sabato 12 settembre 2020

PER I SINISTRI NON ESISTONO I REATI COMMESSI DA STRANIERI CONTRO ITALIANI

    Per giornalisti e politici gli italiani non contano nulla!



Testo di Gianluigi Limido


Si chiama Filippo Limini. Aveva 25 anni, è morto circa un mese fa a Bastia Umbra. Dopo una rissa in discoteca finita male. Per il suo omicidio sono stati arrestati tre ragazzi di origine albanese. Dov'è la prima pagina del Fatto quotidiano o di Repubblica per Filippo? Dove sono le decine di cronisti che hanno invaso Colleferro? Dov'è il post di Gigino di Maio o di Giuseppe Conte? Dov'è la Gruber o Floris che chiedono a Saviano in prima serata "che Italia emerge dall'omicidio di Colleferro?". Dove sono i benpensanti? Ora l'avete capito che anche voi siete vittime di un sistema mediatico che decide cosa conta e cosa no, quali narrazioni sono funzionali e quali no?

 

Onore a Willy, disprezzo per gli antifascisti

Non è sembrato vero, alle canaglie dell’antifascismo più becero e rancoroso, potersi gettare sul cadavere ancora fresco di Willy Duarte, il ragazzo ucciso di botte a Colleferro da quattro balordi.

Ben conosciuti nel quartiere per risse, aggressioni e la spavalderia vagamente mafiosa accompagnata dai tatuaggi delle gang sudamericane, quattro criminali – Mario Pincarelli, Francesco Belleggia, Marco e Gabriele Bianchi – hanno ucciso di botte un ragazzo, figlio di stranieri, che aveva avuto il solo torto di cercare di fare da paciere in una rissa, difendendo il suo amico. Quattro contro uno, da bravi codardi, con calci e pugni da arti marziali – specificamente la MMA (Mixed Martial Arts) – praticata soprattutto dai fratelli Bianchi, i capi della allegra “brigata”, che hanno sfondato la cassa toracica ed il cranio di Willy, per poi andare a fare baldoria con il Q7 di papino. I Carabinieri li hanno trovati in dieci minuti, mentre bevevano birra.

Vengono i brividi a pensare a quanta cattiveria e a quanta violenza bisogna impiegare per sfondare di botte la cassa toracica di un ragazzino di cinquanta chili, e poi andare a “fare serata”, come se non fosse successo alcunché.

Come ampiamente prevedibile, la canea antifascista, vale a dire la gran parte delle TV e dei buffoni di Stato che compone prevalentemente questa Nazione, subito è partita con l’accusa: i ragazzi sono neofascisti, simpatizzanti di formazioni di estrema destra. A poco è servito affermare che attaccare in quattro contro uno un ragazzo palesemente incapace di difendersi, tatuarsi o comportarsi come mafiosi, sono tutti atteggiamenti che ben poco hanno a che fare col Fascismo e con i Fascisti.

Da Chiara Ferragni al rapper in cerca di notorietà Ghali (milanese con origini tunisine, La Repubblica lo definisce proprio così), dal buffone Fedez ai pennivendoli di Fanpage, è scattata la caccia all’uomo; lo scopo è sempre quello: l’emanazione di leggi contro i partiti e movimenti non allineati al sistema. Siccome, però, il diavolo fa le pentole ma non i coperchi, a qualcuno di noi è bastato semplicemente andare sui profili Facebook dei fratelli Bianchi, prima che venissero disabilitati a causa degli innumerevoli insulti e delle minacce di morte ricevute, per vedere quali fossero le pagine Facebook seguite da questi “campioni”: Matteo Renzi, il Movimento Cinque Stelle, Beppe Grillo, oltre a diverse associazioni omo e transessuali (del resto, vedendo quelle sopracciglia rifatte e le camicie hawaiane, qualche dubbio lo avevamo avuto).

Ecco il retroterra culturale di questi criminali: l'antifascismo che strizza l'occhio agli omo. Altro che fascisti!

Ennesima figura di merda per i servi di regime che, come al solito, non verranno chiamati a rispondere delle solite, ennesime calunnie, potendo contare sulla potenza di fuoco dell’apparato mediatico e giudiziario che li sostiene a spada tratta, e potranno continuare a banchettare sul cadavere di quel povero ragazzo.

Basta andare a vedere gli ultimi casi di cronaca nera che hanno coinvolto italiani vittime di stranieri, e vedere come la reazione, in questi casi, sia stata completamente diversa.

 


Ricordiamo, ad esempio, Filippo Limini, ucciso a Bastia Umbra da tre albanesi i quali, per essere sicuri di finire il lavoro, lo hanno ripetutamente investito con la macchina. Anche Filippo era un ragazzo come Willy: entrambi vittime, entrambi innocenti, entrambi uccisi da criminali bastardi. Nessuno, però, ha chiesto misure repressive contro la comunità albanese; Giuseppe Conte non ha scritto nessun intervento su Facebook; Chiara Ferragni pensava ai suoi affari (cosa che le riesce decisamente meglio che non il fare l’opinionista, ma tant’è); nessun cronista è andato a Bastia Umbra, alla ricerca del servizio strappalacrime.

 

Ricordiamo, ad esempio, Luca Varani, ucciso da Manuel Foffo e Marco Prato durante un festino a base di orge omosessuali e droga a Roma. Ghali non ci ha dato la sua preziosa testimonianza; nessuno ha invaso il quartiere Collatino; nessuno ha chiesto una stretta sulle associazioni omosessuali, le stesse che i fratelli Bianchi ed i loro amici sostenevano apertamente (almeno stando alle loro simpatie “facebookiane”).

