domenica 1 ottobre 2023

SOFFERENZA IN ATTESA DI UNA SENTENZA DELLA CASSAZIONE CIVILE

Il 4 luglio scorso ero a Roma con il mio avvocato per assistere ad una pseudo udienza in Cassazione per assistere ad una farsa di udienza perché i giudici dopo cinque minuti diventano insofferenti e invitano gli avvocati a concludere. Il mio avvocato si era preparato 4 fogli da leggere ma la presidente lo prevenne dicendogli: avvocato conosciamo già la causa. Allora il mio avvocato lasciò perdere i 4 fogli e parlando a braccio parlò per tre minuti limitandosi a dire che ero vittima di due fratelli che volevano costringermi a vendere anch'io il mio 66% per sanare i loro debiti personali, non societari perché la Cinecorallo era stata sempre attiva  ed erroneamente era stato nominato un liquidatore per la società Cinecorallo che era un grande cinema con galleria e con la capienza di 750 posti compresa la galleria. Mi stava a fianco l'avvocato avversario che si alzò per dire che rinunciava a parlare. Aveva fatto il viaggio in aereo da Cagliari a Roma solo per farsi vedere e per non dare ai giudici il sospetto di non dare troppa importanza alla causa. Molti avvocati, forse la maggioranza, ritengono che sia inutile la presenza in Cassazione se possono parlare solo per 5 aminuti al massimo. Era venuto a Roma solo per fare atto di presenza. Il relatore disse al mio avvocato che conosceva già la causa. Falso! Perché non sapeva ancora che il presidente del tribunale di Cagliari con decreto dell'11 dicembre 1997 aveva revocato la nomina del liquidatore. Che era stato nominato per errore del suo predecessore che mi diede come consenziente alla nomina l'11 marzo 1996 di un liquidatore dopo una richiesta fatta con atto di citazione da un socio di minoranza (un fratello minore morto nel 2003 a 59 anni). Poiché la Cinecorallo era litisconsorte necessaria e per ignoranza non era stata citata in giudizio il procedimento doveva essere considerato nullo anche per questo motivo oltre alla falsità materiale dell'avermi dato consenziente alla nomina del liquidatore. Si era accodato il fratello maggiore, che, se fosse ancora vivo, dovrebbe avere 87 anni, ma da più anni non so se sia ancora vivo. Voleva anche lui la vendita perché doveva pagare ancora alla BNL 100 milioni di lire per l'acquisto di una casa all'amante, che divise sempre con la moglie remissiva, adattatasi a vivere in un triangolo. Il mio processo si divise in due sentenze, la prima riguardante la mia domanda di nullità o annullamento della vendita con il conseguente risarcimento danni per non avere mai avuto la disponibilità della proprietà nonostante ne abbia conservato sempre, ma inutilmente, il possesso, l'altro riguardante il decreto ingiuntivo con cui il liquidatore si era fatto una parcella di 166 milioni di lire. Sapendo che stava per essere revocato dalla nomina affrettò la vendita per il 13 novembre 1998 mutando con il promissario acquirente il preliminare di vendita che stabiliva una vendita rateale da concludersi il 30 giugno 1998. Io seppi di questo secondo preliminare solo dopo la vendita perché il liquidatore, il peggiore individuo incontrato nella mia vita, non rispettò nemmeno le norme processuali dopo che il Tribunale rigettò con ordinanza di mero rito la mia domanda di revoca della nomina del liquidatore dicendo che era stata superata la giurisprudenza prevedente che il Ricorso fosse indirizzato al tribunale e non alla Cassazione direttamente. FALSO! L'ultima sentenza al riguardo era la sentenza della Cass. 2 dicembre 1996 n. 10718 che prevedeva il Ricorso al Tribunale. Non considerò che la Cassazione a Sezioni Unite per appianare le divergenze con sentenza 11104/2002 aveva cancellato la giurisprudenza minoritaria a cui si era conformata la giudice e trascurò la giurisprudenza maggioritaria a cui mi ero affidato io e che divenne giurisprudenza unica dopo la citata sententenza 11104/2002. Uno sbaglio così grossolano faceva nascere il sospetto di una collusione della giudice con il liquidatore, come pure i giudici del tribunale per le stesse due cause. Il liquidatore era anche un curatore fallimentare e dunque in rapporti di stretta collaborazione con i giudici che a turno passavano per la direzione deIla Sezione Fallimentare del Tribunale essendo ausiliario