sabato 13 maggio 2017

SCHETTINO: FU VERA COLPA? AI POSTERI LA SCONCIA SENTENZA

Non avendo altra fonte ho dovuto riportare il racconto dettagliato di Wikipedia (naufragio della concordia). Di che cosa può essere accusato Schettino? Di avere fatto il cosiddetto inchino? Pare che fosse stato richiesto per tradizione dalla stessa Costa Concordia. Stecchino si avvicinò sino a 500 metri dalla costa dell'isola del Giglio. Fu un azzardo? Ma risulta che Stecchino diede un ordine di manovra al timoniere indiano che non capì l'ordine. Perché un timoniere indiano e non italiano? Forse il timoniere indiano costava meno alla Costa Crociere? Conosceva il timoniere l'Italiano? Stecchino disse che lo scoglio in cui collise la Concordia non era segnalato nelle carte nautiche. Altra accusa fu quella di avere abbandonato la nave. Schettino abbandonò la nave alle 23,19 quando già molti dei 33 morti si erano gettati in acqua morendo affogati senza attendere che arrivassero prima i soccorsi. Non poteva Schettino essere considerato responsabile di tutti i 33 morti, anche di quelli che erano già morti prima che egli lasciasse la nave. Vi è poi da domandarsi  se i telefoni di bordo funzionassero ancora.  Se non funzionavano Schettino poteva mettersi in contatto con la capitaneria solo da terra per descrivere la situazione a bordo  e sollecitare i soccorsi. A che dunque serviva risalire sulla nave quando il capo della capitaneria di Livorno De Falco gli disse (ore 00:32) la famosa frase "salga subito sulla nave cazzo!"? Con quella frase si è inventato il più grave capo di accusa contro Schettino. Sulla nave vi erano gli altri ufficiali che  disponevano i passeggeri e l'equipaggio nei punti più adatti per essere prelevati dalle navi di soccorso. Notare poi che tutte le scialuppe di bordo mai avrebbero potuto imbarcare tutti i 4429 presenti sulla nave tra passeggeri ed equipaggio. A che sarebbe servito risalire sulla nave ostacolando il soccorso di quelli che aspettavano di scenderne? Alle 23,19, quando Schettino discese dalla Concordia era già avvenuta la morte per affogamento della maggioranza dei 33 morti che si era buttata in acqua senza aspettare i soccorsi.  Schettino è stato accusato di avere detto il falso quando parlando con De Falco della capitaneria di Livorno, disse di trovarsi su una lancia con altri ufficali.

Da Wikipedia

Alle 00:32 il comandante Schettino, ha riferito alla Sala operativa di Livorno della presenza in mare, a dritta, di naufraghi da recuperare (a soccorso dei quali sono stati inviati mezzi nautici minori, di dimensioni adeguate dall'OSC, "Apruzzi" e dalla motovedetta CC 701 dei Carabinieri), e due minuti dopo, contattato dalla Capitaneria di Livorno, ha detto di trovarsi su una lancia di dritta sulla quale era dovuto salire a causa dell'accentuato sbandamento della nave, aggiungendo di credere – erroneamente – che tutti fossero già in salvo[12]. Qualche giorno dopo il naufragio sono state pubblicate le registrazioni di alcune telefonate (la prima alle 00:32) in cui il capitano di fregata Gregorio De Falco della capitaneria di porto di Livorno, quella notte intimava al comandante di risalire sul relitto ormai coricato sul fianco; questi rispondeva, mentendo, che stava coordinando le operazioni da una lancia di salvataggio, essendo ormai il relitto impraticabile. 

Non si capisce perché Schettino abbia detto di trovarsi su una lancia invece che su uno scoglio. Ma la cosa appare del tutto inessenziale. Il fatto importante è che l'ordine di risalire sulla Concordia era del tutto inutile perché avrebbe dovuto usare una lancia per risalire, mentre la lancia serviva per il soccorso di coloro che fossero ancora sulla Concordia. Alle ore 00:32 era del tutto inutile, anzi dannoso, risalire sulla nave perché avrebbe ostacolato i soccorsi. Era meglio che stesse fuori della Concordia per poter comunicare al fine di coordinare per telefono le operazioni di soccorso dall'esterno. E' stato mai verificato che dalla Concordia non si potesse più comunicare per telefono?    
Quelli che furono trovati morti dentro la Concordia non potevano essere salvati perché si trovavano in luoghi invasi dall'acqua. E ammesso che fossero ancora vivi dopo le 23,19 da chi potevano essere salvati? Da nessuno. O forse si pretendeva che Schettino si trasformasse in palombaro solo per "trarre in salvo" dei cadaveri. I palombari avrebbero dovuto agire subito dopo le 23,19 scendendo dentro la nave e fornire di scafandri quelli che in ipotesi fossero rimasti ancora vivi per permettere loro di attraversare i luoghi invasi dall'acqua. Nemmeno i palombari avrebbero potuto salvare quelli che fossero rimasti vivi in luoghi già invasi dall'acqua supposto che essi si trovassero in luoghi che avessero funzionato come bolle d'aria. Ma i palombari intervennero alcuni giorni per recuperare solo dei cadaveri. In ogni caso Schettino non poteva essere ritenuto responsabile di tutti i 33 morti con l'accusa di omicidio COLPOSO plurimo. Normalmente per omicidio colposo non si condanna uno a 16 anni di carcere. Ma con l'aggiunta di "plurimo" si è voluta aggravare l'imputazione come se il "plurimo" potesse cancellare "il colposo". E' evidente che bisognava accontentare l'opinione pubblica cercando ad ogni costo almeno un colpevole per evitare che nessuno risultasse colpevole. Nessuno di tutti gli altri imputati, anche con gravi imputazioni (vedi l'elenco riportato alla fine), è finito in carcere. Schettino ha pagato per tutti.  Ed ecco il racconto dettagliato di Wikipedia minuto per minuto. Non ne hanno tenuto conto i giudici che hanno condannato solo Schettino. Notare un assurdo dentro la sentenza della Cassazione: Schettino viene "interdetto per 5 anni dal tutte le professioni marittime" mentre la condanna è a 16 anni di carcere. Che razza di logica. Schettino entrando a Rebbibbia ha detto: entro in carcere perché credo nella giustizia. Vi è da pensare che l'abbia detto solo per costituirsi una "captatio benevolentiae" ed usufruire di una minore detenzione in carcere con successivi provvedimenti alternativi al carcere. Perché non si può credere in questa giustizia.          

La rotta e l'impatto con gli scogli


L'ultima rotta della Costa Concordia.
Costa Concordia ha mollato gli ormeggi nel porto di Civitavecchia alle 18:57 del 13 gennaio 2012 per l'ultima tappa[7] della crociera «Profumo d'agrumi» nel Mar Mediterraneo, con 4 229 persone a bordo (3 216 passeggeri e 1 013 membri dell'equipaggio[3]). La crociera prevedeva che la nave, dopo la partenza da Civitavecchia, facesse scalo nei porti di Savona, Marsiglia, Barcellona, Palma di Maiorca, Cagliari e Palermo, per poi far ritorno a Civitavecchia[10][11]. Uscita dal porto alle 19:18 alla velocità di 15,5 nodi, la nave ha poi assunto rotta 302° e velocità 16 nodi, seguendo la rotta usualmente percorsa dalle navi della compagnia nel tratto da Civitavecchia a Savona[12]. Alle 21:04, nel punto 42°18'.9258 N e 011°09'.6008 E, la nave ha lasciato la rotta usuale e assunto rotta 278° e velocità 15,5 nodi per la manovra di passaggio ravvicinato ("inchino") sotto l'isola del Giglio, prevista da prima della partenza e chiesta, secondo quanto deposto dal comandante Schettino, dal maître Antonello Tievoli[12].

