio risulterà figlio di N.N. dalla parte del padre, che non conoscerà mai. Una legge dovrebbe impedire ad una donna di nascondere l'identità del padre, almeno per il fatto che si deve impedire ad uno che nasca senza poter sapere quali malattie possa avere avuto da parte paterna. E ciò vale anche nel caso di uno che abbia il figlio da una donna che rimanga sconosciuta. Egualmente, bisogna abolire la legge che consente ad una donna di partorire in ospedale abbandonando il figlio sotto anonimato materno e senza dichiarare chi sia il padre biologico. Ma giudici senza cervello anche in Cassazione hanno ammesso che al padre biologico possa sostituirsi un'altra donna. Siamo alla follia. Così il figlio avrà un cognome materno ed un altro esso pure materno. Ad un guaio ne hanno aggiunto un altro. E con la scusante dell'interesse del minore. Ma quale interesse del minore? Qui si tratta solo dell'interesse di una donna scriteriata ed egoista che voleva ad ogni costo un figlio fregandosene del figlio. Il quale non saprà mai chi sia il padre biologico. E tutto ciò perché abbiamo un parlamento che ha consentito l'unione incivile di due omosessuali. E di fronte alla follia di una legge, che, pure, era passata vietando l'adozione da parte di uno dei due omosessuali, pederasti o lesbiche, i giudici si sostituiscono alla legge scavalcandola. Come si permettono? Il figlio, divenuto maggiorenne, se dotato di cervello normale dovrebbe fare causa alla madre per averlo costretto a nascere senza padre. Qui non c'entra nemmeno l'affetto di una madre, sotto cui si nasconde uno scellerato egoismo (ho l'utero e lo voglio riempire almeno una volta). Qui si tratta di fare l'interesse del figlio al contrario, secondo giustizia, assicurandogli l'identità paterna (o materna se si tratta di due pederasti) perché il figlio non debba subire le conseguenze di due anormali la cui anormalità trova poi sostegno in giudici anormali, che dovrebbero essere giudicati da psichiatri dopo certe sentenze per provata incapacità di ragionare. Tranne che trovino psichiatri che abbiano bisogno anch'essi di essere  giudicati perché insani di mente. Ma chi giudicherà uno psichiatra? Basta capire quali tendenze politiche abbia.  Se è dell'area della falsa sinistra allora non è in grado di giudicare. In questo mondo occidentale corrotto dal relativismo ne va di mezzo anche la giustizia.          


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2 commenti:

Sergio ha detto...

Ho letto che Veronesi, ateo-agnostico, giudica la "gestazione di sostegno o per altri" (vietata l'infame espressione "utero in affitto") un atto persino sublime. Mah! Forse lo sarebbe se fosse veramente gratuito. Veronesi però sostiene anche la gestazione a scopo di lucro (per es. da parte di una donna indiana o povera) perché grazie ad essa potrebbe migliorare il livello della propria famiglia, permettere per es. a un figlio di studiare. Debbo dire che continuo ad avere una certa stima per Veronesi (è uno dei pochi che ha il coraggio di dichiararsi ateo), ma la sua visione del futuro (tutti copuleranno con tutti) mi lascia per lo meno perplesso.
C'è poi la formula standard "nell'interesse del minore". Per caso Vendola si è fatto dei pensieri sul futuro di Tobia? Non credo proprio, lui e l'amico volevano ardentemente un bambino per giocare ai genitori, dimostrare a se stessi e agli altri che sono una famiglia perfettamente normale. Un pupetto è così carino e tutti - hanno sentenziato giudici scriteriati - hanno diritto alla genitorialità che è insomma un diritto umano. Ma quale interesse del minore!

Anonimo ha detto...

Scusi prof la devo correggere. Anche in Italia dal 2014 c'è la possibilità di attribuire ai figli il cognome di padre, madre o entrambi. Tutto in ottemperanza alle direttive della disgraziata Unione europea.