dei giudici. Sospetto che divenne certezza quando in Corte d'Appello trovai una giudice che superò i giudici dei tribunali con due sentenze ancora più aberranti per avere trattato prima la parcella del liquidatore per metterla subito al riparo e poi la domanda principale (di nullità della vendita) da cui dipendeva la fondatezza o non della richiesta di pagamento della parcella del liquidatore. In tali casi la legge prevede che il giudice venga punito con  il risarcire la vittima di una sentenza aberrante. Ma solo in teoria. Nei fatti non è così. E' soltanto fumo perché in sede civile i giudici non vengono mai puniti. Possono scrivere le sentenze più strampalate senza subirne alcuna conseguenza.  In Corte d'Appello, riunificate le due cause, il giudice ripetè il grave errore di un collega per non andare contro di lui. Non basta. Ha citato un cumulo di sentenze della Cassazione non accorgendosi che erano tutte a mio favore. Senza questi gravi errori la vicenda non sarebbe durata 25 anni. Tutti questi giudici non avvertirono mai che, essendo rimasta la Cinecorallo senza amministratore perché ero stato revocato dalla carica l'11 novembre 1997, avrebbero dovuto sin dal Tribunale nominare un curatore speciale che rappresentasse in giudizio la Cinecorallo. Infatti sin dagli atti di citazione del 1998 i due giudici (l'uno per la causa riguardante la nullità o l'annullamento della vendita e l'altro per l'opposizione al decreto ingiuntivo del liquidatore) avrebbero  avuto il dovere imprescindibile di verificare il contraddittorio con tutte le parti necessariamente presenti nel processo, altrimenti il processo è nullo. E la Cinecorallo risultò sempre assente. Non basta. Si poteva giungere alla stessa conclusione, cioè alla nullità di tutto il processo, in base alla sentenza della Corte d'Appello 34/2001 che aveva dichiarato nulla la sentenza 11  novembre 1997 che mi aveva revocato dalla carica di amministratore perché non era stata citata in giudizio la Cinecorallo in violazione del principio del contraddittorio. Ne conseguiva che io ero stato sempre amministratore e che pertanto, anche per questo motivo, non si giustificava la nomina di un liquidatore. Da qui la nullità di tutto il processo dal 1998 a quando uscirà a giorni la sentenza CAPITALE della Cassazione che dovrà decidere sulla validità o non della vendita. Tutti questi motivi di nullità per mancato contraddittorio della Cinecorallo dovrebbero portare alla dichiarazione della nullità di tutto il processo. Ho usato il condizionale perché purtroppo il decreto ingiuntivo per il pagamento della parcella è passato in giudicato a causa della disonestà di un giudice che ha invertito il rapporto logico-giuridico tra sentenza non definitiva e sentenza definitiva includendo nella sentenza non definitiva la causa riguardante la parcella del liquidatore, pezzo da galera, assetato di danaro come un vampiro assetato di sangue. Vendette per un miliardo e mezzo meno la sua stratosferica parcella e le tasse. Non si tenne conto che 3 anni prima, nel 1994, avevo rifiutato l'offerta di un miliardo e 800 milioni di lire da un tale che poi divenne proprietario di una catena di supermarket. Si trattava in tal caso non di vendita del locale ma di passaggio di quote, con fiscalità assai ridotta. E pertanto anche per questo motivo non potevo essere acquiescente, come tra varie contraddizioni mi si volle fare apparire, ad una vendita tramite liquidatore (comportante una maggiore tassazione e la parcella del liquidatore). Trovai addirittura in Corte d'Appello un giudice, peggiore di tutti, che contro l'evidenza di quanto scritto dal presidente del Tribunale, che aveva revocato la nomina del liquidatore "data la sua abnormità" a causa del mio documentato dissenso, scrisse che la nomina del liquidatore era legittima perché per lui il termine "abnormità" non significava illegittimità ma un banale errore da considerarsi "un vizio nel merito", inventandosi una espressione che non esiste affatto nemmeno nella giurisprudenza. Non esiste la giustizia in Italia. Esistono i giudici, e bisogna essere fortunati nel trovarne uno onesto e capace di ragionare. Non pagano mai di persona per i loro gravi errori commessi.                      

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