Il profilo del fondale marino al largo della costa dell'isola con la posizione del relitto e il punto approssimativo di impatto.
Nei pressi dell'isola, essendo in rotta di collisione, la nave avrebbe dovuto dirigere verso nord per riprendere la normale navigazione parallela alla costa. Alle 21:36 il primo ufficiale di coperta Ciro Ambrosio ha ordinato al timoniere Jacob Rusli Bin di assumere rotta 290°, e alle 21:39 il comandante Schettino (salito in plancia alle 21:34), poco dopo una breve conversazione telefonica sulla profondità del fondale con il comandante a riposo Mario Terenzio Palombo, ha assunto la conduzione della navigazione, ordinando subito dopo rotta 300° e velocità 16 nodi, e, mezzo minuto più tardi, rotta 310° e poi 325° in modo da proseguire l'accostata per avvicinarsi all'isola del Giglio per il saluto[12]. Alle 21:42 e poi alle 21:43 Schettino ha ordinato rotta 330° e poi in rapida successione 335°, 340° e 350°, per passare davanti all'abitato di Giglio Porto tenendosi più sottocosta possibile ed emettere dei fischi di saluto[12].
La nave è così giunta a 450 metri dagli scogli delle Scole, distanza poi scesa a 160 metri; alle 21:44:14, in posizione 42°21'.1991 N e 010°55'.9146 E, il comandante Schettino, accorgendosi di essere troppo vicino all'isola e fuori dalla rotta prevista, ha ordinato di accostare con il timone per 10° a dritta, poi (dopo 4 secondi) per 20° a dritta, e alle 21:44:21 "hard to starboard" (tutta la barra a dritta), poi, notato che la poppa rischiava di collidere con gli scogli se l'accostata a dritta fosse continuata, ha ordinato (21:44:37) barra al centro per interrompere la manovra, quindi (21:44:44) di dare timone per 10° e poi (21:44:46) per 20° a sinistra, ma il timoniere Rusli Bin, avendo male inteso l'ordine, ha invece accostato a dritta; alle 21:45:05 Schettino ha ordinato “hard to port” (tutta la barra a sinistra) ma due secondi più tardi, in posizione 42°21'.4100 N e 010°55'.8510' E, a 14,2 nodi e con prora per 007°, la Costa Concordia ha urtato il più piccolo degli scogli delle Scole, nei pressi dell'Isola del Giglio, a 96 metri dalla riva e a 8 metri di profondità[13] (l'ordinanza del GIP di Grosseto che ha convalidato solo gli arresti domiciliari parla però di una distanza di 0,28 miglia marine, cioè 518 metri dalla costa[12][14]).

Il naufragio


La falla apertasi nello scafo a causa della collisione e, sulla destra, il pezzo di scoglio rimasto incastrato tra le lamiere.
Dai calcoli della Guardia costiera la collisione avrebbe rallentato bruscamente la Costa Concordia, portandola dalla velocità di crociera di 15,8 nodi a circa 6 (da 28 a 11 km/h)[15]. L'acqua riversatasi all'interno della falla – lunga 72 metri, tra le ordinate 44 e 140 (compartimenti da 4 a 8), e alto 7,3 metri – aperto dall'urto sul lato di sinistra dello scafo, ha subito posto fuori uso i motori elettrici principali e i generatori a gasolio, causando un black out pochi secondi dopo l'impatto e privando la nave della propulsione[12]. In breve tempo sono stati completamente allagati i compartimenti 4, 5, 6 e 7 sino all'altezza del ponte 0 (venendo così sommersi il quadro elettrico principale, i motori elettrici principali e tutti i generatori diesel); anche le pompe ordinarie sono state sommerse, non risultando così utilizzabili per l'esaurimento degli allagamenti[12].
L'allagamento ha interessato anche il compartimento 8, il cui allagamento è tuttavia stato più lento, essendo coinvolto soltanto da una lacerazione del fasciame di minori dimensioni[12]. La nave era stata progettata per mantenere la galleggiabilità con due compartimenti contigui allagati[12]. A causa dell'estensione del danno, la rapidità dell'allagamento dei compartimenti dal 4 al 7 è stata tale da impedire ogni misura di controllo o esaurimento[12]. Subito dopo l'impatto, mentre in plancia scattavano numerosi allarmi per le diverse avarie insorte, è stata ordinata la chiusura delle porte stagne di poppa, che erano tuttavia già tutte chiuse tranne due (situate in un locale lavanderia del ponte B, a prora, non coinvolto nell'allagamento), chiuse anch'esse nel giro di due minuti[12].
Il surriscaldamento del generatore Diesel d'emergenza ha causato anche il suo spegnimento, così impedendo anche l'uso di pompe e timoni e, sembra, delle porte degli ascensori, rendendo la nave completamente e definitivamente ingovernabile[12]. Nel giro di cinque minuti tutti gli ufficiali non in servizio, allertati dall'urto e dallo sbandamento, hanno raggiunto i propri posti di servizio; alle 21:49 il direttore di macchina Giuseppe Pilon ha riferito in plancia, su domanda di Schettino, che la nave stava imbarcando una notevole quantità d'acqua; alle 21:51 Pilon ha riferito che il quadro elettrico principale era allagato, alle 21:58 i comandanti in seconda Roberto Bosio e Dimitrios Christidis (quest'ultimo non ancora in carica) hanno riportato che l'acqua era giunta al ponte 0, le pompe non funzionanti e i locali dei generatori Diesel 1, 2 e 3 allagati[12]. Contemporaneamente, alle 21:58, Schettino ha contattato telefonicamente il capo dell'unità di crisi della flotta di Costa Crociere, Roberto Ferrarini, riferendo brevemente l'accaduto e la situazione[12]. Alle 22 il primo ufficiale Giovanni Iaccarino, inviato insieme con Christidis a controllare i locali, ha riferito che i locali PEM (motori elettrici principali) e DG (generatori diesel) 1, 2 e 3 erano allagati[12].
Alle 22:02 la Costa Concordia è stata contattata dalla Capitaneria di porto di Civitavecchia, cui Schettino ha fatto rispondere dapprima chiedendo l'invio di un rimorchiatore e poi dicendo che era in corso un blackout e la valutazione sul da farsi, e alle 22:09 da Circomare Porto Santo Stefano, che ha anch'essa avuto come risposta che era in corso un blackout[12]. Alle 22:10 il direttore di macchina Pilon ha riferito che anche i locali DG 4, 5 e 6 erano allagati[12]. Alle 22:06 è avvenuto un altro contatto tra Ferrarini e Schettino, dove quest'ultimo lo informava sulla perdita di propulsione della nave e sulla mancanza di elementi per prevedere la sommersione della stessa. Dopo 27 minuti dall'urto[16] la capitaneria di porto di Livorno si metteva in comunicazione con la Costa Concordia per assicurarsi del loro stato, dopo che alle 22:06 i Carabinieri di Prato, su avviso di un parente di un passeggero (che parlava di cedimento del soffitto del ristorante e ordine d'indossare i giubbotti salvagente), avevano avvisato la capitaneria stessa di aver ricevuto una telefonata richiedente informazioni sullo stato delle cose[17].
Nel frattempo i passeggeri, allarmati dall'impatto e dal blackout, si erano istintivamente radunati ai punti di riunione (muster station), in attesa di informazioni[12]. Alle 21:54 e alle 22:05 è stato annunciato che era in atto un problema ai generatori elettrici, causa del blackout, tacendo della falla e dell'allagamento[12]. Alle 22.13, su richiesta della Capitaneria di porto di Livorno, il Comando di bordo ha ammesso che era in atto un blackout (in corso già da 20 minuti). La Capitaneria di Livorno aveva individuato la nave mediante l'AIS e l'aveva contattata per chiedere se vi fossero problemi a bordo[17]. La nave aveva sminuito la situazione, ammettendo si di avere una difficoltà ma dicendo però di poterla risolvere in breve tempo, omettendo di menzionare la falla e l'allagamento. Alle 22:17 Schettino ha nuovamente chiamato Ferrarini per aggiornarlo sulla situazione, sostenendo che i compartimenti allagati fossero due, e che in tali condizioni permaneva la galleggiabilità della nave[12]. Alle 22:20 circa è stato attivato il generatore d'emergenza ed è stato detto ai passeggeri che avevano risolto il guasto e che potevano ritornare alle cabine. Poi Schettino ha chiesto di nuovo conferma dell'allagamento dei motori principali alle 22:21 e poi alle 22:24, quindi alle 22:25 ha infine riferito della falla e dell'allagamento alla Capitaneria di Livorno, chiedendo l'invio di rimorchiatori (richiesta poi reiterata alle 22.40, parlando di necessità urgente di rimorchiatori) e sostenendo che tutti i passeggeri avessero indossato i giubbotti salvagente (mentre in realtà non era ancora stata data l'emergenza né date istruzioni in tale senso o fatto alcun controllo[12]). Intanto, alle 22:24, la Costa Concordia, fino ad allora sbandata sulla sinistra, ha improvvisamente mutato il proprio sbandamento, cominciando a inclinarsi sulla dritta[12].
Alle 22:26 gli ufficiali di macchina hanno spiegato di nuovo all'ufficiale alla sicurezza, Martino Pellegrini che tutta la sala macchine e locali connessi erano completamente allagati, l'acqua era al ponte 0 e "stava uscendo dal ponte zero" e non era possibile mettere in moto niente, nemmeno le pompe; alle 22:27 Schettino, in una nuova conversazione con Ferrarini, ha annunciato che i compartimenti allagati erano tre e che "le cose si stanno mettendo male"; alle 22:29 Iaccarino ha annunciato che la situazione era insostenibile, essendo l'acqua giunta agli ascensori di poppa e in continuo aumento, passando attraverso una porta tagliafuoco, e Bosio ha riferito che i passeggeri stavano cominciando a salire sulle lance di propria iniziativa (giungendo anche ad aggredire membri dell'equipaggio che tentavano d'impedirlo[12][18]). Alle 22:31 Schettino ha ordinato l'evacuazione del personale che si trovava nelle aree allagate[12]. Alle 22:33:40 finalmente sono stati lanciati i sette fischi che indicavano l'emergenza generale, alle 22:36 è stato annunciato ai passeggeri di riunirsi ai punti di riunione (muster station) e seguire le istruzioni dell'equipaggio mantenendo la calma (invito ripetuto alle 22:43 aggiungendo di indossare il giubbotto salvagente e spiegando che si era in prossimità dell'isola del Giglio e che le lance si sarebbero dirette verso la costa), alle 22:38 è stato comunicato alla Capitaneria di Livorno che stava venendo dato il "distress" e alle 22:54, dietro esplicita richiesta della Capitaneria di Livorno e dopo varie sollecitazioni da parte degli ufficiali e dopo che Schettino lo aveva preannunciato a Ferrarini, è stato infine ordinato l'abbandono della nave dal Comandante in seconda Bosio[12]. Intanto, alle 22:45, era stato ordinato di dare fondo all'ancora di dritta, e alle 22:48 quella di sinistra[12]. La nave si stava progressivamente appoppando, sino a toccare il fondale con la poppa, sulla dritta[12].

