giovedì 2 agosto 2018

VI SONO SULLA TERRA 5 MILIARDI DI UMANI CHE NON DOVREBBERO ESISTERE

Sono essi la maggiore, se non unica, fonte, di inquinamento della Terra. All'inizio del '900 la popolazione mondiale era di circa due miliardi. In un secolo è passata a 7 miliardi. Si tratta di una specie animale che è una anomalia nella natura. Le specie animali hanno un controllo dato dalla selezione naturale. La medicina, è un paradosso, ha allungato la vita ma ha riempito la Terra di 5 miliardi (per ora) di individui che non sarebbero dovuti nascere. Riporto alcune pagine tratte dal mio libro Roba da sardi. Ve la do io la Sardegna. In esso ho documentato che la maggiore fonte di inquinamento sono gli allevamenti intensivi. Maggiore è la popolazione e maggiore è il numero di questi allevamenti di morte. Alla lunga essi saranno la causa di tutti i maggiori squilibri naturali, che porteranno di riflesso ad un riscaldamento globale che renderà impossibile la vita sulla Terra con lo scioglimento dei ghiacci polari e l'innalzamento del livello degli oceani. Pertanto i maggiori inquinatori della Terra sono coloro che mangiano carne favorendo  gli allevamenti di morte.  L'effetto serra è causato principalmente da emissioni di CO2 e di metano prodotti dalle flatulenze degli animali da allevamenti (di morte).    

La follia politica si commisura all’ignoranza dei dati che documentano la follia economica del destinare a mangime per animali da allevamento di morte un ettaro di terreno che potrebbe produrre in un anno 2500 kg di proteine vegetali per uomini, mentre, destinato a mangime, produce solo 250 kg di proteine animali, con un consumo di acqua 70 volte maggiore. Si è calcolato che per produrre un solo hamburger vengono prodotti 3 kg di anidride carbonica e che oltre la metà dei gas serra è emessa dagli allevamenti industriali di carne da macello. Per far crescere di un kg di peso un manzo occorrono da 7 a 10 kg di mangime, costituito da cereali e leguminose. E solo più della metà del suo peso è commestibile. Un terzo della produzione mondiale di cereali viene consumata dagli animali da allevamento industriale, ma negli USA e in Europa oltre la metà dei cereali viene consumata come mangime. Negli USA, che ha la popolazione più carnivora della Terra, nel 1979 dei 145 milioni di tonnellate di cereali e di soia solo 21 milioni sono stati utilizzati per l’alimentazione umana. A causa dello spazio ridotto degli allevamenti intensivi il terreno circostante non è più in grado di assorbire la quantità di deiezioni, che si depositano nelle acque di superficie e nelle falde acquifere. Tra queste deiezioni vi sono anche metalli pesanti come rame, zinco, selenio, cobalto, arsenico, ferro, manganese, somministrati agli animali per promuoverne la crescita in tempi brevi. Si stima che un manzo ogni giorno produca 20 kg di sterco. Anche i caseifici, insieme con gli impianti di macellazione, inquinano le falde acquifere. Né vale proporre un allevamento estensivo invece che intensivo perché occorrerebbe per questo o ridurre il consumo di carne dell’80% o avere almeno un 60% in più di superficie coltivabile. E per quanto riguarda il consumo di energia è stato stimato che la produzione di proteine animali richiede un consumo di energia da 2,5 a 50 volte superiore rispetto alla produzione di proteine vegetali.

Si va predicando moralmente contro la fame nel mondo e contro lo spreco delle risorse d’acqua perché non si rispettano le condizioni di vita conformi al rispetto del diritto naturale, facendo del palato, e non delle reali necessità dell’organismo, la base delle tradizioni alimentari. Ma, variando un noto proverbio, si può dire che ne uccide più il palato della spada. Gli allevamenti intensivi avvengono in spazi chiusi, e per evitare epidemie viene aggiunto dell’antibiotico per uso veterinario, cosicché chi consuma carni ingerisce ogni volta lo stesso antibiotico. La natura si vendica con l’aumento di decessi per cancro. Disse Einstein che nulla darà la possibilità di sopravvivenza sulla terra quanto l’evoluzione verso una dieta vegetariana.