Questo per fermarci ad un episodio recentissimo, ed ad uno "politicamente corretto".

Invece lo sciacallaggio della sinistra e l’isteria giustizialista – che stranamente non si manifesta mai quando si tratta di reati o di omicidi commessi da clandestini o da stranieri – ha raggiunto vette kafkiane: ogni singolo tatuaggio, ogni singolo “Mi piace” su Facebook, ogni singolo atteggiamento o frase di questi balordi sono stati analizzati, scansionati e sezionati al microscopio per cercare qualunque cosa che potesse collegarli anche solo agli ambienti fascisti: poco male se poi è stato trovato tutt’altro, rimangono dei fascisti lo stesso perché hanno atteggiamenti fascisti. Loro, gli imbecilli antifascisti, la chiudono così, e pazienza la contraddittorietà delle loro affermazioni.

Si è giunti perfino a chiedere a gran voce la chiusura delle palestre di arti marziali, e specificamente quelle di MMA: una stupidaggine talmente grossolana e imbecille che è imbarazzante perfino commentarla. Io posso utilizzare la mia automobile per recarmi al lavoro o per investire l’amante di mia moglie; posso utilizzare un coltellaccio per cucinare o per tagliare la gola del vicino con il quale ho appena litigato; posso usare le mie capacità in combattimento corpo a corpo per difendermi da una aggressione o per massacrare di botte un ragazzo indifeso. Chiedere la chiusura delle palestre equivarrebbe a chiedere il blocco delle automobili o il divieto di utilizzare coltelli: ogni cosa, ogni conoscenza, ogni oggetto possono essere utilizzati per scopi positivi – andare al lavoro come preparare un piatto succulento – o violenti, e sta al singolo decidere come, dove e quando utilizzarli. Se si comincia con il chiudere le palestre si sta lanciando un sasso giù da una salita: si sa dove si comincia, ma non si sa dove si finisce (è la teoria del piano inclinato).

In ogni caso, l’ipocrisia e la cattiveria della sinistra è ormai conclamata: quando si tratta di crimini commessi da stranieri il tutto viene minimizzato, quando non completamente oscurato. E pazienza se fai notare che gli stranieri sono un terzo dei detenuti italiani totali (20.000 su 60.000) e, per quanto riguarda i reati contro la persona (scippi, rapine, stupri, violenze, aggressioni) delinquono per il 45% circa dei reati totali pur essendo solo non più del 9% della popolazione complessiva, quindi delinquono otto (8!, si avete letto bene) volte più degli italiani. Quando invece si tratta di stranieri vittime di italiani ecco che vengono chiamati in causa tutti: dai principali maitres a penser della sinistra (Berizzi, Formigli) ai guitti d’avanspettacolo (Ghali, la Ferragni, Alessandro Gassman), con il contorno di servizi strappalacrime, speciali su speciali, interrogazioni parlamentari ed interventi del Presidente del Consiglio e del Presidente della Repubblica, dando al singolo evento in questione una visibilità pressoché totale per settimane, se non mesi. L’obiettivo è sempre quello: piegare la realtà all’ideologia, e se le due cose non si coniugare, allora tanti saluti alla realtà!

In poche settimane abbiamo avuto due episodi simili, in due diverse (diversissime!) parti del mondo, vale a dire gli Stati Uniti e l’Italia. Probabilmente avrete sentito parlare di Kyle Rittenhouse, il diciassettenne che è stato ferocemente braccato da degli attivisti del Black Live Matters durante l’ennesima guerriglia urbana e, per difendersi, ha fatto fuoco col suo fucile semi-automatico, seccandone addirittura tre (uno condannato per molestie sessuali, un altro un conclamato pedofilo). Al netto del procedimento penale che è stato aperto nei suoi confronti, molto probabilmente questo ragazzo verrà prosciolto da ogni accusa. I filmati, in questo senso, sono chiarissimi: Kyle è stato accerchiato da diverse persone che lo hanno ripetutamente colpito e che poi lo hanno inseguito cercando di disarmarlo; vistosi circondato, il ragazzo ha fatto fuoco, con il palese intento di difendere la propria vita, in quel momento in serio pericolo. Sulle forze dell’ordine si può contare, ma è meglio non contare: assai raramente Carabinieri o Polizia possono arrivare sul luogo di intervento in tempo, a fronte di eventi criminali che si consumano in pochi minuti, spesso addirittura secondi. Ebbene: se anche Willy avesse avuto un’arma, probabilmente avrebbe potuto fare fuoco e con ciò salvarsi la vita.

La vicenda di Willy, di Filippo, e di tutte le altre vittime dovrebbe spingerci a ripensare, ancora una volta, due leggi fondamentali in qualunque Nazione civile: la legge sulla legittima difesa e la legge sulla certezza della pena. Quest’ultima, ad esempio, non dovrebbe permettere al terrorista Cesare Battisti di godere degli sconti di pena che proprio in questi giorni il Magistrato di Sorveglianza del Tribunale di Cagliari, Maria Cristina Lampis, gli ha concesso per “condotta regolare” (come se essere stato latitante per 37 anni non contasse nulla!).

Senza molti giri di parole una cosa è ben chiara, che chi si macchia di gesti simili ha diritto ad un solo tipo di processo: veloce, sommario, e che si concluda con un proiettile alla tempia. Poco importa che la vittima sia uno straniero o un italiano.

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