Evacuazione e primi soccorsi

Le lance di dritta sono state "sbracciate" alle 22:47, già cariche di passeggeri, il che ha accentuato lo sbandamento sulla dritta della nave; l'ammaino ha avuto inizio alle 22:50 sotto la direzione dell'ufficiale alla sicurezza della nave (safety officer) Martino Pellegrini e dell'ufficiale istruttore alla sicurezza (safety trainer officer), Andrea Bongiovanni (ma il primo ufficiale di coperta Ciro Ambrosio, sul lato di dritta al ponte 4, lo aveva già ordinato di propria iniziativa dopo il segnale di emergenza generale).[12] Alle 22:58, mentre da Giglio Porto usciva il traghetto Aegilium per dare assistenza, sono state calate le prime lance e zattere, cominciando da quelle di poppa dritta, ed entrambe le ancore, e sei minuti dopo la Costa Concordia si è incagliata, fortemente sbandata sulla dritta, presso Cala del Lazzaretto.[12]
In navigazione in zona vi era il guardacoste G. 104 Apruzzi della Guardia di finanza, che è stata la prima unità a intervenire, giungendo sul posto alle 22:16, e a cui alle 22:39 la sala operativa della Guardia costiera di Livorno ha dato il compito di coordinatore sul posto (O.S.C. - on scene commander)[17]. Alle 22:28 la Capitaneria di Livorno, su ordine del capitano di fregata Gregorio De Falco, ha disposto il dirottamento sul luogo di tutte le navi presenti in zona: alle 22:29 ha ricevuto ordine di dirottamento la chimichiera Alessandro F, seguita un minuto dopo dal traghetto merci Giuseppe Sa.[17] Alle 22:36 la Capitaneria di Livorno ha ordinato a Circomare Porto Santo Stefano di far partire una motovedetta SAR, e alle 22:42 ha richiesto con urgenza a Compamare Civitavecchia di inviare un rimorchiatore (due rimorchiatori sono infatti partiti da tale porto otto minuti più tardi)[17]. Alle 22:55 è stato ordinato il decollo di un elicottero da Sarzana, mentre da Portoferraio veniva fatta partire la motovedetta CP 892; alle 23:03 è stata ordinata la partenza da Livorno di altre due motovedette, la CP 286 (partita alle 23:40) e la CP 406.[17] Si sono dirette sul posto anche le motovedette CP 803 e PS 468 (quest'ultima della Polizia di Stato), che si trovavano già in mare[17].
Mentre le lance, dopo la messa a mare, si dirigevano verso il vicino porto dell'Isola del Giglio, le zattere sono state soccorse dalla CP 803, che ha trasbordato i loro occupanti sull'Aegilium[17]. I passeggeri di Costa Concordia sono stati evacuati per la maggior parte dall'equipaggio mediante le lance, e per il resto da imbarcazioni civili, tra cui il già citato traghetto della Toremar, Aegilium, presente nel porto dell'isola, e mezzi di soccorso della Guardia costiera, dei Vigili del fuoco, dei Carabinieri, della Guardia di finanza, della Polizia di Stato e dell'Aeronautica. Inizialmente la preparazione di lance e zattere si è svolta con celerità, ma già alle 23, a causa del crescente sbandamento (passato dai 4°-5° delle 22:27 ai 10° delle 22:30, ai 10°-15° delle 22:46 e poi ai 25°-30° delle 23:11), una zattera risultava incastrata sul lato di sinistra[12]. L'ammaino delle lance di sinistra, dopo una richiesta del secondo ufficiale Simone Canessa, è stato ordinato da Schettino alle 23:03[12].