Nemmeno nelle varie Conferenze ONU organizzate per contrastare le cause dei mutamenti sui mutamenti climatici mai si è fatto riferimento, prendendone coscienza, alla causa principale dell'immissione nell'atmosfera, e perciò sulla terra, dei gas serra, tra cui l'anidride carbonica è solo uno dei tanti gas serra, non avvertendo che la causa principale è data dagli allevamenti intensivi di morte. Tra le centinaia di capi di Stato partecipanti a queste inutili conferenze, che appaiano scientificamente delle buffonate, vi sono quelli chiamati grandi della Terra, ma piccoli di cervello, a cominciare da quello degli Stati Uniti, che, complici delle industrie alimentari basate sulla carne, danno a credere per disonestà che i mutamenti climatici siano dovuti unicamente all’anidride carbonica (CO2) prodotta dai combustibili fossili e che il rimedio consista nel diminuire l’emissione di CO2 prodotte dalle industrie. Per essi non valgono i dati scientifici che dimostrano che il CO2 è solo in parte la causa dell’inquinamento terrestre, essendo maggiore la quantità di gas serra prodotta dagli allevamenti, tra cui lo stesso CO2, il metano, l’ammoniaca, prodotti dalle flatulenze, e, soprattutto, il protossido di azoto, ancor più velenoso, che proviene dal letame. Questi gas sono almeno il 51% dei gas inquinanti l’atmosfera, superiore all'inquinamento causato da tutta la viabilità mondiale, pari al 14%. Mangiare una bistecca equivale a percorrere con una automobile di media cilindrata circa 50 km.

Studi fatti nel 2008 dall’Università di Amsterdam hanno calcolato che, se tutti gli olandesi non mangiassero carne per un giorno alla settimana, vi sarebbe un risparmio di 3,2 mega tonnellate di CO2 e che, se tutti gli olandesi non mangiassero mai carne, pur in una dieta latto-ovo-vegegetariana, vi sarebbe un risparmio di ben 22,4 megatonnellate di CO2. Pari alle emissioni totali prodotte dal consumo di gas dell’intera Olanda. I dati non riportano l’ancor maggiore risparmio nel caso di una dieta vegana. Ma da uno studio dell’Institute for Ecological Economy Research di Berlino risulta che rispetto ad una dieta vegana una dieta vegetariana ha un impatto sull’effetto serra 4 volte superiore e una dieta comprendente anche carne ha un impatto di circa 7,5 superiore.

Quattro aziende producono oggi il 60% dei maiali in USA. Dove ogni americano si ingroppa 127 chili di escrementi di maiali della Smithfield, che produce 31 milioni di suini anno. Gli animali allevati in USA producono 130 volte i rifiuti organici di tutta la popolazione umana del Paese: 40 tonnellate al secondo. Non esistono impianti di trattamento dei rifiuti organici per gli animali d'allevamento. Quindi tutti quegli escrementi dove vanno a finire? E da che cosa sono composti? Ammoniaca, metano, acido solfidrico, monossido di carbonio, cianuro, fosforo, nitrati e metalli pesanti. In più i liquami nutrono più di cento micro patogeni che possono provocare malattie nell'uomo, tra cui salmonella, cryptosporidium, streptococchi e giardia. I bambini che crescono nel comprensorio di una porcilaia industriale hanno tassi di asma superiori del 50%. I campi non sono in grado di assorbire tutto questo. I liquami vengono pompati in grossissimi lagoni, con una estensione di più di un ettaro e profondi 9 metri, accanto alle porcilaie, e possono essere numerosi, un centinaio o più. Il deflusso si insinua nei corsi d'acqua, e i gas velenosi come ammoniaca e acido solforico evaporano nell'aria. Quando quei pozzi neri grandi come campi di calcio sono sul punto di traboccare vengono irrorati i liquami sui campi. Talvolta li spruzzano dritti in aria, un geyser di escrementi che spande un aerosol di feci creando vortici gassosi capaci di provocare gravi danni neurologici. Studi hanno dimostrato che i lagoni emettono sostanze chimiche tossiche nell'aria e che possono provocare problemi infiammatori, immunitari, flogistici e neurochimici negli esseri umani. I fatturati delle aziende però crescono e i costi di bonifica vengono posti a carico della comunità. La distruzione del paesaggio, si sa, è un crimine, uno dei più efferati, perché viene compromesso tutto il sistema di vita. Gli allevamenti intensivi sono un'assurdità e prima o poi dovranno cessare di esistere. Ogni stabilimento di salumi produce una filiera del benessere del consumatore. Un cretino che non ha consapevolezza, che non sa e non vuol saperne della sofferenza che vi è nel suo piatto. Siamo tutti responsabili di ciò che non facciamo. E' la violenza portata a sistema che trasforma in un affettato cibo morto. La carne etica non esiste. E' una falsità. E' solo un feroce sterminio industrializzato.

