mercoledì 17 gennaio 2018

EINSTEIN COMMISE UN GRAVE ERRORE LINGUISTICO

Un tale, sapendo che Einstein era ebreo, gli domandò per provocarlo: sa di che razza è lei? Rispose Einstein: di razza umana. Errò perché egli mentalmente pensava alla specie e non alla razza. Quella umana non è una razza ma una specie, compresa nel genere superiore che è quello dei primati, a cui appartengono le scimmie. Uomini e scimmie provengono da un antenato comune che si pensa sia il lemure. Dunque è falso che l'umo discenda dalla scimmia, come con malanimo intesero gli avversari di Darwin, che ne L'origine dell'uomo non affermò mai la discendenza dalla scimmia. Gli australopiteci e le scimmie divaricarono circa 8 milioni di anni fa procedendo da un antenato comune. Ma è certo che all'interno di una specie esistono diverse razze. E ciò non solo per la specie umana. Le razze sono tali perché superano la cesura biologica potendosi incrociare tra loro come i cani di diversa razza. E ciò conferma che le razze esistono. Alcuni studiosi suggeriscono che le categorie razziali possano essere comunque collegate ai tratti biologici fenotipi e a certi marcatori genetici che si trovano con una certa frequenza in alcune popolazioni umane, alcuni dei quali corrispondono più o meno a gruppi razziali, ma per questa ragione non vi è un consenso universale sull'uso e la validità delle categorie razziali.
Nel 1978 Sewall Wright suggerì che le popolazioni umane che avessero vissuto a lungo separate dal resto delle parti del mondo fossero in generale considerate come sottospecie; Wright comprese inoltre come non fosse necessario disporre di affermati antropologi per dividere e classificare gli inglesi, gli africani e i cinesi con un'accuratezza del 100% sulla base del colore della pelle, del tipo dei capelli e altro. Come si vede, Sewall Wright preferì impiegare il termine "sottospecie" invece di quello di "razze". Ma se non è zuppa è pan bagnato. Non si possono cancellare le razze chiamandole ipocritamente sottospecie.   
Tanto baccano per cercare ideologicamente, cioè disonestamente, l'esistenza delle razze.   
Ma ecco cio che l'icona dei comunisti Ernesto "Che" Guevara pensava dei negri.

L'importanza di chiamarsi Ernesto

"I negri hanno conservato la purezza razziale grazie alla scarsa affinità col lavarsi. Il negro è indolente e sognatore e spende il suo magro salario in frivolezze o alcool: l’europeo, ha una tradizione di lavoro e risparmio, che lo porta a migliorare sé stesso, anche indipendentemente dalle sue stesse aspirazioni individuali. Noi faremo per i negri quello che i negri hanno fatto per la rivoluzione: niente…"
Che Guevara - Diari della Motocicletta. 

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