Le due zattere rimaste bloccate a prora sinistra. Sono visibili soccorritori impegnati nel salvataggio di persone rimaste intrappolate.
Alle 23:11 Schettino comunicava al telefono con Ferrarini riferendo che lo scarroccio verso acque meno profonde era andato a buon fine e di aver già dato fondo alle due ancore, che la poppa era appoggiata sul basso fondale e che la nave non poteva muoversi dal punto in cui si trovava, oltre a riferire che le operazioni di sbarco con le lance di salvataggio erano già cominciate e a segnalare la presenza di una motovedetta e di un traghetto (l'Aegilium) in assistenza. Alle 23:15[13] la nave ha cominciato a inclinarsi lentamente, e dopo essersi coricata sul fianco di dritta, anche il generatore d'emergenza è saltato lasciando al buio i passeggeri rimasti a bordo[nota 1].
Il comandante Schettino ha lasciato la plancia alle 23:19[12]. ; alle 23.23 è stata ordinata la partenza di un rimorchiatore da Piombino (alle 23.35 è infatti partito l'Algerina Neri) ed è stato domandato all'Aegilium, su richiesta della Costa Concordia, se avesse potuto spingere quest'ultima da sinistra, ottenendo però risposta negativa[17]. Alle 23:25 è salpata da Portoferraio la motovedetta CP 2117, e tre minuti dopo hanno lasciato Civitavecchia le CP 305 e CP 2104; Alle 23.32 la Capitaneria di porto di Fiumicino ha disposto la partenza della motovedetta CP 284, che è partita alle 00.20; alle 23:36 anche il traghetto Cruise Barcelona ha assunto rotta per il luogo del disastro, mentre alle 23:45 è uscito da Civitavecchia un terzo rimorchiatore[17]. Alle 23:40 il pattugliatore G 104 Apruzzi della Guardia di finanza ha comunicato che lo sbandamento della nave sulla dritta era divenuto tale da far scoprire la falla sul lato di sinistra, e in aumento; a mezzanotte un ulteriore incremento nello sbandamento ha impedito di proseguire l'imbarco dei passeggeri sulle lance[12].
Tutte le lance e zattere di dritta, cui era stata data la precedenza rispetto a quelle del lato opposto, erano già state messe a mare entro quest'ora, mentre tre delle imbarcazioni (la lancia numero 6 e i tender numero 12 e 16) e parte delle zattere di sinistra (tre delle quali, due a prora e una a poppa, sono rimaste bloccate sulla murata) non hanno potuto essere ammainate[12]. I primi soccorsi, nell'immediatezza, sono stati portati dalla popolazione dell'Isola del Giglio, che spontaneamente si è messa a disposizione con la messa in mare di alcune barche e l'assistenza alle persone che raggiungevano la riva con i mezzi di salvataggio della nave; un primo punto di raccolta dei naufraghi è stato allestito nella locale chiesa della Madonna del Giglio, appositamente aperta come anche alcune strutture commerciali ricettive e di ristoro. Successivamente è arrivato sull'isola il traghetto della Maregiglio Dianium con a bordo medici del 118, soccorritori e due ambulanze della Misericordia di Porto Santo Stefano. Il numero elevato di persone in rapporto alla popolazione dell'isola ha generato una emergenza sanitaria dovuta anche alla carenza di farmaci.

Naufraghi della Costa Concordia in attesa di lasciare l'Isola del Giglio a bordo di un traghetto.
Le lance, dopo aver messo a terra i passeggeri nel vicino porto e imbarcato alcuni gigliesi giunti per dare aiuto (tra di essi il vicesindaco Mario Pellegrini, poi salito sulla nave per dare assistenza), sono tornate verso la nave e si sono portate sottobordo sul lato di dritta per imbarcare altri passeggeri, che saltavano a bordo direttamente dal ponte 3, ormai quasi al livello del mare[12][19]. Alle 23:35 è decollato un primo elicottero, seguito alle 23:50 da un altro che è partito da Sarzana[17]. Cinque minuti dopo ha lasciato Porto Santo Stefano la motovedetta CP 2087 e alle 23.59 si è diretto sul posto il rimorchiatore Edoardo Morace[17].
Alle 00:18 l'Apruzzi, che coordinava i soccorsi sul posto, ha comunicato che la Costa Concordia stava per capovolgersi; tre minuti dopo passeggeri ed equipaggio presenti a dritta (tra cui i comandanti in seconda Bosio e Christidis, il primo ufficiale Ambrosio e il terzo ufficiale Coronica) hanno cominciato a gettarsi in mare, e le navi giunte sul posto in soccorso, su disposizione della Capitaneria di Livorno, hanno messo a mare le proprie imbarcazioni per soccorrere chi si era tuffato[12]. In questo frangente – prima che le operazioni di salvataggio dei passeggeri sul lato di sinistra fossero concluse – il comandante Schettino, con altri ufficiali, è saltato sulla lancia numero 1, che dopo aver recuperato alcuni naufraghi in acqua si è diretta a terra, giungendovi alle 00:30[12]. Parte dei naufraghi gettatisi in mare hanno raggiunto a nuoto la vicina riva, altri sono stati raccolti dalle lance della Costa Concordia tornate indietro dopo la messa a terra degli occupanti[19]. Nel frattempo le persone presenti sul lato di sinistra, non essendo più possibile calare le ultime imbarcazioni rimaste su tale lato, hanno ricevuto l'ordine di trasferirsi sul lato di dritta del ponte 3, da dove era ancora possibile imbarcarsi sulle lance che, sbarcati a terra i propri occupanti, facevano la spola tra la nave e la riva per imbarcare altre persone[12].
Parte dei passeggeri, guidati dal direttore dei servizi alberghieri Lorenzo Barabba, ha allora cercato di spostarsi attraverso il corridoio trasversale di poppa del ponte 4 e verso il lato di dritta del ponte 3, ma Barabba, andato avanti per constatare la situazione, si è reso conto che quella parte di nave era già stata sommersa, quindi ha detto ai presenti di tornare a sinistra; lo sbandamento ha però impedito ad alcune delle persone di risalire il corridoio per tornare sul lato di sinistra, costringendo Barabba e altri a doverle imbragare e issare sul lato di sinistra[12]. Al momento dell'abbattimento sulla dritta, diciotto delle persone che stavano attraversando il corridoio trasversale poppiero nei pressi dell'atrio ascensori per spostarsi da sinistra a dritta (17 passeggeri e un membro dell'equipaggio) sono scivolate nella zona allagata di poppa dritta del ponte 4 o nei vani ascensori, perdendo la vita[12][20]. Altre tredici persone (nove passeggeri e quattro membri dell'equipaggio, uno dei quali caduto da una zattera), tuffatesi o cadute in mare dal lato di dritta del ponte 4, sono annegate dopo essere state risucchiate sott'acqua dal gorgo prodotto dalla nave all'atto del suo definitivo rovesciamento su lato di dritta[12][20]. Un'altra passeggera è annegata nella zona di poppa dritta del ponte 3, ove era finita[12][20]. Due gruppi di passeggeri e membri dell'equipaggio sono infine rimasti bloccati uno a prora e l'altro tra il centro e la poppa, sul lato di sinistra; questi ultimi sono stati evacuati mediante una biscaglina stesa sul lato di sinistra, mentre le persone rimase a prora sono state soccorse da elicotteri[12]. Le motovedette CP 803 e CP 868 hanno recuperato gli occupanti di una delle zattere rimaste bloccate sul lato di sinistra della nave[17].