Per alcuni secoli l'umanità ha sfruttato il carbone come fonte maggiore di energia e nel XX secolo si è aggiunto il petrolio. Ma né il carbone né il petrolio sono stati causa dell'inquinamento atmosferico sino alla metà del XX secolo, al cui inizio la popolazione umana era di circa un miliardo e mezzo. Nell'arco di mezzo secolo è passata a circa sette miliardi. E' dunque l'antropizzazione della Terra la causa principale dei mutamenti climatici, giacché le piante, con la pazzesca deforestazione dell'Amazzonia, polmone verde della Terra - e sacrificata negli ultimi decenni a vantaggio degli allevamenti di morte delle industrie dell'hamburger degli USA - non riescono più ad assorbire l'eccesso di anidride carbonica in rispetto dei normali tempi biologici. Tra il 1996 e il 2009 sono stati persi cento mila kmq della foresta amazzonica, pari a tre volte la superficie della Francia, con una popolazione di bovini passata tra il 1990 e il 2003 da circa 27 milioni a 64 milioni. Secondo la FAO il 70% delle terre deforestate dell’Amazzonia è stato trasformato in terra da pascolo e il 30% è stato destinato a produzione di mangime, cosicché il Brasile è divenuto il maggiore esportatore di carne con il maggiore numero di bovini. Ma poiché la terra ricavata dalla foresta non è adatta al pascolo, dopo pochi anni di pascolo il suolo diventa sterile e gli allevatori di morte debbono abbattere altri kmq di foresta provocando la degradazione del suolo. Si aggiunga la perdita di una superficie del 30% della foresta indonesiana, cioè di una superficie pari a quella della Germania, a causa della coltivazione di palme da cui ricavare l’olio saturo non idrogenato, dunque nocivo, e tuttavia utilizzato per molti prodotti alimentari, soprattutto dolciari. Il suolo agricolo, a causa di un suo sfruttamento intensivo, innaturale e non biologico, viene inquinato da pesticidi quali gli organochlorini e gli organofosfati, che poi si ritrovano nei cibi.

Né si deve trascurare l’inquinamento dei mari a causa dell’aumento della popolazione. Il consumo globale di pesce è cresciuto dal 1960 al 2009 passando da 10 kg annui pro capite a 18,4 kg. E a seguito dell’impoverimento dei mari si è pensato di ricorrere all’acquacoltura. Ma con la conseguenza che normalmente occorrono da 2,5 a 5 kg di pesce pescato da trasformare in mangime per produrre un solo kg di pesce di acqua coltura, che si stima fornisca il 43% del pesce per uso alimentare. E per ingrassare di un kg un tonno sono necessari almeno 20 kg di pesce pescato. L’allevamento del tonno rosso ha portato ad una riduzione dell’80% del tonno rosso catturato. Inoltre l’acquacoltura ha causato la dispersione nei mari di sostanze nocive a causa dell’impiego di additivi chimici quali antibiotici, disinfettanti, deiezioni e scarti di mangime insieme a parassiti che si depositano sui fondi e si disperdono nel mare contaminando le acque e decimando la popolazione ittica e distruggendo le foreste marine, necessarie per la sopravvivenza di numerose specie.

Sulla Terra vi sono almeno cinque miliardi in più di individui che non dovrebbero esistere. Ma di ciò nessuno parla nelle ricorrenti Conferenze dell'ONU con grande parata inutile di capi di Stato, che per opportunismo politico sanno guardare solo al presente e non al futuro. Nonostante la FAO, pur essendo un’organizzazione dell’ONU, abbia documentato ampiamente nel suo rapporto del 2006 intitolato La lunga ombra dell’allevamento intensivo, le cause complessive del degrado ambientale, dovute anche, e principalmente, all’aumentato consumo di carne. La FAO ha stimato che nella seconda metà del ‘900 il consumo di carne è aumentato di 5 volte, passando da 45 milioni di tonnellate all’anno nel 1950 a 233 milioni nel 2000 e che secondo le statistiche del 2007 ogni anno vengono macellati 56 miliardi di animali, esclusi gli animali marini. Secondo la FAO anche la produzione di un litro di latte comporta una emissione di 2,4 kg di CO2. Sempre secondo la FAO la zootecnia utilizza il 30% dell’intera superficie terrestre non ricoperta da ghiacci e il 70% di tutte le terre agricole. Se è così bisogna concludere che quasi tutta l’umanità è demenziale nel voler continuare a proporre una tradizione alimentare basata sulla cane o su cibi di derivazione animale mentre poi si va predicando contro la fame nel mondo.
Ma la stessa FAO non è stata mai capace di preoccuparsi del fatto che l’inquinamento ambientale dovuto agli allevamenti industriali si collega all'aumento della popolazione, non avendo essa mai promosso una campagna mondiale per la decrescita della popolazione umana. Complice degli allevamenti intensivi si è limitata a consigliare un minore consumo di carne. Pur essendo stata contraddetta nel suo affermare che il gas serra prodotti dagli allevamenti costituiscano solo il 18%, e non il 51% del totale dei gas serra emessi nell’atmosfera. E’ comunque certo che a causa degli allevamenti non vi sarà abbastanza acqua per una popolazione che nel 2050 si stima debba arrivare a 9 miliardi.
Ha scritto Umberto Veronesi nel libro Verso la scelta vegetariana:“Ci troviamo nell’assurda situazione per cui buona parte delle risorse agricole va ad alimentare gli animali di allevamento destinati al consumo del miliardo di persone sovra alimentate del pianeta”, sottolineando che per ottenere un kg di carne ci vogliono circa 15.000 litri di acqua, contro meno di 1.000 per la stessa quantità di cereali.
Lovelock, il noto scienziato autore del libro Gaia (1979) aveva considerato la Terra come un organismo vivente capace di autoregolarsi per mantenere le condizioni di vita. Ma dopo 27 anni si ricredette scrivendo La rivolta di Gaia (2006). Egli, non essendo più ottimista come lo era stato, prevede la fine dell'uomo nell'arco di un secolo. Il quadro di allarme è di quelli destinati a far paura per le previsioni inquietanti. I rimedi sono possibili, ma pressoché inesistenti. Secondo Lovelock il riscaldamento della Terra avrebbe raggiunto il punto di non ritorno, e l'umanità avrebbe di fronte a sé meno di un secolo. L'impatto dei condizionamenti climatici nel giro di 50 anni sarebbe tale da permettere la vita solo in una ristretta porzione di artico, condannando a morte certa miliardi di persone. La previsione arriva ad un approccio che osserva l'insieme dei fattori di pressione sull'atmosfera, in luogo dei semplici elementi indicativi dei cambiamenti climatici. Lo scioglimento dei poli avrà come effetto un innalzamento della temperatura degli oceani perché i ghiacci non rifletteranno più i raggi solari. Il progresso tecnologico, quando sia indirizzato unicamente verso un maggiore benessere materiale, funzionale alla ricerca spasmodica del profitto, o sia teso ad un più alto livello di vita delle popolazioni povere prescindendo dalla necessità di una diminuzione della popolazione umana, è la causa maggiore della rivolta di Gaia.
La follia umana, che, antropizzando la Terra, sta ponendo in crisi le condizioni di vita sul pianeta, sta contrastando il principio della tendenza naturale di ogni forma di vita alla sua autoconservazione. Le ultime forme di vita che sopravvivrebbero sarebbero gli insetti, che furono i primi colonizzatori delle terre emerse. Se scomparisse soltanto la vita umana scomparirebbe soltanto il non senso della vita, perché gli animali non umani, non potendo porsi la domanda “che senso ha la vita?”, si sottraggono allo stesso non senso di essa e si libererebbero del peggiore predatore della Terra, che è l'uomo, per cui vale l'espressione che lo storico Tacito aveva dato dei Romani definendoli raptores mundi (predatori del mondo). Gli animali non umani hanno il diritto naturale di sottrarsi alla follia umana – che ha radici culturali - al non senso della sua esistenza, se non si voglia considerare la specie umana solo come animalità, che, come tale, però, non dovrebbe potersi sottrarre alla selezione naturale, a cui, invece, oggi più che nel passato, essa si è sottratta, soprattutto con l'apporto della medicina. Questa follia umana, predatrice della Terra, sarebbe l'ingiusta causa della scomparsa delle altre forme di vita. Non vi sarebbe da dolersi nemmeno della scomparsa di quella ristretta minoranza dell'umanità che si batte contro la follia, se non ha mai avuto il coraggio di combattere con tutti i mezzi, anche violenti, la follia della grande maggioranza. Le rivoluzioni sono partite sempre da una minoranza.
Dobshansky, ritenuto il maggiore genetista sperimentale del XX secolo, nel suo libro L’evoluzione della specie ha scritto che la medicina, contrastando la selezione naturale, ha permesso il mantenimento in vita di soggetti portatori di malattie di origine genetica, permettendo ad essi di riprodursi e di continuare a trasmettere tali malattie. Dobshansky ha aggiunto che la stupidità sulla Terra è destinata ad aumentare giacché, normalmente, sono gli stupidi che fanno più figli.
Disse Einstein: “Due cose sono infinite: l'universo e la stupidità umana, ma riguardo l'universo ho ancora dei dubbi”. Paradossalmente oggi la medicina ha posto in essere la maggiore causa dell'inquinamento della Terra, cioè la sua antropizzazione.

 

1 commento:

Aizen ha detto...

Va aggiunto il capitalismo.
5 miliardi di persone in cui a ciascuno: una casa, una macchina, un iphone, computer, credito, ecc.. è un sistema che non regge.
I cinesi però lo vogliono (il loro padrone li aiuta)
Gli africani pure (se lo stanno venendo a prendere con la forza)
Gli europei/americani se ne fottono, ognuno vuole farsi la sua bella vita edonistica.