La zattera rimasta bloccata a poppa sinistra e la biscaglina usata per l'evacuazione dei passeggeri rimasti a poppa, in una foto dei giorni immediatamente successivi al disastro.
Anche il prosieguo delle operazioni è stato gestito dalla Direzione marittima/capitaneria di porto di Livorno in luogo della Centrale operativa del Comando generale delle capitanerie di porto (che ha funzioni di IMRCC, ovvero di Centro di coordinamento del soccorso marittimo), con il successivo intervento di motovedette, guardacoste, elicotteri e operatori specialistici, tra cui quelli del Corpo nazionale soccorso alpino e speleologico[21][22][23], Vigili del fuoco, Guardia di finanza, Carabinieri, Polmare, Palombari della Marina Militare (addestrati alle immersioni notturne e spazi ristretti, e unici utilizzatori di cariche esplosive subacquee per l'apertura di varchi di accesso)[17] e una piccola squadra di supporto della Federazione Italiana Attività Subacquee[24], oltre a operatori della Croce Rossa Italiana[25].
Alle 00:32 il comandante Schettino, ha riferito alla Sala operativa di Livorno della presenza in mare, a dritta, di naufraghi da recuperare (a soccorso dei quali sono stati inviati mezzi nautici minori, di dimensioni adeguate dall'OSC, "Apruzzi" e dalla motovedetta CC 701 dei Carabinieri), e due minuti dopo, contattato dalla Capitaneria di Livorno, ha detto di trovarsi su una lancia di dritta sulla quale era dovuto salire a causa dell'accentuato sbandamento della nave, aggiungendo di credere – erroneamente – che tutti fossero già in salvo[12]. Qualche giorno dopo il naufragio sono state pubblicate le registrazioni di alcune telefonate (la prima alle 00:32) in cui il capitano di fregata Gregorio De Falco della capitaneria di porto di Livorno, quella notte intimava al comandante di risalire sul relitto ormai coricato sul fianco; questi rispondeva, mentendo, che stava coordinando le operazioni da una lancia di salvataggio, essendo ormai il relitto impraticabile[26]. Alle 00:42 la Costa Concordia era ormai abbattuta sul lato di dritta, con uno sbandamento prossimo ai 90°, e il lato di dritta era stato interamente sommerso[12]. A quell'ora la Capitaneria di Livorno ha nuovamente contattato Schettino, che ha riferito falsamente di essere ancora su una lancia con altri ufficiali, e gli ha intimato di tornare a bordo, poi, constatata la mancanza di coordinamento sulla nave, ha disposto l'invio di aerosoccorritori mediante elicotteri della Guardia costiera[12]. Come si accerterà dalla testimonianza del comandante dei vigili urbani del Giglio, infatti, ben prima delle 00.42 Schettino era già sugli scogli e non era intento ad alcun soccorso, mentre interloquiva con la Capitaneria di Livorno.

Ricerche sul relitto nelle prime ore del 14 gennaio.
Alle 00.59 uno dei tre elicotteri inviati in soccorso nave ha calato il primo aerosoccorritore sulla Costa Concordia (nel corso della notte saranno tre gli aerosoccorritori impiegati a bordo della nave) e si è poi allontanato per fare rifornimento a Grosseto; l'aerosoccorritore ha trovato un centinaio di persone, richiedendone il recupero a mezzo elicotteri[17]. Nello stesso momento sempre sotto il coordinamento della Capitaneria di Livorno, un altro elicottero era decollato da Poggio Renatico[17] e sul posto erano frattanto sopraggiunte anche le vedette G 625, G 2009, G 2043 e G 6002 della Guardia di finanza, oltre a un elicottero dello stesso corpo; intorno all'1.30 sono state inviate sul posto anche la motovedetta CP 305 della Guardia costiera e la G 121 della Guardia di finanza (quest'ultima da Carrara)[17]. All'1.01 anche il traghetto Nuraghes, per ordine della Capitaneria di Livorno (impartito tramite quella di Civitavecchia), si è diretto sul posto[17][27].
All'1:35 l'Apruzzi, in qualità di comandante tattico ha riferito che, secondo un passeggero tratto in salvo, sul lato di sinistra vi erano ancora 400 passeggeri che alcuni membri dell'equipaggio stavano progressivamente facendo uscire sul lato di sinistra e scendere lungo la biscaglina frattanto stesa[12]. All'1:39 uno degli elicotteri ha recuperato tre naufraghi che ha poi trasportato a Grosseto (nel corso della notte, 18 naufraghi in tutto sono stati trasportati a Grosseto)[17]. All'1:46 il comandante De Falco, dalla Sala Operativa di Livorno, ha nuovamente chiamato Schettino per ordinargli di tornare a bordo mediante la biscaglina (il lato di dritta, era semisommerso, ma era ancora praticabile) e di coordinare lo sbarco dei passeggeri, non ottenendo però il risultato desiderato[12][28]. Prima delle telefonate intercorse tra il comandante De Falco e il comandante Schettino, quest'ultimo, alle ore 01.10, era stato contattato telefonicamente dal Comando generale delle capitanerie di porto, dalla Centrale operativa di Roma e precisamente dal comandante Leopoldo Manna il quale chiedeva unicamente informazioni "di prima mano", senza assumere alcun ruolo, né responsabilità di soccorso. Nelle telefonate pubblicate il comandante Schettino riferiva in modo assolutamente generico e poco delle difficili condizioni sul posto. All'1:56 è partita da Livorno la motovedetta CP 406[17]. Alle 2:14 l'Apruzzi ha comunicato che l'evacuazione delle persone che si trovavano a centro nave era stata completata, mentre ne restavano altre radunate a poppa.[12] Entro quest'ora la Costa Concordia risultava completamente al buio e definitivamente adagiata sul fondale[12]. Alle 2:23 ha lasciato Portoferraio il traghetto Acheos[17].

Naufraghi della Costa Concordia sbarcati a Porto Santo Stefano.
Alle 2:30 l'Apruzzi ha riferito che a bordo vi erano ancora 200 persone circa; alle 3:50 la motovedetta CP 803 della Guardia Costiera, riuscita dopo vari tentativi a mettersi in contatto con l'aerosoccorritore presente sulla nave, ha comunicato che erano ancora a bordo 40-50 persone circa[12]. Alla stessa ora è stato ordinato al Cruise Barcelona e agli altri mercantili accorsi di recuperare le proprie imbarcazioni, non essendo più necessario il loro utilizzo[17]. Alle 4:20 le ultime 20 o 30 persone ancora a bordo della Costa Concordia stavano venendo sbarcate mediante la biscaglina di poppa sulla motovedetta CP 305, e alle 4:46 anche la loro evacuazione era stata ultimata[12]. Sul relitto sono salite squadre di vigili del fuoco muniti di radio, e successivamente anche subacquei (questi ultimi si sono recati a prora, insieme con l'aerosoccorritore, per soccorrere una persona con una gamba fratturata)[17]. Il traghetto Isola del Giglio, giunto sul posto, ha imbarcato 600 naufraghi, tra cui cinque feriti, e le tre salme recuperate, per poi salpare per Porto Santo Stefano alle 4:01[17]. Altri 230 superstiti sono stati imbarcati sul Dianum, partito anch'esso alle 4:14 per Porto Santo Stefano[17]. Alle 4:19 l'Alessandro F. ha ricevuto il permesso di lasciare la zona.[17] Ulteriori soccorritori sono stati portati sul relitto da elicotteri alle 4:26[17]. Alle 4:27 un'altra delle navi mercantili impegnate nei soccorsi, l'Atlantic Princess, si è diretta a Porto Santo Stefano per sbarcare alcuni feriti[17].

Lance e zattere della Costa Concordia a Giglio Porto.
Tre membri dell'equipaggio (un commissario di bordo, il secondo ufficiale di coperta Canessa e il medico di bordo Sandro Cinquini), e il vicesindaco del Giglio Mario Pellegrini (quest'ultimo è salito a bordo della nave usando la biscaglina di prora, lato di sinistra, quella indicata a Schettino dal comandante Gregorio De Falco, che però gli aveva erroneamente indicato il lato di dritta, già sommerso) hanno salvato numerose persone rimaste intrappolate in zone semiallagate del lato di sinistra, prima di sbarcare dalla nave, tra gli ultimi, alle 5:45[12][29][30]. I soccorritori (in assistenza dei quali, su disposizione della Direzione marittima / Capitaneria di porto di Livorno, alle ore 05:14, è risalito a bordo, portato dalla motovedetta CP 567, l'ufficiale alla sicurezza della nave Martino Pellegrini[19]) hanno proseguito le ricerche sul relitto, trovando un altro naufrago, portato in salvo alle 5:27; cinquanta minuti dopo, non essendo possibile proseguire ulteriormente le ricerche a causa dello sbandamento e dell'allagamento, anche i soccorritori hanno lasciato la nave[12]. Alle 5.58 le navi mercantili intervenute hanno ricevuto dal comandante Gregorio De Falco l'autorizzazione a lasciare la zona[17].
Alle 4:53, intanto, il motobattello Eco Giglio aveva provveduto a stendere cento metri di panne assorbenti.[17] Alle 5:08 l'Aegilium ha lasciato il Giglio con 412 naufraghi diretto a Porto Santo Stefano; rimaneva così in zona il traghetto Giuseppe Rum in grado di assolvere ad analoghi compiti; alle 5:27 ha lasciato l'isola anche il traghetto Domizia con 51 superstiti[17].
Il disastro della Costa Concordia ha provocato 32 morti, principalmente per annegamento (in alcuni casi sono state cause principali o concomitanti anche l'ipotermia e/o lesioni causate da cadute)[31], vi sono stati inoltre 110 feriti, tra cui 14 ricoverati[32].

La conclusione dei soccorsi e le ricerche sul relitto

Terminate, nella notte tra il 13 e il 14 gennaio, le operazioni di soccorso, che hanno portato al salvataggio di 3 190 passeggeri e 1 007 membri dell'equipaggio e al recupero in mare di tre corpi (due passeggeri e un membro dell'equipaggio), hanno avuto inizio le operazioni di ricerca dei dispersi a bordo del relitto semisommerso. Intorno alla mezzanotte del 14 gennaio, circa ventiquattr'ore dopo il naufragio, una coppia di passeggeri coreani è stata individuata nella cabina 8303, al ponte 8, venendo soccorsa dopo un'ora e mezzo di lavoro da parte dei pompieri[33][34][35], giungendo a terra alle 7:20 del 15 gennaio[36]. Tra le sette e le otto del mattino[37] dello stesso 15 gennaio è stato individuato anche un terzo superstite, il capo commissario di bordo Manrico Giampedroni – che durante l'evacuazione della nave, ha poi sostenuto di aver aiutato i passeggeri a salire sulle lance di salvataggio e di essere sceso al ponte sottostante per verificare se ci fosse ancora qualcuno, scivolando e fratturandosi una gamba –, bloccato sul ponte 3 della nave da crociera, nei pressi del ristorante Milano[37][38]: raggiunto verso le 10:00, l'uomo è stato portato in salvo verso mezzogiorno venendo caricato su un elicottero direttamente dalla nave e trasportato all'Ospedale Misericordia di Grosseto[35][39], a circa 36 ore dal naufragio. Giampedroni è stata l'ultima persona trovata viva nel relitto. In esito ai procedimenti giudiziari il capo commissario di bordo, inizialmente acclamato come eroe, è stato ritenuto un corresponsabile del naufragio, subendo una sospensione di 6 mesi da parte delle autorità marittime e patteggiando egli stesso una condanna a due anni e sei mesi di reclusione.
Poco dopo le 16:00 del 15 gennaio i corpi di due passeggeri, con i giubbotti di salvataggio, sono stati rinvenuti nel punto di riunione «A» nelle vicinanze del ristorante Milano, sul lato di dritta, al ponte 4, venendo quindi recuperati[35][40][41]. Il corpo di un altro passeggero è stato trovato intorno alle sei del mattino del 16 gennaio in un corridoio del ponte 2[42], in una zona non allagata sul lato di sinistra (davanti alla cabina 2424), potendo però essere estratto dal relitto solo diverse ore più tardi, a causa della temporanea interruzione dei lavori, provocata dallo spostamento della nave[43][44][45].
Nei giorni successivi sono state fatte brillare dai palombari del G.O.S. - Gruppo Operativo Subacquei della Marina Militare numerose cariche esplosive in vari punti della nave, in modo da aprire varchi che agevolassero la penetrazione e l'ispezione delle zone sommerse[46][47][48]. Alle tre del pomeriggio del 17 gennaio i sommozzatori hanno trovato i corpi di altri quattro passeggeri (tre uomini e una donna) e di un membro dell'equipaggio in un punto di ritrovo completamente sommerso nella zona poppiera del ponte 4, nel lato di dritta, in corrispondenza del vano ascensori di poppa[40][49][50][51][52]. Sempre a poppa e nella zona sommersa, sul lato di dritta del ponte 4, vicino a un punto di raccolta nei pressi del ristorante Milano[40], è stato individuato alle 13:30 e recuperato, il 21 gennaio, il corpo di una donna, una passeggera[50][53].
La salma di un'altra donna, con indosso un giubbotto salvagente, è stata trovata alle 15:20 del 22 gennaio a poppa del ponte 7, tra il lato di dritta della nave e il fondale, in prossimità dei balconi di alcune cabine (numero 7381 e 7379)[40][54], dieci metri sott'acqua[55], mentre i corpi di altre due passeggere sono stati trovati alle quattro del pomeriggio del 23 gennaio sul lato di dritta ponte 4, uno nei pressi del vano della lancia di salvataggio n. 25 e un secondo immediatamente a poppavia di esso, nella zona delle gru per l'ammaino delle zattere[40][50][56]. Il 24 gennaio, nel primo pomeriggio, è stato individuato e recuperato dal ristorante Milano, ponte 3, lato di dritta, il cadavere di un'altra passeggera[57][58], mentre la salma di un'altra donna, membro dell'equipaggio, è stata individuata intorno a mezzogiorno del 28 gennaio in un terrazzino esterno del ponte 8, a poppa, in una sorta di intercapedine tra il lato di dritta della nave (cabine numero 8429 ed 8433) e il fondale[40][50][59][60].

Vista di prora del relitto.
Tra la fine di gennaio e gran parte di febbraio le ricerche dei corpi sono state sospese, sia per le avverse condizioni meteorologiche, sia a causa dello svolgimento delle operazioni di svuotamento dei serbatoi. Nella seconda metà di febbraio, in base alle testimonianze che indicavano le zone ove erano stati visti per l'ultima volta molti dei dispersi, sono ricominciate le operazioni di ricerca, dopo la costruzione di apposite impalcature per agevolare le operazioni di ricerca e recupero nei corridoi trasversali della nave, divenuti pozzi verticali. La prima impalcatura è stata allestita nel "pozzo" poppiero. Tali operazioni hanno portato all'individuazione, nella giornata del 22 febbraio, di otto salme (tutte a poppa e nel ponte 4): quattro corpi (due uomini, una donna e una bambina) sono stati individuati in un corridoio allagato, sulle scale poppiere tra i ponti 3 e 4 (dodici metri sotto la superficie), intorno all'una del pomeriggio, venendo recuperati dopo ore di lavoro[40][61]. Nel tardo pomeriggio sono stati trovati altri quattro cadaveri (tutti di passeggere, indossanti i giubbotti salvagente), nella tromba di un ascensore tra i ponti 4 e 5: tali salme sono state recuperate il giorno successivo, a causa delle avverse condizioni del mare[61]. Nei giorni seguenti sono state allestite impalcature anche nei "pozzi" situati a centro nave e quindi in quelli prodieri, procedendo quindi alla loro esplorazione. In tal modo sono state ispezionate vaste zone, attorno ai corridoi, ai ponti 3, 4 e 5: tali operazioni hanno avuto termine il 4 marzo, dopo di che le ricerche sono state concentrate nelle zone non ancora controllate della poppa.[62] Dal 12 marzo si sono invece iniziate le operazioni di preparazione dell'esplorazione di aree della nave non accessibili ai subacquei, mediante l'utilizzo di un sottomarino a comando remoto[63]: l'inizio di tale esplorazione è stato ritardato dalle operazioni di recupero del carburante e dalle avverse condizioni meteomarine.
Nel tardo pomeriggio del 22 marzo, durante un'esplorazione con il ROV in previsione dell'apertura di un nuovo varco nello scafo, sono stati ritrovati, tra lo scafo della nave (ponte 3) e il fondale su cui esso poggiava, i corpi di altre tre vittime, vicino ai quali sono poi state rinvenute, poco prima delle 20 dello stesso giorno, altre due salme (si trattava di un membro dell'equipaggio e quattro passeggeri, due uomini e due donne[64][65][66][67]). Due dei corpi sono stati recuperati nella mattinata del 26 marzo, altri due nel primo pomeriggio e il quinto intorno alle sei di sera dello stesso giorno[68]. Il 30 marzo le ricerche degli ultimi due dispersi sono state momentaneamente interrotte in attesa dell'identificazione delle salme recuperate, che avrebbe consentito di scoprire l'identità delle persone non ritrovate e quindi di cercare nelle zone in cui esse avrebbero potuto trovarsi.[69] Tali ricerche, concentrate nella zona tra scafo e fondale, sono tuttavia riprese a inizio aprile, prima ancora dell'identificazione delle salme. Martedì 17 aprile i 5 corpi ritrovati nelle precedenti settimane sono stati identificati, mentre le ricerche, dopo un'altra pausa, sono riprese il 26 aprile, concentrandosi nella zona tra scafo e fondale, in prossimità dei ponti 6, 7 e 8. Le operazioni sono terminate il 28 aprile[70].
Nei primi giorni di maggio si sono invece svolte ispezioni di alcune cabine degli stessi ponti dall'interno della nave, non essendovi modo di raggiungere i balconi dall'esterno[71]: tali lavori sono terminati il 6 maggio[72]. Nel settembre 2012, i Lloyd's di Londra hanno insignito l'equipaggio della nave Costa Concordia del titolo di Seafarers of the Year (Marittimi dell'anno) riconoscendo il loro comportamento esemplare durante il naufragio, che ha permesso di salvare la maggior parte dei passeggeri della nave[73]. Nel mese di gennaio 2013, i comuni di Isola del Giglio e Monte Argentario sono stati decorati con la medaglia d'oro
al merito civile concessa dal Presidente della Repubblica per l'impegno dei cittadini, degli amministratori e delle istituzioni locali, per il salvataggio dei superstiti della nave Costa Concordia[74]. L'8 ottobre 2013 sono stati rinvenuti, all'interno del relitto, nella zona poppiera del ponte 3 (presso un locale stoviglie vicino al ristorante Milano), i resti di una passeggera italiana (altri resti sono stati ritrovati nell'agosto 2014),[75] uno dei due dispersi, mentre i resti dell'ultimo disperso, un membro dell'equipaggio di origini indiane, dopo alcune errate individuazioni[76][77][78], sono stati trovati il 3 novembre 2014 sotto il mobilio in una cabina del ponte 8, deformata a causa dello schiacciamento contro il fondale[79].
Il 21 dicembre 2012, la Procura di Grosseto chiude le indagini sul naufragio, in merito alle quali si procede per 12 indagati:
  • il comandante Francesco Schettino per omicidio plurimo colposo, naufragio, abbandono di persone incapaci di provvedere a sé stesse, abbandono di nave, omessa comunicazione dell'incidente alle autorità marittime;
  • il primo ufficiale di coperta Ciro Ambrosio per concorso (con Schettino e gli ufficiali in plancia Coronica e Ursino) in omicidio plurimo colposo e naufragio in quanto a sei miglia dal Giglio avvisò Schettino per lasciare a questo il comando per l'avvicinamento all'isola;
  • il secondo ufficiale di coperta Salvatore Ursino indagato per cooperazione colposa (con Schettino, e gli ufficiali Coronica e Ambrosio) in omicidio plurimo colposo e naufragio in quanto non avrebbe fatto notare a Schettino il pericolo della velocità di 16 nodi in presenza di ostacoli e bassi fondali;
  • il terzo ufficiale di coperta Silvia Coronica indagata per cooperazione colposa (con Schettino e gli ufficiali di plancia Ursino e Ambrosio) in omicidio plurimo colposo e naufragio in quanto doveva verificare la rotta e avrebbe riferito di problemi nel riportare le distanze su carte nautiche su scale diverse;
  • il comandante in seconda Roberto Bosio indagato per cooperazione con Schettino in omicidio plurimo colposo perché pur non essendo in plancia al momento dell'impatto, parrebbe esservisi recato pochi minuti dopo e aver affiancato Schettino per tutte le fasi, non intervenendo per impedire a Schettino la sua condotta criminosa o limitarne gli effetti;
  • il primo ufficiale di coperta/istruttore alla sicurezza della nave Andrea Bongiovanni indagato per false comunicazioni in quanto non avrebbe fatto immediato rapporto alla Direzione marittima di Livorno, tacendo delle gravi avarie a bordo e riferendo altro in luogo di queste;
  • il capo dell'unità di crisi della flotta di Costa Crociere Roberto Ferrarini indagato per cooperazione con Schettino in omicidio plurimo colposo relativamente alla gestione della sicurezza e dell'incolumità delle persone a bordo e della crisi scaturita dal naufragio;
  • il vicepresidente esecutivo di Costa Crociere e responsabile operazioni tecniche, marittime e della gestione dei servizi alberghieri della flotta Manfred Ursprunger e il sovrintendente alla flotta della compagnia e componente dell'unità di crisi Paolo Parodi per i quali sono formulate le medesime accuse di Ferrarini;
  • il timoniere indonesiano della Concordia Jacob Rusli Bin che più volte non capì gli ordini di Schettino manovrando in modo sbagliato e contribuendo allo scontro con le rocce;
  • il secondo ufficiale di coperta e cartografo Simone Canessa, indagato perché, dietro diretto ordine del comandante, taceva sul reale stato della situazione e sulle gravi avarie di bordo quando contattato via radio dall'ufficio circondariale marittimo di Porto Santo Stefano.
  • il capo commissario di bordo e direttore della sezione alberghiera della nave, Manrico Giampedroni in quanto non avrebbe fatto evacuare i passeggeri dalle cabine della Costa Concordia e non li avrebbe fatti radunare nei punti di raccolta per avviarli alle lance di salvataggio, e non avrebbe coordinato l'emergenza in base ai prescritti protocolli.
Sono poi state archiviate le posizioni di 3 indagati: il secondo ufficiale Salvatore Ursino, il comandante in seconda, Roberto Bosio, assente dalla plancia al momento dell'impatto con gli scogli, mentre all'ufficiale istruttore alla sicurezza della nave, Andrea Bongiovanni, è stata applicata la oblazione[95][96][97].
Il 31 gennaio 2013 la Procura di Grosseto ha iscritto nel registro degli indagati Pier Luigi Foschi, presidente e amministratore delegato di Costa Crociere nel periodo del naufragio per responsabilità amministrative relative al personale di bordo della nave, che si sospetta non avesse i requisiti necessari per le mansioni da svolgere. La stessa imputazione è riconosciuta anche a Schettino[98]. Costa Crociere ha patteggiato per tutti gli illeciti di natura amministrativa ex L. 231/01: in questo caso, la contestazione a Costa è scattata perché due degli indagati principali nel procedimento del naufragio erano due suoi dipendenti, il comandante Francesco Schettino e il capo dell'unità di crisi, Roberto Ferrarini. La pena patteggiata è stata di un milione di euro.
Nell'udienza preliminare del processo contro Schettino e gli altri membri dell'equipaggio, invece, tutti gli imputati hanno proposto un patteggiamento, al quale la Procura ha dato il proprio consenso, escluso il comandante Schettino, il quale è rimasto dunque l'unico imputato.
A seguito di una querela-denuncia presentata da un gruppo di studi legali italiani che assiste un centinaio di passeggeri, i quali lamentano carenze nelle procedure di emergenza e il mancato rispetto delle normative di sicurezza a bordo della Concordia, sono stati iscritti nel registro degli indagati i vertici della Costa SpA e di Carnival; la procura ha dichiarato trattarsi di un "atto dovuto", ma anche a seguito di eventuali integrazioni di perizia disposti nel giudizio nei confronti di Schettino, potrebbero profilarsi responsabilità in caso di evidenza di difetti della nave, delle porte stagne, dei generatori di emergenza e della scatola nera. Il relativo procedimento è in attesa di essere discusso dal GIP di Grosseto presso il quale pende la opposizione alla richiesta di archiviazione del fascicolo.
Il 20 luglio 2013 sono state emesse le prime sentenze di condanna per alcuni dei coimputati di Schettino, per i quali era stata accettata la proposta di patteggiamento. Negata la possibilità di patteggiamento, Francesco Schettino non ha fatto richiesta di rito abbreviato e, pertanto, è stato disposto il suo rinvio a giudizio. Nel processo penale si sono costituiti come parte civile molti enti, ministeri associazioni e passeggeri. Questi ultimi - ritenendo di aver dimostrato una consapevolezza anche da parte dell'armatore nella politica del risparmio che ha contribuito alla tragedia, hanno proposto domanda per il riconoscimento dei danni punitivi.
A gennaio 2015 si è conclusa la fase dibattimentale dopo l'audizione di centinaia di testimoni; la procura ha chiesto 26 anni di carcere per Schettino che il primo giorno del processo, il 5 febbraio 2015, si è dichiarato innocente.
L'11 febbraio 2015 Francesco Schettino è stato condannato a 16 anni di reclusione (dieci per omicidio plurimo colposo e lesioni colpose, cinque per naufragio colposo, uno per abbandono della nave) e un mese di arresto; sia Schettino, sia Costa Crociere sono stati condannati in solido al pagamento di risarcimenti di 1,5 milioni di euro per il Ministero dell'ambiente, un milione per la Presidenza del Consiglio dei ministri, 500.000 euro per i Ministeri della della difesa, delle infrastrutture, dell'interno e per la Protezione civile, 300.000 euro per il Comune del Giglio e numerosi altri risarcimenti ai parenti delle vittime e ai feriti e naufraghi[99]. In precedenza la Costa Crociere aveva già risarcito 2 623 passeggeri e 906 membri dell'equipaggio con 85 milioni di euro[100].
Il 31 maggio 2016 la condanna a 16 anni è stata confermata anche in secondo grado dalla Corte d'appello di Firenze. Schettino è stato anche interdetto per 5 anni da tutte le professioni marittime[101]. Le provvisionali a favore dei passeggeri che si sono costituiti parte civile anche in questo secondo grado di giudizio sono state tutte elevate, mediamente di 15.000,00 euro ciascuno, portando i risarcimenti riconosciuti ai sopravvissuti tra i 40.000 e 65.000 euro ciascuno.
Il giudizio penale è confermato in via definitiva dalla Corte di cassazione il 12 maggio 2017[102]. Francesco Schettino si costituisce al carcere romano di Rebibbia immediatamente dopo la sentenza, benché il suo avvocato annunci un ricorso alla Corte europea dei diritti dell'uomo[103].

2 commenti:

RIC ha detto...

Ho poca considerazione su sentenze gia' espresse nel tempo che hanno occupato abbondantemente i dibattiti televisivi .
Il comandante SCHETTINO sta pagando un prezzo stabilito a priori . Non ultimo quel cafone che da Livorno gli toglie il governo della nave e gli ordina di risalire la scaletta esterna di corda per tornare sulla nave mentre e' piena di gente che sta scendendo, ha avuto il suo momento di gloria facendo solo il gradasso. Ma voglio analizzare un altro aspetto.
Una falla anche se lunga , avrebbe dovuto essere dovuto essere contrasta dalle paratie stagne. Un Capitano non si sogna assolutamente di rischiare per passare vicino agli scogli per fare un inchino . Se l' ha fatto e' perche' e' stato fatto precedentente , per dare l' ultimo ritocco formato cartolina ai passeggeri che si esibiscono in una ovazione collettiva .
Senz' altro la manovra era non ignara alla compania se non suggerita. Fondali bassi a rischio di urto. Navi che si muovono come ippopotami in un vasca da bagno. ( vedere le navi nella laguna di Venezia ). Il comandante dopo l' urto vira di bordo ed accosta vicino alla costa, e si adagia in fondale basso. se invece di accostare si fosse allontanata sarebbe affondata e si piangebbero molte piu' vittime. Ora immaginiamo che le vere responsabilta' debbano essere condivise con la compania di navigazione. Emergerebbe che l' inchino deve essere proibito , che se il filippino ufficiale a bordo non ha capito il messaggio in tempo utile , forse i filippini vanno bene solo in cambusa, e che se una nave ha paratie stagne non adatte va neanche bene per il trasporto di mattoni.Emergerebbe che la compania ha delle enormi responsabilita' che offuscano il suo bel dignitoso nome .
In termini piu' venali ma realistici il costo sarebbe spaventoso , inadatto agli scopi finali della compania.
Molto meno costoso dare la colpa all individuo , all errore umano , mai alla organizzazione. C'e' sempre un pilota tedesco che ha litigato con la fidanzata e vuole farla finita con 200 passeggeri a bordo , ( alta provenza ), ci sara' pure un macchinista che non sa cosa fare per divertirsi ed entra in piena velocita' nella stazione di Livorno....C'e' sempre un Osvald che spara a Kennedy , ed un Rudynstein che spara ad Osvald , due matti a piede libero. Ma l' organizzazzione e' salva.

saluti prof. Melis

Pietro Melis ha detto...

Caro Ric questa mattina, correggendo gli errori di battitura ho fatto una manovra sbagliata e mi è scomparso tutto l'articolo. Le è rimasto nella memoria del suo computer ciò che avevo scritto prima di riportare il racconto di Wikipedia? Adesso dovrò ripetere la mia analisi ma non potrà più essere puntuale come prima. Per ora ho rifatto copia e incolla di Wikipedia.